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Autore: Arya Rossa    21/01/2015    2 recensioni
Anastasia e Christian sono felicemente sposati da vent'anni, hanno solo un figlio Ted, di diciotto e vivono nella loro normalità. le cose cambieranno quando a mr Grey verranno rubati dei soldi, dopo poco tempo si scoprirà che la ladra del multimiliardario non è altri che una ragazzina di soli diciassette anni: Lilith.
la ragazza con un passato burrascoso ed un presente ancora peggiore si ritroverà affidata alla famiglia Grey ed a dover lottare per nascondere a tutti ciò che le è successo.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anastasia Steele, Christian Grey, Nuovo personaggio, Theodore Grey
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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“Cosa? Che cazzo vuol dire?” Lilith era rimasta abbastanza… sconcertata dalla notizia, come darle torto?
Christian al contrario sembrava totalmente rilassato, erano ancora alla polizia e lui era di nuovo seduto di fronte a lei. A differenza sua aveva uno sguardo molto rilassato, anzi, controllato. Le sorrise e parlò con la stessa aria strafottente che aveva caratterizzato quella ragazzina poco prima. “Hai capito benissimo Lilith. Se mi dici dove sono le tue cose manderò qualcuno a prenderle” lei continuò a fissarlo da quella sedia e rimase in silenzio, così continuò lui. “Okay, allora facciamo che ti compreremo noi qualcosa di nuovo, dubito che tu te la possa cavare solo con i vestiti che hai addosso e quelli li dentro” indicò la borsa alle sue spalle. Anche questa era particolarmente malandata, un altro segno evidente del fatto che non se la cavasse molto bene.
“Io non voglio nulla da te Grey” sputò il suo nome con rabbia. “Soprattutto non voglio e non ho bisogno della pietà di un piccolo e viziato miliardario”
“Beh, a me sembrava volessi i miei soldi a dire il vero”
“Chi trova ride chi perde piange”
“Tu non li hai trovati, ma rubati. Comunque non hai molte alternative”
“Non mi interessa che non ne ho molte. Se ci sono delle alternative le colgo al volo” sorrise, sperando di convincerlo con quell’affermazione così idiota.
Christian non la pensava nello stesso modo però. “Era un modo di dire. Verrai a casa con noi”
“Ma si può sapere perché vuoi che io venga con te? A casa tua? Lo hai un cervello o lo hai venduto per altri vestiti da dare a tua moglie? Io ti ho derubato! Vuoi una criminale in casa tua? Che io sappia hai anche un figlio e sei iperprotettivo!”
“E tu che ne sai?”
“Quando ho visto chi ho derubato mi sono informata” sorrise.
Christian rimase assolutamente immobile. “Mia moglie ci tiene che tu non finisca in prigione. Comunque a me non piace questo posto e mio figlio dovrebbe essere a casa ormai, quindi alzati, andiamo. Penserò nel pomeriggio ai poliziotti e a tutto quello che la tua liberazione comporta”
La ragazza era molto titubante, ma si alzò, prese la borsa e, dopo averla messa sulle spalle, uscì ignorando Christian. Subito si ritrovò davanti quella che suppose essere la moglie. Quando la donna le tese la mano per presentarsi affettuosamente lei non ricambiò e li seguì fuori mantenendo un’espressione seria e fredda.
Tutti iniziarono subito a fissarli e lei, circondata da uomini in giacca e cravatta, iniziò a sentirsi a disagio in jeans, scarpe da ginnastica e felpa, ma poco le importava ciò che pensavano gli altri.
In macchina rimasero completamente in silenzio, era evidente che Anastasia fosse tesissima, ma di sicuro non come lei e poi, una volta arrivati a destinazione, Lilith iniziò a fissare la casa. Era davvero enorme, soprattutto se paragonata al posto in cui aveva dormito per tutti quegli anni, ma non aveva intenzione di rimanerci: lui sarebbe arrivato presto a portarla via.
“Hai mangiato?” le chiese Christian una volta dentro mentre lei continuava a guardarsi intorno.
“No, ma non ho fame” rispose, lui si allontanò, Ana capì che era andato a chiedere a mrs Jones di cucinare per una persona in più. Certe abitudini non cambiano mai.
Una volta sole Anastasia tentò di sorriderle. “Ti faccio vedere la tua stanza?”
Lei alzò le spalle. “Fa come vuoi”.
Prima che Christian tornasse a parlare con lei in prigione, i due avevano deciso di farla andare in una delle stanze al secondo piano, in modo che le risultasse difficile scappare, cosa che sicuramente avrebbe fatto e così iniziarono a salire le scale.
Quando Lilith entrò Anastasia la lasciò da sola per farla ‘sistemare’ e la ragazza iniziò a camminare per quella camera gigantesca. Si avvicinò al letto matrimoniale e mise le mani sulle coperte, analizzandole come se avesse potuto distruggerle solo con un dito. Era circondata da mobili costosi, uno specchio, una scrivania, un computer ultramoderno ed anche una specchiera con tanto di sedia per truccarsi. Lei si avvicinò alla porta li vicino ed aprendola vide che era una cabina armadio, vuota. “questa stanza da sola è più grande del posto in cui vivevo” sussurrò tra se e se. Buttò li dentro la borsa, fregandosene del fatto che fosse finita per terra, e richiuse la porta. Aprendo la seconda, quella vicino la scrivania, al lato opposto della cabina armadio, vide l’enorme bagno. Si sentiva a disagio anche solo a stare li dentro.
Si allontanò, voleva uscire da quella stanza ma nel momento in cui aprì la porta di andò a scontrare con qualcuno.
Alzando lo sguardo vide degli occhi azzurri e dei capelli dello stesso colore dei suoi: rossi. Si rese subito conto di essersi scontrata con un ragazzo e fece un balzo all’indietro alzando lo sguardo. Quello sembrava davvero furioso, o meglio, stupito. “E tu chi cazzo saresti?”
Lei deglutì e poi alzò lo sguardo ed incrociò le braccia al petto. “I Grey mi hanno trascinata qui, parla con loro per informazioni e se li convinci a mollarmi per strada sappi che mi fai un favore, quindi convincili”
“Non mi hai risposto però. Come ti chiami?” lei non rispose ma mantenne lo sguardo. “MAMMA! FORSE DOVRESTI SPIEGARMI QUALCOSA!” urlò rivolgendosi a quelli al piano di sotto.
L’unica riposta che ricevette però fu: “VENITE GIÙ, IL VOSTRO PRANZO È PRONTO”
Lui non rispose ma afferrò Lilith per un braccio tentando di trascinarla giù con se ed appena successe lei si strattonò via dalla sua presa, stava anche per dargli un calcio ma si trattenne. “Non toccarmi. Mai” ringhiò.
“Va bene, calmati. Andiamo forza” le fece spazio per darle la precedenza ma lei incrociò le braccia, di nuovo. “Tu sai che sono qui da circa cinque minuti vero? Non so dove andare genio!”
Lui alzò gli occhi al cielo, sembrava si stesse trattenendo dall’urlarle addosso.
Quando arrivarono al piano inferiore videro che era apparecchiato per due. Lilith inarcò le sopracciglia. “Vi avevo detto che non avevo fame”
“Mangia” ordinò Christian.
Lei quasi scoppiò a ridere. “Tu non mi dai ordini, chi ti credi di essere per comandarmi?”
Anastasia gli mise una mano sul braccio per calmarlo. “Lilith, sei davvero pelle e ossa, hai bisogno di mangiare, per favore. Ted, la cosa vale anche per te, siediti”
Il ragazzo rimase fermo. “Qualcuno mi spiega che ci fa questa qui? A casa nostra?”
Christian si avvicinò al figlio. “Lilith starà con noi per un po’”
“Cosa? Che diamine stai dicendo? Chi è lei?”
“Ted, Lilith… ha dei problemi, io e tua madre la stiamo semplicemente aiutando”
Lilith sorrise, si sedette e prese la forchetta, poi alzò lo sguardo su Christian. “Sai Grey, non devi coprirmi, puoi dire la verità, se tuo figlio mi odierà magari mi manderai via. Ted, Theodore, Teddy o come ti chiami, ho rubato il portafogli a tuo padre, ma lui da genio qual è non mi ha mandato in prigione ed invece di farlo mi ha affettuosamente accolto in questa casa. Non immagini nemmeno quanto è stato facile, insomma ero davanti a lui, gli ho infilato la mano nella tasca interna della giacca e lui non mi ha notata” iniziò a mangiare un po’ d’insalata mentre Ted stava per urlarle contro, ma Ana lo fermò. “Theodore non ti azzardare, non in casa mia, vieni con me, per favore?” iniziò a camminare verso lo studio, mentre si sentiva solo il rumore dei suoi tacchi alti. Come faceva a portare quei cosi? Si chiese Lilith giocando con la forchetta.
Quando regnò il silenzio in cucina Christian si sedette di fronte a lei e tentò di rilassarsi. Cosa piuttosto impossibile davanti al carattere di quella ragazzina. “Perché non mi parli un po’ di te?”
“Perché non voglio, semplice” gli sorrise freddamente.
“Vai a scuola?” lei scosse la testa. “Oggi mando qualcuno ad iscriverti”
“Scusami? Tu non hai finito la scuola che io sappia e sei miliardario perché io ci dovrei andare?”
“Hai fatto delle ricerche su di me noto. Comunque non era una domanda la mia. Ana ha detto che dovresti andarci, ci tiene che le persone abbiano un’istruzione, anche se sei con noi da poco e forse andrai via”
“Ah si? Perché ci tiene? Pensate che la scuola possa rimettermi sulla retta via vero?” gettò la forchetta nel piatto quando lui non rispose. “La vuoi sapere una cosa? Vuoi mandarmi a scuola? Fallo, ma tu non conosci ne me ne il mio passato quindi smettila di fare tanto il carino quando tutto quello che vuoi è fare quello stronzo che detta ordini a destra e a manca. Non ho fame”
Si alzò e corse via prima che lui rispondesse o la trattenesse. In camera prese la sua borsa, cacciò i vestiti gettandoli per terra ed aprì la tasca nascosta sul fondo dov’era il cellulare, assolutamente impossibile da vedere. Trovò un messaggio, era scritto in codice ma lei lo decifrò subito: ‘Non ti ho trovata alla polizia, dove ti hanno trascinata? M’
Lei rispose subito, sempre in codice. ‘Dai Grey, non sanno che ho un cellulare, puoi ancora contattarmi, vogliono mandarmi a scuola, ti dirò quale e in numero che ti serve appena lo saprò. L’
Dopo aver scritto questo nascose di nuovo il telefono. Si avviò davanti allo specchio accanto il letto, si fissò per qualche secondo, poi si avvicinò al materasso e, quasi con violenza, strappò quelle coperte e quelle lenzuola che prima le sembravano troppo delicate anche solo per essere guardate. Prese le prime e le buttò sopra quel coso, finché non toccarono terra, poi fece lo stesso con le lenzuola: le prese, le morse per procurarvi un taglietto e poi le tirò fino a dividerle a metà. Una parte la gettò sullo specchio del bagno che, per fortuna, era un po’ sporgente e l’altra parte sulla specchiera.
Solo dopo essersi assicurata che non ce n’erano altri riuscì a sedersi per terra e riprendere fiato, si sentì molto meglio senza la possibilità di vedere la sua immagine.
Dopo dieci minuti qualcuno bussò e lei aprì la porta impedendo a chiunque fosse di guardare dentro. Era Ana. “Stai bene?”
“Certo”
“Ah, senti, so che vuoi stare da sola, è stata una giornata stressante e siamo appena a metà, quindi non ti disturberò, però volevo che sapessi che domani andrai a scuola”
“Si, mi è stato accennato”
“Andrai in quarto liceo, alla Seath High, Christian è riuscito ad iscriverti anche se…”
“Va bene, grazie”
Lei sorrise a disagio ed andò via. Dopo aver chiuso la porta Lilith si risedette nella cabina armadio. Le dispiaceva essere così fredda con una donna che la trsattava così bene, ma non si fidava, per niente. Vide la borsa muoversi impercettibilmente e capì che il cellulare aveva vibrato. Stavolta il messaggio decifrato diceva ‘Va bene, quando possiamo rivederci? M’
‘Seath High, non adesso comunque, se ti vedono con me potrebbero mandarti in prigione, non rischieremo. Non so il numero, lascerò un segno domani, come vanno le cose li? L’
Dopo aver inviato sentì qualcun altro bussare. Alzò gli occhi al cielo esasperata. ‘come sono popolare oggi’ pensò con sarcasmo. Andò di nuovo ad aprire e vide che era Ted, con le braccia incrociate al petto e con fare annoiato. “Mia madre ci tiene che mi scusi con te”
“E per cosa? Io vi ho derubati e non ho chiesto scusa”
“Volevo chiederti questo, perché anche se ci hai derubati ti hanno portata qui?”
“E credi che me lo abbiano detto? Chiedi tutto ai tuoi genitori, sono loro che da quando mi hanno vista tentano di decidere tutto della mia vita. Tuo padre si illude addirittura di riuscirci pensa!” sorrise.
“Dovresti essere in galera ed invece hai un tetto sulla testa in una casa di miliardari. Non m sembra che te la passi tanto male”
“Peccato che io non volessi questo… Ted, sono stanca, non mi va di parlare. Comunque, se lo vuoi sapere, ti dico che non rimarrò a lungo” gli chiuse la porta in faccia e fece scattare la serratura. Poi, nonostante fosse primo pomeriggio si gettò sul letto, rannicchiandosi tra se e se per riscaldarsi in assenza delle coperte e, dopo un secolo almeno, si addormentò.
  
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