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Autore: Amantide    17/01/2015    4 recensioni
Una FF ambientata tra il secondo e il terzo libro, in cui Annabeth e Percy saranno alle prese con qualcosa di più insidioso dei soliti mostri con cui li abbiamo visti combattere... i loro sentimenti.
Come se questo non bastasse a complicare la situazione ci sarà la profezia che l'Oracolo ha pronunciato per Annabeth tanti anni prima. La perseveranza di Annabeth e il coraggio di Percy li porteranno alla ricerca della verità che si rivelerà assai diversa da come se la immaginavano.
Dal testo:
"Mia madre ha fatto centro. Il problema è che non è mia mamma ad avere una cotta per Annabeth, sono io. E io, nonostante le nostre avventure insieme, non penso di aver mai fatto colpo su di lei."
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Percy/Annabeth
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolo dell'autrice: Ciao a tutti! Scusate se vi ho fatto attendere più del solito ma sono alle prese con gli ultimi esami e il tempo per scrivere, ahimè, è un po' poco. Volevo ringraziare tutti voi perchè la storia ha quasi raggiunto le mille visite e per questo non posso che essere felice! :-) Ora vi lascio alla lettura di questo nuovo capitolo che per certi aspetti è un po' mieloso... ma so che alcuni lo apprezzeranno proprio per questa ragione. Non faccio nomi! :-) Buona lettura e grazie in anticipo a chi vorrà commentare!!!






Corriamo il rischio di fare una sosta
 



Il viaggio fu così lungo da essere quasi insopportabile. Annabeth si è addormentata sulla mia schiena due ore fa, mentre sorvolavamo l’oceano. Ma io sono troppo felice che le cose tra noi si siano sistemate per lamentarmi. Appena raggiunta l’Europa, Blackjack si fionda in picchiata verso una piccola radura dove atterra con un tonfo poco aggraziato. Mi sembra il posto perfetto per fermarci a riposare dato che siamo stremati. Blackjack più di tutti. Scegliamo una zona isolata ai margini di un bosco e ci accampiamo per la notte. Per mia fortuna siamo nei pressi di un piccolo specchio d’acqua e io so esattamente cosa fare per rigenerarmi. Annabeth si è svegliata di malumore per il brusco atterraggio, così decido di lasciarla sbollire mentre io ne approfitto per fare un bagno.
Raggiungo la sponda del piccolo laghetto e, dopo essermi sfilato la maglietta, m’immergo completamente. In realtà avrei anche potuto tenerla, perché sono in grado di evitare che mi si bagnino i vestiti, ma la verità è che sono curioso di vedere se Annabeth mi dedica un’occhiata.
Con quel pensiero raggiungo il fondo del laghetto e mi sdraio a pancia in su osservando le bolle che risalgono verso la superficie. Solo in quel momento realizzo che ho realmente abbandonato il Campo Mezzosangue per seguire Annabeth in un’impresa, tra l’altro non ufficiale, di cui non mi ha ancora spiegato i particolari. Poco importa, Annabeth è fatta così ed io la seguirei anche in capo al mondo.
Devo aver chiuso gli occhi per qualche secondo perché un rumore improvviso, anche se ovattato, mi obbliga a riaprirli. Scorgo delle ombre in superficie e avverto delle vibrazioni vigorose scuotere le acque che mi circondano. Tutto questo non mi fa pensare a niente di buono. Nuoto velocemente verso la superficie e mentre raggiungo la sponda più vicina, vedo una scena che mi fa gelare il sangue nelle vene. A pochi metri da me c’è un enorme figura semiumana che mi è familiare. È il Minotauro che ha attaccato me e mia madre il giorno in cui ho varcato per la prima volta i confini del Campo Mezzosangue. Lo stesso Minotauro che ha spedito mia madre negli Inferi e che ho sconfitto con il suo stesso corno. Annabeth lo sta combattendo con il suo coltello ma non riesce ad avvicinarlo a sufficienza per affondare il colpo decisivo. Blackjack si rende utile come può, volando basso colpisce il Minotauro alle spalle con gli zoccoli, ma la creatura non sembra nemmeno accorgersene. Ho visto abbastanza. Estraggo Vortice dalla tasca e corro in loro soccorso. Per mia fortuna sono alle spalle del Minotauro, il che significa che lui non può vedermi arrivare. Corro per una trentina di metri brandendo la spada con una foga degna di Clarisse ed è proprio in quel momento che vedo il Minotauro scagliare in aria Annabeth con un colpo di corna. Sento il cuore mancare un battito nel momento stesso in cui lei atterra malamente su un ammasso roccioso perdendo i sensi. Mi sono distratto quanto basta per far si che il Minotauro si accorga della mia presenza. Lo vedo caricarmi e ho giusto il tempo di schivare il suo primo attacco rotolando su un fianco prima che lui m’incorni violentemente. Con la coda dell’occhio vedo Blackjack raggiungere Annabeth, ma lei è ancora completamente inerme sul suolo roccioso. Sento una fitta stringermi lo stomaco e capisco che devo liberarmi di questo mostro il più in fretta possibile. Impugno Vortice a due mani e vado all’attacco del Minotauro. Lui sarà anche grosso e forte ma io sono nettamente più agile e veloce e, come mi ha insegnato Chirone, in battaglia questo può fare la differenza tra la vita e la morte.
Nonostante la sua mole, la creatura riesce a schivare i primi due fendenti ed io finisco a terra sbilanciato dal peso della mia stessa spada. Il Minotauro mi sta caricando di nuovo ed io sono costretto ad allontanarmi in fretta e furia lasciando Vortice a terra. Corro verso gli alberi con il Minotauro alle calcagna e intuisco che la cosa migliore è giocare d’astuzia. Lascio che il mostro guadagni qualche metro e all’ultimo momento mi sposto lasciando che si schianti contro il fusto di un albero. Il mio piano funziona alla perfezione e il mio avversario resta incastrato con le corna nel tronco. Quell’imprevisto mi lascia il tempo di andare a recuperare la spada, ma ho appena fatto in tempo a raggiungerla, quando vedo il Minotauro sradicare l’albero e sfilarsi il tronco dalle corna come fosse carne su uno spiedino. Quella visione mi lascia di stucco. Comincio a correre nella direzione opposta sperando che mi venga un’idea. Il peso della spada mi rallenta così la richiudo e me la metto in tasca. Mi guardo le spalle terrorizzato, il Minotauro sta avanzando minacciosamente. Tento di non cedere al panico ma è la mia caviglia a cedere nel momento stesso in cui inciampo in una buca. Finisco a terra spaccandomi un sopracciglio e sento il sangue sgorgare a fiotti inondandomi la faccia. Mi volto appena in tempo per vedere il Minotauro fare un balzo verso di me e capisco di avere un’unica possibilità. Tolgo il cappuccio a Vortice e lo trafiggo nel momento stesso in cui lui sta atterrando sopra di me. Per mia fortuna esplode in mille pezzi un attimo prima di schiacciarmi con il suo peso.
Trattengo il fiato per un secondo, ancora incredulo di essere riuscito a batterlo per la seconda volta. Stringo Vortice così forte che mi fanno male le mani. Mi metto a sedere e richiudo la spada. Ho un unico pensiero: Annabeth. Corro verso di lei con un groppo in gola, è ancora nella stessa posizione in cui l’ho intravista prima. La cosa non mi piace.
“Annabeth!” Urlo a perdifiato correndo verso lei e Blackjack.
Mi chino al suo fianco e le prendo la testa tra le mani. Ha gli occhi chiusi ma la sento ansimare. Le controllo minuziosamente la testa sperando di non trovare nessuna ferita dovuta alla caduta sulla roccia e scopro solo qualche piccolo livido sul viso.
“Ehi capo, penso che il problema sia un altro.” La voce di Blackjack mi fa trasalire, mi ero quasi dimenticato della sua presenza.
Seguo lo sguardo del Pegaso e vedo solo in quel momento che Annabeth si sta tenendo entrambe le mani premute sul bassoventre. Con orrore noto che le mani sono sporche di sangue. Gliele scosto delicatamente e scopro la ferita, il corno del Minotauro le ha procurato un grosso taglio. Ignorando il brivido di terrore che mi pervade prendo Annabeth in braccio e mi avvio verso il laghetto. Non sono sicuro che funzioni ma la verità è che non so cos’altro fare. Entro nell’acqua stringendo Annabeth ancora incosciente tra le braccia nella speranza che la mia amica acqua sia in grado di curare anche lei.
“Annabeth… ti prego parlami.”
Blackjack ci osserva dalla riva del lago, le ali e le orecchie basse.
“Annabeth…” Tento di nuovo. Lei continua a mugugnare per il dolore ma dopo qualche minuto trova la forza di aprire gli occhi.  La stringo più forte sperando di trasmetterle l’energia necessaria a riprendersi.
“P-Percy.” Dice in un sussurro che sembra costarle decisamente troppa fatica.
“Va tutto bene… stai tranquilla.” La mia voce trema e spero che lei non ci faccia caso.
Mi decido a riguardare la ferita sperando di notare un miglioramento e provo una sensazione di leggerezza quando vedo che si è quasi rimarginata.
Tiro un sospiro di sollievo e la bacio sulle labbra. Lei riapre gli occhi come succede alle principesse delle fiabe e mi guarda dolcemente.
“Mi hai salvata…” Commenta riconoscente.
Non so cosa dire e abbasso lo sguardo perché ho paura di mettermi a piangere.
Dopo dieci minuti torno verso riva e, con l’aiuto di Blackjack, tiriamo Annabeth fuori dall’acqua. Si sta facendo buio e comincio ad avvertire la stanchezza.
Aiuto Annabeth a stendersi sul sacco a pelo e le porto del nettare e dell’ambrosia.
“La ferita si è rimarginata, ma sei ancora molto debole…” Dico preoccupato.
“Lo so, è normale, ho perso un sacco di sangue… questo mi aiuterà!” Sorride e mette in bocca un pezzo di ambrosia.
“Domani dovremmo riuscire a raggiungere Cipro in un paio d’ore.”
La metto a tacere con un bacio.
“Annabeth, non ti preoccupare, voglio che tu dorma adesso.”
“Ma noi dobbiamo… la profezia dice…”
“La profezia può aspettare.” Commento deciso. “Non ti lascio andare da nessuna parte finché non starai meglio.”
Lei sembra decisa a voler conservare le ultime energie, così evita di ribattere. Si gira su un fianco e chiude gli occhi esausta.
La osservo per qualche minuto per assicurarmi che dorma, poi piego la testa indietro appoggiandola ad un albero alle mie spalle. Sospiro profondamente. Oggi ce la siamo vista brutta.
Chiudo gli occhi e un orribile pensiero mi assale. Ricordo la profezia di Annabeth e non posso fare a meno di pensare che tutto questo sia colpa mia. Lei ha appena rischiato la vita ed io ho paura di essere la causa di quello che è successo. Ho come l’impressione che avvicinandoci a Cipro finiremo per correre altri pericoli. Forse avrei dovuto esporre ad Annabeth i miei dubbi prima di partire, so di non averlo fatto per egoismo, perché tutto sommato ero eccitato all’idea di partire solo con lei. Mi sento un idiota. Vorrei non essere stato tanto stupido, ma adesso è troppo tardi per tornare indietro, o almeno credo.
“Percy…” Gli occhi grigi di Annabeth mi scrutano nell’oscurità. “Cosa ti turba?”
“Niente, niente…”
“Non mentirmi Percy. Ti vedo preoccupato, ma adesso io sto bene, quindi c’è qualcos’altro che non va… e gradirei che tu me ne parlassi.”
Perché Annabeth deve essere così intelligente? Non le si può nascondere nulla, ormai mi legge come un libro aperto.
“È solo che da quando mi hai rivelato la tua profezia, non riesco a fare a meno di pensare che potrei farti del male.”
“Percy, le profezie non vanno prese alla lettera. Vanno interpretate.” Spiega con voce calma e chiara. Mi sembra tutto meno che spaventata. Vorrei poter esser così tranquillo anche io.
“Resta il fatto che oggi hai rischiato la pelle…”
“…e tu mi hai salvata!” Mi interrompe concludendo la frase al mio posto.
“Si, ma…” Lei mi mette un dito sulle labbra e io mi zittisco all’istante.
“Percy, abbiamo solo incontrato un mostro com’è successo altre mille volte. Siamo mezzosangue, queste cose sono all’ordine del giorno per quelli come noi.”
Su questo ha ragione, non posso darle torto, ma ho come una sorta di presentimento e, nonostante i miei sforzi, non riesco ad ignorarlo.
“Adesso spegni quel cervello e vieni qui con me, Testa d’alghe.” Mi ordina sorridendo. Il suo sorriso è troppo bello per disubbidire, così m’infilo nel suo sacco a pelo e ci addormentiamo abbracciati ascoltando il fruscio degli alberi.
  
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