QUESTION
“Someday, somebody’s gonna ask you
A question
That you should say
yes to
Once in your life
Maybe tonight
I’ve got a question
for you”
Rhett Miller;
‘Question’
Londra,
Settembre 1997
“Ok, adesso
fate silenzio”, disse Bee passando una ciotola di pop corn a Samantha.
Erano tutti
a casa sua, Kevin, Leah, Samantha, Orlando, Sonia ed Harry, per vedere insieme
il film a cui aveva partecipato Orlando: “Wilde”. Lui se ne stava immobile sul
divano, in faccia un’espressione tesa e preoccupata. Bee conosceva
quell’espressione, era la stessa che si dipingeva sul suo volto quando dava a
qualcuno uno dei suoi racconti da leggere.
Era
l’espressione dell’artista in attesa di giudizio.
Si accomodò
accanto a lui, sorridendogli incoraggiante.
Naturalmente
lei aveva già visto il film ed aveva trovato l’interpretazione di Orlando
ottima. A suo parere, era pronto per compiere il grande salto. Certo, avrebbe
sicuramente dovuto migliorare qualcosa, ma in fondo, essere attori significava
crescere continuamente come artisti e lei, per quanto la riguardava, era
assolutamente sicura delle capacità di Orlando.
I titoli di
testa partirono e la stanza si fece immediatamente silenziosa.
Orlando si
guardò intorno con discrezione.
Sam e Kevin
stavano mangiando pop corn, lo sguardo assorto verso il televisore e le mani
infilate nella ciotola. Per contro, dall’altro lato, c’erano sua madre, Leah e
suo padre che avevano un’espressione carica di aspettativa.
Accanto a
lui, Bee, non aveva smesso un secondo di giocherellare con i suoi capelli da
che si era seduta. La ringraziò mentalmente.
“I
cerchietti”, come li chiamava lei, erano una delle poche cose che riuscivano
veramente a calmarlo.
Assurdamente,
si chiese se fosse davvero portato per quel lavoro. In fin dei conti, in quella
stanza erano solo sette persone che, tra l’altro, lo adoravano. Cosa sarebbe
successo quando avrebbe dovuto prendere parte ad una prima?
Sarebbe
impazzito, ecco.
Come minimo
avrebbe avuto una crisi isterica al minuto… e pensare poi che a teatro non era
quasi mai così agitato. Nervoso si, preoccupato pure, ma agitato a tal punto da
avere quasi una crisi isterica no. Mai.
Si accomodò
contro il petto di Bee, quindi si girò per parlarle nell’orecchio.
“Dici che a
loro piacerà?”
Lei
inghiottì il boccone di pop corn, senza smettere di carezzargli i capelli,
“Ovvio che si. Sei tu. Piaci a
tutti!”
Orlando
soffocò una risatina.
Incredibile
come alle volte, anche una semplice menzogna possa aiutarci a trovare un po’ di
coraggio.
“Bee,
ricordami di farti un regalo…”, sussurrò.
“Perché?”
“Perché
anche quando mi riempi di cazzate mi fai stare meglio!”, confessò.
Il petto di
Bee venne scosso da una risatina soffocata, “Io non dico cazzate Flow. O almeno
non le dico a te”.
Lui alzò un
sopracciglio, “Piaci a tutti”, citò, “Come no, Bee…”
“Ne
riparliamo tra dieci anni, quando avrai uno stuolo di fans adoranti che apriranno
fan clubs in tuo nome!”
“Come no,
Bee…”
“Abbi
fiducia in questa sobria irlandese, cocciuto di un ragazzo!”
Orlando
scosse la testa, quindi guardò verso lo schermo del televisore.
Le scene
andavano avanti piano, gli sembrò che quel dannato film fosse ogni volta più
lento della precedente. Sospirò, quindi si voltò, intercettando lo sguardo di
Sam.
Lei lo
guardò e gli sorrise, facendogli l’occhiolino.
Anche lui sorrise,
poi con lo sguardo fece una rapida carrellata delle persone che aveva intorno.
Tra sé e
sé, si ripromise di ringraziarle una ad una se mai avesse veramente vinto un
Oscar, come sosteneva Bee.
Perché
erano loro, tutte loro, la vera forza alla quale attingere ogni volta che si
sentiva sperduto.
Ogni volta
che aveva l’impressione che a guidarlo era un Pixie e non la sua coscienza.
“Sei sicura
che è qui?”, domandò Leah a sua figlia mentre camminava piano per il Greenwich Park.
Dopo la
proiezione, Leah aveva chiesto a Abaigeal di portarla nel suo luogo di potere
per poter ringraziare
Inutile
dire che erano rimasti tutti enormemente soddisfatti dal suo ruolo. Sua madre
aveva pianto come una fontana per mezz’ora ripetendo, “Mio figlio è un attore”.
Suo padre, invece, gli aveva assestato un paio di potenti pacche sulle spalle e
si era congratulato. “Sono fiero di te, figliolo”, gli aveva detto.
Sam, dal
canto suo, aveva passato l’ora seguente alla fine del film a chiamarlo
“attoruncolo mio”, e chiedendogli uno sforzo più duro del previsto per evitare
di lanciarla dalla finestra.
Ora lui e
la famiglia Gallagher, si stavano recando nel luogo di potere di Bee.
Samantha,
invece, aveva accompagnato i loro genitori a casa.
“Siamo
sicuri che questa sia una cosa legale?”, domandò Kevin seguendo la sagoma della
figlia e avvicinandosi ad Orlando.
“No athair, non è legale perciò evita di
sgolarti”, l’ammonì lei.
Kevin
scosse la testa guardando Orlando, “Donne!”, mormorò, “Aingeal, ti ricordi
quando ti dicevo di conformarti alla media nazionale irlandese?”
“Si,
quindi?”
“Quindi
intendevo bere ettolitri di birra, leanbh,
non farsi arrestare dai bobbies per essersi introdotti abusivamente in un
parco”.
“Oh
smettila Kev”, lo zittì Leah, “Facciamo un’offerta alla Dea e torniamo. Ci
metteremo al massimo mezz’ora e cercheremo di fare il più piano possibile!”
“Posso
assistere anche io?”, domandò Orlando, speranzoso.
“No”, disse
Bee severa, “Tu e mio padre ci aspetterete qui. Noi torniamo presto”.
I due
uomini si arrestarono, rimanendo a fissare le schiene delle due donne che si
allontanavano.
“Blàt, hai notato che ogni volta che ci
sei tu estromettono anche me?”, osservò Kevin sedendosi a terra.
Orlando lo
imitò quindi si mise a ridere, “Mi dispiace. Magari prima o poi cambia idea”,
azzardò.
“Chi? Mia
figlia?”, Kevin scoppiò a ridere, “Non sperarci. E’ testarda come un mulo”.
“Oh se non
lo so!”, assentì l’altro.
Rimasero un
po’ in silenzio, ascoltando i rumori della natura. Orlando lo trovò un momento
molto mistico…gli sembrava di poter sentire quell’energia di cui tanto parlava
Bee.
“Sai Blàt?”, mormorò Kevin, “Sono veramente
contento della vostra amicizia”.
Orlando
sorrise senza parlare. Intuiva che il discorso non era finito lì.
“Un giorno,
parlando con Leah, ci chiedevamo cosa sarebbe successo una volta che foste
cresciuti e che gli ormoni si sarebbero impossessati del tuo cervello”,
ridacchiò, “ma questi voli mentali me li faccio solo quando rimango troppo
tempo senza vedervi. Perché ti assicuro che basta una veloce occhiata per
capire che voi due siete completamente fuori dai canoni, ha ragione Aingeal”.
“Bee dice
che siamo fuori dai canoni?”. Era inutile domandarlo, lo sapeva anche lui, ma
l’incuriosiva sapere quello che lei diceva agli altri di loro.
Kevin
annuì, “Sua madre una volta gli chiese se per caso c’era del tenero tra voi due
e lei sai cosa gli ha risposto? ‘Definisci il tuo concetto di tenero ma non te
la prendere se non è concorde con il nostro’”, rise.
Anche
Orlando rise. Quella era la tattica di Bee che preferiva. Ogni volta che
qualcuno le domandava qualcosa di insidioso lei se la cavava sempre con quella
battuta.
“Ci hai mai
pensato?”, proseguì Kevin.
“A cosa?”,
domandò lui.
“A voi due
insieme. Insieme come le persone normali…”
Orlando
sospirò. Non si sentiva per niente in imbarazzo a parlare con Kevin di quelle
cose, ma lo spaventava l’evenienza che lui potesse dire qualcosa a Bee.
“Non le
dirò nulla”, promise l’uomo, intuendo il corso dei suoi pensieri.
Orlando ridacchiò.
Un’altra particolarità dei Gallagher che adorava. Capivano al volo ogni
pensiero.
“Ci ho
pensato, qualche volta”, ammise, “Ma non credo che sarebbe possibile. Con Bee
siamo andati oltre il concetto di normalità alla fine del secondo anno di
amicizia. Non credo che molti ragazzi della nostra età riuscirebbero a
mantenere un legame come il nostro”.
Kevin annuì
solennemente, “Vero. Devo darvene atto. Ma rispondi sinceramente anche a
quest’altra domanda: hai mai pensato che prima o poi potrebbe succedere?”
Orlando
scosse la testa, “Sinceramente no”, sorrise, “Credo che il periodo di
elettricità sia passato ormai!”
Kevin gli
diede una pacca sulla spalla, “Fidati figliolo, l’elettricità si sopisce ma non passa mai. Io e Leah siamo insieme da trent’anni e non è mai passata.
Neanche per una settimana!”
Imbarazzato
Orlando abbassò la testa.
“Non
arrossire Blàt! Siamo tra uomini, possiamo parlarne serenamente…”
Il ragazzo
scoppiò a ridere.
Rimasero un
po’ in silenzio, riflettendo, finché non fu di nuovo Kevin a spezzare il
silenzio.
“Come ti
comporterai quando succederà?”.
“Lo dici
come se fossi sicuro che accadrà…”
“Non mi hai
risposto…”
“Non
accadrà!”
Kevin fece
spallucce, “Convinti voi…”
Orlando,
suo malgrado, scoppiò a ridere.
Kevin
Gallagher era un uomo incredibilmente assurdo!
Adesso
capiva da chi aveva effettivamente preso Bee.
“Perché
questa domanda?”
“Prenditela
con tuo padre”, si giustificò lui, “Prima mi ha fatto un discorso assurdo
sull’evenienza che io e te potremmo finire a letto!”
Bee scoppiò
a ridere come se le avesse appena confidato di aver visto un asino volare.
“Bhé?”, la
incalzò.
“Cosa devo
dirti, Flow?”
“Non lo
so”, borbottò lui, “Potresti cominciare con quello che pensi”.
“A
proposito della possibilità che io e te potremmo finire a letto?”
Lui abbassò
lo sguardo, imbarazzato, “Si…”, mormorò.
“Credi che
potrebbe succedere?”
“Oh no Bee.
Non fare questo giochino con me. Sono io quello che fa le domande, qui!”
“Ok
allora”, si arrese lei, “Domanda”.
“Pensi che
potrebbe accadere?”, domandò lui a bruciapelo.
Bee lo
fissò negli occhi, “Penso di no, ma non ho la palla di vetro quindi non posso
dirti che non accadrà mai nell’arco di una vita”.
“Quindi ci
hai pensato!”, gridò lui stupito.
“Non fare
quella faccia!”, lo rimbrottò lei, “Ci hai pensato pure tu!”
“Vero”,
confessò Orlando, “Però conosco te e conosco me, quindi lo escludo”.
“E allora
di che ti preoccupi?”
“Di niente,
volevo solo sapere che ne pensavi tu”.
Abaigeal si
accoccolò contro il suo petto, tirandosi le coperte fino alla bocca.
“Penso che
prima di preoccuparsi di come medicarsi, bisogna ferirsi”, mormorò.
“Lo dici
come se fosse una cosa brutta”, borbottò lui giocando con una ciocca dei suoi
capelli.
“Lo dico
come va detto. Se e quando succederà ce ne preoccuperemo. Adesso trovo inutile
discutere della possibilità che accada”.
“Vaffanculo
Bee!”
Lei rise,
“Perché?”
“Perché
dici sempre le cose giuste!”
Per tutta
risposta Bee si voltò e lo baciò sulla fronte, “E’ per questo che mi ami no?”
“Puoi
giurarci!”, ridacchiò lui.
Rimasero un
po’ in silenzio a guardare la luna che entrava nella camera da letto di Bee.
“Oìche mhaith, sùile gorma…” sussurrò
lui.
“Oìche mhaith, a muirnìn…” rispose lei.
NDA
Ciao
giovani donne!!!
Strow,
fosse stato solo un giovedì fiacco sarebbe andato pure bene. Ma qui di fiacco
c’è un mese intero…per fortuna c’è l’ispirazione, Orlando e un paio di sogni
che ci tengono in piedi!
E
a voi, ragazze, GRAZIE!
Bebe,
calcola che mi hai fatta arrossire… *Amy ha gli occhi a cuoricino*!
Sono
contenta che la storia vi prenda e sono ancora più contenta di dirvi che dopo
questo capitolo spicchiamo il volo…come lucciole, che non è vero che sono gli
uccelli a vederci meglio. Da vicino le cose sono sempre più nitide!!
Ah…quasi
dimenticavo. Ecco le frasi tradotte (sta volta sono poche…ehehehe!)
Leanbh: bambina
Oìche mhaith: buonanotte
E
con questo è tutto, gioie!
Grazie….sul
serio!
Amaranta