Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: zannarossa    20/01/2015    0 recensioni
Sento lui trattenere il respiro, fissando il tizio elegante. Non si muove, non arretra o si stringe a me come invece sto facendo io. Chissà come fa ad avere ancora curiosità e fiducia nel mondo…
Io non mi fido, ho visto troppe cose brutte.
Quasi mi prende un colpo quando in un attimo lo vedo rispondere alla mano tesa verso di noi e si alza in piedi alla pioggia.
...Ha sempre avuto l’abitudine di decidere tutto da solo.
Una piccola fan fiction dedicata ai protagonisti del Noah's Ark Circus, che mi hanno preso il cuore, nei loro primi momenti alla Renbon Workhouse. Con la speranza di farli aprezzare come li ho amati io.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast, Joker, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Beast accese silenziosamente il moccolo di candela vicino al catino della camera delle ragazze.
 
Era stata più dura del previsto procurarsi quei piccoli tesori che adesso svuotava dalla tasca della giacca… d’altronde non si poteva trovarli che in posti “particolari”.
Poi, era stato difficile anche perché era stata tutto il giorno sotto la sorveglianza della vecchia inserviente addetta alla cucina. Avrebbe dovuto aiutarla a portare i sacchi di verdure (di scarto) destinati alla consumazione nella Workhouse... ma era riuscita a svignarsela grazie alla confusione del mercato e alle quattro pettegole che avevano fatto comizio con la sua guardiana.
Aveva sorriso di soddisfazione, sparendo come un fulmine tra la folla. Sapeva bene dove andare, non era lontano. Scartò con abilità la moltitudine di persone accalcate dirigendosi in un violetto buio ai lati della piazza.

 
Prese il primo oggetto da sopra il tavolino, rigirandoselo molte volte tra le dita quasi per saggiarne la forma. Poi lo sollevò con entrambe le mani e con una leggera tirata lo aprì.
 
Rosso.
 
Un rossetto color sangue, sgargiante, occhieggiò dal fondo della confezione. La ragazza si morse le labbra, accigliandosi un poco.
Lo voleva davvero? In quei tempi di rigidi codici morali e valori religiosi le donne perbene non si sarebbero mai, mai truccate, specie con colori sgargianti e… peccaminosi come quello. Era prerogativa delle attrici, o delle prostitute, che lo facevano solo per attirare a sé l’attenzione maschile: le signorine pudiche non avevano certo bisogno di ciò, condannate a restare fedeli al proprio marito fino alla morte.
Nessuno, proprio nessuno poteva affermare che lei fosse una poco di buono, si disse.
 

Eppure...

 
Quella tonalità la chiamava a sé, la rivendicava come se lei fosse stata l’unica degna di portarla. Risvegliava nella ragazza un desiderio di proibito,ma proprio per questo era terribilmente desiderabile.
E pensare che era stata tutta colpa di Joker! Quel…quell’essere che si era permesso di affibbiarle un nome così! Chissà perché, poi… avrebbe tanto voluto chiederglielo. Se anche avesse dovuto in futuro fare la domatrice di bestie feroci, poteva trovare un appellativo più carino…che so… “Lash”, “Panther”… “Beauty” (perché no?)
Ma “Beast”… sembrava qualcosa di più ferino, ancestrale, come se in fin dei conti Joker avesse scorto sotto la sua patina di brava ragazza un animale in gabbia.
Forse aveva ragione, dopotutto.
 
Avvicinò determinata il viso pulito allo specchietto dalla cornice arrugginita sopra il catino. Trattenendo il respiro socchiuse un poco le labbra e lentamente (molto lentamente) ci passò sopra quella tonalità graffiante, spargendola in modo uniforme.
 
Si guardò a lungo. Non c’era niente di sbagliato in quell’immagine riflessa: era sempre lei, solo… più sensuale. Sì, si sentì improvvisamente provocante, e dentro di lei tutti i buchi vuoti dell’anima (paura, insicurezze…) sparirono in un attimo. C’era forse qualcosa che avrebbe potuto spaventarla, ora? Lei, così bella, sicura di sé? Le pareva di essere diventata una fiera: terribile, affascinante e sinuosa allo stesso tempo. Avrebbe potuto fare tutto.
 
 Ora che il primo passo era stato compiuto, fu molto più facile applicarsi il nero sulle ciglia e un ombretto cremisi ai lati degli occhi. Nella speranza di rendersi ancora più matura cercò lì attorno, a tentoni nel buio, un cerchietto di una delle sorelline più giovani e tirò indietro la frangetta disordinata.
Rimirò la sua immagine ancora per poco, prima di scoprire che non sarebbe bastato solo truccarsi per completare  l’opera: la larga e sformata camicia da notte che stava indossando rovinava irrimediabilmente il tutto.
Ciò le suscitò un improvviso e violento moto di stizza. Se solo non avesse avuto quello straccio!
Sarebbe bastata… una scollatura un po’ più ampia…
 
Le sue mani, inconsciamente, slacciarono i primi tre bottoni del castigato indumento.

Poi…se solo quella camicia fosse aderita un po’ di più ai fianchi…

 
Le mani affusolate afferrarono la stoffa in prossimità delle costole fluttuanti e tirarono il vestito all’indietro, verso la schiena, facendole avvertire chiaramente la stoffa grezza strofinarle la delicata pelle dei seni.
E… (arrossì all’idea) se solo le gambe si fossero viste un po’ di più…
 
Trattenendo la pressione sulla schiena le dita arricciarono la lunghezza dell’abito, scoprendo poco a poco centimetri di pelle nivea.
La nuova protesi, così raffinata, non sfigurò a fianco dell’arto vero, neanche quando la ragazza ne rivelò anche la parte di congiunzione, quella con il marchio del Nobile Padre.
 
La nuova Beast era una visione stupefacente nella sua sensualità e spavalderia.
Capì improvvisamente di aver trovato il modo per esorcizzare le sue paure e guadagnarsi un posto nel mondo. Gli altri uomini l’avrebbero giudicata una poco di buono: non le importava, purchè avesse potuto guadagnarsi da vivere con i suoi compagni.
E poi un circo, luogo di sogni, sarebbe stato il posto giusto per mostrare la nuova sé stessa: mancava ancora poco, il Barone spingeva sempre più insistentemente all’attuazione di questo progetto. Ancora un attimo di pazienza, prima di poter indossare la nuova maschera.
Lasciò che la camicia ormai spiegazzata ritornasse a coprirle le ginocchia, e con le mani bagnate dall’acqua gelida si strofinò via dagli occhi tutta quella bellezza.
Ma soffiò sulla candela con le labbra ancora scarlatte.
  
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