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Autore: WeAreOnexo    17/01/2015    0 recensioni
eravamo felici, prima della crisi che aveva colpito quel freddo inverno, l'ultimo della mia vita. in quell'istante l'unica cosa che riuscii a percepire era il suo respiro sulla mia pelle mentre mi chiedeva scusa, e le sue labbra posate sulle mie, nel nostro ultimo bacio.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Taylor Lautner
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You’ve killed me
 salve gente, è la mia prima one shot ed ero un po'incerta se pubblicarla o meno... comunque dopo mille paranoie ecco il risultato... fatemi sapere che ne pensate... sempre se volete! ora evaporo... chuuu!

Non era mai stato violento, non fino a quel momento, ero a casa sua per le vacanze invernali quando dopo una discussione mi aveva colpito in pieno viso, uno schiaffo doloroso, non solo fisicamente, ma anche per il mio cuore.
In quel periodo a lavoro non andava per le migliori ed io, a quanto sembrava, ne ero la causa. Non ho mai capito perché si sfogasse su di me in quel modo, accusandomi per la crisi che aveva colpito quel freddo inverno.
Da quella prima sberla, sembrava quasi che tutta la mia vita venisse affrontata per inerzia, mi alzavo, andavo a lavoro, rientravo a casa, lui tornava dal lavoro e si discuteva, uno schiaffo, una spinta o un pugno e poi si ritirava in camera da letto, dalla quale non usciva fino all’ora di cena.
La faccenda andava avanti da ormai quasi un mese, ed ero davvero cambiata dalla prima volta che avevo messo piede in quella casa, lui era al lavoro, io mi stavo preparando per dire addio a tutto quello che avevo. Dopo quasi un mese di pestaggi fisici e morali avevo deciso di farla finita.
Mi infilai il primo paio di skinny che trovai, e che ormai mi stavano come una tuta da ginnastica, una felpa scura e il mio giubbotto blu. Non mi serviva nient’altro, era un giro di sola andata verso la mia fine.
Uscii di casa e camminai sul bordo della strada, verso il ponte che sarebbe servito da trampolino per un salto verso la morte che avevo scelto per me. Nel tragitto non potei fare a meno di notare il mio riflesso sulle vetrine dei negozi e dei bar, il mio fisico si era sciupato a causa di quel lungo digiuno, riuscivo a malapena a stare in piedi sulle mie gambe, i miei capelli erano lunghi e leggermente mossi, ricadevano sotto alle spalle, spostati dal vento, si muovevano davanti al mio volto scarno, con qualche lieve segno scuro all’altezza degli zigomi, che avevo cercato di mascherare con un po’di trucco. Inumidii le mie labbra, diventate aride dopo l’ultimo bacio di scuse che mi aveva donato, si, la sera della mia prima pugnalata al cuore. Lo amavo, e lo amo tutt’ora, sapevo che non era sua volontà farmi del male, lo aveva sempre detto e dimostrato, solo da qualche settimana non era più lui.
Attraversai la strada per evitare di incontrare la mia immagine ancora riflessa su quei vetri, con gli occhi socchiusi per la stanchezza e lo sforzo di camminare, guardai all’orizzonte e l’unica cosa che riuscii a scorgere era una macchia scura, sempre più vicina, e poi sentii un tonfo, il vuoto e uno strano odore di ferro… o di sangue.
Riaprii gli occhi trovandomi su un lettino di un ospedale e mi guardai intorno, l’odore del disinfettante tipico di quel posto mi riempiva le narici, mentre, ancora affaticata, cercavo di distinguere le persone intorno a me… mamma, papà e… lui. Voltai lo sguardo quando lo vidi, non volevo che fosse lì, a vedere quanto ero fragile, quanto lui mi aveva resa debole e quanto qualcuno mi avesse fatto a pezzi.
Mi trovavo là dentro da due giorni e, a causa del mio stato fisico, avevano iniziato ad alimentarmi tramite la flebo. Ero con mia madre, e da quel che mi disse compresi che non era stato un estraneo a ridurmi in quello stato  ma lui… stava tornando a casa dal lavoro, mi stava chiamando al cellulare per farmi gli auguri per il nostro anniversario, era felice ma si era distratto… e mi aveva ridotta così. Non so quanto di vero ci fosse in quella storia, dato che ormai non mi fidavo più di lui… ma poche ore dopo, quando era al mio fianco, mentre piangeva, riuscii a percepire che mi amava ancora, e che non avrebbe voluto farmi del male.
Purtroppo le mie condizioni non sarebbero migliorate, e quel giorno ne ebbi la conferma. Tentavo di allungare una mano per sfiorare la sua, ma per lo sforzo il mio cuore si era affaticato.
E sapevo che per me sarebbe tutto finito. La stanza si popolò di medici e infermiere, mentre lui si guardava intorno, spaesato, e posava il suo sguardo su di me, o su quello che ne rimaneva, mentre l’ultima cosa che percepii fu il suo respiro sulla pelle mentre mi chiedeva scusa, e le sue labbra posate sulle mie, nel nostro ultimo bacio.
fine.
  
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