In the flesh - Apocalypse
#23. I’ve never loved you,
but if I did, I wouldn’t say that I’m sorry
{Dhyr}
Di certo Deimos non poteva aver
fatto nulla per provocare l’astio in quegli occhi profondi. Raramente le sue
parole s’erano scontrate con quelle di Lhyr –
raramente le loro bocche s’erano possedute, desiderate, amate – e se in
quell’occasioni aveva urtato la sensibilità femminile, il dio non ne era
affatto al corrente.
Eros sosteneva spesso che non capisse le donne, e mentre Lhyr sfilava le braccia dalla posizione in cui era rimasta
bloccata per un buon quarto d’ora, per la prima volta Deimos
pensò che il proprio fratello avesse ragione.
Cosa poteva volere da lui, in quel momento, alla vigilia di
una missione? Deimos si sentiva distratto, Lhyr mostrava troppa pelle esposta e il ricordo sfuggente
delle proprie mani su di essa non era mai apparso così vivo come lì, nella
claustrofobica stanza in cui ogni genere di cosa poteva essere trovata. Ne
ricordava i sospiri, ed era inevitabile domandarsi se anche Phobos
ne fosse stato ossessionato per giorni – e notti.
«Ho da fare,» pronunciò spiccio, afferrando un altro tra i
propri libri, per cercare qualsiasi cosa che potesse distoglierlo da Lhyr. Allontanarlo dal suo respiro caldo o dai capelli che
sfuggivano alla presa della coda di cavallo spettinata. «Dovresti riposare.»
«Ora ti preoccupi per me, stronzo?»
Deimos sgranò gli occhi per la frazione d’un attimo,
prima d’assottigliarli e cercare di incuterle terrore. Cosa avrebbe dovuto
temere, tuttavia, la donna forgiata dalla paura? Nulla.
La vide avanzare verso di sé, la fronte corrugata e l’astioso
sguardo la rendevano selvaggia e pericolosa, Deimos
non sapeva affatto come comportarsi di fronte a tali emozioni, non aveva letto
alcun libro a riguardo – eppure le mani fremevano, mentre andavano a posarsi
contro i fianchi, forse per bloccarla, forse per trascinarla vicino a sé.
«Sei uguale al tuo cazzo di fratello.»
Siete tutti uguali, voi
fottuti dei, e io una cretina a cascarci ogni volta.
«Non paragonarmi a lui.»
Lo guardo azzurro cadde sulle labbra schiuse, desiderò
inumidirle con la propria lingua, morderle, spostare ogni scartoffia sulla
scrivania e posarci il corpo leggero di Lhyr. Rimase
immobile, invece, a contemplarla.
«Vaffanculo.»
Fu lei a baciarlo, perché lo odiava. Odiava sentire la pelle
scuotersi al semplice passaggio di dita dolci, non irruente, non possessive.
Odiava sentire le gote andare a fuoco e il desiderio crescere, solamente per la
mano aperta sulla propria schiena. Odiava la sensazione di vulnerabilità che le
contorceva le viscere, perché lo sguardo di Deimos
non rifletteva nulla, e Lhyr non era mai stata brava
a leggere nessuno.
Deimos, dal canto proprio, si domandò come suo fratello
fosse riuscito ad allontanarsi da lei. Non la amava, eppure – eppure
quell’ossessivo desiderio, lo portava ad inchinarsi di fronte a lei, pregandola
di pronunciare il proprio nome.
N/a: i personaggi
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utilizzati con alcun scopo di lucro.
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Apocalypse GDR.