Capitolo
77.
Das ist alles irgendwo, wo du bist
Ohne dich durch die Nacht - ich kann
nichts mehr in mir finden
Was hast du mit mir gemacht - Ich seh mich
immer mehr verschwinden
-Jared e che cazzo!-
sbottò il fratello, rigirandosi le bacchette tra le mani
preso dal nervosismo.
Stavano ormai provando
da tre quarti d’ora la stessa canzone, non riuscendo a
terminarla neppure una
volta e la causa era sempre il cantante.
O andava fuori tempo, o
dimenticava le parole o si bloccava nel mezzo del ritornello.
Era impossibile
mantenere la calma, soprattutto per uno come Shannon che aveva la
tendenza a
scaldarsi rapidamente.
Tomo gli fece segno di
prendere un profondo respiro e dargli tempo, per poi avvicinarsi al
Leto più
giovane. –Amico, se non te la senti rimandiamo..-
L’altro si scansò,
mentre Shannon disse acidamente –E quando? La serata al tuo
locale è domani!-
Jared scosse la testa,
prendendo profondi respiri. –Scusate ragazzi, sono solo un
po’ distratto.-
-Un po’?!- esclamò
aspro il fratello.
Tomo lanciò a
quest’ultimo un’occhiata minacciosa, facendogli
gesto di rompergli la chitarra
in testa.
-Sappiamo che stai
passando un momento duro, Jay. Ma cerca di capire, se non suoni non
riuscirò a
pagarti e..-
-E mi ritroverò col
culo per terra, sì Tomo, lo so.- concluse Jared, facendo
riferimento al fatto
che in breve sarebbe stato un disoccupato. –Non ci voleva
proprio.- borbottò,
portandosi una mano in tasca e avvicinandosi ad una finestra per
accendere una
sigaretta.
Un lato positivo di
essermi lasciato con Kimberly, pensò tra sé e
sé, mentre inspirava un po’ di
nicotina.
La dose di sigarette
era triplicata in quel periodo.
-Il problema è che
questa canzone l’avevo scritta pensando a lei.- si
giustificò, puntando lo
sguardo fuori dalla finestra.
-Perfetto! Cambiamola!-
propose rapido Shannon, facendo una breve rullata di tamburi.
Il fratello minore
sbuffò, lasciando fuoriuscire tutto il fumo. –Non
è questo Shan, non è così
facile.-
I due amici si
guardarono rassegnati. Jared col cuore infranto era insostenibile.
Fortuna che era
successo raramente, constatò Tomo. –Qual
è il problema, allora?- chiese poi.
-Il problema è che è
ovunque! Ragazzi, io la vedo ovunque!- rispose spazientito.
–Vedo i suoi occhi
brillare ogni volta che suono la chitarra, la vedo quando mi faccio una
tazza
di caffè latte, sento il suo profumo quando mi siedo sul
divano, la vedo in
ogni ragazza che incrocio quando porto Judas a spasso, sento la sua
risata
quando vado a dormire. È ovunque.-
-Che problema.- sospirò
Shannon, incrociandosi beatamente le braccia al petto. –Anche
se.. magari se ti
disfacessi degli oggetti che te la ricordano, faresti un po’
di progressi.-
Jared gli lanciò
un’occhiata scettica. –Ci sono cose astratte che
non ti mollano, sai?-
Il fratello alzò gli
occhi al cielo, annoiato. Ma cosa gli poteva essere saltato in mente di
proporre a suo fratello di mettersi a suonare per arrotondare nel
mentre si
cercava un altro lavoro?
Aveva decisamente
sottovalutato quanto Jared fosse lunatico.
Tomo gli andò in aiuto,
fortunatamente. –Beh devo dire che Shannon non ha tutti i
torti, Jared. Se
magari cominciassi a togliere gli oggetti fisici che te la ricordano,
unendoci
il fatto che tra poco non sarai più costretto a vederla,
dovresti riuscire a
riprenderti.-
Jared lo guardò,
inclinando il capo all’indietro.
-Ci vorrà del tempo, ma
secondo me tanto vale tentare.- continuò l’amico,
cercando di mantenere un tono
gentile e incoraggiante.
Il cantante espirò
tutto il fumo dal naso, dando un’ultima occhiata fuori dalla
finestra. L’idea
di sbarazzarsi di Kimberly gli metteva un’infinita tristezza,
si sentiva
mancare solo all’idea di tutte le cose che avrebbe dovuto
cestinare.
Ma sarebbe decisamente
stata una cosa che avrebbe dovuto prendere in considerazione di fare.
Non poteva continuare a
vivere in quella condizione di costante malinconia, stava diventando
insopportabile perfino entrare nella sua stessa casa.
Quella ragazzina aveva
rovinato tutto.
E del resto, dal
momento che tornare con lei non era assolutamente un’opzione
attuabile, non aveva
neppure senso che si aggrappasse così morbosamente a quello
che si era lasciata
dietro.
Si voltò in direzione
degli altri. –D’accordo, lo farò.-
alché i due optarono per lasciargli il suo
spazio velocemente onde evitare che cambiasse improvvisamente idea,
immaginando
che l’uomo preferisse stare da solo.
E poi, non sarebbero
riusciti a sostenerlo. Era quasi un mese che era così a
terra e non si era mai
sfogato con loro –non che tendesse a fare scenate- ma non ci
tenevano
particolarmente ad essere presenti nel caso gli fosse venuta una crisi
mentre
faceva pulizia.
Non appena se ne furono
andati, Jared scoprì di non avere una scatola in cui riporre
tutto quello che
doveva mettere via. Non voleva sbarazzarsene completamente, voleva
semplicemente averli fuori dalla visuale quotidiana fino a che non
fosse stato
pronto ad andare avanti.
Perciò prese un
sacchetto di media dimensione e cominciò a riempirlo con
tutto quello che gli
ricordasse Kimberly: la tazza che usava sempre a forma di gatto, le
posate col
manico rosa che erano state comprate apposta per lei, alcuni regalini
sparsi
che gli aveva fatto, le loro foto insieme, le mille bozze del ritratto
che
aveva deciso di regalarle per il compleanno, il portachiavi a forma di
cuore
spezzato che gli aveva comprato ad una fiera nel paese lì
vicino, il suo
profumo preferito che aveva lasciato lì apposta
perché a lui piaceva da morire
e così via.
A fine dell’opera
alcuni spazi come la sala e lo studio si erano letteralmente svuotati,
ma
cominciò già a sentirsi meglio.
C’erano altre cose che
avrebbe dovuto togliersi di torno ma che, a differenza delle altre, non
avrebbe
dovuto tenersi.. quindi restava solo una cosa da fare:
Ora toccava alla parte
peggiore.
Doveva togliersi tutti
i pensieri dalla testa, ma era davvero complesso se si considerava che
il
professore di quella materia era Jared, il suo offesissimo ex.
Tanto offeso da
ordinare addirittura al fratello maggiore di non farla entrare in casa,
da non
venire neppure ad aprirle la porta, sia mai vederla al di fuori degli
orari
stabiliti.
O era diventato uno
smidollato o ce l’aveva ancora talmente a morte con lei da
essere disgustato
dall’idea di vederla più del dovuto.
Aveva sempre sostenuto
che il fatto che fosse il suo professore fosse proprio una fortuna,
così in un
modo o nell’altro poteva vederlo anche di sfuggita ogni
giorno.
Ultimamente aveva
capito quanto invece fosse una maledizione completa. Ed era convinta
che lo
pensasse anche lui.
Era mercoledì, ancora
un paio di giorni e poi sarebbe finito tutto.
Non seppe sinceramente
dire quanto quest’idea le piacesse e quanto le dispiacesse.
Era sicura solo di
una cosa: sarebbe stato fottutamente difficile.
Non intravederlo più
tra un’ora e l’altra, non riconoscere
più la sua camminata ciondolante nei
corridoi, non averlo più a 2 metri dal proprio banco un paio
di volte alla
settimana, sarebbe stata davvero una novità ardua a cui
abituarsi.
Provò a ripetere i
concetti del libro per distrarsi da tutti quei pensieri e
incredibilmente
realizzò di aver memorizzato finalmente il tutto.
Sorpresa, si decise a
riprendere e continuò senza problemi per l’ora
successiva, arrivando a metà del
capitolo prestabilito, oggetto dell’imminente compito in
classe.
La voglia le mancava
come per tutte le altre materie, ma l’idea di togliersene una
prima del
previsto le dava un certo senso di sollievo.
Quando stava per
cominciare la ventesima pagina però, qualcosa la distrasse.
Un ronzio
insistente e inizialmente di dubbia provenienza, la portò a
guardarsi intorno,
fino ad indiviaduare la causa del disturbo: il cellulare sul letto.
Corrugò la fronte,
domandandosi chi potesse essere. Non era più abituata a
ricevere telefonate,
oramai.
Quando lo sollevò e
vide chi era il mittente, quasi non le cedettero le ginocchia facendola
stramazzare al suolo.
Perché la chiamava? Un
suono assordante le azzerò l’udito, mentre senza
pensarci su troppo, rispose al
telefono.
-Pronto?- si sforzò di
non sembrare elettrizzata. Ok essere disperate, ma si era dismostrata
fin
troppo patetica di recente.
La voce sublime che
aveva agognato di sentirsi rivolgere spontaneamente da tempo, si
rivelò ancora
più sublime di quanto ricordasse. –Ciao Kimberly,
disturbo?-
-No, non preoccuparti.
Stavo solo studiando una materia inutile.- scherzò. Cosa
cavolo stava facendo?
Non era più il suo ragazzo, che cosa le saltava in mente di
parlargli come se
si aspettasse una sua chiamata, come se fosse stata una cosa da routine?
Sorprendentemente, lui
le diede corda. –Oh davvero?- rise. –Non ti
conviene prenderla troppo sotto
gamba, guarda che ti boccio.-
Kim ridacchiò
lievemente, facendo cadere il discorso. –Ti serviva
qualcosa?- voleva per caso
scusarsi per la maleducazione della sera precedente?
-Pensavo di passare io,
ma non so com’è la situazione in casa tua.
Perciò ti va di fare un salto da
me?- la tranquillità con cui lo chiese, le fece mancare un
battito. –E’ una
cosa veloce, te lo assicuro. Così poi potrai tornare a
studiare quella materia
meravigliosa.-
Era di buon umore?
Kimberly non sapeva
come prendere tutta quella cordialità, come poteva essere la
stessa persona che
il giorno prima si era rifiutata di aprirle la porta?
Credendo di essere
vittima di allucinazioni, decise di controllare lo schermo per essere
sicura
che fosse proprio Jared.
Il nome sullo schermo
era il suo, e perfino la voce era la sua. La voce, per quanto la
amasse, il suo
cervello malato non sarebbe mai stato in grado di replicarla
così bene e di
sovrapporla a quella di un’altra persona.
-Va bene, arrivo.-
disse trattenendo a stento un singhiozzo di gioia.
Voleva vederla per
scusarsi? Per dirle che aveva cambiato idea? Cosa poteva fare da
metterci così
poco?
Quasi dimenticandosi di
mettersi le scarpe, prese borsa e chiavi e si precipitò in
macchina.
Per quanto cercasse di
contenersi e di non lasciare che la sua mente si costruisse i castelli
di
fantasie, era davvero più forte di lei non vedere cattive
intenzioni in quella
richiesta.
Probabilmente gli
mancava chiamarla? Voleva vederla solo per vederla?
Non sarebbe stato poi
molto, ma in cuor suo Kimberly sapeva che le sarebbe bastato,
perché anche a
lei lui mancava più di quanto potesse sopportare.
Era sicura che stava
per accadere qualcosa di magico.
Sorrise per
praticamente tutto il tragitto, trovando il traffico estremamente
lento, non
vedendo l’ora di arrivare a destinazione.
Una volta sotto casa
sua, suonò il citofono e si apprestò a salire la
scale quattro a quattro,
trovandosi di fronte alla porta dell’appartamento di Jared
tutta trafelata.
Si costrinse a
trattenere un sorriso entusiasta e si ricordò solo in quel
momento di non
essersi neppure specchiata prima di uscire di casa. Sperò
con tutta se stessa
di avere un aspetto decente, degno di qualsiasi cosa sarebbe successa.
Il professore aprì la
porta e la invitò ad entrare, dove Judas scodinzolante la
accolse con guaiti gioiosi.
-Hai fatto veloce.-
constatò Jared, per poi chiderle se potesse offrirle
qualcosa.
Lei rifiutò. –Prima
vado, prima mi rimetto a studiare.- fece ironica, facendo chiaramente
intendere
che non avesse poi tutta questa fretta.
-Ok, allora..- si
avvicinò al divano dal quale afferrò una cosa che
poi le porse.
Una scatola per le
scarpe.
La ragazza lo guardò
senza capire, per poi aprirla. Che le avesse fatto un regalo? Cosa
stava
succedendo?
Quando l’aprì, il suo
contenuto la lasciò dapprima incerta per poi svuotarla
completamente di
qualsiasi buona aspettativa avesse al riguardo. Il cuore che fino ad un
secondo
prima batteva tanto forte da rimbombarle nelle orecchie, ora sembrava
si fosse
improvvisamente spento ed una profonda tristezza le calò
sugli occhi. Tentò di
non darlo a vedere, ma era sinceramente rimasta senza parole.
-Ho pensato che dovessi
ridartele.. del resto sono cose tue.- il professore ruppe il silenzio,
riferendosi al contenuto.
Kim si prese più tempo
del dovuto per osservare l’interno: tutto pur di non
sollevare lo sguardo su
Jared per fargli intendere che si fosse illusa in un modo vergognoso.
C’erano tutte le cose
che aveva lasciato lì dal momento che era iniziata la loro
relazione: uno
spazzolino che aveva portato apposta per lasciarlo in bagno, una
camicia da
notte per non dover sempre utilizzare i vestiti di Jared, un paio di CD
che
aveva dimenticato, dei braccialetti ed elastici per capelli e dei
libri. Tra
cui quello che il professore aveva comprato in aeroporto il giorno
della gita.
Il suo libro preferito.
Pensò a quanto fosse stata
sciocca. Il giorno prima non aveva neppure voluto aprirle la porta di
persona e
oggi come aveva potuto pensare che fosse addirittura tornato sui suoi
passi
decidendo di farla venire lì per perdonarla?
Che cacchio si era
fumata? Come aveva potuto andare lì con il cuore pulsante di
speranza, senza
prevedere tutto ciò?
Finalmente alzò lo
sguardo su di lui, rendendosi conto per l’ennesima volta di
quanto fosse
effettivamente tranquillo al riguardo. Una persona in una situazione
del genere
poteva essere tranquilla solamente per due motivi: non
l’aveva mai amata o aveva
completamente smesso di amarla.
Eppure glielo aveva
dimostrato e ripetuto più e più volte quanto per
lui la loro relazione fosse
finita.
Quella scatola era
decisamente l’ultima prova. Se non l’avesse capito
così, non l’avrebbe mai
capito.
A Kimberly non
restavano che due strade: o fare la parte della ex ossessiva e incapace
di
lasciarlo andare, o della ragazza comprensiva che si sarebbe
definitivamente
messa il cuore in pace.
Eppure non riusciva a
credere che per lui fosse stato così semplice. Come aveva
potuto mettere tutti
gli oggetti cardine della loro relazione in una misera scatola e
restituirglieli?
Significava solo una
cosa: lui voleva andare avanti, e le stava schiettamente suggerendo di
fare lo
stesso. Non ci sarebbe mai e poi mai stata una ripresa per la loro
coppia, il
messaggio urlava forte e chiaro.
Un groppo gigante le
intasò la gola. Fece per parlare, ma non le uscì
niente.
Jared comprese
perfettamente il suo stato d’animo e avrebbe tanto voluto
dirle che neanche per
lui era stato facile, ma l’aveva trovato necessario o non se
la sarebbe più
scrollata di dosso.
-Dal momento che non ci
vedremo più mi è sembrato d’obbligo.
Farlo a scuola sarebbe stato di pessimo
gusto, del resto abbiamo già..-
-..Attirato troppa
attenzione..- concluse lei al posto suo. –Sì, hai
fatto bene. Grazie.- il tono
piatto e le gambe incapaci di muoversi.
Come si poteva
sopravvivere ad una situazione del genere?
-Bene..- sospirò il
professore, avvicinandosi alla porta d’ingresso e aprendola.
–Credo sia tutto.-
Il magone che aveva Kim
alla gola le impedì di dire qualsiasi altra cosa, ma
d’altra parte cosa avrebbe
potuto dire? Cosa valeva la pena dire? Avrebbe avuto senso parlare?
Si limitò a fissarlo
per poi avvicinarsi alla porta molto lentamente, sotto lo sguardo di
Jared.
Anche lui le dava l’impressione di voler dire qualcosa, ma
probabilmente
avrebbe reso tutto più difficile.
L’aveva perfino
ringraziato. Se non si fosse sentita così triste
l’avrebbe trovato addirittura
buffo.
L’aveva ringraziato per
averle restituito le ultime cose che lo legavano a lui, come per
evitare che
lei un giorno in futuro gli piombasse in casa con una scusa del tipo
–Mi
ridaresti lo spazzolino? Sai, quello a casa si è rotto.-
Improvvisamente la sua
presenza in quella casa le sembrò assurda, ridicola e meno
voluta di un vampiro
in chiesa. Era necessario che se ne andasse il prima possibile.
Non si salutarono
nemmeno e, una volta fuori, aspettò che la porta le
sbattesse alle spalle per
poi poggiarvisi con la schiena e scorrere fino a sedersi sullo zerbino.
Lo sguardo vacuo,
l’espressione pietrificata, incapace di muoversi o di fare
qualsiasi cosa.
Dall’altra parte, una
volta chiusa la porta, anche il professore vi si poggiò
contro scivolando fino
a finire in ginocchio sul pavimento intento a riprendere aria, col
petto
dolorante e la testa che avrebbe voluto esplodere.
Si era preparato per
diverse ore a quanto sarebbe successo ma solo in quel momento si era
reso conto
che non sarebbero mai bastate tutte le ore del mondo per affrontare a
cuor
leggero una cosa del genere.
Non sarebbe mai stato
pronto a dirle addio.
Und
das was jetzt noch von mir übrig ist - will ich nich' sein
Draußen
hängt der Himmel schief
Und
an der Wand dein Abschiedbrief
Ich
bin nich' ich wenn du nich' bei mir bist - bin ich allein
Mi piacerebe sapere cosa ne pensate della piega che sta prendendo questa storia e cosa secondo voi succederà. Finale positivo o negativo? Sto valutando anche io e forse, ripeto FORSE il prossimo sarà l'ultimo. Era del tutto imprevisto ma quando l'ho scritto ho pensato che potesse essere un modo abbastanza buono per terminare questa storia
Vediamo in che mood mi troverò io e quello che possibilmente direte voi ;)
In ogni caso se non è il prossimo ce ne saranno altri.............. 3/4.
Per la canzone avevo voglia di riprendere le mie amate lingue straniere e mi sono imbattuta in questa deutsch Lied dei Tokio Hotel (ahah)
Ich bin nicht ich.
Non so più chi sono,
e cosa è importante.
E' tutto da qualche parte, dove sei tu.
Senza te la notte
non mi ritrovo più in me stesso
Cosa ne hai fatto di me?
Mi vedo sempre di più scomparire.
Io non sono più io quando tu non sei con me
sono solo
E ciò che di me è rimasto, non voglio esserlo
Lì fuori il cielo è appeso storto
e alla parete la tua lettera d'addio.
Non sono più io se non sei con me
non voglio più esserlo.
E dopo questa botta di allegria vi auguro una buona serata.
Spero mi facciate sapere qualcosa, e vi comunico che ho già scritto il prossimo capitolo quindi anche questa volta non dovrete aspettare un'infinità.
baci&abbracci