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Autore: etc    21/01/2015    1 recensioni
Alessandro è un uomo in carriera, affascinante e attraente. Eppure una parte di sé è segnata da un evento della sua vita che non può scordare, un passato ingombrante, una condanna senza appello, fatto di dolore, senso di colpa e rimpianto. Un'infinità di rimpianto.
Per questo Alessandro si è creato un'esistenza di stenti, di precari, fragili equilibri, costantemente in bilico su un filo di sottile e affilato dolore, aggrappato a un passato che gli graffia le mani, ma che mai oserebbe abbandonare.
[Dal primo capitolo]
L'uomo dallo sguardo assente camminava a passo spedito, la valigetta in mano, la mente altrove. I pensieri sfrecciavano veloci, seguendo il ritmo dei passi affrettati di gente vestita in giacca e cravatta che si affrettava a superare i tornelli. [...]
L'uomo aveva lo sguardo assente perché pensava troppo. La sua mente assomigliava a una stazione, piena di pensieri che arrivavano senza preavviso e risfrecciavano via veloci come erano venuti, senza nemmeno dargli il tempo di afferrarli, ed era sempre stato così per 37 anni. Anzi, 38, dato che quello era il mattino del suo trentottesimo compleanno (o, come amava definirlo lui, il quinto anniversario dal suo 33° compleanno). Nonché suo primo giorno di scuola.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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IL SUO PRIMO GIORNO

L'uomo dallo sguardo assente camminava a passo spedito, la valigetta in mano, la mente altrove. I pensieri sfrecciavano veloci, seguendo il ritmo dei passi affrettati di gente vestita in giacca e cravatta che si affrettava a superare i tornelli.
L'uomo dallo sguardo assente aveva il viso rivolto in su, ma gli occhi che guardavano in basso, e camminava con falcate decise per la strada che conosceva da sempre. Quel giorno il cielo era nuvoloso, senza uno straccio di sole, con qualche goccia che cadeva ogni tanto sugli ombrelli. Sembravano lacrime che le nuvole non riuscivano a trattenere, e questo all'uomo dallo sguardo assente piaceva, perché aveva imparato che la tristezza è molto più certa e sincera della gioia.
Si diresse verso le scale, fiancheggiando lo sporco angolo dove lo storico barbone della stazione della metropolitana da anni sedeva sullo stesso punto del freddo pavimento urlando "Vi credete belli?!" a chiunque passasse. Aveva una lunga barba grigia e capelli che gli sfioravano le spalle raccolti in un codino da un elastico logoro, grossi vestiti sporchi e un forte odore di birra scadente. Non superava i sessant'anni, ma l'alcool e i suoi stanchi occhietti neri lo invecchiavano di decenni. Quando le persone gli passavano davanti (a debita distanza), lo ignoravano, ma non riuscivano a trattenere un'espressione di ribrezzo dovuto al suo odore e al suo aspetto.
"Salve Bob", disse l'uomo dallo sguardo assente a voce alta per sovrastare il frastuono della stazione, senza rallentare il passo o voltarsi, salutando il senzatetto alzando soltanto la mano sinistra. Quello si girò a guardare chi l'avesse chiamato, e appena lo individuò strillò in risposta: "Ehi, giovanotto! La fidanzatina, come va?"
"Come al solito, Bob", rispose l'altro, mentre svoltava l'angolo e spariva dalla vista.
Un treno era già arrivato sferragliando e aveva aperto le porte, facendo riversare sui binari decine e decine di persone tutte uguali. L'uomo dallo sguardo assente affrettò un po' il passo e salì sul treno, sistemandosi vicino all'uscita e afferrando un sostegno, gli occhi puntati sul finestrino, lo sguardo fisso sul vuoto.
L'uomo dallo sguardo assente era alto e muscoloso, con i capelli biondi e gli occhi azzurri, sul viso una barba di dieci giorni che però non invecchiava affatto il suo viso di eterno giovane. Sotto l'elegante cappotto grigio a tre quarti, indossava una maglietta con una scollatura a V che gli stringeva un po' sui pettorali, accompagnata da pantaloni grigi e scarpe da ginnastica basse ma eleganti, con i lacci accuratamente legati. Al polso aveva un orologio d'acciaio, e addosso un buon e leggero odore di colonia. Era un uomo molto affascinante, tanto che in passato aveva lavorato anche come modello, prima di abbandonare tutto, ma possedeva una bellezza incolta, un po' selvaggia, che riusciva a respingere una buona parte delle persone, ed era l'unico motivo per cui la gente, per strada, non si incantava a guardarlo. L'uomo dallo sguardo assente aveva un aria un po' malinconica e stanca, con lo sguardo fisso su mondi distanti, perennemente assorto tra i suoi pensieri, tanto che ogni tanto lo si vedeva accennare appena un sorriso nostalgico, come se stesse ascoltando qualcuno parlare.
L'uomo aveva lo sguardo assente perché pensava troppo. La sua mente assomigliava a una stazione, piena di pensieri che arrivavano senza preavviso e risfrecciavano via veloci come erano venuti, senza nemmeno dargli il tempo di afferrarli, ed era sempre stato così per 37 anni. Anzi, 38, dato che quello era il mattino del suo trentottesimo compleanno (o, come amava definirlo lui, il quinto anniversario dal suo 33° compleanno). Nonché suo primo giorno di scuola.
Uscì dal treno dopo sei fermate. Quando le porte si aprirono, cedette il passo a un'anziana signora con un debole sorriso, e poi si avviò fuori in fretta.
Svoltò l'angolo, superò i tornelli e salì per le scale deserte, superando la gente che alla sua sinistra si accalcava sulle scale mobili. Rallentò un po' il passo soltanto quando vide un artista di strada suonare il violino davanti a una bambina che lo guardava incantato. Sorrise malinconicamente a quella scena e poi, come riscuotendosi da qualche lontano pensiero, riprese a camminare più in fretta di prima.
Perché stava quasi correndo? Era anche in anticipo. E la scuola non era molto lontana da lì.

Vuoi tornare indietro? Sei ancora in tempo. Puoi farlo quando vuoi.

"No" sussurrò sottovoce a sé con voce ferma. "Non un'altra volta". E continuò a camminare ancora più veloce.

Ti farà male, lo sai?

Stavolta non rispose. Ma in realtà sapeva che sarebbe stato esattamente così. Tuttavia continuò a camminare a passo spedito, per impedirsi di fuggire e tornare indietro.
"No che non farà male. E perché dovrebbe farlo?" si disse, pronunciando le parole ad alta voce nel tentativo di renderle più credibili.

Bugia numero 2. Prima a Bob, adesso a te stesso. Ah, Alessandro… stai prendendo una brutta piega…

Accelerò ulteriormente, fino a ritrovarsi a correre, ma sapeva che non avrebbe potuto scappare da se stesso. Aveva lo sguardo basso, tanto che non si accorse di avere davanti l'imponente edificio verso il quale era diretto finché i suoi occhi non incontrarono il marciapiede che conosceva bene. Si arrestò improvvisamente, poi, lentamente, alzò il viso e si vide davanti la scuola.
Inspirò profondamente, e solo dopo alcuni secondi lasciò andare l'aria dai polmoni. Si lasciò alle spalle il traffico ed entrò.
   
 
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