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Autore: Kaito Dark    16/01/2015    0 recensioni
Esiste un mondo al di là del tempo, un mondo dove le ere si mischiano ed un filo sottilissimo separa realtà e finzione. Una leggenda all'inizio dei tempi preannunciò la nascita di un figlio del cielo che avrebbe riportato l'equilibrio tra demoni ed angeli con l'aiuto di 8 rondini. La leggenda ora è realtà ma in cielo non tutti vogliono che questa frattura tra i due mondi venga riparata.
Genere: Avventura, Commedia, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando ancora il mio nome non era simbolo di oscurità, molte voci riguardo una donna giunsero alle mie orecchie: c’era chi parlava di lei come di una regina tanto bella che persino Venere ne sarebbe stata gelosa, chi diceva che tutti gli uomini venissero stregati dalla sua grazia e dalla sua eleganza; voci del genere circolavano persino tra i demoni. Un giorno ebbi la possibilità di osservare di persona se queste voci fossero vere:

“ Così la regina Leena ti ha invitato alla sua reggia?”

“ Già ma non ho intenzione di andarci, Astaroth.”

“ Ma come, non sei ansioso di incontrare questa dea in terra?”

“ Io non guardo certo la bellezza in una donna, e poi ho problemi più importanti di cui occuparmi.”

“ Ma anche le interazioni con gli esseri umani sono importanti e questa è una buona occasione per acquisire popolarità al di fuori del tuo regno.”

“ Odio quando hai ragione.”

“ Allora mi odi spesso.”

“ Superbia degna di un demone, per questo mi accompagnerai.”

“ Agli umani non stanno simpatici i demoni come me.”

“ Lo hai detto tu, no? Le interazioni sono importanti e permettono di acquisire popolarità.”

“ L’arte dell’inganno è difficile da apprendere; sei tu un bravo allievo o Belzebù è un bravo insegnante?”

“ Forse entrambi.”.

Con Astaroth al mio fianco, mi misi in viaggio ed in pochi giorni giunsi ai confini del regno di Leena; lì, alcune guardie mi fermarono:

“ Lei dev’essere re Solomon.”

“ Sì, sono io; perché ostacolate il nostro cammino? Il palazzo è ancora molto distante.”

“ La regina ha ordinato che, in segno di pace, voi lasciate a noi le vostre armi.”.

Quella richiesta mi offese ma feci finta di niente e, con un sorriso, consegnai le mie armi e ordinai ad Astaroth di fare lo stesso.

Arrivammo quella stessa sera a palazzo; le guardie ci accolsero con diffidenza ed esitarono a farci passare:

“ Chiedo perdono, lord Solomon, ma la vostra scorta deve rimanere fuori, sono ordini della regina.”

“ Questa donna è la mia dama di compagnia, non mi separerò da lei.”

“ Siamo costretti ad insistere, lord Solomon.”.

Cercando di mantenere la calma, rivolsi il mio sguardo ad Astaroth che, comprendendo la mia indignazione ma non volendo causare problemi, disse:

“ Io attenderò fuori; entra pure, Solomon.”.

Anche se contrariato, varcai la soglia e mi ritrovai immerso nel lusso più sfrenato: le pareti, i pavimenti ed ogni mobile della sala erano placcati in oro; nobili proveniente da ogni parte del regno discutevano tra loro del più e del meno, indossando tanti di quei gioielli che ci avrebbero potuto comprare un paese vendendoli; rimasi esterrefatto di fronte a quella vista; presto notai una stranezza: tra tutti i nobili che si  erano radunati, non vi era neppure una donna; feci qualche passo in avanti ed immediatamente gli occhi di tutti si posarono su di me, o, per meglio dire, sulle mie ali. Negli occhi di ognuno di quei nobili notai paura e disgusto nei miei confronti ma cercai di non badarci. Mi irritai notando che ognuno di loro aveva con sé un arma. Era ovvio che io avevo dovuto rinunciare alla mia solo perché non umano. Dopo pochi secondi gli uomini tornarono a parlare tra loro ed io ricominciai a guardarmi intorno. Una serva mi si avvicinò: aveva una pelle chiarissima, due occhi vispi color nocciola ed una lunga chioma marrone; indossava una toga bianca logora e tra le mani stringeva una caraffa di vino ed un vassoio con dei bicchieri d’oro; domandai a me stesso come facesse una così esile figura a reggere in equilibrio tutto quel peso senza far cadere nulla:

“ Desidera del vino, signore?”

“ No, grazie. Dimmi piuttosto, come ti chiami?”

“ Io sono Naima, signore; se ha qualche desiderio, domandi pure a me ed io l’accontenterò. La regina sarebbe scontenta se uno dei suoi ospiti non si sentisse a suo agio.”.

Prima che potessi dire altro, qualcuno chiese del vino a gran voce e Naima corse ad accontentarlo. Stavo per avanzare quando improvvisamente sentii lo stesso uomo gridare e mi voltai nella sua direzione:

“ Ma cos’è questa porcheria che mi hai versato!? La chiami vino questa brodaglia!?”.

In uno slancio d’ira, l’uomo lanciò la coppa da cui aveva appena bevuto, che ancora conteneva del liquido, contro la serva che perse l’equilibrio, cadendo a terra e facendo volare per aria il vassoio e la caraffa; coprendo la mia bocca con le ali, pronunciai un incantesimo cercando di non farmi notare:

“ Manifestat ordinem ordinate.”.

Tutto il vino, i bicchieri e la caraffa si fermarono a mezz’aria, riposandosi con delicatezza sul vassoio. Meravigliati di ciò che era appena accaduto, i commensali applaudirono, credendo che fosse stata Naima ad agire; solo lei, non capendo cos’era accaduto, si voltò nella mia direzione. Incrociai per un istante il suo sguardo, dopodiché ricominciai a camminare, continuando a domandarmi cosa ci facessero tutti quegli uomini in quel posto e perché la regina si facesse tanto attendere. Ad un tratto, però, eccola apparire da una delle entrate vicine al trono: la regina aveva una pelle piuttosto abbronzata, due occhi verde acqua ed una capigliatura nera piuttosto corta ma che le metteva in risalto i lineamenti del viso; indossava un abito e dei gioielli che in futuro avrei ricordato solo durante il mio incontro con Cleopatra: una lunga tunica nera che seguiva leggiadra le curve del suo corpo, una cintura, una collana e dei bracciali in oro temprato con diverse incisioni sopra ed in testa una corona d’oro massiccio con pietre preziose che avrebbero fatto invidia a chiunque. Tutti gli sguardi si rivolsero verso di lei; non vi era uomo in quella sala che non ammirasse esterrefatto la sua bellezza. La regina si sedette sul suo trono, adornato anch’esso con molta eleganza, e ad uno ad uno gli uomini di corte si avvicinarono per parlarle. Io rimasi in disparte, attendendo il momento in cui finalmente avrei saputo il motivo per cui ero stato invitato ad un sì tanto futile veglione. In un attimo mi ritrovai perso nei miei pensieri ed il tempo trascorse senza che io me ne accorgessi. 

 

A richiamarmi all’attenzione fu il suono di diversi strumenti musicali, suonati divinamente da alcuni schiavi; delle ballerine entrarono da ogni parte iniziando a danzare per allietare i presenti; annoiato, osservai la posizione del sole da una delle aperture che permettevano alla luce di entrare e, constatando che il giorno ormai era quasi terminato e stufo di tutto quell’inutile sfarzo, presi la via dell’uscita. Quando ormai avevo raggiunto il portone, però, una voce femminile mi richiamò, obbligandomi a voltarmi:

“ Va già via, re Solomon?”

“ Non ho motivi per trattenermi ulteriormente: il viaggio del ritorno è lungo ed io ho delle faccende da sbrigare.”.

Mi rivolsi alla regina Leena pronunciando quelle parole e lei, stampandosi un sorriso sul volto, disse:

“ Prima di andare, almeno mi conceda un ballo.”.

Per nulla invogliato ad assecondarla ma ricordando le parole di Astaroth, mi dipinsi sul viso il più falso dei sorrisi e mi avvicinai a lei; i musicisti iniziarono a suonare una musica più adatta ad un ballo di coppia, i nobili presero ognuno una donna per mano ed io li imitai, stringendo a me la regina e dando inizio alle danze:

“ Lei balla di divinamente, re Solomon.”

“ Anche lei è molto brava, regina.”

“ Sa, era da tanto che volevo incontrarla; lei è famoso per aver domato i più temuti demoni di questo mondo. Si vede che ha in sé lo spirito di un vero angelo.”

Quelle parole mi spiazzarono: domato? Era davvero questa l’impressione che gli estranei avevano delle mie azioni? Che mare di sciocchezze:

“ Si sbaglia, io non ho domato proprio nessuno; sono solo diventato loro amico. Alcuni di loro sono molto simpatici.”.

Sentendo le mie parole, la regina si mise a ridere:

“ Loro amico, caro Solomon, lei ha un profondo senso dell’umorismo.”.

Quel commento mi irritò al punto da farmi quasi esplodere. La musica finì ed io mi staccai dalla mia compagna di ballo:

“ E con questo le danze si sono concluse; la ringrazio per l’invito, regina, ma è meglio che io ora me ne vada.”

“ Aspetti, c’è ancora un evento speciale a cui gradirei non mancasse.”.

Raccogliendo tutta la pazienza che mi era rimasta, accettai di rimanere.

 

Dopo pochi minuti suonò una tromba militare che mise in allarme tutti i presenti. La regina, tuttavia, tranquillizzò tutti i presenti:

“ Scusatemi per lo spavento, so che questa tromba va usata solo in guerra ma la notizia che ho da darvi è più importante persino di una vittoria militare: ho deciso, dopo tanti anni, di prendere marito.”.

Quella notizia creò una grande agitazione nei presenti, tutti ansiosi di scoprire chi fosse il fortunato:

“ Non voglio farvi attendere oltre, ora vi rivelerò il nome del mio sposo.”.

Assolutamente disinteressato, feci per andarmene quando la donna esclamò:

“ Il re Solomon.”.

All’istante mi paralizzai, sconcertato e pronto ad esplodere di collera; i presenti mi lanciarono degli sguardi d’invidia ed alcuni di essi si prepararono persino ad attaccarmi; la regina, non badandoci, continuò:

“ Sono certo che accetterà con piacere la mia proposta quindi, per festeggiare, ho preparato qualcosa di particolare.”.

Dall’entrata situata dietro il trono uscirono dieci demoni, incatenati e scortati da guardie armate con lance benedette:

“ Per celebrare il matrimonio tra me e colui che è riuscito a domare i più grandi demoni del mondo, questi dieci mostri saranno uccisi!”.

Fu allora che la mia collera esplose: un vento altissimo si alzò e tutte le guardie vennero scaraventate a terra; le catene che imprigionavano i demoni si sbriciolarono; Leena, spaventata, mi gridò contro:

“ Re Solomon, che sta facendo!?”.

Il vento si placò in un istante ed i demoni, ancora deboli, si rifugiarono dietro di me; per la prima volta feci un espressione che in futuro mi avrebbe caratterizzato: un ghigno compiaciuto con uno sguardo di sufficienza nei confronti dei presenti:

“ Quanta superbia e boria vi è nel tuo regno, mia cara Leena. Paura di ciò che non si conosce, odio per chi è diverso! Volevo farvi capire che demoni sono come gli uomini: essi provano rabbia, gioia, amarezza, orgoglio, felicità forse persino più di voi… soprattutto quando ripensano alla terra natia che non potranno mai raggiungere.”.

Una lacrima mi rigò il volto ma mi sforzai di continuare con quello sguardo derisorio:

“Ho accettato mio malgrado di venire qui, di privarmi di armi e di accompagnatori e di sopportare gli sguardi di disprezzo, sperando di riuscire a trovare sostegni per la mia causa; quanto mi sbagliavo… come potrebbe questo regno comprendere le mie parole se la sua regina è una così superba e stupida creatura!? Una donna tanto menzognera ed ingannevole che persino il suo stesso aspetto è una bugia! Questa è l’ultima gentilezza, l’ultimo regalo che riceverai da me, Leena: ti donerò la verità! Dopotutto, come hai detto tu, sono un angelo; è nella nostra natura dire sempre solo la verità.”.

Schioccai le dita e tutto sembrò cambiare; il velo d’illusioni che si era creato venne tolto e la verità venne svelata: le pareti ed il pavimento, che prima erano placcate in oro, si rivelarono essere di comunissima pietra; il bicchieri divennero di terracotta e il loro contenuto, creduto essere vino, si rivelò essere comunissima acqua. Ciò che sorprese più di tutto i presenti fu il reale aspetto della regina che, sciolta l’illusione da lei stessa creata, sembrò invecchiare di più di vent’anni: i suoi capelli si ingrigirono, la sua pelle perfetta si riempì di rughe ed i suoi gioielli scomparvero; con un ghigno soddisfatto dipinto sul viso, osservai le condizioni in cui vessava il palazzo e, posato il mio sguardo sulla regina, ghignai con gusto:

“ Ma guarda, sembra che questo posto stia cadendo a pezzi… e tu assieme a lui. Fammi indovinare: in gioventù hai speso tanto denaro per soddisfare i tuo capricci che ora non ti rimane più nulla? Ormai sei regina solo perché nessun umano può opporsi alla tua magia; speravi di sistemarti sposando con l’inganno qualche bel riccastro ma dubito che, visto il tuo vero aspetto, qualcuno di questi uomini voglia ancora prenderti in moglie. Beh, io sono stanco, me ne vado; il viaggio è lungo e qui c’è puzza di marcio.”.

Dopo aver parlato con sì tanta audacia, mi incamminai con Astaroth al mio fianco ed i dieci demoni al mio seguito per tornare al regno a cui appartenevamo. Un solo dubbio attanagliava ancora la mia mente: che nel petto di quella serva, Naima, che brillava di sublime bellezza, non avevo percepito il battito di un cuore.

 

 

 

“ Mi ha fatto chiamare, regina?”

“ Sì, Naima; ho un incarico per te: quel maledetto, Solomon, lo voglio morto!”

“ Sarà fatto, mia signora…”

“ E ricorda: se fallirai, sarà il tuo cuore ad essere stritolato al posto del suo.”.

  
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