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Autore: Iamsparks    21/01/2015    2 recensioni
Cecilia Mill è una sedicenne inglese, ha una migliore amica e un potere soprannaturale: riesce a vedere il futuro tramite i sogni che fa di notte.
La sua vita prende una svolta quando in una mite sera d'autunno si sveglia all'improvviso nel sonno, cosa che non le capita quasi mai. Il motivo, ai suoi occhi, è terrificante: non ha sognato. Ma presto capirà che la ragione di questo anomalo avvenimento è la vicinanza di due ragazzi, Brad e Tristan che, seppure in modi differenti, la inviteranno a lasciare il mondo astratto dei sogni.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bradley Simpson, Nuovo personaggio, Tristan Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bradley Will Simpson

Mi ero svegliata attorno alle tre di notte ed ero rimasta immobile fino allo squillare della sveglia alle sette. Avevo passato circa quattro ore a fissare il soffitto con gli occhi sbarrati dalla paura, pensando al prossimo avvenire.
Cosa mi sarebbe successo l'indomani? Sarebbe stato possibile morire?
L'unica volta in cui avevo sognato solo il nero era stato anni e anni prima; il giorno dopo avevo saputo della morte della mia nonna materna.
Ed ora solo al pensiero di quel cupo colore mi venivano i brividi. Non riuscivo più a chiudere gli occhi per il terrore di vedere di nuovo nero, eppure non volevo nemmeno guardarmi attorno, perché la mia stanza, essendo notte, era ovviamente al buio.
Ero paralizzata.
Intorno alle sette e un quarto mia mamma fece il suo ingresso nella stanza, pensando che io stessi ancora dormendo. Si avvicinò ad una finestra, la aprì e fissò le imposte al muro.
Solo allora ebbi il coraggio di chiudere gli occhi, poiché con la luce del sole ciò che vedevo era un colore rosato.
Alice si avvicinò: “Ehi, piccola mia, è ora di svegliarti! Su su, che farai tardi a scuola”.
“Mamma, oggi non sto bene e questa notte non ho dormito: posso rimanere a casa?” chiesi con ansia. Sono una brava studente, diligente e tutto, e mi capita raramente di chiedere a mia madre il permesso di non andare a scuola. Alice mi scrutò il viso e dopo uno sguardo pensieroso, acconsentì.
“Vuoi la colazione a letto o ti alzi?”.
“Lo sai, mamma, che ti voglio bene”. Significava “portami il cibo in camera”.
Grazie al sole riuscii a tranquillizzarmi, anche se non completamente: mi circondava uno strano presagio di malessere. Dopo avermi portato un succo di frutta, una brioche vuota e quattro biscotti (per di più integrali), mia madre mi salutò e uscì per andare al lavoro, seguita a ruota da mio padre (che non resistette nel rubarmi un biscotto).
Schiacciai un pisolino fino alle nove e alle nove e trenta decisi di alzarmi.
Mi diressi in bagno, dove constatai il pessimo stato della mia faccia: ero molto più pallida del solito, le labbra erano secche e sembrava che un pittore si fosse divertito a spennellare di nero la zona sotto gli occhi gonfi. Come se non bastasse, i miei capelli mossi avevano deciso di avvinghiarsi in nodi.
Ci misi una buona mezz'ora per lavarmi, pettinarmi, applicare il correttore e un minimo di fondotinta per nascondere le occhiaie. Tornata in camera mi vestii con dei jeans blu molto comodi e una maglietta a maniche lunghe che presentava quattro colori, divisi in strisce: arancione sul girocollo, bordeaux, verde e nero. Ai piedi misi un paio di scarpe basse beige.
Decisi successivamente, più che altro per tenermi occupata, di sistemare la mia stanza e di portare i piatti della colazione in cucina, dove feci la lavastoviglie.
Dopo aver sentito che la lavatrice aveva terminato il lavaggio, mi decisi ad andare sul mio balcone a stendere i vestiti al sole.
Mentre ero fuori e mi godevo una delle poche giornate calde di ottobre, mi accorsi di un suono dolce provenire dall'appartamento di destra: qualcuno stava suonando al pianoforte quella che sembrava una melodia simile ad una ninna nanna. Controllai l'orologio: erano le dieci.
Avevo altro da fare? No, decisi. Mi sedetti su una delle due sedie e chiusi gli occhi.
La canzone mi riempiva interiormente di gioia grazie alle note delicate e alla bravura del pianista.
Mi rilassai del tutto, seguendo il ritmo con un leggero movimento della testa: non ci volle molto prima che mi spuntasse un sorriso soddisfatto.
Questo momento di pace sembrò durare solo pochi attimi, ma quando controllai nuovamente l'ora mi accorsi che erano già passati trenta minuti. Stupita mi alzai.
Ma nella mia testa sentivo forte e chiaro solo un pensiero: “voglio conoscere il nostro vicino”.
Con decisione tornai in casa, presi un piccolo vassoio e ci misi sopra un paio di muffin al cioccolato che mia mamma aveva evidentemente cucinato quella mattina.
Dopo aver preso le chiavi di casa ed essere uscita, chiusi la porta e mi girai: davanti a me c'era quella dell' altro appartamento.

Inspirai profondamente. Essendo una persona timida devo ammettere che questo genere di situazioni non mi piacciono più di tanto. Fatti quattro passi mi ritrovai a schiacciare il campanello e ad aprire la mia bocca nel mio sorriso più cordiale. Sentii cessare la musica del pianoforte.
Dei passi si avvicinarono alla porta, che poi si aprì: alla vista del ragazzo il mio cuore sobbalzò e sono certa che la mia bocca prese la forma di una “O”.
Quello che ora mi stava guardando con un sorrisetto divertito non era un essere umano, ne ero sicura. Doveva per forza essere un angelo.
Non era tanto più alto di me: credo fosse sul metro e settanta, perché i suoi occhi, che erano di un marrone scuro ed erano circondati da folte ciglia scure, si trovavano alla stessa altezza dei miei.
Sopra di essi delle sopracciglia perfette erano quasi coperte dai suoi capelli ricci, marroni come gli occhi. Spostai lo sguardo sul suo sorriso, che mi aveva rapita all'istante: i suoi denti mordevano delicatamente la parte destra del labbro inferiore, che era più gonfio rispetto al labbro superiore, più fino.
Un suo leggero colpo di tosse mi fece riprendere; ero certa di essere rimasta a fissarlo più del dovuto.
“Ehm..Ciao..Ho sentito che ti sei trasferito...Io abito qua” e nel dirlo indicai con il pollice l'appartamento alle mie spalle.
“Mi chiamo Cecilia..Cecilia Mill” dissi, cercando di porgergli la mano destra in forma di saluto.
Intenta ad ammirare il suo viso, mi ero del tutto dimenticata che avevo ancora il vassoio con i muffin, e la conseguenza fu che gli spinsi violentemente al petto il piatto.
Preso alla sprovvista, si piegò e sbuffò un poco, portandosi la mano sinistra sul punto dolorante e tenendosi alla porta con la destra.
“Ops, scusa..” e feci un passo avanti di scatto, nel cercare di aiutarlo. Il vassoio scivolò dal mio palmo e a quel punto già vedevo tutti i muffin a terra; ma il ragazzo riuscì a prenderlo al volo, dopo aver spostato la mano dal petto.
Mi drizzai totalmente in imbarazzo; non riuscivo a staccare gli occhi dalle mie scarpe che all'improvviso si erano fatte molto interessanti. A proposito, lui indossava un paio di Vans nere.
Sollevai nuovamente lo sguardo sui suoi occhi quando lui mi sfiorò con le dita della mano destra la spalla sinistra.
“Ciao Cecilia Mill, io sono Bradley Will Simpson. Piacere di conoscerti”. E allungò la mano con un sorriso curioso. Gliela strinsi, ma ero irrigidita dalla sua bellezza e dalla mia figuraccia.
“Grazie per questi” disse sollevando appena il vassoio, “non dovevi, davvero”.
Io restai muta, pensando se era il caso o no di informarlo che manco li avevo cucinati io.
“Ehm..prego, accomodati” insisté Bradley aprendo del tutto la porta.
Scoppiavo di felicità e il cuore non faceva altro che accelerare accompagnando le mie emozioni.
Varcai la soglia e mi trovai in un corridoio, ai lati del quale erano accumulati in pile disordinate un degli scatoloni.
Mi lasciai superare da Bradley per poterlo seguire nella sua cucina, dove lui poggiò il piatto sul bancone.
“Vuoi sederti?” mi chiese indicando uno sgabello, e nel frattempo tirò fuori dal frigorifero un succo di frutta, che mi servì insieme ad un bicchiere. Lui si mise dall'altra parte, mettendo tra noi i muffin.
Presi coraggio e dopo aver bevuto un sorso di ACE, decisi che era il momento di parlare.
“Allora, Bradley..”
“Chiamami Brad” mi corresse lui sorridendo.
“Certo, Brad..ti disturbo?”
“No anzi..volevo fare un giro oggi a conoscere le famiglie della casa, ma il pianoforte ha avuto la meglio”.
“Quanti anni hai?”
“Diciotto. Li ho compiuti il ventotto di luglio. E se te lo stavi chiedendo, mi sono trasferito qua per studiare musica a Worcester. E te?”
“Ne ho sedici, compiuti circa sei mesi fa, l' undici aprile. Ma.. sei da solo in casa?”
“Sì, i miei mi hanno comprato questo appartamento e mi hanno spedito qua” rispose con una risatina.
Cavolo, pensai. La sua famiglia doveva essere ricca per permettersi una spesa simile.
“Ho sentito che suonavi il pianoforte..sei bravo.” aggiunsi arrossendo.
“Grazie. Suono da quando ho dieci anni, e diciamo che me la cavo anche con la chitarra”. Era a metà del secondo muffin, e di colpo si fermò a fissarmi.
Dopo aver deglutito, sorrise: “Vuoi mica sentirmi suonare?”.

Era una delle cose che più desideravo al mondo. Annuii con convinzione.

“E va bene, vieni con me”. Presi il bicchiere di succo ancora pieno e lo seguii in una stanza che si trovava a sinistra dell'atrio.
All'interno, un bellissimo e immenso pianoforte a coda riempiva buona parte della stanza che era illuminata dalla luce della porta finestra, attraverso la quale si poteva accedere al balcone che fiancheggiava il mio. Capii che questa stanza e la mia camera da letto erano divise solo da un muro.
Le pareti erano verniciate di azzurro, il pavimento era di legno, ed oltre al pianoforte c'erano due divani, due chitarre (una acustica e una elettrica) appese vicino ad uno scaffale, che era riempito di CD e DVD.
Brad si sistemò sul seggiolino e mi guardò, osservando le mie espressioni di meraviglia alla vista dei tanti CD.
“Hai qualche richiesta o suono un pezzo a mio piacere?”
Lo guardai con emozione. “Conosci 'River flows in you' ?”.
Ebbe un attimo di esitazione e la sua fronte si corrugò.
Ma poi, con sincera meraviglia rispose: “Bella's lullaby?”
“Esattamente”.

Mi sorrise, chiedendosi silenziosamente il perché di quell'inaspettata concitazione. E, dopo aver chiuso per un momento gli occhi cercando concentrazione, iniziò a suonare.





Ciao a tutti/e,
questo è il capitolo in cui la nostra Cecilia finalmente incontra il tanto atteso Brad!
Il ragazzo fa subito colpo su Cecilia (come non potrebbe?). La invita poi in casa sua e poi inizia a suonare per lei una meravigliosa canzone, che invito tutti voi ad ascoltare perché è fantastica:
“River flows in you (Bella's lullaby)” .Provate solo a immaginare Bradley che vi suona una melodia così dolce.. mi vengono gli occhi a forma di cuore!
Ma non perdiamo il filo del discorso :P !
Spero che il capitolo vi sia piaciuto; se sì, come al solito vi invito a recensire, perché voglio sapere cosa ne pensate ;)
Se volete potete inserire questa storia tra quelle preferite o seguite. :)
Grazie e un abbraccio,

A xx

  
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