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Autore: _Trilly_    22/01/2015    10 recensioni
Violetta, Angelica, Angie, Pablo, Leon, Diego, Francesca, Marco. Ognuno di loro ha un passato che vorrebbe cancellare, dimenticare. Si sa però, che per quanto si possa fingere che non sia mai esistito, esso è sempre là in agguato, pronto a riemergere nei momenti meno opportuni, portando con se sgomento e profondo dolore. Tutto questo perchè il passato non può essere ignorato per sempre, prima o poi bisogna affrontarlo. Ognuno di loro imparerà la lezione a sue spese.
Leonetta-Diecesca-Pangie
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diego, Francesca, Leon, Pablo, Violetta
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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“Bè, siamo arrivati,” mormorò Fernando Vargas, parcheggiando la macchina a pochi metri dall'ingresso dell'aeroporto di Buenos Aires e voltandosi verso suo figlio. Leon sospirò, ricambiando quello sguardo apparentemente tranquillo, che però serviva solo a camuffare quella profonda tensione che da troppi giorni albergava tra loro. L'uomo ora era a conoscenza di quelli che erano i progetti di suo figlio e il fatto che non avesse avuto una vera e propria reazione, limitandosi ad annuire per poi rivolgergli a malapena la parola, non faceva altro che incrementare il nervosismo del ragazzo. Avrebbe preferito di gran lunga che gli urlasse contro, che lo prendesse a sberle, qualsiasi cosa ma non quella frustrante passività. Tra l'altro gli occhi verdi di suo padre erano completamente inespressivi e per questo non riusciva a capire cosa gli passasse per la testa. Era sempre stato così, o era in quella determinata situazione che l'uomo aveva deciso di camuffare tanto le sue emozioni? “Papà,” provò, voltandosi completamente verso di lui. Non poteva partire senza aver chiarito le cose con lui. Doveva sapere se lo odiava per la sua scelta, doveva sapere se era deluso, doveva insomma sapere qualcosa. Fernando scosse la testa, dandogli poi una pacca sulla spalla. “Sarà un viaggio interessante. L'Italia è un bel posto e...”
“Lo so,” lo interruppe il ragazzo. “Ma non è di questo che voglio parlare prima di partire. Ho bisogno di sapere se ti ho deluso.” L'uomo si irrigidì a quelle parole, mentre la conversazione che avevano avuto circa due settimane prima gli attraversava la mente. “Ti prego, papà, dimmelo e facciamola finita. Non ce la faccio più a reggere questa tensione.” Seguirono quelli che parvero lunghi minuti in cui non volò una mosca, poi a sorpresa Fernando sussurrò quattro semplici parole. “Sarebbe fiera di te.” Leon socchiuse gli occhi e strinse forte i pugni. Sapeva perfettamente di chi parlava, di lei, sua madre. Miranda più di tutto avrebbe voluto che lui e Lara non fossero coinvolti nella vita losca di Fernando, quindi sarebbe stata felicissima di sapere che il maggiore dei suoi figli se ne stava effettivamente tirando fuori. Dio solo sapeva quanto i due avrebbero voluto vederla anche un solo istante, con quel meraviglioso e dolce sorriso che l'aveva sempre contraddistinta. Impercettibilmente sorrisero, poi Fernando strinse forte suo figlio, lasciandolo a bocca aperta. Mai, nemmeno quando era uscito dal carcere, lo aveva abbracciato in maniera così calorosa. “Stai diventando un uomo, Leon, molto di più di quanto io sia mai stato.”
“Grazie, papà,” mormorò il giovane ricambiando l'abbraccio, emozionato. Solo ora che aveva ottenuto il suo appoggio si sentiva più leggero, più libero. Amava suo padre e il solo pensiero di deluderlo e quindi di perderlo, lo avrebbe fatto impazzire. “Su, ora vai,” sorrise l'uomo, sciogliendo l'abbraccio. “Divertiti e non tormentarti più. Accetto e rispetto la tua scelta, davvero.”
Leon annuì, abbozzando un mezzo sorriso. “Ti chiamo appena atterriamo. Dì a Lara di tenere il cellulare acceso, chiamerò anche lei.” Dopo essersi scambiati un ultimo abbraccio, il giovane si incamminò verso l'aeroporto trascinando il suo trolley. Essendo un ragazzo e trattandosi solo di una settimana, non aveva portato molte cose a parte l'equipaggiamento per affrontare l'inverno italiano. E pensare che a Buenos Aires faceva così caldo. “Leon!” Il ragazzo, che aveva quasi raggiunto le sedie di plastica all'interno dell'aeroporto, dove aveva intenzione di attendere Violetta e i Galindo, si voltò di scatto riconoscendo la voce di Francesca. La ragazza era in compagnia di suo fratello Luca e reggevano un trolley e una valigia. “Ciao, ragazzi,” sorrise il giovane Vargas, andando loro incontro. Luca salutò con entusiasmo il fratello della sua neo ragazza e stritolò Francesca in un forte abbraccio, per poi augurare loro buon viaggio un'infinità di volte, rammentando ovviamente di chiamarlo al momento dell'atterraggio. Una volta rimasti da soli, Leon si rese conto di quanto la ragazza fosse nervosa e agitata. “Ehi, va tutto bene,” tentò di rassicurarla, mentre la aiutava con le valige. “Non dovrei essere qui, mi odiano,” mormorò lei, seguendolo verso le sedie di plastica e sedendosi accanto a lui. “Diego non ha fatto altro che insistere e...”
“E non sei riuscita a dirgli di no,” concluse per lei, con un sorriso complice. “Lui e Violetta sono molto persuasivi, purtroppo.” La ragazza scrollò le spalle, giocherellando distrattamente con la cerniera del suo trolley. “Già so che me ne pentirò, ma non volevo deluderlo,” aggiunse con un sorriso imbarazzato, che portò Leon ad annuire comprensivo. “Lo ami molto.”
“Come tu ami Vilu.” Nonostante fosse visibilmente rossa in viso, Francesca abbozzò un piccolo sorriso, ricambiato prontamente dal ragazzo. In fondo loro due non erano tanto diversi, entrambi dovevano confrontarsi con l'ostilità della famiglia delle persone che amavano e per quello una sana alleanza non poteva che fare bene.
“Ma quanto siete lenti, forza!” Esclamò Angie, varcando l'ingresso dell'aeroporto con il suo fidato beautycase. Violetta e Lena, che a loro volta trascinavano due trolley dai colori vivaci, la seguirono prontamente. Poco dietro, c'erano Pablo, Diego e Marco, sommersi di bagagli e che procedevano a passo di tartaruga. “Ma non potrebbero darci una mano?” Borbottò tra i denti il maggiore dei due fratelli. “Siamo uomini, non muli da soma.” Marco annuì. “Non credevo lo avrei mai detto, ma ha ragione, papà. Non mi sento più le braccia.” Diego sgranò gli occhi, sorpreso che per la prima volta suo fratello la pensasse come lui, mentre Pablo ridacchiò. “Ragazzi, non siate maschilisti. Le donne devono essere trattate come regine.” Dicendo ciò, l'uomo guardò la moglie con un dolce sorriso, sotto lo sguardo scettico dei figli. Finalmente l'allegra famigliola individuò Leon e Francesca che chiacchieravano e li raggiunsero prontamente. Se Vargas si dimostrò più spavaldo e sicuro di se, la Cauviglia era palesemente a disagio e a fatica reggeva lo sguardo di Marco o dei coniugi Galindo. Pablo, come sempre più pacifico e diplomatico, fece di tutto per far sentire i ragazzi a loro agio, raccontando loro aneddoti sul suo primo traumatico viaggio in aereo e scatenando per questo le risate generali. Dopo aver fatto il check in e aver caricato i bagagli, seguirono la calca di persone per salire in aereo. Leon e Violetta si tennero per mano tutto il tempo, sussurrandosi parole all'orecchio. Davanti a loro, Pablo e Angie guidavano la fila con Marco e Lena, la bionda si stringeva forte al braccio del giovane e straparlava su chissà quale argomento, ben poco considerata dagli altri. A chiudere la fila c'erano Diego e Francesca, che però camminavano a distanza di sicurezza l'uno dall'altro, o almeno la ragazza lo faceva, dato che lui tentava in ogni modo di avvicinarla. In aereo se possibile la tensione salì, soprattutto quando Lena iniziò a sfidare con lo sguardo la Cauviglia e lei di tutta risposta, prese posto accanto al finestrino con lo sguardo basso. Subito Violetta l'affiancò, mentre Leon e Diego si sedettero di fronte a loro. I coniugi Galindo si accomodarono alle spalle delle ragazze e davanti a loro Marco e Lena. Ben presto calò la notte e per quello la maggior parte dei passeggeri si addormentò. Solo Lena resistette più degli altri, continuando a parlare per quelle che parvero ore e il povero Marco non sapeva più che fare per zittirla. Angie e Pablo si misero le cuffie alle orecchie e si addormentarono quasi subito, perciò non ebbero problemi a differenza del loro figlio minore. Nel frattempo i quattro giovani parlarono animatamente della vacanza che li aspettava, poi stremati si addormentarono a loro volta, non prima che Leon e Diego ebbero stampato un bacio sulle labbra delle loro imbarazzate ragazze. Quando l'aereo atterrò nell'aeroporto di Venezia, il sole splendeva alto nel cielo e i passeggeri erano ancora visibilmente intontiti. Le hostess li fecero disporre in fila indiana per scendere dall'aereo e tutto quel caos impedì loro di dire qualsiasi cosa. Una volta aver ritirato i bagagli, Pablo insistette per offrire a tutti la colazione e perciò si fermarono nel bar dell'aeroporto, che non avrebbe potuto essere più affollato. Da stralci di conversazione, compresero che effettivamente l'italiano non fosse molto diverso dall'argentino, anche se non erano tanto sicuri di riuscire a comunicare con facilità, tanto che Pablo si servì anche di gesti per farsi comprendere dall'uomo del bar, scatenando le risate degli altri. “La prossima volta prova a comunicare tu,” borbottò Pablo offeso, dato che Angie non smetteva un attimo di prenderlo in giro. Dopo aver fatto colazione e aver informato i familiari del loro arrivo a Venezia, chiamarono due taxi per farsi accompagnare in albergo e durante il tragitto si affacciarono ai finestrini per ammirare la città.
L'albergo prenotato da Pablo era molto grazioso e si trovava proprio nella zona più popolata. Magari non era il più costoso e in voga, però non si potevano lamentare dato che era abbastanza grande e curato e aveva persino la piscina interna e l'idromassaggio. Galindo senior fece per avviarsi verso la reception, ma prontamente Leon e Francesca lo affiancarono e insistettero affinché l'uomo gli permettesse di pagare la loro parte. “Accettare di portarci con te non significa che devi pagare per noi,” spiegò Vargas, porgendogli una serie di banconote. “D'accordo offrirci la colazione, ma l'albergo lo paghiamo noi.” La ragazza annuì, prendendo a sua volta il borsellino. “Leon ha ragione.” Pablo tentò ancora di ribattere, ma di fronte all'ostinazione dei due ragazzi non potè fare altro che accettare. “Va bene, ma non permettetevi di darmi i soldi della colazione.” Loro ridacchiarono, per poi raggiungere Violetta e Diego, che nel frattempo li fissavano divertiti. “Ho risparmiato abbastanza soldi come aiutante di Beto e poi mio padre ha aggiunto qualcosa,” spiegò il giovane Vargas, circondando le spalle della sua ragazza. “Anche io,” concordò Francesca, stringendo timidamente la mano di Diego. “Le serate al Restò Band sono state un successo e così mio fratello ha potuto pagarmi molto bene.” I quattro continuarono a parlare, seguiti dallo sguardo attento di Lena che di sicuro non si era persa una parola, così come Marco che faceva fatica a nascondere il suo umore nerissimo. Vedere Francesca e Diego insieme lo faceva impazzire e Lena che non la smetteva un attimo di parlare, non faceva altro che aumentare il suo nervosismo. Come gli era saltato in mente di invitarla? Perché non aveva pensato di restare a casa con Angelica? Ovviamente Angie e Pablo avevano notato la tensione che c'era tra i ragazzi, in particolare tra i loro figli che nemmeno si guardavano e poi c'era la Cauviglia, che sembrava quasi a disagio a stare accanto a Diego, tanto da starsene incollata a Violetta. Solo in quel momento Francesca e il maggiore dei Galindo avevano iniziato a tenersi per mano, ma appunto non erano per niente a loro agio, a differenza di Leon e Violetta che si scambiavano tenerezze senza alcun imbarazzo. Lena poi faceva di tutto per tenere d'occhio i quattro ragazzi e allo stesso tempo, stringersi al braccio di un Marco che non avrebbe potuto avere un umore peggiore. Non sapevano dire perché, ma i coniugi Galindo non si fidavano al cento per cento della bionda e non perché a differenza di Leon e Francesca non aveva per niente insistito per pagare l'albergo, piuttosto per il suo modo di guardare le persone, come se fosse in grado di leggerle dentro ed individuare anche i loro segreti più nascosti e la cosa era alquanto inquietante. Pablo distolse lo sguardo da Lena e dopo aver scambiato un'occhiata eloquente con la moglie, si avvicinò al banco della reception, dove una donna di bell'aspetto che non dimostrava più di trent'anni li accolse con un grande sorriso, indugiando in particolare su Galindo. La cosa ovviamente non sfuggì ad Angie, che si irrigidì. “Buongiorno, ehm... mi capisce?” Chiese l'uomo dubbioso, dato che conosceva ben poche parole di italiano. La donna sorrise ancora, sbattendo le lunghe ciglia. “Certo che la capisco, parlo molto bene lo spagnolo. Mi dica.”
“Ah, bene. Ho prenotato tre camere, una matrimoniale e due triple. Sono a nome di Pablo Galindo,” spiegò tranquillamente, non avendo notato che mentre sfogliava un grosso registro, la receptionist non facesse altro che lanciargli occhiate. “Si, eccola qui la vostra prenotazione,” ammiccò la donna. A quel punto Angie non resistette più e gettò le braccia al collo del marito, schioccandogli un bacio sulla guancia. Pablo avvampò di colpo, mentre la dipendente dell'albergo si fece di colpo seria e contrasse la mascella. Se prima si era mostrata molto cortese, al momento del pagamento e della consegna delle chiavi fu gelida come un iceberg e lanciò occhiatacce all'indirizzo di Angie, che ricambiò con pari intensità.
“State scherzando, spero,” sbottò Marco, incrociando le braccia al petto e guardando i genitori con un sopracciglio inarcato. I bagagli erano già stati portati nelle loro camere e solo in ascensore i Galindo avevano spiegato ai ragazzi la disposizione delle camere. “è l'unica opzione possibile,” sospirò Pablo, spostando lo sguardo dall'uno all'altro. “Tu dividerai la camera con Diego e Leon, mentre nell'altra alloggeranno Violetta, Francesca e Lena.”
Se Marco continuò a protestare, gli altri due ragazzi non dissero una parola. Vargas perché onestamente non aveva alcun problema a dividere la camera con il fratello del suo amico, mentre Diego appariva impassibile come se la cosa non lo toccasse. Per quanto riguardava le ragazze, Lena storse il naso indispettita, ma non si oppose. Stare nella stessa camera con Violetta e Francesca le poteva comunque tornare utile per tenerle d'occhio, soprattutto la Cauviglia che continuava a considerare una pericolosa rivale. In ogni caso, Pablo e Angie si dimostrarono intransigenti e perciò anche se contrario, Marco non potè fare altro che seguire Diego e Leon nella loro camera e la stessa sorte toccò alle ragazze.



Angelica si lasciò cadere sulle ginocchia contro le gelide e ingiallite mattonelle del cimitero di Buenos Aires, soffiandosi energicamente il naso con un fazzoletto di stoffa. Davanti a lei le lapidi con annesse foto di German e Maria sembravano osservarla, apprensivi. “Ho fatto tutto ciò che era in mio potere per fermarli...perdonatemi,” singhiozzò l'anziana donna, sfiorando le incisioni dei nomi della figlia e del genero, mentre calde lacrime le scorrevano lungo le guance. Sin da quando Angie e Pablo le avevano parlato di quel viaggio a Venezia, aveva sentito un dolore lancinante alla base del petto e sentimenti di puro terrore l'avevano sopraffatta. Quasi aveva sperato che scherzassero, che Angie acquisisse un po' di buon senso e invece no, lei aveva appoggiato quella folle idea. Come faceva a non capire quanto potesse essere pericolosa e distruttiva quella maledetta città? A nulla erano servite le lunghe conversazioni al telefono, sua figlia imperterrita era voluta partire e sembrava non rendersi conto del grande pericolo che correvano. Lì in quella città c'era il passato, quel terribile passato che avevano tentato in tutti i modi di dimenticare e metterci piede era come riaprire una ferita, permettere al dolore e alla sofferenza di riaffiorare. Angelica con tutta se stessa avrebbe voluto evitarlo esattamente come aveva fatto in quei cinque anni, ma ora...ora tutto le era sfuggito di mano. Angie, Pablo, Violetta, Diego, Marco. Tutta la sua famiglia ormai era in quella città, soggetti a chissà quanti pericoli e lei non poteva fare nulla per proteggerli. Si asciugò ancora le lacrime, poi tornò ad osservare i volti così giovani di Maria e German. “So di avervi fatto una promessa e credetemi, ho tentato di rispettarla ma...Angie è così testarda, non ha voluto ascoltarmi...io l'ho messa in guardia e...sono partiti lo stesso...” S'interruppe di colpo, mentre i suoi singhiozzi si facevano ancora più disperati. Quella notte non era riuscita a chiudere occhio, il pensiero della sua famiglia lì non l'aveva abbandonata un attimo. Sul letto di morte aveva promesso a Maria e a German che finché avesse avuto vita, avrebbe protetto tutti da quell'oscuro passato, Violetta in primis, ma ora come avrebbe fatto? Una cosa era mantenere il segreto a Buenos Aires, lontano chilometri dalla verità, un'altra decisamente diversa era riuscirci con loro lì. E se la situazione le fosse sfuggita di mano? E se il segreto che si portava dietro da anni fosse stato scoperto? Angelica rabbrividì al solo pensiero. Ciò che nascondeva era così importante e allo stesso tempo così terribile, che solo lei poteva reggere un peso tanto grande, gli altri non ci sarebbero mai riusciti, non aveva dubbi su quello e probabilmente nemmeno Maria. Ricordava ancora quando sua figlia maggiore era stata portata in ospedale in fin di vita e aveva subito chiesto di lei. “So che sto per morire e per questo devo chiederti una cosa importante,” aveva iniziato Maria a fatica, stringendole la mano. “Promettimi che tu e Angie proteggerete la nostra famiglia...soprattutto Violetta. Promettimelo, mamma. La verità deve morire con noi,” l'aveva supplicata con gli occhi lucidi e Angelica, che ormai piangeva a dirotto, glielo aveva promesso. Nessuno, a parte lei e Angie, avrebbe mai saputo nulla di quel terribile segreto e figli e nipoti sarebbero sempre stati al sicuro. Ora però la donna si sentiva colpevole, come se avesse rotto volontariamente quella promessa e non poteva fare a meno di disperarsi e scusarsi con le foto della figlia e del genero. “Spero davvero che Angie abbia ragione e che tornino sani e salvi, perché altrimenti non so cosa potrebbe succedere. La nostra famiglia ne uscirebbe devastata e sarebbe tutta colpa mia. Io avrei dovuto evitarlo, io avrei...” Singhiozzò ancora, facendo fatica a rimettersi in piedi. Lei non aveva mai creduto nel destino, pensava che tutto dipendesse dalle loro scelte, ma ora più che mai sperava di essere smentita e che il destino fosse clemente con lei, decidendo di intervenire per cambiare le cose. Lei da sola non ce l'avrebbe mai fatta, aveva un disperato bisogno di aiuto. “Vi prego,” sussurrò, congiungendo le mani e rivolgendosi a German e Maria. “Se potete sentirmi, vi prego aiutatemi. Io non posso proteggerli da qui, ma voi si. Fateli tornare a casa sani e salvi, vi supplico.” Esitò ancora per alcuni istanti, poi si incamminò verso l'uscita del cimitero. Il peso che avvertiva nello stomaco da quando la sua famiglia era partita, le gravava ormai come un macigno. Quella settimana per lei sarebbe stata un vero e proprio calvario, ne era sicura. Se non fosse morta in quel lasso di tempo di crepacuore, allora non sarebbe più accaduto. Come avrebbe fatto a condurre la sua vita normalmente non sapeva dirlo, già immaginava le notti in bianco e forti crisi d'ansia tormentarla giorno e notte. Perché accidenti Angie non le aveva dato ascolto e aveva voluto correre un rischio così grande? Possibile che lo avesse fatto solo per non far insospettire Pablo, o c'era dell'altro? Cosa spingeva sua figlia a sfidare così apertamente la malasorte? Onestamente non sapeva dirlo, sperava solo di non doversi pentire di averle dato fiducia.



“Non mi sembra vero che siamo qui,” mormorò Violetta entusiasta, affacciata al grande balcone della sua camera d'albergo, da cui aveva una perfetta visuale del centro della città. Francesca, che si stava allacciando le scarpe, sorrise. “Mi era mancata tantissimo la mia Italia. Essere qui è un'emozione unica.” Lena invece, che da quando si erano ritirate in camera non aveva detto una parola, si limitò a storcere il naso, sdraiata comodamente sul suo letto con un libro tra le mani. Anche a lei piaceva molto l'Italia, ma non lo avrebbe mai ammesso e questo perché non voleva iniziare alcun tipo di conversazione con le due ragazze. Odiava e temeva tantissimo la Cauviglia, essendo consapevole che Marco provava ancora qualcosa per lei e poi c'era Violetta, per cui aveva sviluppato un'antipatia a pelle. Avrebbe quasi preferito dividere la camera con quei due delinquenti di Diego e Leon piuttosto che con loro. Sperava comunque che quel viaggio le sarebbe stato utile per conquistare definitivamente il cuore di Marco, anche perché era l'unico motivo per cui aveva accettato. Le interessava solo lui ed era disposta a tutto per averlo, qualsiasi mezzo lo avrebbe considerato lecito.
Nella camera accanto alla loro nel frattempo, Leon si era chiuso in bagno per parlare al cellulare con suo padre e Lara, lasciando da soli in camera i due fratelli Galindo, che si ignoravano palesemente. Diego se ne stava stravaccato sul letto e armeggiava con il cellulare, mentre Marco sistemava ordinatamente i vestiti nella sua parte di armadio. Senza farsene accorgere però, di tanto in tanto si lanciavano delle occhiate. Ovviamente sapevano di essere proprio loro il motivo di quel viaggio e per quello non era un caso che fossero capitati nella stessa camera. I loro genitori volevano a tutti i costi che risolvessero quelle divergenze che ormai andavano avanti da anni e anche se in fondo al cuore li capivano, l'orgoglio prevaleva. Marco odiava profondamente suo fratello per l'inferno che gli aveva fatto passare durante l'infanzia e l'adolescenza e ora gli aveva persino soffiato la ragazza, come poteva anche solo pensare di perdonarlo? Era assurdo, impensabile. Per quanto riguardava Diego, il ragazzo era perfettamente consapevole che se si trovavano in quella situazione era tutta colpa sua e della sua maledetta gelosia. Troppo geloso della perfezione di suo fratello, aveva infatti iniziato ad odiarlo e a fargli e dirgli crudeltà di ogni tipo. Vederlo ferito e umiliato per un po' lo aveva fatto sentire bene e sicuramente l'appoggio di Leon, che in passato era molto meno raccomandabile, gli aveva fornito quello stimolo in più per distruggere tutto quell'alone di perfezione che caratterizzava Marco. Tutti lo preferivano, a partire dai loro genitori e da Angelica, fino ad amici e insegnanti. Diego sapeva che il suo carattere ribelle e irascibile fosse un handicap abbastanza determinante, eppure aveva voluto ignorare quel particolare preferendo dare tutta la colpa a Marco. Era lui che gli metteva tutti contro, lui lo voleva isolare, lo voleva vedere soffrire. Proprio quei pensieri avevano dato vita al ragazzo freddo, crudele ed egoista che era diventato e forse era stato quell'anno di carcere a salvargli la vita. Finalmente aveva capito che non poteva continuare in quel modo e che dovesse seriamente mettere la testa a posto. L'odio per Marco però non era sparito, era lì più vivido che mai e lo aveva portato a mettere in atto quel crudele piano: rubargli la ragazza. Era convinto che Francesca fosse abbastanza fragile e ingenua per manipolarla a suo piacimento e invece era stata proprio lei a fregarlo. Senza nemmeno rendersene conto, dalla semplice attrazione aveva finito per innamorarsene e solo dopo aveva saputo che lei lo amasse da sempre. Assurdo, tutti avevano capito che la ragazza avesse una cotta tranne lui. Francesca era l'unica ragazza che fosse riuscita a far sciogliere il suo cuore di pietra e oltre all'amore per lei, si era fatto strada in lui anche il senso di colpa per ciò che aveva fatto a Marco. Erano settimane ormai che si tormentava, chiedendosi se non dovesse fare qualcosa per rimediare. D'accordo che sembrava aver trovato una nuova ragazza, ma era chiaro che amasse ancora Francesca e non poteva dargli torto. Lei era speciale e per quello impossibile da dimenticare. A volte si era anche chiesto se per farsi perdonare da Marco avesse dovuto lasciare Francesca ed era quasi stato sul punto di farlo, ma poi appena aveva incrociato quei dolcissimi occhi scuri gli era mancato il coraggio. Come poteva lasciare l'unica ragazza che avesse mai amato? Come poteva pensare di andare avanti senza di lei? Tuttavia, nemmeno sapere che suo fratello soffrisse per colpa sua lo faceva sentire meglio. Cosa doveva fare allora?
“Siete pronti?” Sia Marco che Diego sobbalzarono, mentre Pablo apriva di scatto la porta della loro camera. “Tra quindici minuti sarà servita la cena,” continuò, proprio nel momento in cui Leon usciva dal bagno. “Le donne sono già scese al ristorante, manchiamo solo noi.”
“Bene, allora andiamo,” sorrise Vargas, recuperando il cappotto e affiancando Galindo. “Il mio stomaco non fa altro che brontolare.” Diego ridacchiò, raggiungendo i due. “Vilu dice che il cibo italiano è buono, speriamo sia davvero così.” Quando anche Marco fu pronto, i quattro presero l'ascensore che li portò direttamente nella hall dell'albergo e da lì svoltarono a sinistra, dove c'era l'ingresso della sala ristorante. Dovettero guardarsi intorno diverse volte prima di individuare Angie e le tre ragazze, sedute a un tavolo in fondo alla sala. Se Leon e Diego si recarono prontamente ai lati di Violetta e Francesca e Pablo raggiunse la moglie, Marco fu quasi tentato di chiedere al padre di scambiarsi di posto, poi però non potè fare altro che sedersi accanto a Lena, che subito gli si aggrappò al braccio. Alla fine, su suggerimento del cameriere ordinarono del risotto agli asparagi e un secondo a base di pesce. La cena fu abbastanza tranquilla, nonostante il ristorante fosse molto affollato ed era presente anche un'orchestra che accompagnava il pasto con un dolce e orecchiabile sottofondo. Fu a un certo punto, quando era ormai già stato servito il dolce, che a Violetta venne un'idea. L'ultima volta che era stata lì, lei e sua madre avevano cantato una canzone proprio nel ristorante dell'albergo e anche se non era lo stesso di allora, aveva una gran voglia di ripetere l'esperienza. “Ehi, Fran,” sussurrò perciò all'orecchio dell'amica. “La vogliamo fare una pazzia?” La mora la guardò, confusa. “Che genere di pazzia?” Violetta non rispose, limitandosi a scattare in piedi e a tirarla su afferrandola per un braccio. “Io e Fran dobbiamo fare una cosa,” annunciò agli altri e senza attendere risposta, trascinò l'amica verso la piccola orchestra. Dopo un lungo confabulare, dovuto soprattutto alla difficoltà di comunicazione e al fatto che Francesca fosse così sconvolta da essere poco collaborativa, le ragazze riuscirono a convincere l'orchestra a far cantare loro una canzone. “Tu sei pazza,” soffiò la mora, mentre salivano sul palco insieme all'orchestra. “Come ti è venuta quest'idea?” Violetta sorrise, stringendole forte la mano. “L'ho già fatto una volta con mia madre e avevo voglia di farlo ancora.” Francesca annuì, ora comprensiva, sorridendole di rimando. “Iniziamo allora.”
Su segnale delle due ragazze, l'orchestra riprodusse la base di 'En mi mundo' e subito iniziarono a cantare le prime note, continuando a tenersi per mano.
Tutta la sala, il loro tavolo in primis, le fissava ammirata. Pablo e Angie battevano le mani e ondeggiavano il capo a ritmo di musica e lo stesso facevano molte persone, colpite dalle voci così particolari delle due giovani. Lena era invece visibilmente indispettita e sbuffava sonoramente. Questo perché Marco si era voltato completamente verso il palco, rapito. Non ci voleva un genio per capire che tutta la sua attenzione fosse per Francesca e la cosa la mandava decisamente in bestia. Cosa aveva quella ragazza che lei non aveva? Anche Leon e Diego nel frattempo, ammiravano le loro ragazze sul palco e non potevano fare a meno di pensare a quanto fossero fortunati ad averle al loro fianco.
Quello che nessuno di loro sapeva, era che qualcun altro tra quel folto pubblico si fosse voltato di scatto e che ora fissasse Violetta profondamente colpito. Quasi non aveva notato che gli altri uomini d'affari seduti al suo tavolo avessero ripreso il discorso, in quel momento per lui esisteva solo quella ragazza. La sua voce, le sue movenze, il suo sorriso, tutto di lei lo incuriosiva e affascinava allo stesso tempo e proprio non riusciva a toglierle gli occhi di dosso.
Alla fine della canzone, seguì un fragoroso applauso e in un attimo Violetta si ritrovò stretta tra le braccia degli zii, mentre Diego raggiunse Francesca che era appena scesa dal palco. Entrambi furono quasi tentati di gettarsi l'uno tra le braccia dell'altro, ma poi non lo fecero limitandosi a fissarsi. Gli sguardi di Marco e Lena incombevano su di loro più insistenti che mai, facendoli sentire terribilmente a disagio. “Sei stata meravigliosa,” sussurrò il ragazzo, grattandosi nervosamente il capo. Già i sensi di colpa lo torturavano, se poi quei due non la smettevano di fargli radiografie, non poteva fare a meno di sentirsi ancora di più soffocare. A parte il bacio in aereo, lui e Francesca non avevano avuto nemmeno un momento per loro e quello perché si sentivano troppo giudicati e al centro dell'attenzione, cosa che entrambi detestavano. “G..Grazie,” balbettò lei con un sorriso imbarazzato. Seguì un lungo e imbarazzante silenzio, durante il quale si sentirono ancora una volta in trappola. Quanto potevano reggere tutta quella tensione?
Situazione completamente diversa era quella di Leon e Violetta, che a diversi metri dal palco si stringevano in un forte abbraccio. “Sono innamorato della tua voce,” soffiò il ragazzo al suo orecchio, sfiorandolo poi con le labbra. “Solo di quella?” Ammiccò lei, facendo scorrere le mani lungo la sua schiena. Leon ridacchiò, lasciandole un bacio sulla fronte. “Mmm...non direi. Amo anche il tuo sorriso, i tuoi occhi e le tue labbra e poi...” Sciolse di poco l'abbraccio, così da poterla guardare negli occhi con un sorrisetto malizioso. “E poi ci sono altre cose e se stanotte ci appartiamo da qualche parte, potrò elencartele con calma.” Violetta avvampò di colpo, ma allo stesso tempo un sorriso complice si distese sulle sue labbra. “Sai che mi sembra una buona idea, se sono tante cose abbiamo bisogno di tempo e di calma.” Gli allacciò le braccia al collo, facendo sfiorare i loro nasi. “è così, Leon?”
“Assolutamente si,” concordò lui, stringendola maggiormente a se e baciandola con passione. Pablo e Angie ancora una volta si resero conto di quanto avessero sbagliato a tentare di separare quei due ragazzi, che era evidente fossero l'uno la metà dell'altro e per quello sorrisero, tornando a sedersi al loro tavolo. Subito Marco li seguì, desideroso di mettere quanta più distanza possibile da Diego e Francesca e soprattutto da Lena, che ogni minuto che passava era sempre più una piovra. Come gli era saltato in mente di invitarla? Avrebbe potuto scegliere qualunque ragazza e aveva scelto la peggiore, che sciocco era stato. Ora non gli restava che sperare che quella settimana passasse il più velocemente possibile. Poco distante, il misterioso individuo non si era perso nessuno dei movimenti della giovane Castillo e al contrario continuava ad osservarla con grande attenzione, sicuro di non sbagliarsi. Il suo istinto era infallibile, non sbagliava mai un colpo e nemmeno quella volta lo aveva fatto.




E finalmente Venezia è arrivata! :P
So che è stato un capitolo fin troppo descrittivo e introspettivo, ma serviva da introduzione per Venezia, che come avrete capito nasconde molti segreti. La drammatica scena al cimitero di Angelica lo conferma, così come il misterioso individuo che ha notato Vilu. Chi sarà?
Nel frattempo Leon e suo padre hanno avuto il loro confronto e l'uomo ha accettato le scelte del figlio :3 Se nel quadrilatero Diego-Fran-Marco-Lena la tensione è alle stelle, tra Leon e Vilu le cose vanno a meraviglia, mentre Angie deve confrontarsi con la gelosia verso il suo Pablo :3 spero che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio di cuore voi che leggete e recensite la mia storia, siete dolcissimi :3
Trilly


 
  
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