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Autore: AndreaFlori97    16/01/2015    1 recensioni
X comprese.
Viaggio mentale oltre il sensibile che porterà a comprendere ciò che è e ciò che sarà.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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La casa era silenziosa e immobile. La polvere si depositava lenta sui soprammobili, sui comò, sulle vecchie tende sottili e trasparenti. L'aria era stantia, sapeva di vecchio, come lo era la casa del resto. Un appartamento nel cuore di Parigi, piccolo e umido. La casa si presentava molto in disordine. Vestiti sporchi abbandonati sul pavimento, piatti da lavare, polvere, puzza. Era oltretutto poco illuminato. Era stretto situato in palazzo stretto tra altri due molto più grandi, risultava quindi come una specie di lungo corridoio. Le finestre davano sulla strada da una parte e su un piccolo e brutto cortile interno dall'altro. Divisa su due piani, collegati tra loro da una stretta scaletta, la casa poteva essere definita squallida e mediocre nel suo insieme. E in questa aria piena di polvere e mediocrità respirava X. X sedeva sul vecchio divano in velluto, ovviamente coperto di polvere, ormai da un paio di ore. Stava li seduto, abbandonato. Senza fare nulla. X pensava. Non aveva fatto altro in vita sua. Pensava. E questo continuo pensare a tutto lo stava portando sulla strada della pazzia. X pensava a tutto, dal giornalaio all'operaio, dal gatto al virus, ma soprattutto pensava a se stesso. Pensava a quanto si odiava. Lo aveva sempre fatto. Si era sempre odiato. Per nessun motivo. Semplicemente odiava se stesso, ciò che era stato fino a quel momento e ciò che era in quel momento. X definirebbe se stesso un inutile parassita. X odiava i parassiti. X odiava. Nei suoi pensieri cresceva odio e l'odio si infondeva nell'ambiente corrompendolo. Ma X sapeva anche amare. X amava. Nei suoi pensieri cresceva amore. X amava tutto e tutti. X amava tutto e tutti di un amore immenso e inimmaginabile. Ma niente e nessuno amava X. Ad X piaceva la filosofia. X amava la filosofia come amava tutte le scienze. L'arte, la storia, la filosofia, la poesia erano le sue amanti preferite. Si perché X preferiva. Come tutti gli uomini X preferiva qualcosa ad un'altra. Ma nonostante preferisse, X amava. E il pensiero dell'amore era sempre con lui. X pensava, quindi X esisteva. X esisteva. X si rese conto di esistere all'età di circa sette o forse otto anni. X si era reso conto. X si era reso conto di molte cose crescendo. Si era reso conto di se stesso, della sua famiglia, delle altre persone, dei rapporti con le altre persone. X conosceva altre persone. X conosceva. Conosceva il mondo e quindi pensava. X conosceva molte cose del mondo, eppure sapeva di non conoscere nulla. X sapeva. X comprendeva di essere ciò che era. Comprendeva di essere. X era. X sapeva di essere un uomo e X sapeva che gli uomini sono animali. X conosceva la logica, quindi X sapeva di essere un animale. X sapeva che gli animali si evolvono e di conseguenza X si evolveva e ne era perfettamente cosciente. X si evolveva. X cambiava il suo pensiero e il suo essere in base alle situazioni per poter sopravvivere in ogni ambiente ostile. X sopravviveva. X sopravviveva ogni giorno a se stesso, agli altri e al tutto. X osteggiava. X osteggiava le persone che non preferiva. X osteggiava per far valere ciò che pensava. A X piaceva se qualcuno era d'accordo con lui. Ad X piaceva. X amava tutto e gli piaceva tutto. Ma X preferiva. Ergo X selezionava. Ergo X evolveva. X non era mai uguale a se stesso in due istanti di tempo differenti. X mutava. Mutava con il tempo e con le stagioni, con le persone e gli animali. X era tanti e X era uno. X era. X non era sempre stato così. X non è stato. X cambiava. Cambiava sempre, evolveva, quindi X era e non era. Era così, ma subito dopo non era così. Ed evolvendo, X capì. X capì cosa realmente era e cosa realmente era in confronto al tutto. X capì. X entrò nel mondo e lo capiva. Comprendeva ogni singolo passaggio, ogni minima variazione, ogni cosa. La cosa avvenne come un’esplosione nel suo cervello. Come uno squarcio si aprì nel velo che ricopriva gli occhi della sua mente e che lo separava dal tutto. X comprese. X si fuse con il tutto. X era venuto a conoscenza dei più profondi segreti e le più alte conoscenze del reale invisibile. Quel reale fatto di infinite connessioni, insondabile agli occhi della natura, che vive di queste connessioni. Ma per quanto X avesse pensato prima dello squarcio, ciò che vide era troppo. Per quanto la sua anima si fosse levata dal mondo degli uomini, non potè sopportare l’infinito e il nulla contemporanei. X non sopportò. X crollò. X non capì. X rimase a vagare in questo nulla infinito e infinito di nulla per molto tempo, incalcolabilmente lungo ed incalcolabilmente corto. I suoi occhi di abituarono all’infinito e al nulla. X si abituò. Pian piano i suoi occhi guarirono e la sua anima potè curare le bruciature di troppa conoscenza. Poi, lentamente, X apprese. Apprese come era e come funzionava e viaggiò nel nulla infinito e alla fine comprese ogni cosa. Comprese come tutto serve a tutto e niente serve a niente. Come tutto è utile ma non indispensabile. Capì come la vita potesse nascere dove vita non poteva nascere e dove amore e odio coesistevano quando sembrava due opposti intoccabili. X comprese se stesso. Comprese come poteva amare e odiare tutti e tutto. Capì come il mondo funzionava. Capì come la macchina perfetta della natura andava avanti, pressappoco come un perfetto orologio dalle migliaia di migliaia di ingranaggi piccolissimi e importanti. E capì che tutto questo stava per finire. Capì come un ingranaggio può saltare eppure tutto continui a funzionare. Capì che la molla che mandava avanti l’orologio era la necessità e come la necessità fosse indispensabile. Capì come tutto dipendeva dall’altro. Dove non esiste un ingranaggio centrale. X è l’ingranaggio. L’ingranaggio che è caduto, che si è risollevato e che ha osservato l’orologio. X è l’ingranaggio. E X ha visto l’orologiaio. E X non ha compreso. Non ha compreso l’orologiaio. Non chi o come. Ma perché. Perché l’orologiaio esiste? X pensava. L’orologiaio era grande e forte e maestoso e sapiente. X comprese di non sapere, poiché esisteva l’orologiaio, che sapeva più di lui. X comprese che l’orologiaio era ed è sempre stato e sempre sarà. Poiché X comprese che la perfezione non esiste contemporaneamente alla conoscenza. L’orologiaio ripara l’orologio. La conoscenza ha comportato l’esistenza dell’orologiaio. Prima della conoscenza l’orologiaio non necessitava di esistere e perciò non esisteva. Quando la conoscenza intaccò l’orologio, comparve l’orologiaio per riparare l’orologio. Per quanto l’orologiaio riparava, la conoscenza di espandeva. Come un cancro la conoscenza stava mangiando l’orologio. X vide e comprese. X consolò. X consolò l’orologiaio. Poiché questo era triste. X consolò l’orologiaio e lo conobbe. X conobbe l’orologiaio e ne sondò il pensiero. X apprese dall’orologiaio. Apprese la natura dell’orologio. Come questo nacque, come questo crebbe, come questo si liberava della parti inutili, sfruttando il meglio. Perché la necessità sfrutta il meglio e cancella l’inutile. X comprese questo e X capi come l’orologio stesse battendo le sue ultime ore. La necessità forgiò l’ingranaggio perfetto. E l’ingranaggio perfetto prese il posto della necessità. La necessità diverrà inutile e scomparirà. La necessità verrà meno e con essa la molla. E allora l’orologio si fermerà. Divenendo l’orologio inutile, l’orologio scomparirà e con esso l’orologiaio. X previde. E X si interrogò sul suo destino. X non scomparve quando cadde dell’orologio, poiché ancora parte integrante di esso e quindi utile, ma in quanto non più facente parte di esso non scomparirà una volta scomparso l’orologio. X non comprese. X non era più né inutile né necessario. X comprese. Il suo destino non fu più legato alle infinite connessione dell’orologio. X notò. X notò come tutto fosse legato all’orologio. La necessità come l’orologiaio. Ma X non era legato. Il filo del suo destino svolazzava allegro e indipendente nell’infinito di nulla e nel nulla dell’infinito. X infine comprese ciò che era accaduto. Egli si slegò dell’ingranaggio che era e che venne riutilizzato dell’orologio in quanto utile, e la sua anima fu libera. E X comprese. E X vide l’orologio cadere a pezzi. Vide i suoi perfetti ingranaggi scivolare e incastrarsi, mandato in tilt dal perfetto ingranaggio creato dalla necessità che cresceva a dismisura, gonfiato dal proprio ego. X osservò. X osservò le strutture portanti cedere, interi tipi di ingranaggi dissolversi, vide scomparire nel nulla finanche la più piccola rotella. Intere parti dell’orologio cadevano sulle altre disintegrandole, ingranaggi che ne distruggevano altri. Eppure l’orologio continuò a funzionare. Il potere dell’orologiaio si ingigantiva ad ogni ingranaggio che scompariva, eppure non poteva fare nulla poiché egli non poteva toccare i perfetti ingranaggi, poiché questi erano necessari alla sua esistenza. l’orologiaio isolò gli ingranaggi perfetti, in modo che questi non interferissero. Ma non ci riuscì. Gli ingranaggi perfetti arrivarono ovunque una seconda volta. L’orologio, ormai ad un centesimo della sua grandezza originale, continuò a funzionare, senza che l’orologiaio facesse nulla. Gli ingranaggi perfetti si regolarono da soli. A quel punto, l’orologiaio scomparve. Senza clamore e senza tristezza, X vide l’orologiaio scomparire, così come lo aveva visto comparire. Dal nulla. E al nulla tornò. Quando ciò avvenne, l’ingranaggio perfetto prese il posto della necessità e dell’orologiaio. Ma l’ingranaggio perfetto non era una molla. L’ingranaggio era un ingranaggio. E l’orologio si fermò. La molla scomparve. I fili del destino cominciarono lentamente a dissolversi, gli ingranaggi rallentarono, cominciarono a scomparire in quanto inutili, finchè non rimase più nulla. E X divenne il tutto. X divenne ciò che è e che sarà. X diverrà dio. X diverrà. X sarà.
  
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