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Autore: Clio93    21/01/2015    5 recensioni
Dal Prologo :"Quando incontro un paio di grandi e limpidi occhi azzurri, un volto dai lineamenti delicati, fanciulleschi e la fronte ampia su cui, elegantemente scomposti, ricadono boccoli bagnati e rivoli di pioggia, trattengo un singulto.
No, non può essere lui.
Non può essere…
Tom Hiddleston.
E non posso fare a meno di scoppiare nuovamente in lacrime.
Questa è stata, ed è, una giornata veramente di merda."
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 16
 
Botta e Risposta
 
IL PRINCIPIO DELLA FINE: E pensare
Che volevo dimenticarti
 
 
 
Bernie
 
- Che ci fai qui?-
Credo di averglielo domandato parecchie volte nel corso di questa nottata, tra un conato di vomito e un insulto, ma Tom ancora non mi ha risposto.
Mi ha accompagnata in bagno, mi ha sorretto la fronte, mi ha addirittura pulito il viso e i capelli, ma non ha proferito parola, limitandosi a qualche commento acido a cui non ho prestato attenzione, troppo sconvolta e con gli intestini troppo malandati per poter comprendere cosa mi stesse accadendo. Ero consapevole solo degli spasmi e della sua presenza, forte e stabile, con me, mentre raccoglieva i miei cocci.
Sono distesa sul divano, avvolta sotto innumerevoli strati di coperte di lana, con indosso solo biancheria e una pezza bagnata sopra la fronte. Mi giro di fianco per poter guardare meglio Tom, seduto sulla poltrona, che si massaggia gli occhi e la fronte, stanco e, sospetto, ancora più incazzato di quanto non fosse quando si è presentato a casa di Edo.
Sono le quattro di mattina, l’ora che, un tempo, sembrava essere stata creata appositamente per noi, e io aspetto ancora che lui mi parli e mi dica quello che era venuto a dirmi, spero addirittura in una serie alquanto colorita di insulti, piuttosto che questo mutismo ostinato.
Spero non pensi che mi sia ubriacata per lui, perché, sinceramente, ho una dignità da difendere, volevo semplicemente festeggiare e il fatto che la sua immagine e la sua mancanza si siano palesati così forti e vivi dentro di me non sono che effetti collaterali dell’alcol e del fatto che, purtroppo, non sono così emotivamente forte da poter reggere alterazioni della coscienza tanto pesanti.
- Allora?- Lo incalzo, con tono stanco.
- Me ne vado- Si alza di scatto dalla poltrona, come se fosse stato punto da qualcosa. Una fitta di dolore acuto mi preme nel petto: addirittura l’essere nella stessa stanza lo infastidisce… e pensare che, prima, per me, ahimè, ancora adesso, non potevamo farne a meno.
Questo suo scatto mi fa salire tutta la rabbia e la delusione e la sofferenza provate in questi lunghi mesi, perché mi ha fatto del male e non ha nessun diritto di comportarsi in questo modo… da quand’è che è diventato così stronzo? Codardo sì, ma stronzo no! Posso anche accettare, più o meno, la sua decisione, capirla in qualche modo, giustificare il fatto che, neanche una volta, mi abbia cercata o abbia sentito il bisogno di farsi risentire, ma adesso è qui, piombato in casa “mia” senza ragione, e, Cristo! Deve parlarmi, a questo punto me lo deve.
- Tu non te ne vai proprio da nessuna parte!- Esclamo, cercando di non pensare alla tremenda fitta alla testa e alla nausea, ancora terribilmente presente, sollevandomi un poco e stringendomi nelle coperte – Tu, cazzo, rimani qui e apri quella maledetta bocca!-

Che vorresti tanto baciare…
No, senti, Cornacchia, non è proprio il momento.
Pensa e non esagerare…
Io faccio quello che voglio visto che mi ha fatto passare le pene dell’Inferno, te lo sei dimenticata?
Poi te ne penti…
Cazzo, smettila di parlare come mia madre!
- Non c’è nulla da dirti…- E’ in piedi, Tom, ma non accenna a muoversi: penso stia aspettando il momento giusto per togliersi il tappo che, in cinque mesi, si è ingrossato enormemente.
Come ci siamo arrivati a questo punto? Quando l’amore che avevamo è iniziato a divenire così tremendo, oscuro e odioso? Perché siamo arrivati a farci questo?
Tom mi guarda, arrabbiato certo, ma noto anche altro, una cosa che, più di tutte, non avrei mai voluto vedere e lui lo sa, lo sa bene, quanto odi che mi si guardi così, con pena, compassione; lo sa e sembra fregarsene altamente, sicuramente non lo fa apposta, ma il fatto che, in qualche modo, l’essere rientrata ubriaca, inveendo contro di lui, lo sollevi e lo rassicuri, mi manda in bestia, tanto che sento il corpo iniziare a tremare per l’ira che, forte, preme per esplodere.
- NON OSARE GUARDARMI COSI’! CHE C’E’? ORA CHE MI HAI VISTA IN QUESTO STATO TI SENTI MEGLIO? BERNIE CHE ANCORA TI STA DIETRO? SEI UNO STRONZO!-
E’ attonito, lo si vede da come ha spalancato gli occhi e dischiuso la bocca, ma è un attimo, poi si infila la sua maschera di fredda superiorità che lo rende tremendamente simile al dio delle malefatte; non indietreggio, sebbene sia sdraiata, continuo a sostenere lo sguardo e a non farmi abbattere: gliele faccio abbassare io le penne a questo!
Non mi interessa se sta solo cercando di tirare su una barriera, non me ne frega nulla se sta male anche lui e sta tentando di proteggersi, mi sono stufata di scusarlo e di coccolarlo, che si assuma le sue responsabilità, basta fare la persona matura. Non sono matura, sono la bisbetica scimmia pazza di sempre e Tom, il piccolo Lord dei miei stivali, se la vedrà con me e con tutto ciò che mi ha fatto patire.
- Ah, io sarei lo stronzo! E tu, allora, che torni e neanche ti degni di farmelo sapere? Sei strisciata qui, come una ladra, e adesso io sarei lo stronzo! SEI TU CHE TE NE SEI ANDATA!- Anche Tom, evidentemente, si è stancato della sua maschera. Ha scoperto le carte e vuole giocare. O fare la guerra, chissà.
Beh, se è la battaglia che vuole, la battaglia avrà… voglio bere il suo sangue e, se devo morire, voglio farlo con un ultimo, stra-maledetto, bacio!
 
 
Tom
 
- … SEI TU CHE TE NE SEI ANDATA!-
E addio a tutti i buoni propositi di non essere petulante!
Mi ha dato dello stronzo!
E lo sei
Un sorrisetto compiaciuto, e parecchio fastidioso, si disegna sulla sua piccola bocca, mentre il corpo si rilassa, tanto che, addirittura, si mette con un braccio a sorreggere la testa, quasi a godersi lo spettacolo, come una novella Paolina Borghese.
- Dunque è questo? Sei venuto per farmi nuovamente sentire in colpa? Te lo potevi risparmiare, Hiddleston. Non mi sono mai sentita in colpa per la scelta compiuta, pensa, da cretina innamorata, ero dispiaciuta di averti fatto soffrire, mi rodevo il fegato sapendo che, probabilmente, saresti stato tra le braccia di altre…Io non me ne sono andata, sei tu, idiota, che mi hai lasciata andare…-
Stringo i pugni fino a farli sbiancare, troppo inviperito per potere, in qualche modo, ribattere. E’ diventata così dannatamente ragionevole da non riuscire, minimamente, a raggiungerla, ancora una volta si eretta al di sopra delle mie maledette paure. E io non so come rispondere. Non so neanche perché voglia farlo, sinceramente, Berenice è lì, debole, indifesa, assolutamente invitante: estinguere la distanza e baciarla. Da una parte, vorrei smetterla con questa battaglia, gettare le armi in terra e stipulare con lei la pace più dolce, ma il mio orgoglio, tutta la sofferenza provata e la lontananza non me lo permettono, mi portano a battermi ancora e ancora.
Non sono mai stato vendicativo, ma, fin dal principio, ero conscio che i rischi della sua vicinanza avrebbero portato. Berenice è totale, totale è il mio sentimento nei suoi confronti. Non c’è scampo: siamo come due eroi tragici imprigionati nell’ineluttabilità della vita e nella necessità delle nostre azioni. Sappiamo entrambi cosa, invece, vorremmo realmente fare: dissolverci l’uno nell’altra e amarci. Ma non siamo più esseri umani, siamo i personaggi che la nostra piccola storia ci ha cucito addosso e, così, nessuno dei due tirerà fuori bandiera bianca.
Oggi sarà un lago di sangue…
Voi esseri umani siete una razza che deve estinguersi. Come ancora non vi siate reciprocamente distrutti appare un mistero
Tu sei una mia appendice, ricordi? Sei altrettanto umano!
Che le coscienze anneghino, per la causa superiore!
Tse, montato
- Se eri tanto innamorata potevi chiamarmi- Ribatto, senza convinzione.
Bernie dilata le narici, credo prossima a scoppiare – E tu, invece? Se hai sofferto così tanto perché non hai alzato quel cazzo di telefono? –
- Tu non sai niente-
- Neanche tu-
Eccoci, ancora una volta, due monoliti di pietra e titanio, due fortezze inespugnabili che non scenderanno a compromessi. Come siamo arrivati a questo punto? Perché quella che un tempo era una meravigliosa passione si è trasformata in un voluttuoso desiderio di sangue? L’amore, quel tenero e dolcissimo amore, quando è stato sepolto dalla paura tremenda?
- Bene, allora non abbiamo più nient’altro da dirci…-
Mi volto, senza battere ciglio, ancora una volta i miei sensi e le mie emozioni sono state anestetizzate. Così è, ci siamo sconfitti a vicenda, non c’è più nulla da fare.
Proprio quando sto per imboccare la porta, mi sento tirare bruscamente, mi stupisco della forza e della rabbia con cui Bernie, pur debilitata, sia riuscita a farmi girare e a fronteggiarmi. E’ avvolta nella lana della coperta, pallida come un lenzuolo e stanca morta, ma, negli occhi, ritrovo quella profondità e quell’energia che mi hanno fatto innamorare di lei in maniera così incondizionata e, anche se solo per un attimo, mi trovo a vacillare.
Si aggrappa ai baveri della camicia, stringendoli convulsamente con mani tremanti, ha il respiro mozzato di chi non ci vede più, travolto com’è dalle proprie emozioni.
- Sì, sì che ce l’abbiamo, ne abbiamo di cose da dirci…Almeno, io ho qualcosa da dirti: ho cinque mesi di sofferenza, angoscia e abbandono da raccontarti. Tu, tu che mi avevi promesso che, per tutto il tempo in cui ci saresti stato, non mi avresti fatta soffrire. BASTARDO! SEI UN MALEDETTO BASTARDO!-
 
 
Bernie
 
- Che fine ha fatto la promessa, eh!? RISPONDI!-
Avete deciso di raggiungere gli ultrasuoni?
No, sapete, la Cornacchia ed io non siamo cani!
Mettetevi i tappi e fottetevi!
Ribadisco, fottiti tu, è più divertente!
In realtà, quando la mia mano si sposta dalla camicia al suo collo, non sono pienamente consapevole di me. Mi accanisco sulla sua pelle, la stringo, la scuoto, voglio ferirlo e, nel contempo, semplicemente stringerlo, lasciare che le mie dita si riabituino al contatto e godano nel suo calore. In questo istante, sono attratta dal suo corpo in maniera alquanto ambivalente perché, da una parte, vorrei aggredirlo, fargli male, dall’altra, invece, vorrei fondermi con lui, sprofondarci.
Sono debole, troppo, per quanto l’adrenalina mi conceda un’illusione di forza, gli zuccheri nel sangue sono pericolosamente bassi e Tom, molto più in salute di me, nonché più veloce, mi afferra i polsi, stringendoli quasi con dolcezza, premendoli contro il mio petto, senza però allontanarsi.
- IO AVREI VOLUTO MANTENERLA QUELLA PROMESSA! NON MI SONO FIDATO, VA BENE!? NON MI FIDAVO DI TE E DEL TUO CARATTERE DEL CAZZO. MI HANNO ABBANDONATO IN TROPPI NELLA VITA PER RISCHIARE-
Il suo grido è prepotente, violento, sento le vibrazioni del suo corpo arrivare al mio e neanche più mi chiedo se Edoardo sia riuscito ad addormentarsi o meno, poverino: e io che mi incazzavo sempre per le sue scopate rumorose!
- Ah, non ti fidavi, eh!? Perché, Tom? Dimmi perché! E SMETTILA DI URLARE!-
- SEI TU CHE HAI INIZIATO!-
- FACCIO QUELLO CHE VOGLIO, CHIARO?-
Siamo entrambi esausti, abbiamo il fiatone e non riusciamo più a parlare. In realtà, non c’è molto da dire, sappiamo bene tutti e due le ragioni al di là delle scelte dell’uno e dell’altra, tuttavia, la verità è che desideriamo ardentemente una scusa per non doverci lasciare di nuovo, una scusa per rimanere, questa volta. Sono troppo arrabbiata, delusa e ferita e odio il muro che ha creato, odio il modo in cui è diventato, soprattutto perché mi sembra di star di fronte a uno specchio che  riflette l’immagine della me che ero e che gli ho lasciato in eredità. Non capisco proprio come abbia fatto a sopportarmi, come abbiano fatto tutti a sopportarmi in questi anni, con la mia aggressività e intransigenza. Entrare nel mio castello era un procedimento delicato ed estremamente difficile e ora che mi trovo dall’altra parte, sotto le mura, non so come comportarmi, non so come riuscire ad aggirarlo, al limite distruggerlo.
Mi trovo di fronte una barriera di paura e angoscia, una foresta intricata di rimpianti, incubi e rimorsi e ho paura di perdermi inesorabilmente, non vedo il sentiero, non ho una luce che mi guidi e alle volte l’amore non basta: per uscire dal groviglio di rovi non basta che io ami Tom, dovrebbe essere lui a volermi lasciare delle tracce, come un filo di Arianna che da lui si dipana verso di me.
Mi è rimasto incagliato dentro, ma sono troppo stanca anche solo per poterlo chiamare e stare ad aspettare che, di lontano, mi giunga la sua voce: non so se ho la voglia e l’energia per potermi battere. L’avevo, l’ho avuta per tanto tempo, ma, guardando avanti, al futuro, non riesco a comprendere se ne vale veramente la pena, prima ci riuscivo, quando ancora non era di fronte a me ci riuscivo, ma ora…
Ho sognato tante volte il nostro incontro, ho immaginato mille scenari diversi e mi ero preparata, meticolosamente, ad affrontarli tutti; poi, l’immaginario della mia mente ha impattato contro la dura pietra della realtà e, ora, non so se riuscirò o se vorrò tentare di amalgamare le mie immagini con ciò che ho realmente davanti.
No, no, no!
Cosa no?
Ci hai ammorbato per quasi un anno co’  ‘sto Tom: Tom dillà, Tom di qua, Tom di su e Tom di giù! E adesso non lo sai? Ci hai rotto, capito?
Bernie, la Cornacchia vuole tentare un Golpe militare…
Ma non è contro lo Statuto delle Coscienze Povere e Abbrutite? Non avete fatto un giuramento?
Fanculo il giuramento! A tutto c’è un limite
- Non fare promesse se poi sai che non le manterrai… se avevi così tanta paura di me lo avresti potuto dire con tranquillità senza fare tutta quella sceneggiata dell’uomo logorato dal passato…-
- E tu? Tu hai avuto sempre una fottuta paura di me, sempre, e non hai neanche fatto lo sforzo di capirmi. Sei scomparsa, lo sai, vero? Ti sei messa pure a fare l’amichetta con mia sorella… ho dovuto minacciare Emma per riuscire a sapere dov’è che ti nascondevi. Avevo il diritto di sapere!-
Ora comprendo l’espressione materna “ci vedo rosso dalla rabbia”: ho la pressione a duemila e le ultime parole di lui mi hanno fatta incavolare ancora di più. Il diritto, lo so io dove telo ficco il diritto…
- Tu non hai il diritto di un cazzo, bello mio. Le tue pretese mi fanno schifo, lo sai? Schifo! E non faccio l’amichetta proprio con nessuno… Emma mi è cara e siamo diventate amiche, ho addirittura superato l’ostacolo che fosse tua sorella, perché ne vale la pena. Vedi?-
- Ma brava, vuoi un applauso? Vuoi che mi inchini alla tua saggezza? Sei solo una piccola testarda presuntuosa che non mi vuole lasciare stare!- Sibila lui, velenoso come un serpente a sonagli.
Mi libero dalla presa con uno strattone, avventandomi, però, nuovamente su di lui, con forza e violenza, tanto da farlo indietreggiare, allibito: non ho mai compreso la gente che viene alle mani, almeno fino a questo momento, ora, sento pienamente che, certe volte, le parole non sono minimamente sufficienti ad esternare i sentimenti, anzi, le trovo piuttosto riduttive.
Lo immobilizzato in un angolo, più con il mio fare veemente che con la prestanza fisica che non ho, gonfiando il petto ed ergendomi al massimo della mia statura…
Mettiti i tappi, Lolita
Cristo, non li trovo, cacchio! Ah, eccoli, erano sotto le mutandine di pizzo…
Ma guarda te con chi mi tocca lavorare…
- LASCIARTI STARE!? CHI E’ PIOMBATO IN CASA MIA NEL CUORE DELLA NOTTE? CHI? SEI TU CHE LA DEVI SMETTERE DI APPESTARE L’ARIA CHE RESPIRO!-
- NON SAI QUANTO MI PIACEREBBE, STRONZA!-
- STUPIDO IMBECILLE CHE NON SEI ALTRO!-
- PERCHE’ NON TE NE SEI RIMASTA A NEW YORK, EH?-
- TI SAREBBE PIACIUTO, COSI’ TI SARESTI COSTRUITO TUTTE LE TUE STUPIDE E GRETTE GIUSTIFICAZIONI-
I nostri visi sono vicinissimi, entrambi non ci siamo minimamente resi conto dei movimenti involontari dei nostri corpi; per quanto a parole stiamo tentando in tutti i modi di ferirci e allontanarci, evidentemente, al solito, la nostra carne ci spinge ancora una volta l’uno verso l’altra. Sento il suo profumo intenso, maschile, imprimersi sulla mia pelle infreddolita, mentre il suo fiato caldo mi avvolge come una fiamma, soffiandomi contro i capelli; le mie mani sono sul suo petto, ancora una volta strette alla sua camicia, il busto proteso in avanti tanto che il mio petto sfiora e tocca il suo addome magro; Tom, dal canto suo, anziché respingermi, cercando di sfuggire alla mia presa, ha le mani sui miei fianchi, stringendo i lembi della coperta che mi avvolge.
Per quanto sia prepotente la volontà di lacerarlo, a parole e a gesti, non posso non cogliere il piacevole languore al petto, dove il cuore batte frenetico, e i brividi eccitati che mi scuotono lì dove si è aggrappato a me. Tom mi guarda, inferocito, le labbra sottili tormentate dai denti candidi, gli occhi dilatati da un piacere crudele, ossessivo, quasi morboso.
- Ti odio- Ringhia sulla mia bocca, avvicinandosi ancora di più, tanto che, parlando, le sue labbra hanno sfiorato le mie.
- Ti odio- Ribatto, mentre scariche elettriche di pura passione obnubilano i miei sensi.
E, non si sa bene come, prima che la nostra dichiarazione giunga alle nostre orecchie, sono le nostre bocche ad incontrarsi, affamate l’una dell’altra, iniziando una danza fatta di lingue e morsi.
Cioè, aspetta, tutta ‘sta storia e poi si baciano?
Scusa, Brunilde, ma se due si odiano, poi si baciano? Non capisco, Lolita è confusa…
Ribadisco: la razza umana deve estinguersi. La prossima volta accetto il lavoro alla Protezione animali e vado a fare da coscienza a un cane!
Meglio i maiali: sapevi che hanno orgasmi di mezz’ora? Brunilde, che fai? No, aspetta, non puoi andartene, sei ancora in orario di lavoro… Cornacchietta, no, non f-fare così, non puoi licenziarti, non esiste nel contratto… Non mi lasciare, ti prego!
 
 
Tom
 
Non so chi abbia estinto la distanza, fatto sta che, ora, non posso fare a meno di stringerla e di baciarla. Il suo sapore mi disseta, il suo profumo sfama la mia mancanza di lei e non riesco a non toccare ogni centimetro di pelle disponibile. Stringo i capelli di Bernie tra le dita, li tiro, facendola ringhiare di dolore e piacere, nutrendomi di tutti i suoi movimenti e dei suoni che emette. Che mi fosse mancata ne ero consapevole, ma non pensavo che, una volta “riavuta”, ne avrei voluto ancora e ancora e ancora senza mai più fermarmi.
Sono infuriato, la mordo.
Sono innamorato, la accarezzo.
Bernie mi bacia, mi graffia, si attacca alla mia pelle con le unghie, gioca con la mia gola, le piccole dita si insinuano tra i capelli, ne godono e li assaporano, cerca ogni modo di toccarmi, baciarmi, stringermi. Vuole sprofondare dentro di me e io, dal canto mio, voglio annegarci nel suo corpo, soffocarmi tra i suoi capelli, perché quasi sei mesi senza di lei sono stati come una vita senza il sole; non c’è più il mio passato, s’è sfumato il mio futuro, sono il mio corpo e il mio presente, il resto è assente perché la sua presenza contro di me, in me è più forte del resto.
Mi sento trascinare in basso, la lascio fare, lascio che il mio corpo si distenda sopra il suo, mi premuro che rimanga al caldo, ma le coperte e il tappeto sotto di lei sono una protezione sufficiente. Quasi non mi accorgo delle sue dita che giocano con i bottoni della mia camicia, sono troppo attratto dalla mia pelle che inizia a prendere di nuovo confidenza con la sua: è bollente, malgrado la pelle d’oca che l’attraversa, è ancora mia malgrado non lo sia più.
Fa scivolare la camicia sulle mie spalle, accompagnandola con la punta delle dita che solcano la mia pelle come una barca sul mare; scosto i lembi delle coperte che l’avvolgono cosicché il suo addome aderisca al mio, perfettamente. E’ dimagrita, tanto : la morbida carne a cui mi aggrappavo è stata risucchiata, adesso le mie mani avvertono i solchi della cassa toracica, è spigolosa eppure fragile. Solo l’addome mantiene un ricordo di quella tenerezza, con la lieve pancetta che sporge, modellandosi contro la pressione del mio corpo.
Non è più la mia Bernie, eppure è ancora lei, lo è nel modo in cui mi cerca con la bocca e con le mani, lo è nei sospiri lenti e melodiosi con cui accoglie i miei movimenti, lo è nella veemenza della sua passione. E’ cambiata e, tuttavia, questo non influisce minimamente in quello che sento, anzi, se è possibile, riesce ad alimentare quella curiosità che ho sempre avuto nei suoi confronti. Abbiamo entrambi paura, una fredda corazza ha già iniziato ad avvolgere entrambi, un po’ consapevoli e un po’ no, strappandoci dallo sguardo dell’una e dell’altro. Vedo Bernie di lontano, come in un sogno, lo sguardo chino e rassegnato, in mano il filo che aveva tessuto per me e che ora regge con mani tremanti, forse in procinto di ritirarlo e scomparire, questa volta veramente.
Si sta ritraendo, il suo corpo e la sua voglia si aggrappano a me, ma so che si sta ritraendo come le onde del mare: se dovesse mai tornare a riva non lo farebbe, certo, per raggiungere me, ma per spingermi ancora più lontano. Ci siamo fatti troppo male, chi prima chi dopo, e ora non sono più sicuro riusciremo mai a superare tutto questo, perché l’amore non basta. Non è mai bastato, né mai basterà. L’amore è un qualcosa che va accudito, protetto, alimentato, deve essere posto nel mondo, in un relazione di io che diventano un’unica entità, non totale, perché la totalità non è di noi uomini, ma una continua e mai appagata potenzialità che vive e vivendo muta e si trasforma. Se l’amore non è inserito in-situazione non è altro che un astratto, arido, così evanescente da apparire in tutta la sua inconsistenza.
La mia mano corre lungo le sue cosce, esse si aprono come la corolla di un fiore, accogliendomi, mentre le mie dita accarezzano le pieghe di carne, intensificando il suo respiro. Bernie, però, non si lascia andare. Spalanca gli occhi. L’incanto si interrompe e ci troviamo di nuovo qui, con le nostre parole, dette e non dette, i nostri sbagli e le nostre incomprensioni.
Ci guardiamo ansimanti, immobili, pietrificati nelle movenze in cui la passione ci aveva ghermiti. E’ lei che mi afferra la mano e la tira indietro, lasciando poi cadere le sue braccia lungo i fianchi, inerme, abbandonata, eppure rigida, distante; gira la testa di lato, togliendomi i suoi occhi ora velati di lacrime, quelle lacrime che, finalmente, le corrono sulle guance pallide come perle; continuo a sovrastarla, sconvolto e intontito, come fossi stato strappato con violenza al sonno, a un sogno che sapeva di realtà.
- Non avremmo dovuto- Mormora con voce strozzata – Non avremmo dovuto-
- Non avremmo dovuto un sacco di cose, Bernie, ma questo non ha mai fermato nessuno, almeno non ha mai fermato noi –
Volta il capo di scatto, guardandomi con gli occhi spalancati – Tu non sei più mio, non è così?-
- Tu non lo sei mai stata, sei sempre stata solo di te stessa: sei sempre stata libera. L’ho sempre saputo, ma non volevo crederci. Mi sono illuso che non fosse così, poi ho visto la lettera e la realtà mi è crollata addosso con tutto il suo peso e la sua concretezza. Non sei mai stata mia-
Le lacrime sul suo volto si intensificano e, presto, queste divengono singhiozzi, il suo corpo scosso da tremiti, il petto si alza e abbassa in maniera convulsa.
- N-non h-hai r-ri-risposto…- Riesce a mormorare, aggrappandosi, sorprendentemente, alla mie spalle, forse perché anche lei vuole illudersi che non sia cambiato nulla, che siamo ancora gli stessi, che amiamo ancora le stesse persone.
Ma l’amore non è un involucro vuoto che si espande da un essere a un altro, l’amore è un atto, una relazione composta da individui che si innamorano l’uno dell’altra. Abbiamo amato due esseri che, ora, non sono più, adesso abbiamo paura di accorgerci che l’amore che avevamo sia ormai stato svuotato, prosciugato. Non vogliamo lasciarlo andare via, perché, insieme a noi due, abbiamo amato anche noi stessi in ciò che facevamo: lasciarci andare significherebbe lasciare andare una parte di noi, uccidere, definitivamente una parte di noi, una dolce e tremenda eutanasia per poter andare avanti.
- Vattene-
- Perché?-
- Ho detto vattene-
Mi spinge via con rabbia e violenza, continuando a piangere come una bambina, il viso deturpato dal dolore e dall’angoscia.
Mi alzo, in silenzio, lasciandola lì, distesa sul tappeto, mentre mi guarda furiosa come non l’avevo mai vista. Mi rivesto in silenzio e in silenzio esco dalla stanza. Non abbiamo davvero niente altro da dirci, per ora…
 
 
Nei giorni a seguire l’unica cosa che sento è l’eco dei suoi singhiozzi, incagliatisi nella mia pelle, come i suoi baci.
  
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