Fanfic su artisti musicali > Queen
Segui la storia  |       
Autore: PeNnImaN_Mercury92    19/01/2015    1 recensioni
Fu solo quando John e io ci trasferimmo a Londra, nel 1970, che lui entrò a far parte della band che gli avrebbe cambiato la sua vita e in qualche modo stravolse anche me, perché mi fece innamorare di una persona che non avrei mai concepito essere il mio tipo di ragazzo ideale.
E' infatti una storia d'amore che non mi sarei mai aspettata, e ora che lo racconto a te posso dimostrartelo...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, John Deacon, Nuovo personaggio, Roger Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Le medicine mi facevano molto male.
Sognavo sempre brutte cose, o il più delle volte ero in un misto tra lo stato di coscienza e il sogno.
Ad un certo punto, cominciai a sudare freddo e a lamentarmi nel sonno.
Aprii gli occhi gemendo di dolore, ritrovandomi Roger dove l'avevo lasciato.
—Ehi! Piano, Rose.—mi pose una mano fredda sulla mia guancia calda.
Cercai di respirare più lentamente, ma il dolore era davvero molto forte.
—Cerca di calmarti, ci sono io.—lo guardai intensamente negli occhi e lui fece altrettanto.
Sembrava preoccupato, come se tutto quel che stesse accadendo a me, contemporaneamente lo stesse subendo anche lui.
I suoi occhi tramavano sicurezza ma fobia allo stesso tempo, non l'avevo mai visto in quel modo.
Ma, per grande fortuna, mi stavo calmando. Ero decisamente più tranquilla.
Mi cullò un po' accanto a lui, finché non crollai nuovamente nel sonno.

Il giorno dopo, verso il pomeriggio, i medici dettero il permesso a mia madre di dimettermi, nonostante avessi ancora delle fasce che mi circondavano la nuca per via della caduta.
Così, in compagnia di John, tornammo a casa.
Non appena rimisi piede in camera, notai che sopra il letto c'era la borsa che mi ero portata dietro il giorno del mancamento.
Vi frugai dentro, ma quando tirai fuori il libro che Liam si era preoccupato di prestarmi, mi sentii svenire di nuovo.
Le lettere incise sulla copertina rossa scarlatta "Romeo e Giulietta" non poterono che farmi rivivere tutti i momenti che passai quella serata.
Da quando provò a baciarmi, finché, peggio di una furia, per buona sorte, mi precipitai fuori da casa sua.
Rimasi immobile a fissare il libro, poi cominciai a vedere offuscato per via delle lacrime che, come enormi gocce di pioggia, cominciarono a scendermi lungo le guancie.
Cosa mi stava succedendo? Dov'era la Rose tenace e perseverante?
—Rose?—sentii udire la voce di John provenire dietro di me, accanto alla porta.
Non risposi e non mi girai, tuttavia dovevo tremare abbastanza, perché John mi venne subito incontro.
—Rose, cosa è successo?
Non appena sentii le sue braccia avvinghiarmi la schiena, lasciai cadere il libro a terra, e, soffocata dal pianto, mi girai completamente verso di lui e lo abbracciai.
—Rose, ma che ti prende?—chiese nuovamente, confuso.
Prese il libro da terra e me lo mostrò.—E' di Liam, vero?
Annuii, asciugandomi le gote.
Continuava a guardare spaventato l'oggetto.
—Ti prego, John, perdonami, ho perso il controllo.
—Rose, devi cercare di togliertelo il prima possibile dalla testa prima che tu peggiori. Ormai è tutto finito. Te lo dico da fratello, devi rilassarti.
Lo presi tra le braccia di nuovo.

A volte, io e lui ci vergognavamo a vicenda se non facevamo che abbracciarci come fidanzatini, ma il nostro modo di comunicare era più semplice di ciò che si potrebbe pensare.
La morte di nostro padre era già complicata, e mai come nei momenti "giovani" della nostra vita, avevamo il disperato bisogno di stare insieme.
Era più sicuro dell' intero universo che in tutti quei giorni doveva essere molto preoccupato per me.
Era ovvio che amavamo molto Veronica e Roger, ma per qualsiasi necessità, anche se stupida, avevamo bisogno l'uno rispettivamente dell'altro.

Quella sera dovette andare alle prove della band in vista ad un immediato concerto che si sarebbe svolto qualche giorno più tardi, e dato che nessuno, per causa mia, non aveva toccato il suo strumento durante tutti quei giorni, era inevitabile un incontro di tutti i membri.
Decisi di rimanere a casa e, dato che non avevamo un telefono in casa, chiesi a John di avvisare Veronica e Mary della mia assenza.

Ovviamente non mi aspettai, dopo una mezz'ora, di ritrovarmele entrambe a casa.
—Rose, va tutto bene?—mi chiese Mary, non appena le feci entrare.
—Sì. Ho chiesto a John di avvisarvi. So che vi sareste rotte le palle ad ascoltare quelle quattro galline starnazzanti litigare per un misero cambio di battuta.—le dissi.
—E hai fatto benissimo. Sai che noia sarebbe stato senza di te?—aggiunse Veronica.
—O senza John?—chiesi ironica, mentre Mary rideva alla mia battuta.—Ah, carissima Mary, tu non sei da meno.
Lei smise subito di ridere, guardandomi storto.—Gesù, Rose, sei un cane da tartufo o cosa?
—Non fare la finta tonta, Mary. Ieri Freddie mi ha dato un misero bacio sulla guancia e lo guardavi malissimo.
—Un misero bacio? Ma se ti ha letteralmente strapazz…—si lasciò scappare un ghigno.—Mannaggia!—urlò.
—Oh, ti ci dovrai abituare, cara, è questo quel che si fa sotto l'incantesimo dell'amore.—disse Veronica, abbracciandola affettuosamente.
—No, Ver, non credo Mary arriverà mai ai tuoi livelli. Tu agli inizi eri peggio di una carogna.
Tornammo a ridere, ovviamente non Veronica.
—Tu e Roger invece sembrate due maniaci.—ribattè acida.
—Beh, ora basta parlare di te e John.—tagliai corto e mi girai, con un sorrisetto, verso Mary.—parliamo di voi due, invece.
—Oh, sì—disse Veronica.—Rose, non ci crederai mai, ma li ho visti baciarsi. Sono la dolcezza infinita.
—La smettete? Sembriamo tre ragazzine di dieci anni.—protestò la diretta interessata.
—Avrai anche ragione, ma il bello è che in pochi giorni, in mia assenza, per di più, sia successo tutto ciò. Avanti, Mary. Raccontami un po' come è andata.—le chiesi.
—Tutto cominciò la sera in cui parlò con te…—cominciò Ver.
—Sta' zitta, so parlare, io.—Mary le diede un spintone.
—Quindi questione di poche ore da quando ho parlato con te e già vi siete accoppiati? Che tenerezza!—esclamai.
—Finitela!
Tornai seria.—No, ora basta, Mary. Raccontaci per filo e per segno come è andata.
Con lo sguardo rivolto verso il pavimento, cominciò a sorridere.—Io non mi aspettavo sarebbe accaduto tutto questo.
—Vuol dire che non volevi?—chiesi in preda al panico.
—No, altroché. Ma diciamo che il passo più lungo della gamba l'ha fatto lui.
—Oh, mio Dio! Questa mi era sfuggita. Ti ha baciato lui?—chiese ansimante Ver.
Mary si limitò a sorridere fiera.
Mi coprii la bocca con un palmo della mano.—Che carini!—esclamai.—E ora?
—Ora va tutto a gonfie vele. Siamo felici e passiamo un mucchio di tempo insieme.—spiegò la bionda.
—E il tutto è successo mentre io ero in coma.—ridacchiai.—Ma davvero, Mary, sono molto contenta per voi due.

Quella notte la passai a pensare alla loro felicità.
Che, in un certo senso, erano perfetti insieme, non poteva che essere una bellissima storia, la loro.
Era tutto così strano, però: in pochi mesi erano successe così tante cose.
Non c'è una teoria su quel che sia accaduto, tutta alchimia del destino.
E fu proprio grazie a queste meditazioni che mi risvegliai dal sonno.
Mi affacciai alla finestra chiusa, che nulla tralasciava vedere se non uno spazietto alla sinistra che faceva scorgere la strada principale.
Vidi le poche auto presenti sulla strada muoversi, sempre alla solita costante velocità. In quel momento il tutto mi stava rilassando molto, compreso il cielo ancora nero, sfortunatamente senza che lasciasse intravedere nemmeno una misera stella.
Riflettei sul fatto che, in fondo, non era stato sbagliato quell'amicizia che avevo avuto con Liam, perché alla fine era bello condividere con un amico quella passione così sacra per la letteratura.
Ma quella maledetta serata aveva mandato tutto a farsi una vita.
Mi massaggiai la fronte ancora bendata, sbuffando.
Avevo preso la decisione di non denunciarlo per quel che aveva combinato, anche se quasi tutti – tutti, in realtà – mi avevano proposto di fare l'esatto opposto.
Ma non potevo lasciar finire tutto in questo modo.

—Rose? Rose, diamine, rispondi!—sentii strillarmi nell'orecchio.
Aprii immediatamente gli occhi. Ero per terra, sotto la finestra. Dovevo essere ricrollata lì.
—John, la finisci di urlare a quest'ora?—lo rimproverai.
—Scusa ma che ci fai qui per terra?—mi chiese preoccupato, mentre mi aiutava ad alzarmi.
—Lunga storia. Che ore sono?
—Le sei di mattina. Ti conviene cominciarti a preparare.
Fu allora che notai che, con il suo fare mattiniero, era già pronto.
Frugai qualcosa nell'armadio e mi diressi in bagno.

Quella stessa mattina dovetti ritornare a scuola.
Molti compagni di corso mi augurarono il buon ritorno molto amichevolmente – non potevano fare altrimenti dato il modo in cui Roger guardava Jack Dawsie, un nostro compagno di corso, quando mi baciò una guancia – e anche i professori furono molto entusiasti del mio ritorno.
In più dovetti ammettere che stare seduta tra Veronica e Roger era veramente bello. Non avevo mai realizzato che quest'ultimo era un portento in citometria.
 
Alla fine della giornata, Veronica ci disse che John l'avrebbe portata a pranzare con lui, così ne approfittai per fare lo stesso con Roger.
Decidemmo, così, di andare a pranzare in un ristorante qualunque.
—Roger, mi devi fare un favore.—gli dissi non appena terminammo le nostre ordinazioni a base di solo pesce.
—Di che si tratta?—chiese.
—Ho bisogno di tornare da lui.—dissi titubante.
—Ma sei impazzita?—urlò.—Hai ancora le fasce in testa e vuoi tornare da lui?
—Rog, io non posso sopportare ancora questo dolore.
Frugai nella borsa da scuola che avevo e ne cacciai il libro dalla copertina rossa.
—Questo è il libro che mi ha dato quella sera.—dissi mostrandoglielo.—Solo se lo sfoglio mi viene da piangere, Roger. E' come una tortura e ho bisogno di liberarmene. Ti prego. Devo solo spigargli che con lui non voglio che ci siano altri rapporti. Questo attuale silenzio mi sta uccidendo.
I suoi occhi sbalzavano dal libro ai miei occhi e viceversa.
—Starai sotto mia sorveglianza. Non combinare altri casini, Rose.
Annuii.—Grazie, Roger.

Dopo aver pagato, quando uscimmo, cominciò ad assalirmi un'ansia assurda.
Non sapevo nemmeno cosa gli avrei detto. Per questo decisi che dovevo rimanere me stessa.
Ci mettemmo un po' ad arrivare a casa sua, ma non appena fummo lì, ci avvantaggiò trovare il portone del palazzo aperto.
Percorremmo le scale e bussammo alla sua porta.
Non venne ad aprire molto tardi.—Rose, che ci fai qui? Cosa hai fatto alla testa?
Prima che potesse mettergli le mani al collo, feci segno a Roger, con una mascella contratta da far paura, di rilassarsi.
—Non è importante al momento, sono solo venuta per renderti questo.—gli restituii immediatamente il libro, lasciandoglielo tra le mani.
—Perché me l'hai restituito? Lo hai già finito?
—Non fingere Liam, perché non ce n'è bisogno, e queste fasce in testa te lo possono confermare.—mi indicai la fronte.—Qual era il bisogno di mettere tutta quella roba nello champagne? Non credo mi meritavo tutto ciò solo perché non ti ho voluto baciare.
—Tu le hai fatto cosa?—urlò Roger, già intento ad avvicinarsi verso di lui.
Gli misi le mani al petto, tranquillizzandolo e  allontanandolo di nuovo.
—Rose, ho vissuto una vita di merda, ed è meglio che lo sai. Quando ti conobbi avevo appena chiuso una relazione che mi aveva aiutato a farmi uscire dalla depressione in cui caddi per la perdita dei miei genitori.
quando disse quest'ultima cosa, il mio sguardo si addolcì, ma cercai di rimanere il più impassibile possibile.
—Questo non ti scusa, Liam. Ormai è meglio che tu sappia che qualche giorno fa oscillavo tra la vita e la morte per tutta quell'eroina che mi hai dato. E credimi, sono rimasta male non per questo, ma perché mi fidavo di te. Ho anche accettato l'invito a cena, ma vedo che tu in fondo te ne infischi di me.
Lui sospirò.—Ti prometto che non accadrà più, ma ora, ti prego, possiamo tornare amici?
La sua mano, per qualche sfacciato motivo, si dirigeva verso la mia guancia.
Ma prima che potessi reagire io stessa, Roger diede un pugno a Liam, facendolo barcollare all'indietro.
Cercai di mantenere a Roger, ma era circa il triplo più forte di me.
—Non provare a guardarla di nuovo o all'ospedale ti faccio finire io, lurido pezzente!
Mi tirò un braccio e scendemmo  più veloce di una locomotiva da un picco.
—Rose, va tutto bene?—mi chiese, una volta che fummo fuori da quel palazzo.
—Non benissimo, in realtà—cercai di rimanere sorridente.—Ma poteva mai accadere diversamente? Non mi sembra.—cominciò a scendermi qualche lacrimone.—Ho appena finito bruscamente un'amicizia a cui tenevo parecchio, perché dovrei soffrire?—dissi sarcastica più a me stessa che a lui.
Non appena scoppiai in lacrime a dirotto, mi strinse a lui.
Gli stavo riempiendo il giubbotto di pelle nera che indossava e mi dispiaceva parecchio, ma più cercavo di non piangere, più non resistevo.
—Rose, io non sono lui.—disse, mentre mi accarezzava i capelli.
—Cosa?—chiesi con la voce ingozzata di lacrime, tornando a guardarlo negli occhi.
—Non permetterò mai a me stesso di farti soffrire in questo momento, anche se accadrà la cosa più raccapricciante al mondo. Credo di non aver mai amato così tanto una donna in vita mia.
Mi risollevai quando sentii i pollici delle sue mani asciugarmi la faccia bagnata.
Lasciò la presa del mio collo e si mise a frugare in una tasca della sua giacca, tirandone fuori un oggetto, probabilmente una scatolina.—Ti fidi di me?—chiese poi.
Dissi di sì.
—Bene, allora chiudi gli occhi.
Non me lo feci ripetere due volte.
Cosa stava tramando?
Quei pochi secondi mi sembravano un'eternità.—Sei ancora lì?—gli chiesi.
—Un attimo, non sono pratico con queste cose. Tu non riaprire gli occhi.
Sorrisi, divertita.—Okay.
Dopo qualche altro secondo che pareva interminabile, sentii prendermi delicatamente la mano destra e infilare nell'anulare un oggetto rotondo.
Non aspettai che lui mi disse di riaprire gli occhi.
Guardai quel che mi aveva appena infilato: un anello di color argento e che lasciava intravedere una minuscola ma luccicante pietra trasparente, mi incoronava il dito.
—Roger! Ma come hai…
—Oh, semplici risparmi. Volevo prendertene uno con una pietra più grande, ma costava quasi il dop…
Cominciai a baciarlo con foga.
Di colpo, per suo grande dispiacere, mi fermai.—E' bellissimo, Roger! Ma non capisco perché.
Lui mi sorrise.—Perché al momento sei la cosa a cui tengo di più e sei già stata trattata male per me. Non voglio rivederti soffrire.—disse dolcemente.
—Oh, aspetta di vedere quando dovrò affrontare gli esami finali per la laurea, poi ne riparliamo.
Ridacchiammo e tornammo a baciarci.
—Roger, non ho mai ricevuto un regalo più prezioso in vita mia.—lo abbracciai con la stessa forza che ci aveva impiegato lui prima e ritornai a singhiozzare, questa volta solo ed esclusivamente per la gioia.
—Ti amo, Rose. Non permetterò a nessuno di portarti via da me.

Quell'anello significò davvero tanto per me.
Poteva anche essere il più semplice sulla faccia della terra, ma in esso vi era racchiuso tutto l'amore che Roger nutriva per me.
Tutto quel poco tempo era stato sintetizzato in quell'anello.

Spazio autore: sono riuscita a riaggiornare.
Per riassumere un po' tutto, in my opinion (perché parlo inglese?) l'inizio del capitolo è veramente assurdo e banale, quasi tutto a dire il vero.
Ma il finale devo ammettere che è accettabile.
Spero di riaggiornare il prima possibile anche perché credo il prossimo capitolo sia abbastanza opportuno come storia… Ceeertamente, garantito!


 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Queen / Vai alla pagina dell'autore: PeNnImaN_Mercury92