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Autore: Francine    21/01/2015    4 recensioni
E poi ci sono loro. Le infiltrate. Quelle che necessitano di più spazio di quello garantito da cento parole secche. Quelle che non hanno un posto dove andare, come i coralli aggrappati allo scoglio. Quelle che non hanno legami, non hanno radici, non hanno una genesi. Quelle che ho scritto quando avrei dovuto concentrarmi su qualcos’altro. Quelle che sono un tappeto di nuvole. Un’accozzaglia di cause perse, insomma. Le ho raccolte tutte qui, nella speranza che possa farvi piacere.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Caleidoscopio'
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#48 For whom the bell tolls
Prompt: Lui – Lei 
Fandom: Saint Seiya
Personaggi: Gemini Saga


 

And therefore never send to know for whom the bell tolls. It tolls for thee
(John Donne,
Devotions upon Emergent Occasions, Meditation XVII, 1623)
 
 
L’ha sentito arrivare. I suoi passi hanno risuonato stanchi sul marmo candido che collega la Dodicesima Casa alle stanze del Sacerdote, e allora Lui si è eclissato. Svanendo nelle pieghe della sua coscienza, immergendosi in quei lati bui che l’hanno partorito. Per riordinare le idee, ha detto. E lui ne ha approfittato. Ed è venuto avanti.
Saga ha sentito le certezze dell’Altro, del Mostro che cova dentro di sé, scricchiolare ad ogni passo. Metro dopo metro. Casa dopo Casa.
Sull’Ariete non ha mai fatto affidamento. Si è sorpreso quando il Toro non è riuscito a fermarli. Così ha deciso di scendere in campo, alla Terza Casa. È compito del Santo dei Gemelli difenderla, giusto?, ha detto, con quella sua voce simile alle unghie che calano impietose sulla lavagna. Ma non ha gradito l’intrusione della Catena di Andromeda nella Sala del Trono. Anzi.

La morte del Cancro l’ha lasciato spiazzato, ma poi si è detto che quel cretino ha tirato troppo la corda. E che succede quando si tira troppo una corda? Che la corda si spezza. E il filo delle vite umane è ben più sottile e fragile di quanto Death Mask abbia mai creduto. Altrimenti, come avrebbe fatto uno come lui a collezionare così tante teste? – così tanti trofei?
Il Cancro è caduto, ma Lui si è stretto nelle spalle. Si devono pur perdere delle unità in una guerra, ha pensato. E il Cancro, con la sua risata ossessiva e quel gusto teatrale di rapportarsi coi subalterni, gli era venuto a noia. Anzi, ti dirò, ha pensato Lui, un ghigno dipinto sul viso, Quei mocciosi mi hanno anche fatto un favore.

Ma quando il Leone s’è svegliato dal sonno in cui Lui l’aveva avviluppato, non è stato più così atarassico. Non è stato più così tranquillo. Maledizione!, ha esclamato. Lanciando la coppa di vino contro il pavimento. Il calice d’oro zecchino s’è ammaccato, ma Lui non vi ha badato. Era troppo furioso. Il Leone aveva ammazzato qualcuno con le sue stesse mani, ma non aveva sentito la disperazione sgorgare dal cuore di Aiolia come acqua alla fonte. C’era rimorso, certo. Dispiacere, senza dubbio. Ma nessuna cupa e cieca angoscia, di quelle che ti serrano le viscere con presa ferrea e ti straziano il cuore. Qualcun altro s’era sacrificato al posto di Pegaso. E quei ragazzini erano avanzati ancora. Fino a sparire con la Vergine in un mare di luce. Fino a risvegliare colui che dormiva nella Settima Casa. Fino a superare l’Ottava Casa.
E gradino dopo gradino, il muro di menzogne che Lui aveva eretto con pazienza in tutti questi anni è venuto via. Sgretolandosi. Come un castello di sabbia lambito dalla marea.

Stanno riprendendo fiato, i maledetti, ha pensato quando hanno varcato la soglia della Nona Casa. Digrignando i denti e stringendo le dita. E chiedendosi quanto ci mettesse il sole a tramontare. Quanto diamine durassero quelle fiammelle. Insinuando che qualcuno – Chi?, avrebbe voluto chiedergli – stesse barando. Gli stesse mettendo i bastoni fra le ruote. Per impedirgli di prendere ciò che è sempre stato suo. E che gli spetta di diritto.
Shura li avrebbe fermati. Lui avrebbe rimesso a posto quei ragazzini. Sarebbe stato semplice. Dopotutto, non aveva colpito a morte Aiolos quand’era poco più che un moccioso? Cosa gli sarebbe costato sbarazzarsi di quattro mocciosi stanchi, ammaccati e sfiatati?
Un battito di ciglia.
Un movimento rapido del polso.
Sì, Excalibur avrebbe mozzato le loro teste. E poi Lui avrebbe chiesto al Capricorno di decapitare Saori Kido. Se lo meritava, dopo tutto. Si era spacciata per Athena, giusto? Quindi sì, Shura le avrebbe staccato di netto la testa dal collo e lui l’avrebbe appesa alla Quarta Casa. Come monito, avrebbe detto, per tutti coloro che avessero avuto la stessa brillante idea di spacciarsi per la Dea. Che li avrebbe ringraziati da dietro le sue cortine rosse. E che si sarebbe fatta vedere sempre meno, sempre meno, sempre meno…
Sì, Shura gli avrebbe tolto le castagne dal fuoco. E quei ragazzini avrebbero bagnato col loro sangue le fondamenta del suo regno. Serve un sacrificio per ogni rito di fondazione, giusto? E oggi come oggi gli dei non stanno più a guardare se all’interno delle pietre angolari vi si pongono cuori ancora pulsanti, oppure…
Ma anche il Capricorno l’ha deluso. Shura è schizzato via, come un petardo che vuole raggiungere le stelle, portandosi appresso metà della Decima Casa e uno solo dei suoi avversari. E i suoi polsi hanno iniziato a tremare.

L’Acquario s’è spento assieme al suo allievo. E Aphrodite è riuscito a fermarne uno solo. Mentre l’altro ha continuato la sua corsa cocciuta verso le Stanze della Dea. Il roseto lo fermerà!, ha detto – ha gridato. Più a se stesso che all’altro sé, alzandosi dallo scranno, le mani che fremevano per torcersi attorno allo collo dello sciagurato che proseguiva nella sua follia. Sfidandolo. Sovvertendo tutte le leggi, di questo mondo e dell’altro. Nulla avrebbe potuto avvicinarsi alle Stanze del Sommo Sacerdote passando per l’ultima scalinata, neppure una mosca. Aphrodite non gliel’aveva assicurato con quel sorriso civettuolo e compiaciuto? Sì che l’aveva fatto. Eppure, nemmeno le rose dal fatale effluvio di Aphrodite sono riuscite a fermare quei mocciosi. È uno solo quello che si sta avvicinando. Piano piano. Come il ragno che non vuole far scappare la formica.
Ma il Mostro, Lui, la Formica ha percepito la presenza del nemico alle sue spalle. E allora è scappato. Per pensare. Per scegliere quali parole usare per adularlo. Per convincerlo a passare dalla sua parte. Un’Armatura d’Oro, certo. Se ne sono liberate tante, oggi. Una che faccia al caso suo la troveranno pure, no?
Così, mentre Lui imbastisce il suo ultimo piano, Saga è venuto avanti. Resistendo. Pregando che Lui non se ne accorga. Che gli lasci tempo. O che si riaffacci solo dopo che avrà spiegato al Santo di Bronzo cosa dovrà fare per salvare Athena. Non crede che questo stato di grazia durerà a lungo. Non crede che durerà oltre il tramonto. Saga sente crepitare l’ultimo fuoco della meridiana. Un suono stanco, di chi vuole fermarsi e riposare. Solo un pochino. Ma nel suo cuore il Santo dei Gemelli prega che ci sia ancora qualche schioppo, qualche guizzo, qualche scintilla. Non per chiedere perdono, o pietà o comprensione. Ma per salvare Athena. Ché la campana no, oggi non sta suonando per lei.


Note: sì, stiamo mettendo il turbo. Ma voglio chiudere al più presto tutto quello che ho lasciato in sospeso. Come questa raccolta, che si avvia alla conclusione. E la campana sta suonando anche per lei. 
   
 
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