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Autore: HellWill    20/01/2015    0 recensioni
(Ho visto questa challenge (goo.gl/XBoRTK) e non potevo non farla.)
{Attenzione: si tratta di una storia scritta con il chiaro intento di far arrossire ed 'eccitare' le persone, pur non presentando i caratteri tipici di una storia erotica a rating rosso.}
{ATTENZIONE: AU di Soffitti Sconosciuti in cui Yukab in cui non è asessuale.}
"«Buona sera, mia signora» le mormorò allora lui, con voce profonda. «Come da lei richiesto, sono giunto fin qui per discutere dell’offerta commerciale che vuole portare a termine» si sedette sulla poltrona alla sinistra del caminetto, mentre un servo entrava con una caraffa di vino e due coppe su un vassoio.
Gli occhi grigi di Yukab mandarono un bagliore, riflettendo il guizzo delle fiamme, e un servitore gli versò del vino rosso in un calice d’argento. Senza fretta, l’assassino non distolse lo sguardo dalla donna e sorseggiò il vino, umettandosi le labbra con la lingua. La donna lo guardò con desiderio, senza parlare, e si limitò a sedersi; il lungo vestito che indossava aveva una profonda scollatura sulla schiena, che lasciava intravedere la pelle pallida e i legacci del corpetto, e l’uomo sorrise a quella vista."
Genere: Slice of life, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '365 DAYS WRITING CHALLENGE'
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14 gennaio 2015
Lust

Yukab si scrollò di dosso i fiocchi di neve che gli si erano accumulati sulle spalle e si volse verso il centro della stanza: i suoi stivali scricchiolarono quando il ghiaccio che si era attaccato alle suole si ruppe sul pavimento di legno. Un servo gli prese la cappa e la portò via, mentre l’uomo si appuntava la spilla con il serpente sul petto e si sistemava barba e capelli rossi con una mano; si guardò in uno specchio dell’ingresso, attendendo che alla padrona di casa fosse annunciato il suo nome, e un servo dall’espressione indifferente gli fece cenno di entrare.
L’enorme salone era arredato completamente in toni di rosso: dai tendaggi alle lettighe, il velluto mandava bagliori intensi illuminato dalle fiamme del camino. Stesa su una lettiga di costruzione evidentemente Menide, con i morbidi cuscini rossi cuciti direttamente nel legno tenero e bianco delle Foreste di Bluobab, giaceva una donna dai lunghi capelli, che al fuoco sembravano brillare di una qualche sfumatura di violetto o castano, ma che in realtà erano verdi ed azzurri, a ciocche miste e disparate. Yukab si chinò su di lei, intendendo sorprenderla con la propria silenziosità, ma gli occhi gialli lo intercettarono e lo fissarono, in attesa.
«Buona sera, mia signora» le mormorò allora lui, con voce profonda. «Come da lei richiesto, sono giunto fin qui per discutere dell’offerta commerciale che vuole portare a termine» si sedette sulla poltrona alla sinistra del caminetto, mentre un servo entrava con una caraffa di vino e due coppe su un vassoio.
Gli occhi grigi di Yukab mandarono un bagliore, riflettendo il guizzo delle fiamme, e un servitore gli versò del vino rosso in un calice d’argento. Senza fretta, l’assassino non distolse lo sguardo dalla donna e sorseggiò il vino, umettandosi le labbra con la lingua. La donna lo guardò con desiderio, senza parlare, e si limitò a sedersi; il lungo vestito che indossava aveva una profonda scollatura sulla schiena, che lasciava intravedere la pelle pallida e i legacci del corpetto, e l’uomo sorrise a quella vista.
«Intendo sostenervi economicamente» mormorò in dialetto Mamiano la donna, accavallando le gambe. Yukab si alzò, posò la coppa con il vino sul tavolino e girò intorno alla lettiga; si sedette dietro la donna, poggiandole una mano sulla spalla; ne percepì il fremito e il battito del cuore sotto le dita, e si chinò sul suo collo.
«So bene che intende farlo. Mi stupirebbe il contrario… siamo potenti, oh, sì, molto potenti» sussurrò, sfiorandole l’orecchio con le proprie parole ed il respiro; la donna chiuse gli occhi, rabbrividendo.
«Ma» disse la donna, con voce tremante, e l’uomo le sfiorò il collo con due dita, spingendola ad aprire gli occhi e fissarli nei propri grigi come l’acciaio, raggelanti quanto magnetici.
«Ma» ripeté l’uomo, con voce bassa e sensuale, sorridendo pigramente; i denti si aprirono un po’ e il sorriso si allargò, dando l’impressione che la stesse prendendo in giro.
«Ci sono delle condizioni» mormorò la donna, provata, fissando come incantata le labbra dell’uomo; si sporse per baciarle, ma lui era già dall’altra parte, sul suo orecchio sinistro, e le stava facendo formicolare la schiena passandovi sopra le dita.
«Condizioni» mormorò lui, e la donna chiuse gli occhi. «Strano che lei mi dica che ci sono delle condizioni..» sussurrò, a fior di pelle, mentre la donna si stendeva sul triclinio. «Non mi sembra che lei sia nelle.. condizioni di dettar regole» ironizzò, dedicandole con un sorriso ferino e guardandola ad occhi socchiusi, mentre si scostava una ciocca di capelli rossi dal viso. La barba era  illuminata di riflessi oro e rame, alla luce languida gettata su di essa dalle fiamme del camino, e anche la donna sembrava provata da quella dimostrazione di forza.
«Io…».
«Lei dovrebbe solo pensare di meno» sussurrò l’assassino, e prese la coppa della donna per sorseggiare il vino, dopodiché prese una fragola, una rarità del sud in quell’inverno così terribile, e ne odorò la fragranza; la donna trattenne il respiro, in spasmodica attesa, e quando i denti di Yukab ruppero la pelle del frutto lei strinse le gambe, contorcendosi sul triclinio. Si alzò in fretta, sotto lo sguardo tenebroso e divertito dell’uomo, che si leccò le labbra colme di liquido rosso e si alzò lentamente con lei, a passi misurati; i due si studiarono, come due animali sconosciuti capitati in gabbia insieme, e fu Yukab a muoversi per primo: scattò come una pantera verso la donna e la inchiodò al muro, sotto uno sguardo così intenso che le tolse il fiato.
«Non credo che sia questo, che intendevo, per “pensare di meno”» Yukab inarcò un sopracciglio e sollevò la fragola sulle labbra della donna, facendogliela mordere e osservandola chiudere gli occhi al dolce succo del frutto dell’amore. Le lasciò un paio di marchi rossi sulla pelle, succo di fragola umido e caldo delle sue labbra, e si allontanò da lei con uno sguardo infiammato di ilarità. La donna rimase immobile contro il muro, ad occhi chiusi, e quando li aprì era bramosa d’altro contatto con l’uomo dai capelli rossi che le aveva stregato l’anima. Ma lui si limitò a leccarsi le ditta una ad una, lentamente, sotto lo sguardo imbambolato di lei, e sorseggiò del vino, gli occhi grigi che brillavano divertiti nell’osservarla, e nel tempo che la donna impiegò per ricomporsi e ritornare alla triclinio, lui era già in piedi che le girava attorno come un animale affamato, bramoso di ciò che cercava più di qualsiasi altra cosa; la donna lo osservò di sottecchi, cercando di fingere indifferenza, ma quando lui si chinò sul suo viso, di fronte a lei, un vago rossore non poté fare a meno di imporporarle le guance. E quando lui la spinse a stendersi con la testa sospesa sul nulla, perché la lettiga era finita, Yukab si chinò sulle sue labbra, dischiuse in attesa, bramanti del bacio tanto desiderato, ma l’uomo sorrise denigratorio e le sussurrò:
«Vi siete ripulita, ma avete mancato un pezzo» mormorò con voce roca, alludende allo scandalo che aveva coinvolto la sua famiglia, ma contemporaneamente poggiò le labbra sul collo della donna e la sua lingua percorse i baci rossi che le aveva lasciato sulla pelle bianca, raccogliendone il dolce succo residuo e passandoselo sulle labbra.
La donna si sciolse sotto di lui e sussurrò:
«Farò ciò che volete. Qualunque cosa».
Yukab fu svelto a sollevarsi, così veloce che la donna non ebbe percezione che se ne era andato finché non lo vide dirigersi verso la porta.
«Dove andate? Tornate qui immediatamente! È un ordine!» gridò, e Yukab si voltò con un sorriso sornione in viso.
«Mi dispiace, non siete il mio tipo. Sono venuto qui per concludere un affare, e l’ho fatto.. senza condizioni. Mi dispiace, abbiamo un patto».
La donna si sollevò freneticamente le palme delle mani davanti agli occhi e una goccia di sangue attirò il suo sguardo, sull’indice che aveva puntato contro il petto dell’uomo. Lui, dall’ingresso, fece balenare contro una torcia la spilla che aveva appuntata proprio sul cuore e le sorrise, scoprendo i denti e mostrandole un foglio con una goccia di sangue alla fine, a suggellare un patto.
«Addio, mia signora. È stato un piacere fare affari con lei» rise, ed uscì con la cappa in spalle che si sollevava al vento d’inverno.
   
 
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