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Autore: lacla32    18/01/2015    0 recensioni
Cosa porta una ragazza e la sua famiglia ad affrontare un viaggio verso il nuovo continente?
Siamo nel 1898 e un nuovo mondo si apre ai suoi occhi.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Mentre fissavo la sala da ballo mi resi conto di quanto potesse essere grande la ricchezza di certe persone.
Il grande tavolo era stato spostato contro il muro ed era ricolmo di cibi, i muri e ogni angolo della sala erano tappezzati di fiori freschi posti in grandi vasi, il grande lampadario diffondeva una luce calda e accogliente.
Sospirai strofinando il pavimento dove Maria aveva visto, a mio parere, una macchia invisibile.
Stavo ancora rimuginando sulla vista di Maria quando, alle mie spalle, sentii cadere qualcosa e rompersi, mi voltai e vidi una ragazza bionda che si premeva una mano inguantata sulla bocca.
Scusa……………. Mi dispiace”  disse
Io la squadrai, era la ragazza che avevo visto nel negozio il giorno in cui ero arrivata qui. Vista da vicino era molto più alta, più magra e bella. Teneva i capelli biondi raccolti in una elaborata acconciatura e gli occhi azzurri erano quasi freddi, il nasino all’insù spiccava sul visto tondo.
Sorrisi e risposi “No problema, pulire”  mi avvicinai con lo straccio in mano e raccolsi i cocci di vetro pulendo il pavimento dal liquido rovesciatosi.
Finito” dissi alzandomi e sorridendo
Lei mi squadrò e se ne andò senza dire nulla, gente strana questi aristocratici.
 
“Sei pronta?” mi domandò Maria rassettando il mio abito per l’occasione. La normale divisa era stata sostituita da un lungo abito color bordeaux con un grembiule bianco stretto in vita, era un abito molto semplice ma bello, uno dei più belli che avessi mai potuto indossare.
“Prontissima” esclamai, la verità era che dopo la figuraccia fatta con il signor Marks non avevo la minima voglia di rivederlo.
Maria mi mise in mano un vassoio e mi spintonò verso la porta della sala da ballo “Muoviti o tutto quello che ci sarà sul tavolo finirà! E poi te la dovrai sentire tu la predica del padrone!” borbottò rientrando in cucina, col solito passo da generale in battaglia.
Non appena misi piede nel salone mi resi conto di due cose: il mio abito faceva schifo e, secondo, ero immensamente povera.
Le donne indossavano abiti bellissimi, stretti in vita e splendenti di colori impossibili, tutte danzavano accompagnate da uomini in completi elegantissimi.
Camminai veloce e a testa bassa verso il tavolo dove appoggiai il vassoio e lasciai il cibo per poi scappare di nuovo in cucina.
Feci lo stesso tragitto svariate volte quella sera, ogni volta cercavo di rimanere il più invisibile possibile, la gente quando mi vedeva si scansava come se avessi una qualche malattia.
 
Avevo le braccia pesanti a furia di trasportare vassoi che da uno si stavano moltiplicando, probabilmente Maria pensava che avessi un passato da artista circense.
Appoggiai i vassoi sul tavolo e nella sala calò il silenzio, mi si imperlò la fronte di sudore, avevo fatto qualcosa di sbagliato?
Mi voltai e mi accorsi, con immenso sollievo, che non ero io l’oggetto degli sguardi dei presenti, bensì la ragazza bionda che aveva fatto cadere il bicchiere nel salone quel pomeriggio.
Era avvolta in un abito rosso che le scendeva lungo il corpo e che, dietro di lei, formava un piccolo strascico, i guanti bianchi, le arrivavano fino a metà gomito e una collana lucente metteva in risalto il collo, scoperto dalle spalline dell’abito che cadevano morbide quasi oltre le spalle.
Era splendida, ma ciò che attirò la mia attenzione su l’uomo al suo fianco. Il signor Marks sfoggiava un sorriso tirato e salutava tutti cordialmente.
Quella era la sua fidanzata, storsi il naso, Maria l’aveva descritta come il demonio fatto persona e invece sembrava esattamente l’opposto, sorrideva educata agli ospiti e salutava tutti con gioia.
Quando incrociò il mio sguardo sorrise scoprendo i denti bianchi e io arrossì fino alla radice dei capelli, mi voltai raccolsi i vassoi e mi diressi a una velocità incredibile in cucina.
 
“Tutto bene cara?” mi chiese Maria vedendomi appoggiare la testa alla credenza per riprendere fiato. No, non andava affatto bene.
“Puoi andare tu a portare i vassoio?” chiesi con un sussurro  “Posso preparare io le cose da…” non feci in tempo a finire che Maria strinse gli occhi “Vuoi far portare a una vecchia signora tutto quel peso?” domandò indispettita
Vecchia signora? Lei? Ma se aveva più forza di quanta ne avevo io! “Io…” iniziai, ma lei mi bloccò piazzandomi in mano due vassoi “Forza, non ti pagano per perdere tempo”
Sbuffando mi diressi nel salone, zizzagando tra la folla arrivai al tavolo e appoggiai i vassoi, mi voltai un attimo per appoggiare un piatto e nel ritornare alla posizione originale sentii un rumore stridente.
Merda, avevo rotto qualcosa. Nella sala calò il silenzio, sospirai e mi voltai, la ragazza bionda mi guardava con uno sguardo omicida, cercai di fare la mia espressione migliore di scuse quando vidi la macchia sul suo vestito.
Stupida!...mio………..cibo………….cameriera…”  strillò, parlava così veloce che non capì nulla
S-scusi… i-io “ balbettai, come diavolo avevo fatto a macchiarle il vestito? Guardai il piatto caduto e lei che continuava a sbraitare come una forsennata, non potevo essere stata io.
Il signor Marks si fece spazio tra la folla e ci raggiunse, la bionda gli disse qualcosa indicandomi e indicandosi il vestito
Christine, va tutto bene…………….julie ………….brava”  
Drizzai le orecchie nel sentire il mio nome “Giulia” lo corressi storcendo il naso, odiavo quando mi chiamavano con quel dannato nome.
Lei sgranò gli occhi e lui rise “Giulia” ripeté
Un brivido mi corse lungo la schiena, il mio nome pronunciato da lui aveva un altro effetto, fu come se avesse accarezzato ogni singola lettera.
Christine urlò qualcosa indicandomi e il signor Marks la guardò scuotendo la testa, lei mi lanciò uno sguardo furioso e si voltò uscendo dalla stanza, intanto la musica era ripresa e i presenti si voltarono tornando a ballare.
Io feci un profondo respiro e mi abbassai a raccogliere i cocci del piatto, non appena afferrai il primo pezzo vidi una mano fare lo stesso, alzai lo sguardo e degli occhi verdi mi scrutarono “No, fare da sola”  sussurrai ricacciando il groppo in gola mentre mi affrettavo a rassettare tutto
…….aiuti”  disse raccogliendo un altro pezzo, io scossi la testa sorridendo e gli tolsi dalla mano i pezzi di ceramica.
tu vai da lei” borbottai indicando con la testa la porta, lui inclinò la testa e strinse gli occhi.
Avevo forse detto qualcosa di sbagliato? Ripensai alla frase, non era di certo il meglio della grammatica ma il senso era quello.
Lui sorrise e fece spallucce alzandosi e raggiungendo la porta.
 
Quando finalmente tutti se ne andarono io e Maria ci affrettammo a sistemare tutto, avremmo lavato i piatti il mattino dopo ma la sala andava pulita subito, ero stanca morta e mi si chiudevano gli occhi mentre raccoglievo tutti i fiori dei vasi.
Maria aveva detto di buttarli, ma erano ancora così belli che decisi di tenerne qualcuno per me, potevo metterli sul davanzale in camera mia per abbellirla un po’.
Maria mi si avvicinò e disse “Lord Marks ha detto che ti toglieranno qualche dollaro dallo stipendio”
Alzai gli occhi al cielo “Per un dannato piatto?” sbottai infastidita
“E per il vestito di Miss Christine” aggiunse arricciando il naso lei
“Non ho ancora capito come ho fatto a sporcargli il vestito” esclamai spostando una pila di piatti
Lei scosse la testa “Con lei capitano strani incidenti se non le piaci”
Continuando a strofinare il tavolo dissi “ Ma non ho fatto nulla, non ci siamo neanche presentate!”  rimuginai un po’ e poi esclamai “ Forse si è offesa per quello”
“Io non credo” borbottò Maria scomparendo dietro la porta del salone.
 
Una volta finito ripiegai velocemente il vestito e mi cambiai, mi dispiacque lasciare il mio primo vero abito ma non potevo di certo tenerlo. Mi avviai verso l’ingresso e uscì nel buio della notte.
Mi strinsi nella giacchetta leggera e presi mentalmente nota di comprarmene una più pesante quando avessi avuto qualche soldo in più.
Sentivo lo scalpiccio dei miei piedi sul marciapiede, erano le due di notte e non c’era nessuno in giro, cominciai a camminare più velocemente e fu così che inciampai.
Mi guardai i palmi e vidi che erano graffiati “Tutte a me!” esclamai , avrebbero fatto un male da cani l’indomani quando avessi dovuto lavare i piatti. Fu allora che sentii dei passi dietro di me, con la pelle d’oca e il cuore che batteva all’impazzata mi alzai e mi misi a correre, i passi dietro di me aumentarono la loro velocità, li sentivo sempre più vicini, una mano mi afferrò il braccio e urlai
Shhh…….io………..giulia”  
Mi voltai spalancando gli occhi pieni di lacrime, era il signor Marks
io non………..scusa”  disse continuando a tenermi il braccio
Piano piano ripresi a respirare con calma e mi asciugai gli occhi, scuotendo la testa “Ma sei idiota!” strillai spintonandolo
Lui mi guardo sorpreso e io continuai “Ma che diavolo le salta in mente! Seguirmi nel cuore della notte! Lei è malato!” sbraitai
non capisco”  disse guardandomi e sbattendo le ciglia
“è brutto stare dall’altra parte vero?” domandai sospirando
……..italiano io non …………scusa”  borbottò grattandosi la fronte corrugata
sorry, sorry ! italaino! Scusa!” Sbottai guardandolo di traverso, lui mi fissò un attimo e sorridendo disse “scusa”, mi si strinse il cuore, feci spallucce e sorrisi a mia volta
andare”  dissi indicando con la testa la direzione verso casa mia, lui partì in quarta e io lo bloccai “No,no io andare tu no” non volevo che mi accompagnasse a casa o meglio, non volevo che vedesse dove vivevo. Marks mi ignorò e continuò a camminare e io fui costretta a seguirlo. Camminammo in silenzio per diversi minuti quando si bloccò davanti a una vetrina si girò verso di me e sorridendo iniziò a fare dei gesti, indicò l’insegna e si toccò la pancia
Fame?” chiesi, lui scosse la testa , fece finta di mangiare e chiuse gli occhi sospirando.
L’insegna indicava una pasticceria “Ahhh! È buono quello che fanno” esclamai
Lui sorrise, non aveva capito e cosi spiegai “Good food is cibo buono”
Lui annuì e riprendemmo a camminare, parlammo a gesti non fu facile ma era tremendamente divertente, gli insegnai qualche parola in italiano e lui fece altrettanto in inglese.
Quando arrivammo davanti a casa notai che squadrò il palazzo e mi sentì male, probabilmente stava pensando che vivevo in una topaia sporca e chissà che, abbassai lo sguardo e lo salutai, mi afferrò la mano posando un piccolo bacio sul palmo “Buona notte Giulia”.
Chiusi la porta di casa e mi accasciai a terra, ero nei guai fino al collo.
 
 
  
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