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Autore: mikimac    22/01/2015    1 recensioni
Sherlock Holmes si è suicidato. La vita di John Watson si trasforma in un incubo da cui solo la conoscenza di Mary Morstan lo farà uscire.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mary Morstan, Mycroft Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L'amore è una cosa meravigliosa

Con questo capitolo si conclude la storia della mia personalissima versione di come John abbia superato il “suicidio” di Sherlock e si sia innamorato di Mary.

So che questa parte sembra essere composta da piccoli episodi quotidiani slegati fra loro perché, in effetti, è così. Del resto, si tratta di raccontare cosa succeda a John nei due anni che il più giovane degli Holmes passa in giro per il mondo a smantellare l’organizzazione di Moriarty. Come dirà Sherlock (scusate: cattivo Sherlock!!) al ritorno: quale vita può mai avere John se lui non c’è? Quindi questa è la narrazione di eventi quotidiani e normali che riportano la vita di John Watson sui binari dell’esistenza dei comuni mortali, fino al ritorno del vento dell’est.

 

Buona lettura.

 

 

 

Greg Lestade entrò nel bar e fece scorrere lo sguardo fra gli avventori presenti per trovare il viso conosciuto di John Watson, con cui aveva appuntamento. La prima cosa che notò, furono i capelli biondo cenere di una testa che si girava verso la porta. Poi vide gli occhi illuminarsi e la bocca piegarsi in un sorriso. John alzò una mano e gli fece un cenno di saluto. Lestrade lo raggiunse al tavolo:

 “Ciao John! Ti trovo in forma.”

“Grazie. – sorrise John – Anche io ti trovo in forma. Cosa prendi?”

“Una birra, grazie.”

John fece un cenno alla cameriera e le ordinò due birre.

“Come vanno le cose?” chiese Lestrade.

“Bene.” Fu la risposta lapidaria di John.

Greg lo studiò un po’ e non poté fare a meno di notare un certo nervosismo da parte del dottore, che non alzava gli occhi dal bicchiere, rigirandolo fra le dite. Sospirò:

“Hai ripreso a bere?”

John alzò la testa di scatto:

“No! – esclamò – Nononono. Tranquillo, non ho ripreso a bere.”

Lestrade era disorientato:

“Allora perché sei così nervoso?”

John inspirò ed espirò, poi guardò negli occhi Greg, leggermente imbarazzato:

“Da quando Sherlock … uhm … da quando Sherlock …”

“Se ne è andato …” proseguì la frase Lestrade per facilitare John.

“Sì, ecco … grazie … ti considero uno dei miei migliori amici.”

Lestrade sorrise:

“Grazie, mi fa piacere. Anche per me tu sei uno dei miei migliori amici.”

“Così, vorrei presentarti una persona.”

Lestrade si raddrizzò sulla sedia, fissando John con stupore:

“Hai una ragazza!”

“Bhè, diciamo che esco con qualcuno.”

“Da quanto? Quanto è seria la cosa? Come si chiama? Dove la hai conosciuta? Cosa sa di Sherlock? …”

John scoppiò a ridere sommessamente, alzando le mani come se dovesse arrendersi:

“Calma calma! Sei proprio un poliziotto. Risponderò a tutte le tue domande ad una condizione.”

“Spara.”

“Come stavo tentando di dirti, vorrei presentartela. Usciresti a cena con noi?”

“Quando?”

“Domani sera?”

“Andata. Ed ora racconta. Come si chiama?”

“Mary Morstan.”

 

 

L’amore è una cosa meravigliosa

 

 

Quando Mycroft Holmes entrò nel suo ufficio, la sua assistente lo raggiunse porgendogli un fascicolo:

“Il dottor Watson esce con una donna.”

“Davvero? – chiese piacevolmente sorpreso – Da quanto tempo?”

“Da circa quattro mesi.”

Mycroft si sedette. Notando che la donna non stava sorridendo, si preoccupò:

“Qualcosa non va nella nuova ragazza di John?”

“Si fa chiamare Mary Morstan.”

Mycroft aprì il fascicolo che gli aveva porto:

“Un’ex agente della CIA?! – alzò lo sguardo – Spia e killer?! Perché lo sappiamo solo ora?”

La ragazza non si scompose:

“All’inizio sembrava una storia come tante altre ed abbiamo proceduto a fare un controllo standard. Era tutto a posto. Poi, ci siamo resi conto che la relazione aveva preso una svolta decisamente molto seria, così abbiamo pensato che fosse il caso di indagare più approfonditamente sulla donna e sono iniziate ad emergere delle discrepanze. Questi sono i risultati delle ultime indagini.”

“Mmmh … vedo che ha lavorato anche per noi.”

“Sì. Operazione Olympus. Nome in codice Selene.1

“Ed ora per chi lavora?” chiese Mycroft chiudendo il fascicolo.

“Sembrerebbe che si sia ritirata e che non abbia un ingaggio.”

“Oh, davvero? – ribatté scettico – Una killer e spia professionista, in pensione, avrebbe casualmente incrociato la propria strada con quella di John Watson, subito dopo la morte di Sherlock? Cosa ha quell’uomo? Una calamita per psicopatici e sociopatici?”

“Non saprei. – rispose l’assistente – Dire che si tratti di una coincidenza sembrerebbe riduttivo.”

“L’universo non è così pigro e raramente le coincidenze esistono2. – convenne Mycroft appoggiando le braccia sulla scrivania – Voglio una ulteriore indagine su questa donna: dovete assolutamente scoprire chi l’abbia assunta e perché. Voglio che il livello di sorveglianza su John Watson sia aumentato. Se vi accorgete che sia in pericolo, eliminate Mary Morstan.”

“Solo se vediamo che rappresenti una minaccia per il dottore?”

“Sì. Le coincidenze, dopotutto, potrebbero anche esistere e lei potrebbe essere un nuovo inizio per John. Dopo quello che gli ha fatto passare Sherlock, come possiamo togliergli la felicità ritrovata? Perché quella donna rende Watson felice, vero?”

“Sembrerebbe di sì, signore.”

Mycroft osservò una foto che ritraeva un sorridente John che passeggiava con una donna bionda.

“Dobbiamo informare suo fratello dei nuovi sviluppi nella vita del dottor Watson?”

Holmes distolse l’attenzione dalla fotografia:

“Assolutamente no. Sherlock si farebbe distrarre. Non manca molto al completamento della missione. Gli diremo tutto quando rientrerà a Londra.”

La donna fece un cenno di assenso con il capo ed uscì, lasciando Mycroft Holmes a riflettere sui casi della vita e su chi potesse aver fatto incrociare le strade di John Watson e Mary Morstan.

 

 

La signora Patricia Porter-Potter entrò nell’ambulatorio per la solita visita di controllo. L’anziana signora era vedova da diversi anni, senza figli e viveva in una vecchia casa con due cani e quattro gatti. Da giovane doveva essere stata una donna molto bella. Tutt’ora, oltre a candidi capelli corti, sempre perfettamente pettinati, aveva lineamenti del viso delicati e dolci, era alta e magra, con un portamento aggraziato ed elegante e due brillanti occhi nocciola che mostravano una intelligenza ancora ben presente, nonostante l’età avanzata. John aveva sempre nutrito un affetto particolare per la signora che si divertiva a raccontargli le avventure degli animali con cui divideva la casa e la vita oppure aneddoti di quando era giovane. Anche nei momenti più bui, dopo la morte di Sherlock, la donna riusciva sempre a strappargli un sorriso, che gli illuminava, anche se solo per pochi secondi, i tristi occhi azzurri. Negli ultimi mesi, i racconti dell’anziana signora non si limitavano a fare emergere un sorriso stentato, ma suscitavano vere e proprie risate.

“E così Fanny ha abbandonato la caccia al topo per dedicarsi alla più sicura attività di poltrire sul divano.”

La signora concluse la sua storia, mentre John e Mary ridevano:

“Fanny dovrebbe lasciare che ad occuparsi dei topi siano i gatti di casa. – commentò John – Forse, a forza di convivere con loro, crede di essere un gatto anche lei.”

“Cielo! Potrebbe essere proprio così! – ribatté la signora Porter-Potter – Direi, però, che abbia imparato la lezione … o almeno lo spero!”

John riprese fiato e si ricompose. Lesse gli esiti degli esami che aveva davanti e disse:

“Signora Porter-Potter, non voglio che si preoccupi, ma ci sono alcuni dati che non mi convincono. Vorrei che la visitasse anche il dottor Grey. Se lei è d’accordo, andrei da lui per fissare un appuntamento.”

“Oh, caro, alla mia età non tradirei mai il mio dottore con un altro, ma se lei lo reputa necessario, seguirò tutte le sue istruzioni.”

John sorrise:

“Vado a parlare con lui e torno subito.”

Uscito John dalla stanza, l’anziana signora si rivolse a Mary:

“Decisamente un uomo notevole, non trova mia cara?”

“Concordo con lei.” Rispose Mary.

“E ha notato la luce che gli illumina gli occhi da alcuni mesi a questa parte? – chiese la signora Porter-Potter sorridendo – Non direbbe che qualcosa sia cambiato nella sua vita?”

Mary ricambiò il sorriso:

“Potremmo quasi dire che sembrerebbe innamorato, vero?”

“Oh, sì, cara, potremmo dirlo. Quasi quanto lei lo è di lui.”

Mary arrossì:

“Si vede così tanto?”

“Oh, solo ad un occhio esperto. – replicò la signora – Se fossi più giovane, gli farei una corte sfacciata pure io!”

“E sarebbe una rivale temibile!”

“Sono felice per lui. – riprese l’anziana donna – Ha passato un periodo orribile e merita di ritrovare la serenità e l’amore che lei gli ha portato.”

Mary fissò un punto indefinito nella stanza e, con voce improvvisamente seria, disse:

“Farei qualsiasi cosa per lui, per tenerlo vicino a me e vederlo felice. Qualunque cosa.”

 

 

**********

 

 

Non si erano visti per alcuni giorni. Mary era andata a trovare una vecchia amica a cui era nato un bambino e John era rimasto a Londra da solo. Quando si presentò alla stazione a prendere Mary, lei notò subito che c’era qualcosa di nuovo: un paio di baffi faceva bella mostra di sé sul labbro superiore di John. Lei studiò il viso dell’uomo per alcuni secondi: i capelli biondo cenere, che nascondevano qualche filo bianco; le piccole rughe che si formavano intorno agli occhi e sulla fronte, che davano al volto di John una tale capacità di manifestare emozioni e pensieri che non avevano mai bisogno di parole; le labbra sottili, ora nascoste da quella peluria biondiccia; gli occhi, quegli occhi azzurri così chiari ed intensi, che si illuminavano quando le sorrideva, facendole mancare il respiro. Lo baciò e i baffi le fecero il solletico. Allontanandosi da lui, domandò:

“Baffi?”

“Baffi! – esclamò John sorridendo felice – In tuo onore.”

“Davvero?” chiese Mary sorpresa.

“Tu mi hai cambiato la vita. Mi hai donato la gioia di vivere. Così ho pensato che sarebbe stato giusto anche un cambiamento fisico. Dato che non posso diventare più alto né credo che ti piacerei con troppi muscoli, ho deciso di farmi crescere i baffi. Inoltre, mi danno un aspetto da serio, affidabile e responsabile dottore, allontanandosi completamente dallo sbarazzino e spregiudicato John Watson che seguiva Sherlock Holmes in ogni sua folle impresa. Un taglio netto rispetto alla mia vita passata. Cosa ne dici? Ti piaccio lo stesso?”

Mary non amava quei baffi, che facevano sembrare John più vecchio, ma capì che per lui erano un altro passo verso il recupero da ciò che era accaduto e decise di mentire per renderlo felice:

“Mmmmm … sei proprio affascinante. Dovrò stare ancora più attenta che nessuna donna ti gironzoli troppo vicino. Potrei anche uccidere chi tenti di allontanarti da me.”

John rise, arrossendo:

“Non ti preoccupare: nessuno mi porterà via da te. Per me esisti solo tu.”

 

 

**********

 

 

Quella mattina John fu svegliato da un incubo. Aveva rivissuto il giorno del suicidio di Sherlock. Era da qualche tempo che non succedeva, ma non si sorprese dal momento che quello era il secondo anniversario della morte del suo migliore amico. Però era anche l’anniversario del suo primo anno con Mary. Morte e vita, dolore e felicità, tutti rappresentati dallo stesso giorno. L’universo aveva davvero un bizzarro senso dell’umorismo nel gestire la legge della compensazione.

Era ancora troppo presto per alzarsi, quindi rimase sdraiato a letto, fissando il soffitto e rivivendo gli ultimi minuti di Sherlock nella propria mente, come un film al rallentatore. Si chiese, per l’ennesima volta, cosa avrebbe potuto dire o fare per fermarlo. Anche stavolta non trovò una risposta. Notò, però, che la fitta al cuore, che sentiva ogni volta che ripensava a quel giorno, era stata meno dolorosa. Non di tanto, certo, ma un po’ meno. Probabilmente quel dolore profondo non sarebbe mai scomparso del tutto, ma per la prima volta, dopo tanto tempo, pensò che potesse essere più sopportabile.

Girò la testa verso la donna che dormiva al suo fianco. Ne studiò i lineamenti dolci e sereni. Sorrise pensando a quanto fosse stato fortunato ad incontrarla.

“Non dovresti fissarmi prima che mi sia restaurata. – disse Mary senza aprire gli occhi – Dovrebbe esserci una legge che impedisca agli uomini di svegliarsi prima delle donne e di vederle senza trucco.”

John sussultò, poi rise e le accarezzò il viso con un dito:

“Tu sei sempre bellissima.”

“Adulatore. – ribatté Mary aprendo gli occhi e appoggiando la testa ad una mano – Hai avuto un incubo?”

“Sì. – rispose lui – Sai che giorno è oggi.”

“Già.” Lei non aggiunse altro, limitandosi a studiare il volto e gli occhi tristi dell’uomo che amava.

“Vorrei chiederti una cosa. – riprese John – Ecco … so che può sembrare stupido … però … per me sarebbe importante. Vedi tu … come dire … Mary tu mi rendi felice, capisci?”

“Lo spero bene. – lo interruppe lei – Altrimenti non sarei qui!”

“Ehm … sì … vero …”

“Scusa, John, non volevo interromperti.”

“Sì, grazie. Allora … dicevo … so che può sembrare stupido, ma tu e Sherlock siete le due persone più importanti della mia vita e vorrei che vi conosceste.”

Mary lo fissò perplessa:

“Vuoi che facciamo una seduta spiritica per evocare il fantasma di Sherlock?”

John incrociò le braccia sul petto e corrugò la fronte creando un paio di rughe ai lati del naso. Sospirò:

“Mary! Non sto scherzando!”

Lei sorrise, avvicinò le labbra alla punta del naso di John e vi depositò un lieve bacio:

“Scusa, hai ragione. È solo che vorrei sempre vederti felice.”

La fronte di John si distese mentre le labbra si piegavano in un sorriso:

“Vorrei che venissi al cimitero con me.”

Mary ricambiò il sorriso:

“Non ti avrei permesso di andarci da solo nemmeno se non me lo avessi chiesto. – poi aggiunse – Io verrò con te al cimitero, ma stasera è anche il nostro anniversario ed ho intenzione di festeggiarlo facendoti un regalo.”

“Cosa?”

Mary era uscita dal letto e stava andando in bagno. Sulla porta si girò, sorridendogli maliziosa:

“Posso solo dirti che è nero.” Sussurrò con voce suadente, poi chiuse la porta dietro di sé.

John deglutì a vuoto, già immaginandosi cosa potesse aspettarlo quella sera.

 

 

Mycroft Holmes entrò nel suo studio e la sua assistente lo raggiunse subito.

“Buongiorno, signore. – esordì la ragazza – Hanno trovato il corpo di Alan Forbes: è stato ucciso due giorni fa. Prima di non dare più proprie notizie, aveva fatto in tempo ad informarci del fatto che una rete sotterranea sta preparando un attentato terroristico a Londra.”

“Ha detto che cosa stiano preparando e chi siano?”

“No, signore. Lo hanno ucciso prima che potesse trasmettere più dettagli sull’attentato.”

“Peccato per Forbes, era un ottimo agente. Comunque, il tempismo è perfetto: è arrivato il momento che Sherlock rientri dalla sua vacanza. Ha finito di sgominare l’organizzazione di Moriarty ed è ora di riportarlo a casa. Lo metterò subito ad indagare su questo caso.”

“Forse suo fratello non sarà contento delle novità riguardo al dottor Watson. – interloquì l’assistente – Ho ricevuto i risultati delle ultime indagini su Mary Morstan.”

“Allora?”

“Pulita. Non lavora per nessuno. Sembra proprio che si sia ritirata.”

Mycroft le lanciò uno sguardo scettico:

“Sarà. Se la vedrà Sherlock anche per questa faccenda. Intanto vado a recuperarlo.”

“Lo va a riprendere lei stesso?” chiese un po’ sorpresa l’assistente.

“Sì. – rispose con tono annoiato Mycroft – Ogni tanto andare sul campo non fa male.”

 

 

 John era davanti alla lapide nera con la scritta Sherlock Holmes e la fissava con sguardo triste:

“Sherlock. – sussurrò – Non hai idea di quanto mi manchi. Anche se sono trascorsi due anni, mi sembra ieri che ti sei buttato dal tetto del Bart. Hai lasciato un vuoto immenso nella mia vita e non saprò mai nemmeno perché. Oggi, però, non sono qui solo per ricordare il tuo anniversario, ma vorrei presentarti una persona. Penso che ti sarebbe piaciuta, sai? Lei ha reso la mia esistenza più facile da vivere. Si chiama Mary Morstan. Ed io la amo.”

Mary raggiunse John vicino alla lapide e gli prese la mano. Le loro dita si intrecciarono.

“Piacere di conoscerti Sherlock. Anche io amo John e ti prometto che mi prenderò cura di lui. Per sempre.”

Rimasero lì, le loro immagini riflesse nella lapide nera e lucida, mano nella mano.3

 

 

**********

 

 

John continuava a rigirare la piccola custodia rossa fra le dita, nervosamente. Non si accorse nemmeno che Greg Lestrade si era seduto al tavolo:

“Ciao, John. Bella scatolina. È un regalo per me?”

John incrociò lo sguardo dell’ispettore e fece un sorriso tirato:

“Ciao Greg, ben arrivato. Birra?”

“Birra.”

Ordinarono e rimasero in silenzio. Lestrade decise di mettervi fine:

“John sei strano. Qualcosa non va?”

“No, davvero Greg, sto bene. – aspettò un po’, sorseggiando la birra – VogliochiedereaMarydisposarmi.” Tutto d’un fiato.

Lestrade sorrise:

“Grande! John è fantastico! Il grande passo. Sono davvero felice per te. Ero veramente preoccupato che quello che era successo con Sherlock ti avesse rovinato la vita, invece sei riuscito ad andare avanti. – gli appoggiò una mano sulla spalla – Sono orgoglioso di te!”

John aveva un sorriso imbarazzato dipinto sul volto:

“In effetti, questi ultimi due anni non sono stati facili. Se sono riuscito a superare la morte di Sherlock lo devo soprattutto a Mary. È stata fantastica con me: paziente, dolce, comprensiva. Mi sono confidato con lei come non ho mai fatto con altri. La amo tantissimo. Non so cosa io abbia fatto per meritarla.”

“Quando è il grande giorno?”

“Stasera. Ho prenotato il ristorante e le darò l’anello che mi ha lasciato mia madre. – sospirò – Spero solo che mi dica di sì.”

“Lo farà, vedrai. – Lestrade alzò il bicchiere – Un brindisi al nuovo Watson ed alla futura signora Watson.”

John sorrideva felice:

“Alla signora Watson!”

 

 

Quel pomeriggio John era tornato a Baker Street ed aveva informato anche la signora Hudson dei suoi piani di accasarsi.4 Era stato difficile rimettere piede nell’appartamento che aveva condiviso con Sherlock. Si era quasi aspettato di sentirlo suonare il violino o sparare al muro o di vederlo in cucina intento ad eseguire uno dei suoi strampalati esperimenti o seduto sulla poltrona con le gambe rannicchiate e le mani congiunte immerso nel mind palace o saltare impaziente da una parte all’altra della stanza straparlando di qualcosa. La vista del salotto vuoto e pieno di polvere gli aveva provocato una fitta al cuore così forte da fargli mancare il fiato. In quel momento di malinconia, si era chiesto se a Sherlock sarebbe piaciuta Mary. Aveva cacciato via velocemente quel pensiero: il suo miglior amico era morto da due anni e la sua vita doveva andare avanti. Sherlock era il passato: un meraviglioso, travolgente ed indimenticabile passato, che non sarebbe più tornato. Mary era il futuro: un tranquillo, normale e rassicurante futuro. Inoltre, preferiva non ricordare che a Sherlock non fosse stata simpatica nessuna delle ragazze con cui era uscito, quando convivevano a Baker Street.

 

 

La serata al ristorante era trascorsa tranquilla e piacevole, come sempre, quando usciva con Mary. John sperava che lei non avesse notato il suo nervosismo, anche se era quasi sicuro che gli avesse lanciato qualche occhiata leggermente perplessa. Watson, però, stava aspettando il momento giusto per farle il discorso che stava preparando da settimane. Lo aveva persino provato qualche volta davanti allo specchio, sentendosi sempre un perfetto idiota. Quando, verso la fine della cena, Mary si era alzata per andare in bagno, John aveva deciso che fosse arrivato il momento di fare la grande domanda, quella che avrebbe dato una svolta decisiva alla sua vita. Seduto al tavolo, da solo, aveva chiesto la lista dei vini per scegliere quello adatto a festeggiare la risposta affermativa, almeno lo sperava, di Mary alla sua proposta di matrimonio.

Quello che il dottore non poteva nemmeno lontanamente immaginare, era che Sherlock Holmes stesse facendo il suo trionfale ed impertinente ingresso nel ristorante, avvicinandosi a lui sotto le bizzarre spoglie di un cameriere in occhiali e finti baffetti neri, con un improbabile accento francese, pronto a travolgere e sconvolgere i piani fatti per il futuro, riportando scompiglio e disordine nella vita di John Watson.5

 

 

 

 

Note

 

1 Scusate l’autoreferenza e l’autocitazione. Nel mio precedente racconto (“Pure questo è amore”) Mycroft e Mary hanno un confronto durante il quale lui la chiama Selene. Giustamente mi è stato fatto notare (ancora grazie) che in realtà Mary Morstan dà una chiavetta a John (episodio 3x03 “His Last Vow”) dicendogli che lì c’è tutta la verità su di lei e le iniziali scritte sopra sono A.G.R.A. Quando ho iniziato a scrivere questa parte, ho pensato che, dal momento che Mary sembra essere una libera professionista, possa aver lavorato anche per il governo inglese utilizzando il nome in codice Selene, giustificando, in questo modo, quello che le dice Mycroft nel mio precedente racconto. Insomma, sarebbe un modo per salvarmi in calcio d’angolo. Siate clementi. J

2 Mycroft dice qualcosa di molto simile nel mind palace di Sherlock nell’episodio 3x02 “The Sign of Three”.

3 È una rivisitazione della scena del cimitero nella puntata 3x01 “The Empty Hearse”.

4 Sempre la 3x01 “The Empy Hearse” con la fantastica signora Hudson che pensa che John si voglia sposare con un uomo!

5 Ancora nella 3x01 “The Empy Hearse”, Sherlock Holmes è tornato e decide di ricontattare John Watson senza tenere troppo conto di cosa possa essere accaduto al suo amico nei due anni in cui lui non c’è stato. E, decisamente, Sherlock si merita tutte le botte che John gli rifila (e forse se ne meriterebbe anche qualcuna in più).

 

 

Nota dell’autrice

 

 

Il racconto finisce qui, riallacciandosi all’ingresso di Sherlock nel ristorante. Per sapere cosa succeda in seguito, basta godersi la terza stagione di “Sherlock”. J

 

Se qualcuno dovesse pensare che Mycroft abbia seguito un po’ troppo la vita di John nei due anni di assenza di Sherlock, a mia difesa posso dire che non mi sembra così OOC: in fin dei conti Watson è una delle persone più importanti nella vita del suo fratellino e penso che sia proprio da Mycroft accertarsi che stia “bene”. Anche il fatto che decida di non dire nulla a Sherlock di come stia cambiando la vita di John dalla sua “morte”, riprende proprio l’inizio della terza stagione, quando Mycroft dice al fratello dove possa il dottore, ma non quello che stia per accadere quella sera. E alzi la mano chi pensa veramente che Mycroft non sappia niente della proposta di matrimonio e del passato di Mary. J

 

Ringrazio calorosamente tutti quelli che abbiano dedicato parte del loro tempo a seguire questa storia.

 

Un ringraziamento davvero particolarissimo a Little_Cricket che ha lasciato una recensione in ogni capitolo e che ha sempre scritto cose bellissime, che spero di meritare. Naturalmente, a questo punto, non puoi esimerti dal lasciare un commento anche a questa parte. ;-)

 

Per tutti gli altri, sentitevi liberi di scrivere qualcosa, ma attenzione a cosa scrivete, perché potreste incentivare la nascita di altri racconti!! Donna/uomo avvisata/o … J

   
 
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