Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Pisquin    20/01/2015    3 recensioni
“Mia mamma si incazzerà” risi tra me e me infilando il casco. “E per cosa?” chiese lui. “Sai, la solita ‘non accettare mai caramelle dagli sconosciuti’. Io ho accettato addirittura un passaggio, magari stanotte entrerai in casa e mi ucciderai.” Continuai a ridere salendo in sella alla moto e osservai la carrozzeria nera, lucente. Lo vidi scuotere la testa ed accennare ad una piccola risata. “Sei proprio strana.” “Benvenuto nel mio mondo."
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Riot

7.
 
Quando sentii le sue braccia circondarmi i fianchi e la sua lingua solleticarmi il labbro inferiore mi ridestai. Che cosa stavo combinando? Io ero incazzata con lui, oh sì che lo ero. Poggiai le mani sul suo petto e lo spinsi via, aprendo gli occhi. “Chloe.” Lo vidi venire verso di me ma non gli diedi peso. Mi misi le mani sul viso pronta a sbottare. “Cosa diavolo pensavi di fare, Aaron?” gli urlai contro con tutta la forza che avevo. Mi aveva baciato mentre stavamo parlando, senza preavviso e volevo solo ucciderlo con lo sguardo per essermi fatta abbindolare così. Camminavo avanti e indietro per la stanza mentre lui se ne stava seduto su una cassa di birra. Il nervosismo mi stava consumando mentre iniziai a mangiarmi le unghie. “Ascoltami” cercò di iniziare lui ma non lo degnai di uno sguardo. “Chloe” tentò un’altra volta, alzandosi dalla cassa di birra. Mi ero lasciata sopraffare dalle emozioni, non lo facevo mai. Cosa cazzo mi era preso? Perché ero rimasta lì a baciarlo? Non era da me, non lo avrei mai fatto se fossi stata lucida. Dannata birra. “Cazzo Chloe, guardami!” urlò Aaron posizionandosi davanti a me e poggiandomi le mani sulle spalle. Alzai lo sguardo pronta a sfidarlo. “So che tutto questo sembra strano: la canzone, il fatto che ci abbiano lasciato soli, il bacio. Chloe, ho chiesto tutto io, lo capisci?” Scossi la testa esausta e feci per girarmi ma lui mi bloccò stringendo la presa sulle spalle. “Aaron, Santo Dio, ma dirmelo civilmente no?” risposi, alzando gli occhi al cielo. Quei suoi occhi verdi guizzarono sul mio viso e li vidi rasserenarsi. “Ci stavo provando, stupida. Solo che tu mi blocchi ogni volta!” esclamò. Sbuffai contrariata lasciando che parlasse. “Perché non vuoi baciarmi?” Restai a fissarlo intontita mentre quelle parole mi rimbombavano in testa. Perché non volevo baciarlo? Era solo che era passato troppo tempo e non credevo di poter fare tutto così di corsa. E se poi le cose si fossero complicate? E se qualcuno si fosse messo in mezzo? Dovevo ammetterlo a me stessa: Aaron mi piaceva. Era da quando avevo poco più di sedici anni che non baciavo nessuno e che nessuno mi guardava in modo diverso e non quel solito sguardo per definirmi una ragazza-strana-con-una-bandana-sulla-testa-e-gusti-ambigui. Mia madre e le mie due migliori – e uniche – amiche erano le sole persone che mi giudicavano come non fossi solo una persona scontrosa, acida e saccente, che sapeva il fatto suo e che non guardava in faccia a nessuno. Cercavo sempre di nascondere i miei sentimenti e il più delle volte ci riuscivo, sotto quella maschera di sarcasmo e occhi alzati al cielo. Dopo un po’ tutti si arrendevano con me, tutti mollavano la spugna, nessuno resisteva e andava a fondo per vedere cosa veramente fossi stata prima che mio padre se ne fosse andato e prima che il mio ragazzo – per ben due anni – mi avesse tradito con la matricola di turno. Aaron stava cercando di vedere dove nessun’ altro aveva mai avuto il coraggio. “Troubby” mi chiamò lui e scossi la testa per scacciare via i pensieri. “Non lo so” risposi, arricciando il naso. Corrugò le sopracciglia e continuò a tenermi le mani sulle spalle. Lo vidi tentennare perché non trovava le parole adatte; ringraziai mentalmente chi avevo giurato di voler ammazzare quando Nathan aprì la porta e condusse tutta l’allegra ciurma dentro. Aaron mi lasciò e ci voltammo contemporaneamente verso i nostri amici. Nat sbuffò. “Dovrò vendere la mia casa semmai un giorno vorrei vedervi pomiciare senza che pensiate a nulla?” In quel momento tornai ad abbracciare l’idea di fare un genocidio di massa.

***
Aaron
 
Entrai in casa sbattendomi la porta alle spalle. Cosa cazzo avevo fatto di male per farmi piacere quella pazzoide di Chloe? Salii le scale e mi rifugiai in camera mia, sbattendo anche quella porta. Guardai l’iPod che era buttato sul mio letto, con la cover ‘Fuck the police’ rivolta verso l’alto. Presi il cellulare e mi feci coraggio, dovevo risolvere quel problema del cazzo perché più passavano i minuti e più mi incazzavo con me stesso per come stavo perdendo la possibilità di combinare qualcosa con Chloe.
00:23 a.m.
Dormi?
 
00:25 a.m.
Se ti sto rispondendo no,
 idiota.
 
00:26 a.m.
Ah ah.
Btw, domani passo a prenderti
all’uscita da scuola.
[btw = by the way (en) = comunque (ita)]
 
00:30 a.m.
Okay.
 
00:31 a.m.
Buonanotte Troubby,
ti voglio bene. xx
 
00:35 a.m.
Buonanotte,
ti voglio bene anch’io. xo
 
Fissai lo schermo dell’iPhone mentre tutta la casa taceva. L’indomani l’avrei rivista e il solo pensiero di dover chiarire i milioni di problemi che mi – e ci – affollavano la testa mi fece venire il voltastomaco. Chloe aveva il potere di destabilizzarmi. Era entrata nella mia vita senza un vero perché e adesso avevo il motivo per non farla uscire: lei mi faceva vivere come nessuno aveva mai fatto.
 
***
Chloe
 
“Non ci posso credere che ti ha baciata e tu non hai ricambiato” iniziò Gwen mentre prendeva appunti durante la lezione di Storia Americana. Per quella materia io provavo solo odio puro, quindi me ne stavo con la testa poggiata su una mano e lo sguardo diretto ad un punto indefinito davanti a me. “Tecnicamente ho ricambiato all’inizio” le risposi, arricciando il naso “per colpa della birra, eh. Poi però mi sono resa conto di quello che facevo e l’ho spinto via.” “Mh” fu la conclusione di Gwen. Stavo seriamente pensando che entrambe le mie migliori amiche stessero mettendo su una crociata contro la sottoscritta, a suon di ‘Dai ad Aaron una possibilità!’ Infatti quella mattina, mentre facevamo colazione, Mya era stata dieci minuti a dirmi quanto ero stata stupida a mollare Aaron così. Per lei era perfetto e sembravamo fatti l’uno per l’altra. La realtà era diversa: non sapevo cosa fare. Aaron era sempre lì, a darmi la buonanotte e ad aspettare una qualsiasi mia mossa. Io me ne stavo ferma con la mia aria superiore. Se avessimo continuato così non saremmo andati da nessuna parte. “Chloe, la devi smettere di pensare alle conseguenze! Vivi e basta” era stato il mantra che Gwen mi ripeteva ogni volta che cercavo una scusa per non fare una cosa. Scuse che di solito non avevano né capo né coda. Avrei aspettato quel pomeriggio per sapere cosa diavolo fare.
 
Appena uscii dall’ultima lezione della giornata – Letteratura Inglese alle 5:30 p.m. – mi fiondai al mio armadietto. Poco dopo mi raggiunse Mya, che prese i libri da studiare e se ne andò di corsa, dopo avermi propinato la sua solita giustificazione: i gemelli. Gwen aveva il corso di scrittura creativa e non sarebbe uscita da quel carcere prima delle sette. Fantastico, sarei dovuta andare a casa da sola! Appena varcai la soglia dell’edificio ricordai dei messaggi di quella notte e uno strano stato d’ansia iniziò a invadermi. Aaron se ne stava – come suo solito – appoggiato alla moto, con il secondo casco tra le mani e un sorrisetto stampato in faccia. Mi faceva venire voglia di urlare. Camminai verso di lui, che mi aveva visto non appena ero uscita. “Troubby” mi accolse, passandomi il casco. “Ciao, dove andiamo?” fu la mia risposta incolore. “Hey” disse lui guardandomi “non cominciare a fare la spocchiosa stronzetta con me.” “Okay” replicai monocorde. Mi diede un pizzicotto sul fianco destro e mi uscì un sorrisetto. “Ecco qua!” esclamò, salendo in sella alla moto. Lo seguii e cercai di aggrapparmi a lui più forte che potevo. “Per te va bene se andiamo a casa mia?” mi domandò. “Sì” gli risposi e lui diede gas, partendo. Sistemai le mie braccia intorno al suo corpo e lui mi stupì quando, ad un semaforo rosso, si soffermò ad accarezzarmi una mano. Non durò a lungo ma mi fece comunque pensare a come lui si potesse sentire. Lo avevo rifiutato per un numero illimitato di volte ma, altrettanto spesso, avevo fatto gesti strani che si potevano addirittura definire ‘affettuosi’: gli avevo prestato il mio iPod – che nessuno, oltre la sottoscritta, aveva mai toccato, gli avevo lasciato farmi il solletico, guardare un film insieme, ascoltare la mia stessa musica e, ultimo ma non meno importante, avevo ricambiato il suo bacio – anche se per poco, ma era il pensiero che contava. Lui non sapeva cosa combinare tanto quanto me. Eravamo nella completa e totale merda.
 
“Passami il cioccolato.” “Non ne ho voglia” “Dai Aaron, passami quel maledetto cioccolato, ho fame!” “Finché non mi racconti cosa diavolo ti è successo non passo niente a nessuno, soprattutto a te.” Ce ne stavamo sul suo letto: lui steso per metà con il telecomando della tv in una mano e mezza tavoletta di cioccolato extra fondente nell’altra e io seduta a gambe incrociate affianco a lui che cercavo di protendermi per recuperare il cioccolato che continuava a portare a distanza di sicurezza dalle mie mani. Mi stavano seriamente salendo i nervi. “Aaron, giuro che se non molli quel cioccolato ti taglio tutte le bandane che possiedi, razza di idiota!” “Non oseresti” ribatté sicuro, sorridendo strafottente. “No, infatti. Ti spappolo direttamente i coglioni!” esclamai rifilandogli un calcio ai ‘gioielli di famiglia’. Lasciò la tavoletta per portarsi le mani all’inguine e scattai per prenderla. Mi sedetti poi di fronte a lui, godendomi la scena mentre mangiucchiavo il cioccolato. “Chloe, io ti uccido, cazzo. Mi hai praticamente castrato” articolò mentre si stendeva sul letto e si metteva le mani sul viso, visibilmente distrutto.
 Dopo dieci minuti finii il cioccolato e lanciai la carta sul tappeto. “Chloe” mi chiamò lui, invitandomi a guardarlo. “Che c’è Ari?” “Oh, adesso mi richiami Ari.” “E dai, finiscila.” Si alzò dal letto e si posizionò di fronte a me, che me ne stavo ancora seduta a gambe incrociate. La tv trasmetteva una delle tante repliche di ‘Man v. Food’ e lui tirò un gran sospiro mentre si accovacciava alla mia altezza. “Che c’è?” ripetei, guardandolo confusa. “Me lo domandi tu? Sono io che devo chiederti cosa c’è. Dammi una possibilità, Chloe.” “Perché?” gli domandai. Non sapevo davvero come reagire anche se avevo messo in conto una proposta del genere quando ieri avevo risposto ‘Okay’ a quel messaggio a mezzanotte e mezza. Avevo visto quel sms non appena era arrivato ma, volendo fare la sostenuta, gli avevo risposto quattro minuti dopo, quel tanto che ero riuscita ad aspettare. “Ascoltami. So che sembri una spocchiosa acidella perennemente mestruata e con un diavolo per capello. So che certe volte mi fai salire il Quarto Reich con le tue frecciatine e le tue allusioni. Ma so anche che l’iPod di una persona mostra molte cose che quella persona cerca di celare dentro di sé, perché io, anche se nascoste tra mille pezzi rock, le ho viste le dodici canzoni di James Blunt, le nove di Taylor Swift e le quattro di Adele e non sono lì per caso. La musica che qualcuno ascolta riflette le sue emozioni. Tu ti sei rispecchiata in quei brani e non sei riuscita mai a cancellarli perché ti ricordano troppo il tuo passato. Beh, con me non so se ci sarà tempo per deprimerti scaricando l’ultimo album di Lana Del Rey ma ti assicuro che avrai modo di trovare tutte quelle canzoni che sono in entrambi i nostri iPod e ascoltarle insieme, criticarle, elogiarle, ballarci sopra e usarle come sottofondo per ogni cosa e, credimi, ci sono un sacco di cose da poter fare insieme. Solo, Troubby, dammi una possibilità e, per una volta, non combinare un casino dei tuoi.” Quando finì rimasi a fissarlo per dei minuti interminabili. Mi stava dando un modo per fuggire dall’ordinario. Mi stava dando un modo per cercare di riscoprire la vecchia me stessa, anche senza dirlo. Mi stava dando un modo per risolvere le cose ed affrontarle, una volta per tutte, senza finire distesa su un pavimento a piangere. Mi stava dando la possibilità di credere per una volta in un ragazzo. E io volevo credergli. “Chloe, se non vuoi rispondermi subito io posso darti più tempo, posso tro-“ “Sta’ zitto!” risi, tirandogli una cuscinata sul petto. “Che ho fatto adesso?” si lamentò, buttandosi sul tappeto. “Proprio niente signorino.” “Ma se mi hai appena dato una cuscinata senza motivo!” si difese guardandomi stralunato. “Volevo solo destabilizzarti un po’ per fare una cosa” gli risposi sedendomi accanto a lui sulla stoffa blu. “Per fare cosa?” replicò guardandomi confuso. “Per fare questo” gli confessai, prima di poggiare le mie labbra sulle sue.
 
 
“E poi?” urlarono Gwen e Mya all’unisono mentre stavo bevendo un sorso del mio cappuccino. Quella mattina mi avevano costretto a raccontare loro della serata precedente e di come Aaron si era ‘dichiarato’. “E poi niente, ci siamo baciati ancora un po’” sorrisi maliziosa mentre vidi le due spalancare gli occhi. “Che c’è?” incalzai osservando Mya diventare pallida. “Ma per caso, ecco, avete-“ “No, deficiente, ma cosa hai capito?” le risposi alzando gli occhi al cielo. Sospirarono, entrambe sollevate, e Gwen tornò a mangiare uno dei suoi muffin. “Ci scommetto che tra una settimana li vedremo tutti appiccicati a scambiarsi frasi sconnesse mentre sembrano odiosi cupcakes rosa pieni di amore e gioia.” esordì Mya rivolta verso Gwen, mentre si alzava dal tavolo e andava verso l’uscita con una sigaretta già in mano. “Guarda che io sono ancora qui, se non lo avessi capito.” Quella ragazza stava diventando schizofrenica.
 
***
Aaron
 
“Cazzo, giuralo!” esclamò Nat non appena gli raccontai tutto quanto, di Chloe e di quella sera. Di come mi aveva baciato senza preavviso e di come eravamo finiti a guardare American Horror Story insieme sul mio letto. “Lo giuro, Nat. Non ci credo neanche io, porca puttana.” Eravamo seduti in caffetteria e stavamo aspettando le ragazze per una serata all’insegna del cazzeggio. Nat e Scott avevano pensato di chiedermi come fosse andata la serata precedente e io avevo vuotato il sacco, anche se non del tutto. “Cioè, fammi capire” esordì Scott: “le hai fatto una ‘dichiarazione’ messa su al momento, senza capo né coda e lei ti è capitolata ai piedi? Che cazzo, la prossima volta ci provo anch’io!” “Provaci adesso, allora” gli suggerì Nat accennando alla porta di ingresso, che Gwen aveva appena varcato, seguita dalle altre due che parlavano gesticolando, come loro solito. Osservai la smorfia di Chloe mentre alzava gli occhi al cielo all’ennesima frase di Mya e la trovai assolutamente adorabile. Speravo Chloe non leggesse nelle menti delle persone altrimenti mi avrebbe tirato un pugno nello stomaco non appena avesse scoperto cosa credevo di lei. “Buonasera ragazzacci” esordì poi e quando mi alzai per salutarla mi abbracciò pizzicandomi un fianco. Ricambiai la stretta e le diedi un sonoro pizzico sul collo. “Ahia, stupido!” mi rimbeccò lei non appena scoppiai a ridere. Vidi Mya guardarci disgustata mentre prendeva posto a capo tavola. “Giuro che un giorno di questi li troveremo mentre si mordono stile ‘Twilight dei Poracci’” esordì proprio quest’ultima storcendo il naso. “Oh, ma sta’ zitta!” le rispose Chloe mentre prendeva posto accanto a me. “Allora, visto che siamo qui, prendiamoci qualcosa, no?” propose Nat alzandosi per andare a prendere del cibo. “Io voglio un caffè americano.” “Io un cappuccino con panna e un muffin alla fragola.” “Un cappuccino freddo con poco caffè.” “Per me cioccolata amara.” “Vorrei un donut e un caffè ristretto, grazie.” “Mah, dato che ci siete, volete anche una fetta di culo?” concluse Nat sbuffando. Vidi Chloe alzare gli occhi al cielo divertita mentre Mya si alzava per dare un mano al ‘signor battutine-di-pessimo-gusto’. “Dopo dove andiamo ragazzi?” “Vi va il cinema?” propose Gwen mentre smanettava con il cellulare. “Oh, sì, c’è un film d’azione fantastico, Aaron” assicurò Scott. “Ma io volevo vedere l’ultimo di Anne Hathaway!” ribatté Gwen mettendo su un broncio incredibile. “Non ci pensare nemmeno, G. Un’altra commedia romantica no, per l’amor di Dio!” Chloe era sembrata abbastanza convincente da optare per il film d’azione che si preannunciava fantastico. Scott aveva lo sguardo rivolto verso Gwen che se ne stava intenta ad osservare lo schermo del cellulare con una smorfia triste stampata in viso e la tremante mano sinistra poggiata sul tavolo. Era sull’orlo di una crisi di pianto. “Hey, Gwen. Che ne dici se ti porto io a vedere quel bel film un giorno di questi?” esordì Scott mentre poggiava una mano su quella della ragazza ancora tremante. Gwen alzò lo sguardo con gli occhi già lucidi e annuì accennando un sorrisetto. “Sono vomitevoli” esordì Chloe mentre, con la testa appoggiata sulla mia spalla, guardava la scena con me. “Un appuntamento al cinema. Avrei giurato in qualcosa di più originale da parte di Fitz.” “Anch’io credevo avesse più fantasia. E tu eri anche geloso di Scott, che stupido, madonna!” ridacchiò sulla mia spalla. Scossi la testa e le rifilai un morso sul braccio. “Ma vuoi mangiarmi? Cos’è, hai fame?” disse ritirando il braccio e massaggiandoselo. “Sì” dissi. La tirai per le mani fino a portarla vicino a me. Le sfiorai le punte dei capelli. “Sì, ho fame” conclusi mordendole giocosamente una guancia. Rise e mi strinse il mento tra due dita.  Mi avvicinai e le stampai un bacio sulle labbra. Sorrise e mi fece una linguaccia. “Vi prego toglietemeli davanti!” esclamò Mya mentre poggiava il vassoio sul tavolo. Chloe alzò gli occhi al cielo e si voltò verso l’amica prendendo il suo cappuccino freddo e iniziando a sorseggiarlo. Arrivò Nat con un altro vassoio. “Mi dispiace, ma il culo lo hanno finito!” esordì sedendosi al suo posto. “Che deficiente” conclusi afferrando la mia cioccolata e portandomi la tazza alla bocca.
 
“Stai finendo i popcorn.” “Ce ne sono ancora un po’.” “Ma il film non è neanche a metà!” continuò a sussurrare Chloe mentre tutti gli altri erano concentrati sulle sparatorie del – per niente fantastico – film che aveva proposto Scott. In sala eravamo poco più di trenta persone e i miei amici erano gli unici a guardare davvero il film. C’erano varie coppiette intente ad esplorarsi il cavo orale e davanti alcuni ragazzi che parlottavano tra di loro. Chloe se ne stava accovacciata sulla poltroncina, con la testa poggiata sulla mia spalla e il suo indice sinistro che continuava a disegnare cerchi immaginari sulla mia guancia destra. Mi stavo davvero annoiando, quel film era proprio orrendo. Ad un tratto sentii Chloe irrigidirsi e spostare la mano sulla sua pancia. “Ari?” “Mh?” le risposi, voltando la testa verso di lei. La vidi sospirare mentre il viso era contratto in una smorfia di dolore. “Che c’è Troubby? Hey?” le chiesi, vedendola respirare lentamente e con difficoltà. “Portami a casa, Ari” mi implorò, faticando anche a parlare. Cosa le stava succedendo? “Nat? Hey, chiamami Mya. Chloe si sente male.” La rossa alzò le spalle spiegandomi che Chloe probabilmente aveva un forte mal di pancia. “Ari” mi richiamò Chloe, faticando ad articolare le lettere. L’aiutai ad alzarsi e dissi agli altri che sarei tornato a casa con lei. Mi scoprii talmente nel panico che per poco non lasciai Chloe cadere per terra. “Forza, su” la spronai quando uscimmo dalla sala per andare verso la mia moto. “Sto male, non ce la faccio, Aaron.” Stava sudando mentre aveva ancora le mani sulla pancia. “L’ultimo sforzo, dai.” Le infilai il casco e l’aiutai a salire in moto. Decisi di portarla a casa mia perché non avevo le chiavi della sua e molto probabilmente c’era la sorella e non sapevo cosa diavolo dirle. Avevo paura, ero talmente terrorizzato da non badare alla moto che sfrecciava quasi da sola per le strade di Chicago. Raggiunsi il vialetto di casa in dieci minuti e l’accompagnai velocemente dentro. “Devo andare in bagno.” La condussi sulle scale fino al bagno accanto alla mia camera. Entrò e io corsi nella mia stanza a trovarle qualcosa di più comodo da mettere. Mentre infilavo alla svelta il pantalone del pigiama e gettavo la bandana sul comodino la sentii lamentarsi in bagno. Afferrai la maglia che le avrei fatto indossare e bussai. “Stai meglio?” “Sì, un po’ meglio. I miei pantaloni sono sporchi, ecco, potresti darmi qualcosa?” mi chiese, prima di cacciare un grosso sospiro e poi un gemito. Aprii di poco la porta e senza guardare appesi la maglia al porta-asciugamani. “Ti lascio questa ma se non stai bene entro” la avvertii tenendo la porta socchiusa. “No,tranquillo. Mi cambio e arrivo” disse a fatica, mentre la sentii aprire un rubinetto. La lasciai in bagno e tornai in camera, sedendomi sul letto con la testa tra le mani. Cosa diavolo aveva? Perché non mi diceva di che si trattava? Continuavo a tormentarmi quando la sentii camminare scalza sul pavimento. Quando alzai la testa e la vidi era stretta nella mia maglia dei Joy Division, con il trucco lavato via e i capelli scompigliati intorno al viso. “Stai meglio? Che hai? Come posso aiutarti?” iniziai a straparlare non sicuro di cosa sia più appropriato fare in questi casi. “Adesso ti spiego” replicò, sedendosi affianco a me. Le passai un braccio intorno alle spalle e lei si strinse al mio petto nudo. “Vedi, mi succede una volta al mese. Quando iniziano le mestruazioni ho dolori lancinanti che durano due o tre giorni, poi passano. Sembra che qualcuno mi stia segando le ovaie poco a poco. E’ davvero orribile, Aaron. E la cosa che mi fa incazzare di più è che non sarei uscita stasera se solo mi fossi ricordata che oggi era quel giorno. Ma con tutte le cose che sono successe me ne sono completamente dimenticata. Grazie a Dio tengo sempre degli assorbenti in ogni borsa, sai, per le emergenze. Stavolta a quanto pare mi è servito” concluse facendo parecchie pause per non urlare quando le contrazioni si facevano più forti. “Mi hai fatto prendere un colpo, credevo stessi soffocando all’inizio.” Fece una breve risata, trasformatasi subito dopo in una smorfia di dolore. “Chiama tua madre, dille che stasera sei a dormire da Gwen o Mya, una di loro insomma, tanto la scuola non c’è e non avrà nulla da ridire, no?” Annuì e le diedi il cellulare. La sentii sforzarsi di parlare normalmente con la madre e iniziai a passarle una mano sulla pancia, lentamente. Lei mi prese la mano all’altezza del polso e la strinse leggermente. Poco dopo riattaccò. “Hai delle pastiglie per il mal di testa? Di solito funzionano anche per i dolori mestruali” mi chiese. Mi alzai e le porsi un bicchiere d’acqua e delle compresse che usavo spesso quando avevo delle emicrania pazzesche. Buttò tutto giù e mi guardò. Aveva un colorito cadaverico e avrei giurato che avesse anche la febbre per come scottava. Fece un piccolo sorriso e la feci distendere sul mio letto matrimoniale, la vidi coprirsi con il piumone e poi mi allungai affianco a lei. I suoi capelli mi accarezzavano il petto, neri in contrasto con la mia pelle. “Mi dispiace di averti rovinato la serata” esordì poco dopo, quando le mie braccia stavano intorno alla sua pancia e le mie mani cercavano di alleviarle il dolore, accarezzandola. Per parlare probabilmente la pastiglia stava facendo effetto. “Non mi hai rovinato la serata, scema. Se stai male io ti accompagno a casa, no?” le feci notare, appoggiando la testa sulla sua spalla. “No, non sei tenuto a farlo.” “Sì che lo sono. Sono il tuo ragazzo.” “Ah, sì?” convenne lei, incastrando una sua mano nella mia. “Sì, sì” affermai lasciandole un bacio sul collo. Proprio sì.









Vi giuro che non l'ho fatto di proposito!
Ci sono state la scuola, le vacanze di Natale e tutto il resto ma l'ispirazione era andata via.
Da una settimana a questa parte l'ho riacquistata per merito divino e ora eccomi qui, con il capitolo seguente già bello e finito - tra l'altro questo l'ho dovuto solamente completare perchè per la maggior parte era scritto.
Mi scuso con voi per questa assurda attesa e spero che il capitolo vi piaccia.
Nel frattempo ho scritto altre tre storie (ma questo non importa a nessuno!) AHAHAH
Niente, spero mi lasciate il vostro parere e ci vediamo alla prossima.
In questo mese, promesso. :)
Un abbraccio,

Sara xx

 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Pisquin