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Autore: shewolf_    18/01/2015    3 recensioni
"-Sedetevi pure.- disse il professore di musica,con un sorriso accennato.
Ecco,per Kimberly,quell'uomo era la prova che la perfezione esisteva.
Non avevano mai avuto musica prima d'ora,era stata una riforma scolastica di settembre dell'inizio dell'anno. [...] Nessuno sporse lamentele,soprattutto dopo aver visto l'insegnante.
Le professoresse lo descrivevano come “un uomo piacente”,giusto per non sforare e mantenere quel decoro che viene loro richiesto in ambito lavorativo.
Tant'è che inizialmente nessuno ci credeva. Cosa potevano sapere delle donne abbastanza attempate,di cosa era ritenuto bello al giorno d'oggi?
E invece.. eccolo lì. Il professore di musica più affascinante che potesse esistere.
Si chiamava Jared Leto,e grazie a lui,musica era la materia più attesa della settimana."
Questa è la prima FF che pubblico su questo sito, spero vi attiri e vi piaccia come è piaciuto a me scriverla :)
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 77.

 Ich weiß nich' mehr, wer ich bin - und was noch wichtig ist
Das ist alles irgendwo, wo du bist
Ohne dich durch die Nacht - ich kann nichts mehr in mir finden
Was hast du mit mir gemacht - Ich seh mich immer mehr verschwinden

 I due uomini si scambiarono un’occhiata spazientita, mentre il terzo sbuffò un’imprecazione per poi bofonchiare un paio di scuse.
-Jared e che cazzo!- sbottò il fratello, rigirandosi le bacchette tra le mani preso dal nervosismo.
Stavano ormai provando da tre quarti d’ora la stessa canzone, non riuscendo a terminarla neppure una volta e la causa era sempre il cantante.
O andava fuori tempo, o dimenticava le parole o si bloccava nel mezzo del ritornello.
Era impossibile mantenere la calma, soprattutto per uno come Shannon che aveva la tendenza a scaldarsi rapidamente.
Tomo gli fece segno di prendere un profondo respiro e dargli tempo, per poi avvicinarsi al Leto più giovane. –Amico, se non te la senti rimandiamo..-
L’altro si scansò, mentre Shannon disse acidamente –E quando? La serata al tuo locale è domani!-
Jared scosse la testa, prendendo profondi respiri. –Scusate ragazzi, sono solo un po’ distratto.-
-Un po’?!- esclamò aspro il fratello.
Tomo lanciò a quest’ultimo un’occhiata minacciosa, facendogli gesto di rompergli la chitarra in testa.
-Sappiamo che stai passando un momento duro, Jay. Ma cerca di capire, se non suoni non riuscirò a pagarti e..-
-E mi ritroverò col culo per terra, sì Tomo, lo so.- concluse Jared, facendo riferimento al fatto che in breve sarebbe stato un disoccupato. –Non ci voleva proprio.- borbottò, portandosi una mano in tasca e avvicinandosi ad una finestra per accendere una sigaretta.
Un lato positivo di essermi lasciato con Kimberly, pensò tra sé e sé, mentre inspirava un po’ di nicotina.
La dose di sigarette era triplicata in quel periodo.
-Il problema è che questa canzone l’avevo scritta pensando a lei.- si giustificò, puntando lo sguardo fuori dalla finestra.
-Perfetto! Cambiamola!- propose rapido Shannon, facendo una breve rullata di tamburi.
Il fratello minore sbuffò, lasciando fuoriuscire tutto il fumo. –Non è questo Shan, non è così facile.-
I due amici si guardarono rassegnati. Jared col cuore infranto era insostenibile.
Fortuna che era successo raramente, constatò Tomo. –Qual è il problema, allora?- chiese poi.
-Il problema è che è ovunque! Ragazzi, io la vedo ovunque!- rispose spazientito. –Vedo i suoi occhi brillare ogni volta che suono la chitarra, la vedo quando mi faccio una tazza di caffè latte, sento il suo profumo quando mi siedo sul divano, la vedo in ogni ragazza che incrocio quando porto Judas a spasso, sento la sua risata quando vado a dormire. È ovunque.-
-Che problema.- sospirò Shannon, incrociandosi beatamente le braccia al petto. –Anche se.. magari se ti disfacessi degli oggetti che te la ricordano, faresti un po’ di progressi.-
Jared gli lanciò un’occhiata scettica. –Ci sono cose astratte che non ti mollano, sai?-
Il fratello alzò gli occhi al cielo, annoiato. Ma cosa gli poteva essere saltato in mente di proporre a suo fratello di mettersi a suonare per arrotondare nel mentre si cercava un altro lavoro?
Aveva decisamente sottovalutato quanto Jared fosse lunatico.
Tomo gli andò in aiuto, fortunatamente. –Beh devo dire che Shannon non ha tutti i torti, Jared. Se magari cominciassi a togliere gli oggetti fisici che te la ricordano, unendoci il fatto che tra poco non sarai più costretto a vederla, dovresti riuscire a riprenderti.-
Jared lo guardò, inclinando il capo all’indietro.
-Ci vorrà del tempo, ma secondo me tanto vale tentare.- continuò l’amico, cercando di mantenere un tono gentile e incoraggiante.
Il cantante espirò tutto il fumo dal naso, dando un’ultima occhiata fuori dalla finestra. L’idea di sbarazzarsi di Kimberly gli metteva un’infinita tristezza, si sentiva mancare solo all’idea di tutte le cose che avrebbe dovuto cestinare.
Ma sarebbe decisamente stata una cosa che avrebbe dovuto prendere in considerazione di fare.
Non poteva continuare a vivere in quella condizione di costante malinconia, stava diventando insopportabile perfino entrare nella sua stessa casa.
Quella ragazzina aveva rovinato tutto.
E del resto, dal momento che tornare con lei non era assolutamente un’opzione attuabile, non aveva neppure senso che si aggrappasse così morbosamente a quello che si era lasciata dietro.
Si voltò in direzione degli altri. –D’accordo, lo farò.- alché i due optarono per lasciargli il suo spazio velocemente onde evitare che cambiasse improvvisamente idea, immaginando che l’uomo preferisse stare da solo.
E poi, non sarebbero riusciti a sostenerlo. Era quasi un mese che era così a terra e non si era mai sfogato con loro –non che tendesse a fare scenate- ma non ci tenevano particolarmente ad essere presenti nel caso gli fosse venuta una crisi mentre faceva pulizia.
Non appena se ne furono andati, Jared scoprì di non avere una scatola in cui riporre tutto quello che doveva mettere via. Non voleva sbarazzarsene completamente, voleva semplicemente averli fuori dalla visuale quotidiana fino a che non fosse stato pronto ad andare avanti.
Perciò prese un sacchetto di media dimensione e cominciò a riempirlo con tutto quello che gli ricordasse Kimberly: la tazza che usava sempre a forma di gatto, le posate col manico rosa che erano state comprate apposta per lei, alcuni regalini sparsi che gli aveva fatto, le loro foto insieme, le mille bozze del ritratto che aveva deciso di regalarle per il compleanno, il portachiavi a forma di cuore spezzato che gli aveva comprato ad una fiera nel paese lì vicino, il suo profumo preferito che aveva lasciato lì apposta perché a lui piaceva da morire e così via.
A fine dell’opera alcuni spazi come la sala e lo studio si erano letteralmente svuotati, ma cominciò già a sentirsi meglio.
C’erano altre cose che avrebbe dovuto togliersi di torno ma che, a differenza delle altre, non avrebbe dovuto tenersi.. quindi restava solo una cosa da fare:
Ora toccava alla parte peggiore.

 * * *

 Kimberly sbatté forte la testa contro il libro di musica aperto. –Ci rinuncio.- bofonchiò abbattuta, lanciando un’occhiata depressa verso l’orologio rendendosi conto che erano ormai due ore che tentava invano di memorizzare le stesse 3 pagine.
Doveva togliersi tutti i pensieri dalla testa, ma era davvero complesso se si considerava che il professore di quella materia era Jared, il suo offesissimo ex.
Tanto offeso da ordinare addirittura al fratello maggiore di non farla entrare in casa, da non venire neppure ad aprirle la porta, sia mai vederla al di fuori degli orari stabiliti.
O era diventato uno smidollato o ce l’aveva ancora talmente a morte con lei da essere disgustato dall’idea di vederla più del dovuto.
Aveva sempre sostenuto che il fatto che fosse il suo professore fosse proprio una fortuna, così in un modo o nell’altro poteva vederlo anche di sfuggita ogni giorno.
Ultimamente aveva capito quanto invece fosse una maledizione completa. Ed era convinta che lo pensasse anche lui.
Era mercoledì, ancora un paio di giorni e poi sarebbe finito tutto.
Non seppe sinceramente dire quanto quest’idea le piacesse e quanto le dispiacesse. Era sicura solo di una cosa: sarebbe stato fottutamente difficile.
Non intravederlo più tra un’ora e l’altra, non riconoscere più la sua camminata ciondolante nei corridoi, non averlo più a 2 metri dal proprio banco un paio di volte alla settimana, sarebbe stata davvero una novità ardua a cui abituarsi.
Provò a ripetere i concetti del libro per distrarsi da tutti quei pensieri e incredibilmente realizzò di aver memorizzato finalmente il tutto.
Sorpresa, si decise a riprendere e continuò senza problemi per l’ora successiva, arrivando a metà del capitolo prestabilito, oggetto dell’imminente compito in classe.
La voglia le mancava come per tutte le altre materie, ma l’idea di togliersene una prima del previsto le dava un certo senso di sollievo.
Quando stava per cominciare la ventesima pagina però, qualcosa la distrasse. Un ronzio insistente e inizialmente di dubbia provenienza, la portò a guardarsi intorno, fino ad indiviaduare la causa del disturbo: il cellulare sul letto.
Corrugò la fronte, domandandosi chi potesse essere. Non era più abituata a ricevere telefonate, oramai.
Quando lo sollevò e vide chi era il mittente, quasi non le cedettero le ginocchia facendola stramazzare al suolo.
Perché la chiamava? Un suono assordante le azzerò l’udito, mentre senza pensarci su troppo, rispose al telefono.
-Pronto?- si sforzò di non sembrare elettrizzata. Ok essere disperate, ma si era dismostrata fin troppo patetica di recente.
La voce sublime che aveva agognato di sentirsi rivolgere spontaneamente da tempo, si rivelò ancora più sublime di quanto ricordasse. –Ciao Kimberly, disturbo?-
-No, non preoccuparti. Stavo solo studiando una materia inutile.- scherzò. Cosa cavolo stava facendo? Non era più il suo ragazzo, che cosa le saltava in mente di parlargli come se si aspettasse una sua chiamata, come se fosse stata una cosa da routine?
Sorprendentemente, lui le diede corda. –Oh davvero?- rise. –Non ti conviene prenderla troppo sotto gamba, guarda che ti boccio.-
Kim ridacchiò lievemente, facendo cadere il discorso. –Ti serviva qualcosa?- voleva per caso scusarsi per la maleducazione della sera precedente?
-Pensavo di passare io, ma non so com’è la situazione in casa tua. Perciò ti va di fare un salto da me?- la tranquillità con cui lo chiese, le fece mancare un battito. –E’ una cosa veloce, te lo assicuro. Così poi potrai tornare a studiare quella materia meravigliosa.-
Era di buon umore?
Kimberly non sapeva come prendere tutta quella cordialità, come poteva essere la stessa persona che il giorno prima si era rifiutata di aprirle la porta?
Credendo di essere vittima di allucinazioni, decise di controllare lo schermo per essere sicura che fosse proprio Jared.
Il nome sullo schermo era il suo, e perfino la voce era la sua. La voce, per quanto la amasse, il suo cervello malato non sarebbe mai stato in grado di replicarla così bene e di sovrapporla a quella di un’altra persona.
-Va bene, arrivo.- disse trattenendo a stento un singhiozzo di gioia.
Voleva vederla per scusarsi? Per dirle che aveva cambiato idea? Cosa poteva fare da metterci così poco?
Quasi dimenticandosi di mettersi le scarpe, prese borsa e chiavi e si precipitò in macchina.
Per quanto cercasse di contenersi e di non lasciare che la sua mente si costruisse i castelli di fantasie, era davvero più forte di lei non vedere cattive intenzioni in quella richiesta.
Probabilmente gli mancava chiamarla? Voleva vederla solo per vederla?
Non sarebbe stato poi molto, ma in cuor suo Kimberly sapeva che le sarebbe bastato, perché anche a lei lui mancava più di quanto potesse sopportare.
Era sicura che stava per accadere qualcosa di magico.
Sorrise per praticamente tutto il tragitto, trovando il traffico estremamente lento, non vedendo l’ora di arrivare a destinazione.
Una volta sotto casa sua, suonò il citofono e si apprestò a salire la scale quattro a quattro, trovandosi di fronte alla porta dell’appartamento di Jared tutta trafelata.
Si costrinse a trattenere un sorriso entusiasta e si ricordò solo in quel momento di non essersi neppure specchiata prima di uscire di casa. Sperò con tutta se stessa di avere un aspetto decente, degno di qualsiasi cosa sarebbe successa.
Il professore aprì la porta e la invitò ad entrare, dove Judas scodinzolante la accolse con guaiti gioiosi.
-Hai fatto veloce.- constatò Jared, per poi chiderle se potesse offrirle qualcosa.
Lei rifiutò. –Prima vado, prima mi rimetto a studiare.- fece ironica, facendo chiaramente intendere che non avesse poi tutta questa fretta.
-Ok, allora..- si avvicinò al divano dal quale afferrò una cosa che poi le porse.
Una scatola per le scarpe.
La ragazza lo guardò senza capire, per poi aprirla. Che le avesse fatto un regalo? Cosa stava succedendo?
Quando l’aprì, il suo contenuto la lasciò dapprima incerta per poi svuotarla completamente di qualsiasi buona aspettativa avesse al riguardo. Il cuore che fino ad un secondo prima batteva tanto forte da rimbombarle nelle orecchie, ora sembrava si fosse improvvisamente spento ed una profonda tristezza le calò sugli occhi. Tentò di non darlo a vedere, ma era sinceramente rimasta senza parole.
-Ho pensato che dovessi ridartele.. del resto sono cose tue.- il professore ruppe il silenzio, riferendosi al contenuto.
Kim si prese più tempo del dovuto per osservare l’interno: tutto pur di non sollevare lo sguardo su Jared per fargli intendere che si fosse illusa in un modo vergognoso.
C’erano tutte le cose che aveva lasciato lì dal momento che era iniziata la loro relazione: uno spazzolino che aveva portato apposta per lasciarlo in bagno, una camicia da notte per non dover sempre utilizzare i vestiti di Jared, un paio di CD che aveva dimenticato, dei braccialetti ed elastici per capelli e dei libri. Tra cui quello che il professore aveva comprato in aeroporto il giorno della gita. Il suo libro preferito.
Pensò a quanto fosse stata sciocca. Il giorno prima non aveva neppure voluto aprirle la porta di persona e oggi come aveva potuto pensare che fosse addirittura tornato sui suoi passi decidendo di farla venire lì per perdonarla?
Che cacchio si era fumata? Come aveva potuto andare lì con il cuore pulsante di speranza, senza prevedere tutto ciò?
Finalmente alzò lo sguardo su di lui, rendendosi conto per l’ennesima volta di quanto fosse effettivamente tranquillo al riguardo. Una persona in una situazione del genere poteva essere tranquilla solamente per due motivi: non l’aveva mai amata o aveva completamente smesso di amarla.
Eppure glielo aveva dimostrato e ripetuto più e più volte quanto per lui la loro relazione fosse finita.
Quella scatola era decisamente l’ultima prova. Se non l’avesse capito così, non l’avrebbe mai capito.
A Kimberly non restavano che due strade: o fare la parte della ex ossessiva e incapace di lasciarlo andare, o della ragazza comprensiva che si sarebbe definitivamente messa il cuore in pace.
Eppure non riusciva a credere che per lui fosse stato così semplice. Come aveva potuto mettere tutti gli oggetti cardine della loro relazione in una misera scatola e restituirglieli?
Significava solo una cosa: lui voleva andare avanti, e le stava schiettamente suggerendo di fare lo stesso. Non ci sarebbe mai e poi mai stata una ripresa per la loro coppia, il messaggio urlava forte e chiaro.
Un groppo gigante le intasò la gola. Fece per parlare, ma non le uscì niente.
Jared comprese perfettamente il suo stato d’animo e avrebbe tanto voluto dirle che neanche per lui era stato facile, ma l’aveva trovato necessario o non se la sarebbe più scrollata di dosso.
-Dal momento che non ci vedremo più mi è sembrato d’obbligo. Farlo a scuola sarebbe stato di pessimo gusto, del resto abbiamo già..-
-..Attirato troppa attenzione..- concluse lei al posto suo. –Sì, hai fatto bene. Grazie.- il tono piatto e le gambe incapaci di muoversi.
Come si poteva sopravvivere ad una situazione del genere?
-Bene..- sospirò il professore, avvicinandosi alla porta d’ingresso e aprendola. –Credo sia tutto.-
Il magone che aveva Kim alla gola le impedì di dire qualsiasi altra cosa, ma d’altra parte cosa avrebbe potuto dire? Cosa valeva la pena dire? Avrebbe avuto senso parlare?
Si limitò a fissarlo per poi avvicinarsi alla porta molto lentamente, sotto lo sguardo di Jared. Anche lui le dava l’impressione di voler dire qualcosa, ma probabilmente avrebbe reso tutto più difficile.
L’aveva perfino ringraziato. Se non si fosse sentita così triste l’avrebbe trovato addirittura buffo.
L’aveva ringraziato per averle restituito le ultime cose che lo legavano a lui, come per evitare che lei un giorno in futuro gli piombasse in casa con una scusa del tipo –Mi ridaresti lo spazzolino? Sai, quello a casa si è rotto.-
Improvvisamente la sua presenza in quella casa le sembrò assurda, ridicola e meno voluta di un vampiro in chiesa. Era necessario che se ne andasse il prima possibile.
Non si salutarono nemmeno e, una volta fuori, aspettò che la porta le sbattesse alle spalle per poi poggiarvisi con la schiena e scorrere fino a sedersi sullo zerbino.
Lo sguardo vacuo, l’espressione pietrificata, incapace di muoversi o di fare qualsiasi cosa.
Dall’altra parte, una volta chiusa la porta, anche il professore vi si poggiò contro scivolando fino a finire in ginocchio sul pavimento intento a riprendere aria, col petto dolorante e la testa che avrebbe voluto esplodere.
Si era preparato per diverse ore a quanto sarebbe successo ma solo in quel momento si era reso conto che non sarebbero mai bastate tutte le ore del mondo per affrontare a cuor leggero una cosa del genere.
Non sarebbe mai stato pronto a dirle addio.

 Ich bin nich' ich wenn du nich' bei mir bist - bin ich allein
Und das was jetzt noch von mir übrig ist - will ich nich' sein
Draußen hängt der Himmel schief
Und an der Wand dein Abschiedbrief

Ich bin nich' ich wenn du nich' bei mir bist - bin ich allein

Note finali:   no, non avete un'allucinazione, ho davvero aggiornato prima dei miei tipici sei mesi!
Mi piacerebe sapere cosa ne pensate della piega che sta prendendo questa storia e cosa secondo voi succederà. Finale positivo o negativo? Sto valutando anche io e forse, ripeto FORSE il prossimo sarà l'ultimo. Era del tutto imprevisto ma quando l'ho scritto ho pensato che potesse essere un modo abbastanza buono per terminare questa storia
 Vediamo in che mood mi troverò io e quello che possibilmente direte voi ;)
In ogni caso se non è il prossimo ce ne saranno altri.............. 3/4.

Per la canzone avevo voglia di riprendere le mie amate lingue straniere e mi sono imbattuta in questa deutsch Lied dei  Tokio Hotel (ahah)
Ich bin nicht ich.

Non so più chi sono,
e cosa è importante.
E' tutto da qualche parte, dove sei tu.
Senza te la notte
non mi ritrovo più in me stesso
Cosa ne hai fatto di me?
Mi vedo sempre di più scomparire.

Io non sono più io quando tu non sei con me
sono solo
E ciò che di me è rimasto, non voglio esserlo
Lì fuori il cielo è appeso storto
e alla parete la tua lettera d'addio.
Non sono più io se non sei con me
non voglio più esserlo.

E dopo questa botta di allegria vi auguro una buona serata.
Spero mi facciate sapere qualcosa, e vi comunico che ho già scritto il prossimo capitolo quindi anche questa volta non dovrete aspettare un'infinità.
baci&abbracci


  
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