Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Evee    17/01/2015    3 recensioni
Ci sono tre verità universalmente riconosciute riguardo Molly Hooper.
Verità numero 1: la dottoressa Hooper nel suo lavoro è una persona seria ed affidabile.
O almeno di questo era convinto il consulente investigativo, fino al giorno in cui la patologa non ha iniziato a mancare di puntualità e precisione nel soddisfare le sue richieste.
Verità numero 2: Molly ha più che chiaramente un debole per Sherlock.
O almeno di questo era convinto lui, fino al giorno in cui lei non ha iniziato ad ignorarlo, trascurarlo e dimenticare i loro appuntamenti.
Verità numero 3: Miss Hooper non riesce ad intrattenere relazioni sentimentali durature perché fa sempre pessime scelte in fatto di uomini.
O almeno di questo era convinto Mr Holmes, fino al giorno in cui la giovane donna non ha iniziato a frequentare un certo Dottore.
[ Wholock & Sherlolly - Menzione speciale per la storia e Nomination nella categoria "miglior attore non protagonista" per John Watson agli Oscar EFPiani 2016 ]
Genere: Commedia, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

II - The girl who counted

 

What is the base group of people who would run away with the Doctor?
They’re all going to be a bit mad.
A bit dislocated.
Not happy with where they are.

- Steven Moffat

 

Molly Hooper aveva ufficialmente un problema. Uno molto, ma molto serio.

Altrimenti, non sarebbe mai stata disposta a devolvere il proprio sabato sera ad effettuare analisi tossicologiche sull'ormai compianto signor Thompson anziché andare a sgolarsi in compagnia della sua migliore amica ad un concerto, come chiunque nei suoi panni avrebbe preferito fare. Ed essendo ben consapevole dell'assurdità della sua scelta, aveva saggiamente evitato di rivelare a Meena che, se si era dovuta fermare in laboratorio per sbrigare del lavoro straordinario, non era per sostituire un collega improvvisamente malato ma per fare un favore ad un certo consulente investigativo. Non le piaceva affatto mentire, ma d'altronde la sua amica non le aveva mai fatto segreto di quanto disprezzasse Sherlock Holmes per come osasse “schiavizzarla senza ritegno” e, soprattutto, di quanto la disapprovasse per la sua eccessiva tendenza a piegarsi docilmente a qualunque, tirannica pretesa del detective. Di conseguenza nutriva il forte timore che, se Meena avesse scoperto la vera ragione per cui non l'aveva accompagnata, sarebbe stata capace di venire fino al Bart's per prelevarla con la forza... e lei non poteva assolutamente andarsene. Almeno non prima di aver concluso le analisi e steso il referto che Sherlock le aveva richiesto con estrema urgenza e che gli aveva stupidamente assicurato sarebbe stato pronto per le 10 di quella sera. Si era già assunta un precedente impegno con lui, adesso non poteva certo rimangiarsi la parola data...

E qui stava il suo errore. Perché Molly, o meglio la sua fastidiosa coscienza, lo sapeva che se finiva sempre per accondiscendere alle sue richieste, talvolta persino al costo di sacrificare il proprio tempo libero e di lavorare ore che nessuno si sarebbe mai sognato di pagarle, non era per la speranza che poi lui la ricambiasse con qualcosa di più della semplice riconoscenza... O, meglio, non solo. Più a monte, era per la sua assoluta incapacità di pronunciare una tanto breve quanto semplice parola, quella negazione che persino i neonati riescono ad articolare, ma che lei non riusciva mai a dire con convinzione:

“No”.

Molly non riusciva proprio a dire di no, a Sherlock come a nessun'altra persona. E non certo per arrendevolezza, bensì per la sua eccessiva generosità. Era sempre stato il suo peggior difetto. Tuttavia, si decise, quella sarebbe stata l'ultima volta che si sarebbe piegata a sue spese alle richieste altrui. Ormai aveva finito per capirlo, che facendo così non sarebbe mai riuscita a guadagnarsi l'affetto di chi si proponeva di aiutare, ma solo a perdere anche quel poco di amor proprio che ancora le rimaneva. Non riusciva più a considerarlo gratificante, specialmente se tutto ciò che riceveva in cambio dei suoi sforzi erano delle mortificazioni. Cioè, non era un'illusa, o meglio non più, ed era perfettamente consapevole che da chi arriva ad autodefinirsi sociopatico non ci si può aspettare grandi dimostrazioni d'affetto ma... mai una volta che le dicesse anche solo un banalissimo “grazie”. Come se tutto gli fosse dovuto, e fosse suo diritto esigerlo. Come se il fatto che fosse disposta a dargli una mano lo autorizzasse a prenderle pure il braccio, e a tirarla come un burattino.

Ma non poteva andare avanti in quel modo, in questo doveva dare ragione a Meena. Basta. Non era la sua serva, aveva una propria vita e una propria dignità. Anzi, già solo l'assumersi quell'impegno con se stessa le parve una vera e propria iniezione di autostima.

Tuttavia il sorriso soddisfatto che a quel pensiero le era comparso sulle labbra svanì presto, nell'istante stesso in cui udì bussare alla porta del suo laboratorio. Al che sussultò e venne assalita dal panico, essendo ancora ben lontana dallo scoprire quale tipo di veleno fosse stato utilizzato per uccidere il signor Thompson... I suoi occhi nocciola corsero affannati fino all'orologio al polso, rassicurandosi così di essere ancora in tempo: non erano neanche le 9 e mezza, e l'esperienza le aveva insegnato che Sherlock Holmes era persona incline a presentarsi in anticipo agli appuntamenti quanto a tollerare il ritardo altrui. Dunque, non poteva essere già lui...

Rincuorata da quella certezza ed anche un po' incuriosita, si decise dunque a voltarsi e ad accogliere l'inatteso visitatore.

-Avanti!- gli intimò.

Al che la porta del laboratorio si socchiuse, e ne fece capolino un bizzarro sconosciuto dai vestiti ancora più bizzarri: indossava un discutibile completo in tweed probabilmente rubato a suo nonno, assieme ad una camicia a righe e a quelle... che cos'erano, quelle? Delle bretelle?!?

“Santo cielo...”

Però, riconosceva che doveva trattarsi di persona molto sicura di sé, per andare fieramente in giro conciata in quel modo. E con un farfallino così sgargiante. Tuttavia, lo esibiva con talmente tanto orgoglio che si scoprì a rivalutare quel suo primo giudizio affrettato e a riflettere che, su di lui, non stava affatto male. Forse, perché era proprio quel tipo a non essere affatto male... Non poteva definirsi oggettivamente bello, né i suoi gusti in fatto di uomini pienamente condivisibili, come Meena non mancava mai di rinfacciarle, eppure... c'era qualcosa, in lui, che esercitava un certo fascino. Era smilzo e allampanato, ma teneva le spalle ben dritte ed ostentava una postura carismatica. Le sue mani e i suoi piedi erano decisamente più grandi della media, quasi sproporzionate, ma i suoi gesti e i suoi passi erano sicuri ed energici. Anche fin troppo energici, come se smaniassero per dar sfogo ad una frenesia trattenuta a stento, la stessa che gli illuminava il volto ben squadrato, distendeva le labbra in un sottile sorriso eccitato, e faceva brillare di vitalità i suoi occhi azzurri, chiarissimi.

Fu proprio su questi che si concentrò maggiormente lo sguardo di Molly, affascinata. Quegli occhi, avevano lo stesso vispo luccichio di un bambino troppo curioso, ma anche la stessa profondità di un anziano molto saggio. Riflettevano intelligenza, in un modo che le era davvero, davvero familiare...

O forse era lei ad essere eccessivamente suggestionabile, e a pensare sempre troppo a Sherlock Holmes.

Comunque, non fece in tempo a concludere il suo studio fisionomico che quello accennò un saluto con la mano, prevenendo senza indugi il calare di un silenzio imbarazzante.

-Buonasera!- trillò con un entusiasmo esagerato per quella, come per qualunque altra sua sera -E' lei la dottoressa Hooper?-

Molly reclinò il capo, stupita che quel tizio non fosse entrato per sbaglio nel suo laboratorio ma stesse cercando proprio lei.

-Sì, sono io. Di cosa ha bi...- ammutolì, correggendosi con prontezza prima di tirarsi la zappa sui piedi come al suo solito -Perché le interessa?-

Quello allora increspò le labbra in una smorfia, grattandosi il dorso del suo lungo ed ingombrante naso.

-Ecco... dovrei effettuare un controllo in obitorio, ma la porta era chiusa a chiave e non sono riuscito ad entrare. Sarebbe così gentile da venire ad aprirmela?- azzardò, strizzandole l'occhio -Ho letto all'ingresso che è lei la responsabile.-

A quell'insolita richiesta tutta la bendisposizione che Molly aveva sentito per lui svanì all'istante, sostituita dal sospetto e da una punta di ostilità.

-Veramente l'accesso sarebbe riservato al solo personale.- obiettò, omettendo però di precisare quanto spesso fosse esteso anche agli amici della responsabile in questione -Per cui temo di non poterla accontentare, signor...?-

-Ha ragione, che maleducato. Non mi sono presentato... Piacere, sono il Dottore.- le rivelò, abbozzando un inchino decisamente plateale.

Molly inarcò un sopracciglio, insoddisfatta da quelle credenziali pretestuose e supponenti.

-Dottore di cosa, mi scusi?-

La bocca del suddetto dottore si piegò nuovamente in una smorfia esagerata.

-Diciamo che sono specializzato nella risoluzione di problemi vari ed eventuali... Generalmente piuttosto gravi. Ed urgenti. Molto urgenti, proprio come quello di cui mi sto occupando ora. Per cui, potrebbe accontentarmi e farmi questo piacere?-

La patologa represse uno sbuffo esasperato. Che cos'aveva fatto di male nella sua vita, per calamitare su di sé unicamente le attenzioni di uomini assillanti con il gusto del macabro? Probabilmente scelto la professione sbagliata, ok... Però, si era appena promessa di smetterla di permettere al mondo di usarla come uno zerbino, e non avrebbe di certo ceduto così, con il primo di passaggio. Per quanto carino e gentile, quel tizio aveva davvero scelto il momento sbagliato per chiederle un favore perché, ad iniziare da quella sera, Molly Hooper sarebbe stata una donna nuova...

Una donna molto, ma molto irremovibile.

-Come le ho già spiegato, l'accesso è riservato...-

-Al personale, sì.- la interruppe, avvicinandosi a lei ed estraendo dalla tasca interna della giacca un portadocumenti, che provvide ad aprire e a mostrarle con una sicurezza non troppo diversa da quella che avrebbe ostentato Greg nell'esibire il proprio distintivo.

Molly squadrò perplessa quello che aveva tutta l'aria d'essere un badge di riconoscimento del Bart's, con tanto di dicitura a confermarle che si trovava al cospetto di un certo “Dott. John Smith, risolutore di problemi”. E, per quanto si trattasse di una competenza alquanto inusuale e quello potesse benissimo essere un documento falso, stranamente non riuscì a trovare nulla da ridire al riguardo. Osservò la foto identificativa e la confrontò con il volto dell'uomo che si ritrovava ad un palmo di naso, riconoscendo che si trattava proprio della stessa persona. D'altronde, aveva dei lineamenti fin troppo caratteristici per potersi sbagliare: tratti spigolosi, zigomi molto pronunciati ed infine una fronte decisamente spaziosa, messa in bella mostra da capelli pettinati a lato in un ciuffo impertinente che pareva sfidare la forza di gravità. Ciononostante, osservarlo le ingenerò di nuovo una forte sensazione di déjà vu, benché questa volta l'associazione con un consulente investigativo a lei ben noto risultò assai più breve della precedente, quasi evanescente. Il suo viso ricordava indubbiamente quello di Sherlock, ma non era affatto affilato da un'espressione tesa, indurita: era morbido, sereno. E poi aveva un sorriso così gentile, una voce talmente calda e rassicurante da rendere assolutamente impossibile qualsivoglia paragone tra i due.

O forse era lei ad essere eccessivamente ingenua, e a vedere sempre nelle persone più buono di quanto in realtà ce ne fosse.

Inoltre, di certo a causa della prolungata frequentazione del detective più sospettoso e paranoico dell'Universo, parte di lei continuava a nutrire ancora più di una riserva sul suo conto.

-Perdoni la mia perplessità, ma è la prima volta che la vedo, dottor Smith.- considerò con scetticismo.

Lui spazzò via le sue insinuazioni con una buffa e scoordinata alzata di spalle.

-Appena trasferito.- replicò senza batter ciglia -Comunque, mi chiami solo Dottore, come fanno tutti... E' molto più univoco.-

Univoco per i suoi pazienti, forse...

-E va bene, signor... Dottore.- sospirò rassegnata, ma per nulla arrendevole -Comunque, temo che dovrà aspettare il mio turno di domattina per entrare in obitorio. Adesso non sono in servizio, e per di più sono già impegnata con un'analisi molto urgente.-

Lui però strinse le labbra e scosse la testa con fermezza ancora maggiore della sua.

-Domattina? Non se ne parla proprio!- sbottò -Dobbiamo intervenire subito!-

E, detto questo, allungò repentino una mano sul vetrino che stava analizzando, lo tolse dal supporto e, prima ancora che Molly potesse realizzare le sue intenzioni e dunque fermarlo, se lo portò alle labbra per... leccarlo.

Quel tizio aveva appena leccato il suo unico, preziosissimo campione.

-Che cos'ha fatto?!?- esclamò, coprendosi inorridita la bocca con le mani -C'era sopra una dose di veleno!-

A quella notizia però il Dottore non fece una piega, anzi assaggiò nuovamente il vetrino con fare meditabondo.

-Oh, non si preoccupi, non era poi molto... Inoltre, il mio stomaco può digerire questo ed altro.- la tranquillizzò.

Ma Molly non si tranquillizzò affatto a quell'inconcepibile incoscienza, e prese a boccheggiare sempre più nel panico.

-Ma... mi serviva!- protestò -Mi spiega che le è saltato in mente?!? Come faccio a concludere le mie analisi, ora?-

Non sarebbe mai riuscita ad isolarne dell'altro, di certo non abbastanza rapidamente... Era meglio che rinunciasse al tentativo di redigere per tempo il referto che Sherlock le aveva chiesto e iniziasse a concentrare i suoi sforzi nella ricerca di una scusa plausibile per il suo insuccesso. Se avesse tentato di giustificarsi dicendogli che il suo campione se l'era mangiato un collega non le avrebbe mai creduto, poco ma sicuro. Anzi, verosimilmente l'avrebbe uccisa.

Quel pazzoide però non sembrava affatto curarsi della sua morte imminente perché, dall'ampio sorriso sfacciato che osò rivolgerle, si poteva ben intendere quanto invece fosse soddisfatto del proprio operato.

-Naaa, tanto non le serve più. Ci ho già pensato io ad analizzarlo per lei: dal sapore delle sue due molecole proteiche posso dire senza ombra di dubbio che si tratta di Haditoxin, presenza caratteristica nel veleno del cobra reale... Si fidi, le mie papille gustative sono molto più precise di quella sottospecie di microscopio che ha in dotazione.- osservò, rivolgendo un'occhiata di sdegno alla sua attrezzatura -No, sul serio, non so come fa a lavorare con quell'affare, è peggio di quello che mi hanno regalato come giocattolo per il mio quarto compleanno... Almeno quello era ad onde soniche. E dopo qualche modifica riusciva persino a isolare le componenti di qualunque sostanza, materia oscura compresa... Ah, quante soddisfazioni che mi ha dato! Che bei tempi!- esclamò con sguardo sognante, per poi sbattere le palpebre e ritornare su di lei con fare più serio -Vabbeh, non è il momento di perdersi troppo in ciance. Forza, prenda nota di quanto le ho detto, la smetta di accampare scuse e venga con me!-

Molly però non mosse un solo muscolo, travolta e sconcertata da quell'assurdo monologo senza capo né coda, e continuò a fissarlo con gli occhi sgranati. Quel tizio era matto da legare... Ma, proprio per quello, forse era più saggio assecondarlo per levarselo di torno il prima possibile. Anche se questo significava mandare a monte tutti i suoi buoni propositi... Temeva che non sarebbe riuscita a rispettarli a lungo, ma non si aspettava di capitolare così rapidamente. Non con una persona che non fosse Sherlock Holmes, almeno.

-E va bene...- sospirò estenuata -Ma l'avverto che non posso trattenermi con lei più di tanto, ho un appuntamento tra mezz'ora con un'altra persona.-

-Stia tranquilla, le do la mia parola che la riporterò indietro per tempo!- le assicurò il Dottore con un sorriso a trentadue denti.

Molly gli scoccò un'occhiata obliqua, scosse la testa sconfortata, infine lo precedette fuori dal laboratorio e lungo il corridoio, facendogli strada.

-Non ho ancora capito la ragione per cui ci tiene tanto ad accedere all'obitorio.- gli disse ad un tratto, cercando di non far troppo caso al modo snervante con cui le stava trotterellando al seguito.

-Beh, in tutta onestà è perché ho il forte sospetto che sia stato infettato da una presenza aliena.-

Rallentò il passo, voltandosi verso il suo sempre più incomprensibile nuovo collega.

-Eh?- fece, sbattendo le palpebre -Intende un virus?-

Eppure, se tra i cadaveri attualmente ospitati presso la loro struttura ci fosse stato un corpo potenzialmente fonte di contagio, lei l'avrebbe saputo...

Il Dottore però evitò il suo sguardo, fissò qualcosa oltre la sua spalla e deglutì a disagio.

-No, intendo quello.- balbettò, puntando un dito dietro di lei.

Fu così che Molly fu costretta a voltarsi e ad incrociare lo sguardo con le vuote cavità orbitali di uno scheletro appena sbucato in fondo al corridoio.

Dunque chiuse gli occhi, trasse un bel respiro... ma quando li riaprì dovette riconoscere con se stessa che no, non si era confusa con un manichino anatomico: era proprio uno scheletro umano e, caratteristica assai più preoccupante, tutt'altro che inanimato.

-Ok, cerchiamo di mantenere la calma...- le sussurrò piano il Dottore.

Ma quell'essere non esitò a puntarli e ad avanzare verso di loro con uno scatto decisamente stupefacente data la sua assoluta mancanza di muscolatura e, soprattutto, con aria inequivocabilmente ostile. Così Molly decise di ignorare il consiglio ricevuto, cacciò uno strillo spaventato e prese a correre all'impazzata nella direzione opposta.

Subito dopo ebbe la conferma di non aver affatto avuto una cattiva idea, perché il Dottore la superò a velocità a dir poco supersonica gridandole di correre e di mettersi insieme a lui al riparo nella prima stanza disponibile in cui provvide a fiondarsi. Seguì senza esitazioni il suo esempio, richiuse la porta alle loro spalle con un botto e quante più mandate possibili, sprangarono l'ingresso spingendovi contro un tavolo ed infine arretrarono fino alla parete opposta, su cui si accasciarono fianco a fianco, cercando di recuperare il fiato.

-Che... accidenti... era... quello?!?- ansimò, portandosi una mano al cuore ormai a rischio di infarto.

-Non ne ho la minima idea.- le rispose in modo davvero molto rassicurante il Dottore -Ma è proprio quello che mi piacerebbe scoprire...-

E con tutta probabilità l'avrebbe scoperto presto, poiché non fece in tempo a concludere la frase che Molly vide, con orrore, che il loro inseguitore aveva piegato la maniglia dall'esterno fino a spezzarla.

-A me invece piacerebbe sopravvivere.- gli confessò, deglutendo.

Anche se le probabilità di riuscire nell'intento non erano molte, e crollarono a picco quando l'essere scheletrico riuscì a sfondare la porta e a sgombrarsi il cammino dalla fragile barricata che li stava separando. Al che, con incredibile coraggio o, meglio, incoscienza, il Dottore decise di fronteggiarlo armato con nulla più che una specie di penna a sfera, che al suo comando si accese con una luce blu e un sonoro ronzio. Fastidioso, considerò la patologa, ma probabilmente non per un essere senza occhi e senza orecchie.

-Ti avverto, non provare a fare un solo passo o...- provò ad intimidirlo.

Tuttavia non ebbe modo di concludere la sua minaccia, perché la patologa fu ben più decisa: in quella stanza c'erano deterrenti migliori, dopotutto. Così agguantò sollecita una provetta da uno scaffale e la scagliò addosso allo scheletro prima che avesse modo di assalirli. Con sua sorpresa riuscì a mandarla a segno, e in rapida successione la vide andare in frantumi nell'impatto, liberare la sostanza al suo interno e corrodere senza fatica le ossa colpite. Quanto alle altre, private del loro supporto, caddero a terra e si sparpagliarono in giro rotolando, apparentemente per inerzia.

Trattennero entrambi il respiro per una decina di secondi, il tempo di rassicurarsi che sarebbero rimaste inanimate, dunque si concessero un sospiro di sollievo. Solo allora il Dottore trovò il coraggio di rompere il silenzio, ridacchiando allegramente.

-Ottimo lavoro! Di solito io preferisco tentare prima un approccio non violento ma... ammetto che il tuo è stato ben più efficace.- si congratulò, tirandole una pacca sulle spalle -Che cosa gli hai lanciato?-

Non essendo affatto abituata alle lusinghe, nel sentirsi rivolgere dei complimenti così entusiasti e sinceri la patologa avvampò dell'imbarazzo. Provò a nasconderlo abbassando con fare modesto lo sguardo, seppur tradendo il proprio intimo compiacimento con un sorriso.

-Acido solforico.- gli rivelò.

Il Dottore allora si fece più serio ed annuì comprensivo.

-Spero che tu ne abbia dell'altro a disposizione, perché ce ne servirà parecchio.- le disse, anticipandole così che li attendeva una serata molto più lunga e movimentata di quanto si fosse inizialmente aspettata.

 

* * *

 

Quello era indubbiamente il suo momento preferito.

Se non avesse avuto la tendenza ad affezionarsi alle proprie compagne di viaggio più rapidamente ed intensamente di quanto fosse nelle sue intenzioni originarie e di quanto sulle prime potesse persino accorgersi, avrebbe di certo ceduto alla tentazione di cambiarle più spesso per potersi godere le buffe reazioni degli umani al loro primo ingresso nella TARDIS.

Al di là dell'incredibile somiglianza fisica che li accomunava ai Signori del Tempo e dell'invidiabile intensità e profondità della loro variegata sfera emotiva, se la sua scelta ricadeva sempre su un abitante del pianeta Terra era proprio per quell'abilità che non aveva mai ravvisato in nessun'altra razza: quella di meravigliarsi. In loro c'era quel perfetto equilibrio tra razionalità e fantasia che gli permette, di fronte a fenomeni nuovi ed inimmaginati, di stupirsene senza però metterne in dubbio l'effettivo manifestarsi, contrariamente ad altri popoli più evoluti che invece avrebbero sminuito con sufficienza la bellezza dei luoghi che avrebbe potuto mostrar loro, o di quelli più primitivi che, in quanto tali, non avrebbero vantato sufficiente intelletto per apprezzarla appieno. Invece, superate le riserve iniziali, gli umani davano prova di una curiosità e di un entusiasmo quasi pari ai suoi, e a dir poco contagiosi in quegli occasionali periodi di noia e indolenza in cui anche la sua movimentata e variegata vita da Signore del Tempo non riusciva a stimolarlo più di tanto.

Dunque, il Dottore si appoggiò compiaciuto alla plancia di comando, godendosi lo spettacolo della giovane Molly Hooper, patologa da poco iniziata ai viaggi spazio-temporali, boccheggiare sulla soglia della sua navicella, per poi entrarvi con timida cautela una volta che, assistito al suo ingresso, ebbe la prova tangibile che sì, quello che vedeva al suo interno era davvero uno spazio tridimensionale. Solo allora prese ad avanzare lungo il corridoio, le mani tese davanti a sé come se temesse di poter sbattere contro un muro invisibile, la testa sollevata in contemplazione delle luci sul soffitto e delle colonne al plasma.

Un po' troppo sollevata, forse, perché quasi rischiò di inciampare nei suoi stessi piedi.

Evitò la caduta aggrappandosi al corrimano, che al tocco squadrò con gli occhi sbarrati neanche si trattasse del più sofisticato ritrovato di tecnologia aliena presente in quell'ambiente, per poi riprendersi ed iniziare a raggiungerlo al centro della TARDIS con maggiore sicurezza, ma senza abbandonare quel suo adorabile sguardo da cucciolo intimidito. Fece un giro esplorativo sfiorando il perimetro della plancia e si portò una mano alle labbra, in una contemplazione così pensosa della sua meccanica inafferabilmente complessa che riuscì persino a strappargli un sorriso. Benché di capacità limitata, un comportamento analitico era proprio quello che si aspettava da una mente scientifica quale la sua. Tuttavia, per quanto potesse sforzarsi di catalogare visivamente ciò che le stava attorno, non sarebbe mai riuscita ad apprezzarne da sola l'effettiva natura e potenzialità, per cui rimase in attesa del momento in cui la giovane dottoressa avrebbe infine gettato la spugna per chiedere delucidazioni all'unica fonte di informazioni senziente a lei disponibile.

In vista di quest'imminente attenzione sulla propria persona, il Dottore assunse una pomposa posa plastica e si aggiustò il farfallino, non troppo diversamente da come avrebbe fatto un agente immobiliare fiero di mostrare alla clientela il migliore degli appartamenti che offriva in vendita. E non aveva nemmeno avuto ancora modo di sbalordirla con le funzioni degli elettrodomestici, o con la dimensione smisurata dell'intero complesso! O con la piscina, che per una qualche strana ragione esercitava sempre sugli esseri umani un'attrattiva che lui proprio non riusciva a comprendere, quando oltre la porta accanto ci si poteva invece perdere nei meandri di una delle biblioteche più fornite dell'intero Universo. Chiaramente, come qualsiasi uomo d'affari che si rispetti, si sarebbe però ben guardato dal rivelare alla sua potenziale acquirente che lo splendore su cui stava posando gli occhi non era esente da difetti... e che, se ne offriva l'utilizzo al prezzo stracciato di un po' di tempo e compagnia, né più né meno di quanto avrebbe potuto chiedere un triste e solitario vecchietto confinato in un ospizio, era perché, nell'impalpabile contratto che avrebbe tacitamente firmato col primo imbarco, c'era pur sempre una clausola nascosta. O, meglio, la piccolissima controindicazione che la TARDIS induce con i suoi viaggi una grave dipendenza alquanto ardua da sradicare, ma soprattutto che tende a scegliere come destinazioni gli angoli più inospitali dello spazio conosciuto e non, o, comunque, ad atterrare in periodi storici animati dalle presenze aliene più pericolose... Ma, ehi, è proprio questo il bello dell'avventura, per cui non vedeva perché rovinar subito la sorpresa alla dolce Molly Hooper.

Finalmente, proprio quando gli sembrava di non poter più reggere oltre l'attesa, la giovane in questione si rivolse direttamente a lui per manifestargli tutto il suo stupore.

-Perché?- si sentì chiedere timidamente.

-Perché è più grande all'interno?- le ammiccò compiaciuto -Beh, semplice: tecnologia gallifreyana. Non hai idea di quanti popoli abbiano tentato di imitarla e continuino a copiarla, ma il brevetto dell'invenzione rimane un segreto noto solo a noi Signori del Tempo e...-

Molly però mise le mani avanti, interrompendo una spiegazione che altrimenti sarebbe stata tanto accorata quanto prolissa.

-No, non mi riferivo a quello.- si affrettò precisare -Intendevo... Perché io? Perché, con tutte le altre persone che potevi scegliere, vuoi che sia proprio io ad accompagnarti?-

Il Dottore sbatté un paio di volte le palpebre, interdetto, poi richiuse la bocca rimasta semiaperta e le sorrise dolcemente.

-Perché sei speciale, Molly Hooper.- le rivelò con ovvietà.

Lei però non parve appagata dalla spiegazione, anzi aggrottò le sopracciglia in un moto di disappunto.

-No, invece. Io non sono nessuno: al mondo c'è tantissima gente molto più intelligente e importante di me...-

Sospirò esasperato, scuotendo la testa. Gli sembrava di aver ripetuto quel discorso all'infinito ormai, ma ogni volta era sempre la stessa storia...

-Bada, non una parola di più. Anzi, vedi di rimangiarti subito tutte queste idiozie, ok?- le ingiunse perentorio, puntandole con insistenza l'indice contro quella sua zucca vuota di autostima -Non è una mia opinione, tu sei oggettivamente speciale. Ognuno lo è, a modo suo, perché ognuno è unico ed irripetibile... Perciò, posso assicurarti che, per quanto possa viaggiare nel tempo e nello spazio, non troverò mai un'altra Molly dolce e gentile come te. Inoltre, sappi che sei ben più intelligente e coraggiosa di quanto credi: non è da tutti avere quotidianamente a che fare con dei cadaveri, né salvare Londra da un'invasione aliena! Dunque, sei abbastanza stramba da poter stare senza problemi al mio seguito...- concluse, facendole l'occhiolino.

Lei allora abbozzò un sorriso, stringendosi nelle spalle con fare imbarazzato.

-Beh, grazie... credo.-

Rallegrato, batté le mani per dichiarare felicemente chiusa la questione e per passare ad un'altra a suo parere ben più eccitante.

-Bene, allora permettimi di darti il benvenuto a bordo da parte mia e della TARDIS!- esclamò allegramente -Forza, esprimi un desiderio: dove e quando ti piacerebbe andare, adesso?-

La dottoressa Hooper però non rispose subito, si portò incerta una mano alle labbra e sollevò lo sguardo pensosa.

-Ecco...- mormorò piano -Mi piacerebbe conoscere Marie Curie, in effetti...-

Gran parte dell'entusiasmo del Signore del Tempo andò rapidamente disperso.

-Marie Curie? Seriamente?!?-

-Beh, l'ammiro molto.- affermò decisa, difendendo la propria scelta imbarazzata ma comunque a testa alta -Quand'ero al liceo ho dovuto scrivere su di lei un saggio, e in un certo senso è stato proprio grazie a quella ricerca se poi mi sono convinta ad iscrivermi alla facoltà di Medicina...-

-Sì, ok, apprezzo questa tua manifestazione d'orgoglio femminista... Però, insomma, prova a pensare un po' più in grande! Usa la fantasia, possiamo andare in qualunque epoca e in qualunque posto dell'Universo!-

-Mmm... Possiamo anche assistere al Big Bang?- provò allora ad azzardare lei.

A una simile proposta il Dottore sgranò gli occhi spaventato.

-Ehi, piano, così è decisamente troppo in grande! La TARDIS è resistente, sì, ma non indistruttibile!-

 

* * *

 

Dopo aver stretto la mano a Marie Curie, rischiato di diventare la settima moglie decapitata da Enrico VIII, scoperto la tomba di Tutankhamon ma soprattutto le origini aliene della sua maledizione, e da ultimo sventato l'invasione Dalek di un paio di galassie, Molly Hooper decise che era giunto il momento di tornare a casa per godersi un po' di meritato riposo e riprendersi da quella sbornia spazio-temporale, più che soddisfatta di essersi lasciata convincere a trascorrere il sabato sera fuori dal suo laboratorio e, ancor più, di aver fatto la conoscenza di un uomo non solo davvero fantastico ma addirittura abbastanza interessato a lei da arrivare a chiederle un secondo appuntamento.

Tuttavia, come rimise piede nella Londra del XXI secolo, il suo cellulare trillò al tardivo arrivo di un sms tanto breve quanto scocciato, e la cui lettura fece svanire all'istante il sorriso dalle labbra della patologa.

-Oh, no... Sherlock!- gemette disperata, battendosi una mano sulla fronte -Mi sono completamente dimenticata di lui! Ti prego, puoi riportarmi indietro a ieri sera, al Bart's? Gli avevo promesso di incontrarlo alle 10...-

-Posso, ma non per quell'ora.- le disse il Dottore, scuotendo la testa dispiaciuto -Anche noi eravamo lì, ricordi? Rischieresti di incontrare te stessa e, credimi, meglio evitare simili sovrapposizioni temporali...-

Diceva così perché non aveva mai dovuto affrontare l'ira di Sherlock Holmes, meditò tra sé Molly con un sospiro sconsolato. Tuttavia, grazie a lui era comunque riuscita a concludere le analisi che le aveva chiesto, e poteva anche fargliele avere per tempo assieme alle sue scuse... Dunque, scroccò un passaggio alla TARDIS per recuperare il necessario e recapitarlo al 221b di Baker Street nelle cortesi ed accoglienti mani di Mrs Hudson.

-Che cos'era quell'oggetto strano che hai tirato fuori da lì?- le domandò al suo ritorno il Dottore, riferendosi perplesso al contenuto del sacchetto che ancora reggeva in mano.

Non le riuscì di trattenere una risatina divertita.

-Oh, era solo un muffin ai mirtilli! E' la mia specialità, vuoi assaggiare?- gli propose, cedendogli con un sorriso quello che si era tenuta da parte per sé.

Lui allora accettò incuriosito il dolce, se lo rigirò tra le mani, l'annusò non senza una certa diffidenza ma alla fine si decise a prenderne un morso. Tuttavia non riuscì a deglutire quel boccone, perché, nonostante i suoi sforzi, venne colpito da un violento attacco di tosse che lo costrinse a sputarlo all'istante.

-No, dico, volevi avvelenarmi?!?- esclamò paonazzo, cercando di togliersi il sapore dalla lingua con una smorfia schifata -Che diamine ci hai messo dentro?-

Se Molly non si offese, sorvolando sulle sue maniere per nulla educate ed astenendosi dal rinfacciargli di aver avuto una reazione decisamente melodrammatica per uno che si vantava di poter ingerire senza problemi qualunque tossina, fu solo perché le aveva fatto sorgere l'atroce dubbio di aver scambiato lo zucchero con il sale durante la preparazione. Il che avrebbe rappresentato un errore tanto imbarazzante quanto inopportuno, perché avrebbe reso il suo tentativo di farsi perdonare da Sherlock non solo inefficace ma addirittura controproducente...

Inorridita da questo pensiero, riprese il muffin dalle mani dell'amico per verificare di persona quanto fosse immangiabile. E lei nei guai. Ma, dopo un'attenta analisi, non riuscì ad individuarvi il benché minimo difetto.

-Io non ci trovo nulla di strano.- osservò quindi, molto più tranquilla e sollevata.

Il Dottore, però, non cessò di fissare il suo operato con un'espressione di profondo disgusto.

-Ma... è così... così... dolce!- si lamentò.

Pertanto, non appena ebbe modo di sfornare altri muffin, Molly si premurò di prepararne anche uno in più tutto per lui. Appositamente ed abbondantemente salato.

 

* * *

 

Il Dottore scrutò diffidente il muffin ai mirtilli che Molly gli stava porgendo con fin troppa premura, benché già solo il suo irresistibile profumo fosse riuscito a fargli venire l'acquolina in bocca. Per questo lo prese comunque e l'addentò con gusto, nonostante l'espressione titubante e timorosa che la giovane aveva dipinta in viso fosse abbastanza preoccupante da rovinargli il sapore con il retrogusto amaro tipico dei cattivi presentimenti.

-Di cosa stai cercando di farti perdonare, Molly Hooper?- le bofonchiò pertanto a bocca ancora piena, ma con un tono comunque sufficientemente autorevole.

Lei si mordicchiò le labbra, fissando vergognosa i propri piedi su cui spostò, alternativamente, il proprio peso.

-Ehm... Hai presente quello studente di medicina che abbiamo conosciuto l'ultima volta, all'università di Edimburgo?-

Deglutì per risponderle, ma non prima di aver emesso un sonoro sbuffo contrariato.

-Come dimenticare quell'odioso saputello.- sbottò a quel ricordo molesto -Alfred, giusto?-

-Arthur.- lo corresse Molly, che invece aveva preso quel ragazzo fin troppo in simpatia e, soprattutto, gli aveva dato fin troppa confidenza, con la spiacevole conseguenza che poi il suddetto Alphonse... Arthur, quello che è, si era attaccato al loro seguito peggio di una cozza alfacentauriana.

-Non è rilevante, non fornirmi informazioni che non m'interessano.- la liquidò con un gesto di sufficienza -Dunque?-

-Dunque, possiamo fare ancora una piccola tappa nel 1877? Ci terrei a parlare con lui un'altra volta...-

L'espressione del Dottore si corrucciò nel modo più significativo consentito dall'ampiezza della sua fronte.

-A parte il fatto che non ci tengo proprio a sobbarcarmi di nuovo il dispiacere della sua assillante compagnia, non possiamo. Ormai abbiamo creato un punto fisso nella linea spazio-temporale, che peccato...- le spiegò, senza nemmeno sforzarsi troppo di fingere rammarico.

Molly però non sembrò voler desistere da quell'assurda richiesta.

-Lo so, ma non volevo tornare proprio in quel momento, giusto poco dopo...-

Scosse la testa sconsolato. Quella ragazza era perspicace nel comprendere il meccanismo dei paradossi temporali quanto testarda nelle sue fissazioni. Non era mai fastidiosa o insistente, ma se puntava i piedi non c'era davvero verso di smuoverla. Ma, in fondo, era proprio per quella sua stupefacente abilità nel tenergli testa pur senza perdere il dovuto timore reverenziale che apprezzava il carattere fermamente gentile della patologa. Tutto merito dell'addestramento continuo offertole da quel detective che tanto amava perseguitarla, supponeva.

-Continuo a non vederne la ragione, quando invece potrei portarti sulle cascate d'argento del Nilon o nelle stupende foreste pluviali su Euterpe...- tentò di dissuaderla con le prime, ben più allettanti proposte che gli sovvennero alla mente.

-Dopo, molto volentieri. Ma prima devo assolutamente rimediare a un errore... O almeno provarci.- gli annunciò caparbia.

All'improvviso, nella testa del Signore del Tempo si accese un sonoro campanello d'allarme.

-Quale errore?-

La giovane dottoressa abbassò gli occhi arrossendo, permettendo così alla sua coda di cavallo di scivolarle sulle spalle e alle sue dita di afferrare una ciocca di capelli da tormentare.

-Ecco... temo di aver involontariamente influenzato Arthur raccontandogli un po' troppi dettagli della mia vita, perché ho scoperto che non è affatto diventato un medico come desiderava tanto...-

Il Dottore a quell'ingenua preoccupazione non poté fare a meno di sorridere.

-Perché, l'hai convinto a fare il patologo?- scherzò divertito.

Molly però non dismise la sua aria contrita, anzi deglutì con fare ancora più colpevole.

-Non esattamente...- replicò in un tenue pigolio.

Dunque estrasse dalla borsa un voluminoso tomo, che sollevò davanti al viso per nascondergli le guance ormai paonazze e permettergli di leggerne l'autore ma, prima ancora, l'inatteso titolo luccicante:

Le avventure di Sherlock Holmes”, di Sir Arthur Conan Doyle.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Evee