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Autore: Monijoy1990    17/01/2015    1 recensioni
Questo racconto rappresenta il proseguimento di "Love story". Quindi invito chiunque non lo abbia letto a farlo prima di iniziare.
Roberto è un ragazzo arguto e intelligente con un futuro già scritto a lettere cubitali nel suo destino e un sogno in minuscole chiuso in un cassetto. Avvocato, dottore o ingegnere questo ciò che vorrebbero i suoi genitori per lui. Ma cosa vuole davvero Roberto? Diventare un cantante. Così il Giappone diventerà la sua strada e la Kings Record la sua meta. Durante il suo viaggio verso il successo il destino gli tenderà tante sorprese improvvise. Riuscirà grazie alla sua arguzia e al suo buon cuore a superare le sue insicurezze? Tra triangoli amorosi e amicizie inaspettate, sarà in grado di realizzare il suo sogno? Troverà la sua strada?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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UNA COLLABORAZIONE INSOLITA.

 
 
 
Tokyo
 
 
La giovane, con la sua minigonna di jeans, sedeva a gambe accavallate sulla sedia al centro della stanza. Quella posizione provocatoria lasciava volutamente scoperte le sue cosce lisce e vellutate, mentre un top succinto metteva in evidenza la sua siluette a dir poco perfetta. Con uno sguardo fisso e carico di rancore, circoscritto da un trucco forte e deciso, sfidava le due persone dietro la scrivania al centro della stanza .
«Signorina Yukino, noi capiamo bene cosa sta provando in questo momento, e proprio per questo pensiamo che non dovrebbe rinunciare…»
«Cosa potete saperne voi?»
La donna altera, alla destra del ragazzo dalla capigliatura tirata, prese subito in mano la situazione.
«Quello che il Direttore Mashimoto cercava di dire è che sappiamo bene cosa ha dovuto sopportare alla Kings Record in questi anni. Essere considerata la seconda, sempre e comunque, non deve essere stato facile da sopportare.»
La giovane strinse i pugni mentre sosteneva a testa alta quella conversazione.
«Toshi è sempre venuto prima non è così? E solo perché il figlio di Rio. Credo sia un comportamento opinabile da parte di un direttore discografico.»
«e lei come lo sa?»
«Takashi, ha appena deciso di lavorare per la nostra casa discografica e ci ha raccontato tutto»
La ragazza non poteva credere alle sue orecchie.
«Takashi lavora qui? Ma com’è possibile?»
«Deve essersi reso conto anche lui della precaria serietà della King's Record come casa discografica. Dopo quello che hanno fatto al suo brano quei sei ragazzini credo sia più che plausibile decidere di andare via. Quello che non riusciamo a concepire invece è come abbia potuto Rio metterla al secondo posto anche adesso, e per di più per proteggere proprio quel ragazzo viziato, soprattutto dopo tutto quello che ha fatto sia a lei che al signor Takeuchi. Immaginiamo bene il vostro rancore. Questo è stato uno dei motivi per cui abbiamo deciso di accettare la sua offerta di prendere lei al posto degli HOPE. Crediamo che Rio abbia commesso un grave errore sacrificando l’artista più promettente che aveva. Noi, a differenza sua, abbiamo visto un grande talento in lei e non abbiamo intenzione di lasciarle rinunciare al successo che merita in questo modo. Al posto di quei sei ragazzi abbiamo preferito lei. A differenza di Rio, che non ha aspettato due secondi a svenderla, noi crediamo molto nel suo talento e non vogliamo vederla rinunciare.»
«Come fa a sapere cosa si prova a sentirsi sempre inadatta? Cosa si prova a non veder riconosciuto mai il proprio talento?» le domandò sconcertata la ragazza dai capelli corti e ossigenati.
«Sa, io conosco bene cosa si prova a essere messa al secondo posto. Conosco quel rancore e quella rabbia che ti divora dentro. So bene cosa sta provando più di quanto crede. Per questo voglio darle una possibilità per vendicarsi…»
La ragazza si fece più interessata.
«Cosa intende?»
«Mettiamola così, entrambe abbiamo un conto in sospeso con la Kings Record ed entrambe abbiamo bisogno l’una dell’aiuto dell’altra per ottenere la nostra piccola vendetta personale o forse sarebbe meglio dire il nostro personale riscatto nei confronti di chi ci ha messo da parte così crudelmente. Proprio perché conosco bene quello che sta passando, voglio aiutarla».
«E lei cosa ci guadagnerebbe con il mio successo?» le domandò sicura la ragazza.
«Voglio distruggere il successo di quei ragazzi a favore del suo per la soddisfazione di veder crollare la credibilità della Kings Record. Devo a tutti i costi impedire che quei ragazzi diventino famosi, soprattutto uno di loro».
«Perché allora ha rinunciato a prenderli sotto la sua ala? A quel punto avrebbe potuto rovinarli come meglio credeva.»
«Si, è vero, ma come ho appena detto, crediamo molto in lei. Per questo vogliamo dimostrare a Rio quale errore ha fatto a lasciarla a noi. Inoltre rovinarli mentre erano sotto il marchio della Music Station avrebbe potuto compromettere l’immagine della nostra stessa azienda e non avrebbe procurato abbastanza danno alla Kings Record. Quello che vogliamo è aspettare che raggiungano il successo per poi distruggerli. Cadere dal cielo fa ancora più male sa…»
«Capisco…»
«Per il momento le chiediamo di fidarsi di noi. Al momento giusto le spiegheremo cosa dovrà fare. Dopotutto mi sembra uno scambio più che equo. Noi le permetteremo di avere la sua vendetta e lei ci aiuterà ad ottenere la nostra. Per adesso l’unica cosa che le chiediamo è di impegnarsi per il suo debutto. Al resto ci penseremo in un secondo momento…»
La ragazza continuava a fissare i due soppesando bene le parole di quella donna austera.
“Avevo intenzione di rinunciare, mi ero ripromessa che se non fosse stato con la Kings Record non avrei debuttato con nessun’altra casa discografica, ma facendo così l’unica a perderci sarei io. Ha ragione quella donna, sono veramente arrabbiata, dopo tutti questi anni in cui mi sono impegnata, e ho sudato sangue per veder riconosciuto il mio talento, questa è la ricompensa che ho ottenuto: essere usata come merce di scambio per salvare il culo di quel figlio di papà! Ha ragione, sono arrabbiata e voglio la mia vendetta. Distruggerò Rio, quel ragazzino e la Kings Record. Voglio che rimpianga di non aver creduto in me…”
«D’accordo. Ci sto».
 
 
 
 
Clara era appena scesa dal taxi giallo, dopo aver pagato l’autista con i soldi che gli aveva dato suo zio.
Si guardò intorno. Un enorme palazzo ostruiva imponente la visuale ergendosi maestoso davanti ai suoi occhi.
“Il palazzo deve essere questo”. Pensò avvicinandosi al cancello.
Due omaccioni vestiti di nero le sbarrarono la strada.
«Signorina, dove pensa di andare?»
Clara si fermò all’istante retrocedendo di qualche passo,«devo incontrare mio fratello». Tentò di spiegare ai due uomini che si scambiarono delle occhiate divertite.
«Si, certo, come no!» la sbeffeggiò il più alto dei due con aria di strafottenza.
Clara corrucciò le sopracciglia.
«Sono Clara Kitamura, la sorella di Roberto e devo incontrare mio fratello. Fatemi passare!» affermò sicura cercando di avanzare oltre i due energumeni.
Il secondo però, la bloccò per le spalle, allontanandola in malo modo. Clara, a causa della spinta stava per cadere ma qualcuno l’afferrò appena in tempo.
«Ragazzi, ma che modi sono questi?» intervenne il ragazzo che l’aveva appena soccorsa. Clara sotto la spinta del suo salvatore tornò in posizione eretta.  Ancora interdetta si voltò verso di lui. Era incredibilmente alto, più della media dei Giapponesi in circolazione, ma non abbastanza per imporsi contro quei due agenti della sicurezza.
«Ci scusi signorino. Forse abbiamo esagerato», gli rispose  uno dei due uomini in tono servile, rammaricandosene.  La ragazza era a dir poco sorpresa.
“Chi diavolo è questo ragazzo? Possibile che gli siano bastate quelle poche parole per intimorire quell’uomo?”.
«Mh, da quel che vedo siete nuovi…» notò avvicinandosi ai due Toshi ancora nella sua tuta sportiva. Era appena rientrato dai suoi allenamenti notturni alla Kings Record.
«Si, abbiamo iniziato stasera.»
«Capisco. Quindi non sapete nulla dell’accordo preso con i vostri precedenti colleghi…»
«Che accordo?» domandò scettico il più basso dei due scambiando un’occhiata con l’amico e collega alla sua destra.
Toshi sorrise beffardo avvicinandosi a entrambi e sussurrando a bassa voce nelle loro orecchie in modo che Clara non potesse sentire.
«Beh, anche se mio padre ha deciso di recluderci in questa specie di prigione, abbiamo comunque dei bisogni come uomini. Non so se ci capiamo...» entrambi gli sorrisero maliziosi fissando Clara dalla testa ai piedi.
“Perché diavolo mi fissano in quel modo?” pensò Clara a disagio, girandosi di lato. Era come se le stessero facendo una radiografia.
Toshi notando i loro sguardi lascivi, li richiamò tirandoli entrambi a sé.
«Per evitare che le nostre “visitatrici” vengano scambiate per comune fans, abbiamo pensato di farle spacciare per nostre sorelle. Ora capite cosa cercava di dire questa ragazza?»
Mentre entrambi gli addetti alla sicurezza si ricomponevano, Toshi riprese posto accanto a Clara che non aveva smesso, nemmeno per un secondo, di squadrarlo con sospetto. Uno dei due, il più minuto, si schiarì la voce un paio di volte combattuto.
«Capisco signorino, ma vostro padre ci ha severamente vietato di far entrare persone estranee nel palazzo. Soprattutto dopo l’ultima volta…»
«Beh, pensate che questi possano bastare per passare sopra la cosa solo per una notte?» gli propose sventolandogli dieci banconote sotto il naso. L’uomo spalancò gli occhi, mentre l’altro collega osservava bramoso quella lauta ricompensa.
Fissando Toshi dritto negli occhi il più basso dei due agguantò quel ventaglio di soldi al volo, riponendoselo rapido sotto la giacca nera del suo completo. Osservando prudente lo spazio circostante, riprese la parola.
«Per questa sera credo potremmo passarci sopra…» concluse infine ammiccando al ragazzo e sorridendo al suo collega.
«Perfetto. Non vorrete farci rimanere qui fuori in eterno, sapete che i paparazzi sono sempre in agguato…» detto questo si sfilò la felpa nera che indossava gettandola in malo modo sulla testa di Clara.
«Ehi! Che modi sono questi?»
«Sh.. e assecondami…» le sussurrò in un orecchio.
Clarà per un attimo rabbrividì al contatto caldo dell’alito di quel ragazzo sulla sua pelle.
«Certo…» si fece da parte il più basso mentre l’altro apriva il cancello.
Tenendo Clara stretta a sé avvolgendola con il suo braccio destro, la spronò a superare i due uomini. Quando furono finalmente all’interno del palazzo Toshi le sfilò la felpa.
Clara fu inondata da una luce gialla accecante e solo qualche secondo dopo riuscì a focalizzare il volto del suo salvatore. Era un ragazzino. Era indubbio che avesse qualcosa di famigliare. Ma dove lo aveva già visto prima? E poi perché quei due gli avevano parlato in tono così reverenziale. Non sapeva il perché, ma tutta quella storia non la convinceva per niente.
Toshi le sorrise soddisfatto avviandosi all’ascensore e chiamandolo spingendo l’apposito tasto.
«Si, può sapere chi sei? Perché mi hai aiutata? Da quello che sai potrei essere una pazza, eppure mi hai fatto entrare. Perché lo hai fatto? Ti rendi conto di quanto sei stato sconsiderato?»
Toshi spalancò gli occhi sorpreso puntando il dito sul proprio viso «Clara, non dirmi che non mi hai riconosciuto… »
«perché ci conosciamo noi due?» gli domandò scettica lei soppesando i suoi tratti fisiognomici con maggiore attenzione. Prima i suoi capelli neri e lucidi poi i suoi occhi neri e profondi poi le labbra carnose. A osservarlo bene non doveva essere più grande di lei. C’era qualcosa di famigliare, ma perché non riusciva a ricordarsi di lui?
Toshi si portò una mano trai capelli neri.
«Assurdo e hai anche il coraggio di dirmi che sono io l’irresponsabile! Cavolo Clara, ero convinto avessi capito chi ero. Ora che ci penso, cosa ti sarebbe successo se invece di un bravo ragazzo come me avessi incontrato un maniaco?» affermò avvicinandosi a lei, bloccandola alla parete con le sue braccia.
Clara mantenne la calma mentre i suoi occhi affogavano letteralmente in quelli di Toshi. Per un attimo rimasero immobili ad osservarsi.
“Ma cosa sto facendo? Come posso permettere ad un ragazzino come questo di mettermi in un angolo?”
 Con un movimento netto lo allontanò, infastidita da quella provocazione.
«Adesso sarei io l’irresponsabile? Ragazzino, nessuno ti ha chiesto di aiutarmi! Adesso puoi anche tornare dal tuo papino, io ho cose più importanti da fare che stare a discutere con te…» detto questo superò Toshi entrando di prepotenza nell’ascensore che nel frattempo aveva raggiunto il piano terra.
“Questo ragazzino…” 
Finalmente era dentro, si voltò verso la tabella con i bottoni dei diversi piani.
“Maledizione a che piano sarà l’appartamento di Roberto?”
«Non dirmi che non sai neanche a che piano si trova l’appartamento di tuo fratello..» la punzecchiò Toshi affacciandosi nella cabina dell’ascensore.
“Non lo sopporto proprio sto tizio!”
«Non sono affari tuoi…» detto questo spinse un tasto a caso, senza prestarvi troppa attenzione. Le porte stavano quasi per chiudersi quando Toshi le bloccò con una mano.
«Che maleducazione. Ti ho aiutata e adesso ti rifiuti di condividere con me persino l’ascensore…?».
Clara sospirò incrociando le braccia spazientita.
«Prego accomodati pure…»
 
Toshi, compiaciuto, le sorrise ancora una volta entrando e mettendosi accanto a lei. Le porte si richiusero. Lanciando un’occhiata al tabellone dei piani notò che il piano spinto da Clara era l’ottavo.  Tre piani sotto il loro.
«Io scenderò a un altro piano. Se non ti dispiace» le fece segno di spostarsi in modo da dargli la possibilità di spingere il tasto. Clara si spostò infastidta.
«Lo sai che sei davvero carina quando ti arrabbi?» la punzecchiò Toshi notando il suo sguardo offeso.
Improvvisamente Clara si rese conto che non sapeva cosa avesse detto quel ragazzino ai due uomini lì fuori per convincerli a lasciarla entrare così facilmente. Continuava a pensare a quel loro sguardo malizioso che non le era piaciuto per niente.
«Cosa hai detto a quei tipi per convincerli?» gli chiese continuando a fissare le porte chiuse dell’ascensore a braccia conserte.
«Vuoi davvero saperlo?»
«Cero che voglio saperlo!» gli urlò contro Clara sciogliendo la  sua posizione sostenuta. Nel frattempo l’ascensore aveva raggiunto il sesto piano.
Sorridendo Toshi si avvicinò al suo orecchio.
«che stasera mi avresti fatto divertire…»
Il viso di Clara diventò rosso all’istante.
«Come cavolo ti sei permesso? Chi diavolo sei per permetterti di alludere a certe cose?»
«Beh è stata la prima cosa che mi è venuta in mente. Di certo la tua motivazione non era più credibile della mia…»
«Ma io sono davvero la sorella di Roberto! Anzi, ora che ci penso, chi diavolo sei tu?». Finalmente le porte dell’ascensore si aprirono. Erano arrivati all’ottavo piano.
«Io sono arrivato. I tuo piano è il prossimo» detto questo si congedò dall’altra senza aggiungere nulla sulla questione. Clara avrebbe voluto ribattere ancora sull’argomento, ma Toshi scomparve prima che avesse il tempo di farlo.
«I ragazzini di oggi non sanno davvero cosa sia il rispetto per le persone più grandi» detto questo ad alta voce, diede un’occhiata alla tastiera alla sua sinistra.
“Che strano, non ricordo di aver spinto l’undicesimo piano… Bah, può essere che mi sia confusa”
Le porte si aprirono ritirandosi nelle due direzioni opposte. Incerta Clara si affacciò sul lungo corridoio pieno di porte tutte uguali e prive di nomi. Su ognuna c’era un solo misero numero.
“Adesso da dove inizio? Non sono sicura che sia neanche il piano giusto! Aspetta, bussando a caso potrei addirittura beccare la casa di quel bambino maleducato! Aspetta. A che piano è sceso? Se non sbaglio era l’ottavo. Ok, sarà l’ultimo che perlustrerò”.
In quel momento una ragazza dai capelli castani lunghi fin sotto le spalle avanzò nella sua direzione con due enormi buste piene di ortaggi, frutta e spesa varia.
“Forse potrei chiedere a lei…”
Con passo sicuro si mosse verso quella ragazzina.
«Scusami. Stavo cercando Roberto Kitamura. Per caso sai qual è il suo appartamento?» Nami si bloccò all’istante.
“Chi diavolo è questa tipa? Come ha fatto ad entrare? Ma cosa peggiore, perché cerca Roberto? Non sarà mica la famosa Marika…”
Notando lo sguardo preoccupato della giovane Clara si apprestò ad aggiungere dell’altro, «perdonami, non mi sono presentata. Sono Clara, la sorella di Roberto».
“Clara?” Bastarono quelle poche parole a far emergere un enorme sorriso sul volto della giovane, che mollata la spesa al suolo, abbracciò l’altra felice per due motivi: primo perché rivedeva Clara dopo tanti anni e secondo motivo perché non era la ragazza che aveva paura di incontrare più di chiunque altra al mondo.
«Che bello rivederti! Sono passati anni!»
Clara rimase immobile intrappolata da quella stretta inattesa.
«Ci conosciamo?» chiese infine allontanandola leggermente.
Nami si puntò un dito sul viso stupita.
«Davvero non mi riconosci?»
“Chissà perché mi sembra di vivere un deja vù? Dove ho già visto qualcuno fare la stessa cosa?”.
Clara continuava a fissarla disorientata.
«Scusami, ma proprio non ricordo dove ci siamo incontrate prima di oggi..»
«Sono Nami. La figlia di Rio e Yori» le chiarì infine.
«Nami? Oddio perdonami, sono passati tanti anni dall’ultima volta»
«Direi anche troppi» osservò rammaricata.
«L’importante è essersi ritrovate. Sei diventata proprio una bella ragazza, Nami»
«Ma cosa dici? Tu sei molto più bella di me sorellona»
Clara sorrise in imbarazzo. In realtà non si era mai sentita bella.  
«Quanti anni sono passati dall’ultima volta che mi hai chiamata in questo modo?»
«Sorellona? Beh, penso siano passati almeno una decina d’anni».
«Caspita come corre il tempo».
«Eh si! Ma dimmi, come mai sei qui? E come hai fatto ad entrare? Da quando le ragazze hanno iniziato ad appostarsi qui fuori, mio padre ha rafforzato la sicurezza. Adesso nessuno può entrare o uscire senza il suo permesso».
«Un ragazzino davvero strano mi ha aiutata ad entrare. Era veramente un cretino patentato, però grazie al suo aiuto sono riuscita ad entrare. Almeno è servito a qualcosa.»
«Un ragazzino dici?» le chiese interessata Nami strofinandosi il mento.
«Si, era abbastanza alto, ma ti garantisco che, a dispetto della statura del suo corpo, il suo cervello era veramente piccolo quasi quanto una noce. Spero di non doverlo incontrare nuovamente, era così arrogante e immaturo…»
«Beh, te lo auguro, se era così tremendo come sostieni».
«Piuttosto, parliamo d'altro. Toshi dov’è? Da piccoli eravate così inseparabili!»
«Beh, lo siamo tutt’ora, anche se ultimamente a causa delle prove è sempre impegnato e ci vediamo raramente, in più a breve esordirò come attrice, quindi anche io mi sto allenando duramente».
«Ma è meraviglioso!» si complimentò Clara prendendo, tra le sue, le mani dell’altra.
«Grazie, tu invece? Continui a scrivere quelle storie meravigliose che ci leggevi quando eravamo piccoli?»
L’entusiasmo di Clara si spense leggermente. Per quanto avesse provato a riprendere con la scrittura non era riuscita a trovare la giusta ispirazione.
«In realtà spero di ricominciare presto a scrivere. Per diversi motivi avevo rinunciato alla scrittura, ma adesso penso potrò riprendere finalmente».
«Che bello, un giorno di questi, devi farmi leggere qualcosa di tuo»
«Ma certo!» la rassicurò la ragazza più grande raccogliendo una delle buste dal pavimento, «dove stavi andando? Se vuoi ti do una mano».
Nami sorrise raccogliendo la seconda busta rimasta sul pavimento, «veramente stavo andando proprio da Roberto e dagli altri!».
«Dagli altri?» chiese incerta Clara seguendo l’altra per i corridoi.
«Si, vivono tutti insieme da quando hanno iniziato il tirocinio», improvvisamente Nami si arrestò con lo sguardo fisso dinanzi a sé e un sorriso che andava da orecchio a orecchio.
«Finalmente sei arrivato Toshi. Ma insomma, perché non rispondi mai al tuo cellulare?» Clara istintivamente seguì lo sguardo dell’amica fino a incontrare quel ragazzo arrogante infantile incrociato poco prima. La busta le cadde quasi dalle mani, mentre l’altro la osservava divertito avanzando nella loro direzione.
«Scusami, ma ho dimenticato di rimettere la suoneria. Tanto lo so che la mia sorellina mi perdona sempre. Dico bene?» proferì infine raggiungendo Nami e scompigliandole dolcemente i capelli, mentre fissava di sbieco Clara ancora sotto shock.
«E va bene ti perdono, ma solo perché oggi abbiamo un’ospite speciale…»
«Ah si?»
Nami prese sotto braccio Clara, trascinandola verso suo fratello« hai visto chi è? Sono sicura che non indovinerai mai!»
Toshi osservava Clara mentre tratteneva a stento una smorfia divertita.
«Credo di sapere chi è!»
“Oddio, se le rivela che è lui il ragazzo di poco fa sono fritta. Davanti a sua sorella non sono stata poi così prodiga di complimenti nei suoi confronti. Cavolo che figura!”
«Chi sarebbe sentiamo?» lo incoraggiò Nami mentre Clara rossa come un pomodoro desiderava solo scappare via da quella situazione.
«Sei la ragazza delle pulizie!»
“La ragazza delle pulizie?” Clara non poteva credere alle sue orecchie. Perché aveva fatto finta di non riconoscerla?
«Ma cosa ti viene in mente? È Clara, la sorella maggiore di Roberto. Sono anni che non ci vediamo, quindi è normale che tu non l’abbia riconosciuta, ma addirittura scambiarla per la donna delle pulizie è esagerato!»
«Beh, l’ho vista con le buste della spesa e ho pensato che fosse la signora che si occupa del tuo appartamento»
“Signora? Da quando sono così vecchia?” Clara strinse i pugni.
«Ma cosa dici! Clara non starlo a sentire alle volte mio fratello dice cose molto stupide o forse dovrei dire che si comporta da idiota solo per il gusto di farlo»
“Si comporta soltanto? Secondo me lo è proprio!” Avrebbe voluto dirlo ad alta voce, ma Clara si trattenne, “Calmati Clara, non ne vale la pena..” Sorridendo a Nami prese la parola.
«Non preoccuparti, dopotutto ha ragione. Sono più grande di voi è normale che mi veda come una persona a cui portare RISPETTO!» affermò ricalcando l’ultima parola, come per farla pesare a Toshi.
«Comunque, per quanto mi riguarda, non dimostri proprio gli anni che hai. A dire il vero mi sento più gemella a te che a questo ritardatario patentato. Anzi, a proposito. Toshi, di là ti stanno aspettando tutti. Guarda qui, ho anche fatto la spesa al posto tuo per recuperare tempo».
«Lo sai sorellina, nessuno ti obbliga a cucinare per noi. Dopotutto Lucia ci ha caricato di così tanta roba».
«Sei proprio un ingrato, lo sai che la mia cucina è insuperabile.»
«Come vuoi!»
«Ora che ci penso, come mai hai preso le scale?» gli domandò Nami sorpresa dall’entrata in scena di suo fratello venuto fuori dalla rampa di scale invece che dall’ascensore.
«Era occupato così per evitare di fare ulteriore ritardo ho deciso di salire le scale».
«Hai fatto otto piani a piedi per evitare di fare ritardo?» Nami non poteva credere alle sue orecchie, a dire il vero quella scusa le sembrava un po’ insolita.
«Dici che sono un ritardatario e allora ho cercato di rimediare», Nami poco convinta sospirò «beh, poco male. Perlomeno puoi darci una mano con la spesa, dico bene?».
«Lo sai che sono sempre disposto ad aiutare due donzelle in difficoltà!» detto questo prese la busta dalle mani di sua sorella sorridendole amorevolmente mentre l’altra sollevandosi in punta di piedi  gli schioccò un bacio di gratitudine sulla guancia.
«Beh, muoviamoci, mi attende un duro lavoro…» detto questo superò entrambi di qualche passo.
«Mi dai anche la tua?» chiese infine rivolgendosi a Clara.
«Posso portarla anche da sola».
«Non sia mai, la gente di una certa età non dovrebbe stancarsi…»
«Gente di una certa età?»
«Sai cosa voglio dire…»
«Ehi, tu! Brutto ragazzino….»
«arrogante e immaturo? Era questo che hai detto poco fa, e se non sbaglio c’era anche  dell’altro. Ah, si! Se non erro hai detto che ho il cervello piccolo quanto una noce. So che speravi di non dovermi incontrare nuovamente ma, mi dispiace deludere le tue aspettative, credo dovrai sopportarmi per un bel po’ di tempo… Sorellona»
Clara era completamente sbiancata in viso. Senza che potesse aggiungere nulla Toshi le sfilò la busta dalla mano e raggiunse Nami.
“Ma si può essere più sfigate?”
 
 
 
 
 
 
Londra
 
Marika era nel suo nuovo appartamento. Ambrogio, le aveva da poco riferito che l’incontro con il direttore inglese della One Million era stato rimandato a domani mattina. Da quello che aveva detto, era dovuto scappare per firmare un contratto di collaborazione con una società straniera per investire nella diffusione del marchio all’estero in Asia.
Girava ormai senza scopo da circa mezz’ora. Ormai aveva disfatto tutte le valigie da un pezzo. Non è che avesse molto da fare.
Ormai esausta Marika accese la tv, più che altro per non avvertire il senso angosciante e opprimente della solitudine.
Sul monitor una vecchia serie televisiva. Seduta sul divano dell’ampio soggiorno osservava annoiata la puntata.
Lentamente prese tra le mani il cellulare che per un attimo aveva creduto di aver perso sotto i sedili dell’auto.
Entrò nel registro dei messaggi non inviati.
“Eccolo qui!”
Era il messaggio che aveva scritto ma che non aveva avuto il coraggio di inviare a Roberto.
 
Ciao Roberto. Alla fine non credo di essere una brava persona sai? Sono tremenda. Dopo quello che leggerai avrai tutto il diritto di odiarmi, detestarmi e maledirmi. Ma io non ce la faccio a continuare in questo modo. Vorrei poter credere che un giorno noi riusciremo a stare insieme come quella notte ma a che serve continuare a sperarlo se questo mi distrugge dentro? Da oggi ho intenzione di ricominciare a vivere, voglio riscoprire una nuova me, voglio essere motivo di orgoglio per i miei genitori. Ma per diventare una persona migliore devo pagare un prezzo. Ti sto dicendo addio, perché prima o poi questa situazione sarebbe comunque arrivata a fare del male a entrambi. So, di essere stata io a chiederti di non mollare e di credere in noi, ma mi rendo conto di aver chiesto troppo a entrambi. Avevi ragione, credevo che non dovessimo mai dirci addio, ma la vita non funziona proprio così. Ora voglio impegnarmi al massimo, voglio lavorare sodo per realizzare il mio sogno, proprio come te. Sai adesso ho un nuovo sogno e ho intenzione di proteggerlo a qualsiasi costo, ma per riuscirci credo di dover mettere da parte i miei sentimenti e credo sia lo stesso per te. Lo dico perché so che presto questa situazione verrebbe a tormentarci. Amare vuol dire saper dire addio per amore dell’altro, io voglio dirlo per entrambi. Diciamoci addio e buona fortuna adesso che abbiamo la forza di farlo. Il mio cuore si ricorderà sempre di te e di quello che c’è stato ma la mia mente ha bisogno di dimenticarti. Perdonami Roberto. Vivi bene.
 
Marika si sfiorò il ventre piatto mentre una lacrima le scendeva lenta.
“Marika o adesso o mai più”.
Era pronta a spingere quel tasto. Dopo, tutto sarebbe finito.
Una chiamata la interruppe improvvisamente. Sullo schermo un nome: MAMMA.
«Mamma?»
«Ovvio! Chi credevi che fossi?»
«Scusa è che sono un po’ stanca!»
«Sei stanca anche se non hai fatto ancora nulla?»
«E tu come lo sai?»
«So che il Direttore è fuori e che inizierai a lavorare da domani, per questo ti ho chiamata. Come ti trovi nel nuovo appartamento?»
«Mamma, ti avevo chiesto nulla di troppo sfarzoso e invece mi ritrovo in un appartamento extralusso e con un autista personale anche».
«Cosa ti aspettavi? Che ti avrei lasciata vivere sotto un ponte?»
«No, però io…»
In sottofondo Marika avvertì la voce di suo padre.
«Angela passami mia figlia»
«Non ho ancora finito con lei! Ehi, aspetta un secondo…»
«Tesoro? Ci sei?»
«Si, papà.»
«Perdona tua madre, lo sai com’è. Se quell’appartamento non va bene possiamo anche trovarne un altro».
«Ma non dire sciocchezze! Ripassami immediatamente Marika!» esordi sua madre dall’altra parte della cornetta. Marika sorrise al pensiero dei suoi genitori che litigavano per la cornetta del telefono.
«Non ti preoccupare papà, ormai ho già sistemato tutte le robe e poi è vicinissimo alla sede della Kings Record così non dovrò disturbare Ambrogio e potrò andarci anche in bicicletta o a piedi».
«Capisco. Beh, se è così, allora riguardati. Adesso chiudo. Ci sentiamo domani.»
«Va bene papà a domani».
Detto questo fu chiusa la conversazione.
Marika si sollevò dal divano e raggiunse il balcone. Fuori aveva fatto buio. Guardò il suo orologio. Erano già le nove di sera. Affacciata oltre la ringhiera osservava i passanti. Tra le mani ancora il suo cellulare. Ritornò a quel messaggio non inviato.
“Forza Marika puoi farlo…”
«Ehi, ragazzina!». Colta di sorpresa il cellulare le scivolò dalle mani, cadendo giù. Il suo viso era letteralmente sbiancato!
“Oh no! Il cellulare”
Istintivamente si voltò alla sua destra, da dove aveva avvertito la voce richiamarla facendole quasi venire un colpo.
Il suo viso si infiammo! «Ancora tu? Ti rendi conto di cosa hai combinato?» esordì dopo aver notato sul balcone accanto il ragazzo di quella stessa mattina.
«Non è colpa mia se hai le mani di ricotta…»
«Grr… non ho mai conosciuto un ragazzo più insopportabile di te!Prega che almeno la sim sia salva!» detto questo si dileguò ritirandosi nell’appartamento.
Il ragazzo si affacciò oltre per osservare meglio il punto in cui era caduto il cellulare. Proprio in quel momento lo vide illuminarsi e spegnersi, prima che un bus ci passasse sopra distruggendolo in mille pezzi.
“Questa non me la perdonerà”.
 
 
Tokyo
 
Rio era nel suo ufficio, sulla sua scrivania i telefoni di Kei e di Roberto. Erano gli ultimi.  A breve avrebbe dovuto restituirli anche a loro con le rispettive nuove schede. Erano stati gli ultimi ad essere ultimati. Proprio mentre stava per spegnere il cellulare di Roberto per sostituire la scheda, lo stesso si illuminò. Era appena arrivato un messaggio. Senza pensarci troppo lo aprì.
“Chi diavolo è questa Marika? Che avesse una ragazza in Italia? Perché non ha detto nulla? Poco male da quel che vedo lo sta lasciando. Alla fine non doveva essere una cosa molto importante…”
Stava per cancellarlo, ma si fermò. A che scopo cancellarlo, tanto avrebbe rimosso quella scheda comunque. Spense il cellulare estraendo la scheda.
“Non credo serva farglielo leggere. Se non me ne ha parlato sarà perché ha già iniziato a dimenticarla o perché per lui non doveva essere così importante…” subito dopo prese tra le mani anche il cellulare di Kei. Le vecchie schede le avrebbe conservate. Dentro erano salvati tutti i dati delle loro vecchie vite, le stesse che avrebbero dovuto cancellare per diventare dei personaggi famosi. Raccolte tutte e messe in una busta si avvicinò alla sua cassaforte inserito il codice e aperto lo sportello le posizionò all’interno. Più sicuro la richiuse. 
   
 
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