Non
E’ Mai Troppo Tardi
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Furono necessari quattro giorni in più rispetto a
quanto previsto da Patrick, più che altro a causa degli impegni di Jeremy, ma
alla fine la famiglia Flalagan arrivò a Villa McGregory.
Jennifer rimase senza parole davanti all’immenso
edificio a tre piani, diviso nel corpo centrale e due ali, in stile barocco.
Al confronto casa sua sembrava una baracca.
Suo padre le aveva detto che negli ultimi quattro
o cinque anni Patrick aveva aggiunto alle parti, per esempio tre stanze comunicanti
ad uso di studio privato per lui, Connor e Juna che volendo avrebbero potuto
mandare avanti gli affari anche da casa, un’intera ala e una serra nel parco
che circondava la villa, e ristrutturato quello che già esisteva, ma aveva un
po’ minimizzato il lavoro che era stato fatto alla villa che ricordava lei.
Era il trionfo del marmo.
Suo fratello poi camminava a mezzo metro da terra,
era convinta che se le avesse lasciato la mano avrebbe cominciato a lievitare
nel vuoto.
«Belllllloooooo» fu il suo unico, enfatico
commento, quasi in trance a guardare cosa lo circondava «Abita qui Juna?»
Da quando lo aveva visto riusciva a dire il suo
nome in media almeno una volta ogni dieci parole.
«La ristrutturazione è riuscita bene» commentò sua
madre. «Jeremy, da quanto non veniamo qui?»
«Troppo tempo Sarah. Micky non c’è mai stato.»
Michael le appoggiò una manina sulla guancia e
pilotò il suo sguardo fino al proprio «Ti piace qui?»
«E’ bellissimo Micky.»
«Staremo bene Jennie, credimi.»
Per l’ennesima volta il tono di voce di suo
fratello la sconvolse, suo padre girò la testa di scatto e guardò il figlio più
piccolo sbigottito.
Sua madre era diventata un pezzo di marmo, ma
teneva testardamente la testa girata fuori dal finestrino.
Susan aveva le lacrime agli occhi.
Michael era cresciuto in un lampo. Non era
riapparso il bambino che era stato rapito… e questo, come aveva anche ammesso
suo padre, se lo aspettava, ma quel piccolo ometto di quattro anni a volte la
spaventava a morte.
Le faceva male il cuore quando pensava a cosa
avesse potuto trasformarlo così. Chissà la paura che aveva provato, cosa gli
avevano fatto passare gli uomini che lo avevano rapito.
La prima cosa che suo padre aveva preteso era
stata una visita medica per… non riusciva neanche a pensarci: per accertarsi
che Michael non avesse subito violenza sessuale e Michael non aveva fatto
storie, affrontando tutto in silenzio.
Le esplodeva l’inferno dentro al pensiero che suo
fratello avesse potuto correre un pericolo del genere.
Non erano arrivati a tanto e ringraziava il
Signore per questo.
Poi una seduta da un psicanalista, ma Michael non
aveva aperto bocca, se non per informare la dottoressa Horgan che presto
sarebbe andato ad abitare con Juna, che era un giovane guerriero.
Suo padre aveva dovuto spiegare alla dottoressa
che il nome del ragazzo era arabo, come la madre, e che significava Giovane
Guerriero.
La dottoressa Horgan, una donna molto dolce e
gentile, aveva detto che avrebbe parlato quando fosse stato pronto, che non si
poteva correre il rischio di forzarlo a rivivere il trauma.
«Sono sicura che hai ragione.»
Michael le sorrise e si riappoggiò a lei.
Susan scese dalla macchina per prima, «Hanno
coraggio a definirla una villa, questa è una reggia!»
Scesero tutti quanti e Michael le tirò subito i jeans,
era il segnale che voleva essere preso in collo. Lo accontentò più che
volentieri e si strinse a lui con la stessa forza con la quale suo fratello si
incollò a lei.
Dal portone centrale in massiccio legno scuro e
vetro, al quale si accedeva mediante una scalinata di marmo bianco e grigio,
apparve Patrick con tre uomini al seguito, che riconobbe subito essere i figli
senza però riuscire a dare un nome ad ogni volto, e gli si fece incontro
raggiante.
«Ben arrivati! Finalmente!»
«Grazie Patrick» disse suo padre, poi si rivolse
agli altri tre, «Connor, Ryan, Paul, è un piacere rivedervi.»
I cinque uomini si strinsero la mano.
«Lasciate perdere le valigie!» disse poi quello
che sembrava essere il più giovane «Ci pensano i domestici a quelle! Ciao
Sarah, ben arrivata.»
«Ryan, come va?» rispose sua madre.
«Bene, grazie. Jennifer! Sei irriconoscibile, come
sei cresciuta!»
«Fratellino, siamo noi che invecchiamo!» disse uno
dei due che era rimasto a parlare con suo padre «Aspetta che Lissa abbia l’età
di Jennifer!»
«Parla per te Paul!» ribatté Ryan «Melissa ha
ancora qualche anno davanti a sé! E tu sei Michael, giusto?»
Suo fratello annuì strusciando il viso contro il
suo collo.
«Sai, Melissa, la mia bambina, ha poco più della
tua età e non vede l’ora di conoscerti. E’ in piscina con Juna adesso.»
Aveva detto la parola magica, suo fratello scattò
come una molla.
«Juna?? Dov’è??»
Patrick rise, «Connor, visto? Che ti avevo detto?»
Quello che doveva essere per forza il padre di Juna
e il primogenito di Patrick, sorrise «Il fascino di mio figlio non perdona.»
«Eh, tutto suo padre…» commento Ryan.
Michael reclinò la testolina guardando Connor che
stava guardando di traverso il fratello, «Sei il papà di Juna?»
«L’unico e solo.»
«Com’è che non ti assomiglia?»
Suo padre e sua madre cambiarono letteralmente
colore, Ryan e Paul soffocarono una risata con una serie di colpi di tosse,
Patrick sgranò gli occhi… Connor esplose in una fragorosa risata, «Perché ha
ripreso il meglio da entrambi i genitori Micky: il mio senso dell’umorismo e i
colori della madre! Non conosci mia moglie, vero Micky? Posso chiamarti Micky?»
Suo fratello sorrise, «Certo. Vai d’accordo con il
mio papà?»
«Direi di sì, come mai?»
Stava per succedere un disastro, anche suo padre
aveva intuito dove voleva andare a parare il figlioletto.
Fu salvata dall’entrata in scena della donna più
bella che avesse mai visto e che era rimasta tale e quale a come se la
ricordava: la fotocopia al femminile di Juna.
«Cosa ci fate ancora qui fuori? Io, Beth, Georgie
e Lennie dobbiamo fare una richiesta scritta per salutare i nuovi arrivati?»
«Arriviamo Manaar!» disse Connor.
Cominciarono a salire la scalinata.
«Oh Dio Connor, scusalo» disse suo padre. «E’ la
prima volta che si comporta così.»
«Scusarlo? E di cosa? Jeremy, tuo figlio non aveva
ancora visto Manaar e i bambini hanno un’ingenuità straordinaria. Ti garantisco
che ha avuto più classe lui di quanta ne ho mai riscontrata in tutta la mia
vita!» lanciò un’occhiata alla moglie «Beh, esclusa mia moglie, ovviamente! E
in un certo senso anche mio figlio, a pensarci bene!»
«Juna si è fatto un uomo ormai. Quando l’ho visto
giorni fa stentavo a credere ai miei stessi occhi… è incredibile che debba
ancora finire diciannove anni.»
«A volte penso che mio figlio, bambino o
adolescente non lo è mai stato.»
Entrarono e, appena varcata la soglia, per poco
non lasciò andare Michael per la sorpresa: lì dentro c’era una collezione di
ori, argenti, marmi, statue e quadri a dir poco sbalorditiva.
Ci credeva che il sistema d’allarme era a prova di
bomba!
«Ciao Sarah! Ben arrivata!» esclamò Manaar
abbracciando sua madre… che rispose all’abbraccio di getto.
«Manaar, che piacere vederti!»
«Tutto bene? Vi va qualcosa? Un tea?»
Sua madre guardò lei e Michael, il suo fratellino
era in vena di follie quel giorno «Io un tea lo prenderei volentieri signora Manaar,
grazie.»
Manaar sgranò gli occhi, «Ma che perfetto
gentiluomo! Dici che sono troppo vecchia per essere chiamata solo Manaar?»
«Mi chiamerai Micky?»
«Mi sembra equo. Affare fatto Micky. Ciao Jennie,
ben arrivata.»
«Grazie.»
La somiglianza era impressionante… poteva essere
la sorella gemella di Juna, invece che la madre.
Gli occhi erano praticamente identici, ma Manaar
aveva una luce dolcissima… Juna… beh, Juna no.
«Sai Manaar che sembri la sorella gemella di Juna?»
Per un attimo ebbe paura di aver dato
involontariamente voce ai propri pensieri… poi si rese conto che era stato suo
fratello a dirlo.
Manaar rimase un attimo pietrificata, poi rise
rovesciando la testa indietro, «Micky, sei un tesoro, proprio quello che una
donna ha bisogno di sentirsi dire! Connor?»
«Dimmi tesoro.»
«Micky dovrebbe darti qualche lezione di galateo
sai? Tu non mi hai mai detto che sembro la sorella gemella di tuo figlio!»
Connor sorrise furbescamente, «Io so perfettamente
che non lo sei tesoro e poi non devo conquistarmi il tuo cuore: è già mio!»
«Sei veramente troppo sicuro di te amore.»
«No Manaar, io sono sicuro di te.»
Si sorrisero… e praticamente il sole venne
oscurato.
«Ma guardateli, gli eterni sposini in luna di
miele!» esclamò una voce alle sue spalle.
Si voltò e vide una ragazza che sembrava più o
meno della sua età… ovviamente ricordava che Georgie avesse quasi undici anni
in più di lei, ma non li dimostrava affatto.
«Perché davanti al vostro pargolo non dite queste
cose?» continuò indagatrice.
«Perché nostro figlio si diverte a prenderci in
giro per questo senza ulteriori incentivi» rispose Connor. «Aveva appena cinque
anni quando l’ho sentito affermare di essere figlio dell’amore!
Jennifer, ti ricordi Georgie?»
«Ciao Georgie» la salutò sopra le risatine.
«Ciao Jennifer, ben arrivata. Finalmente un po’ di
compagnia vicina alla mia età, che ne dica mio fratello. Tu devi essere
Michael.»
«Micky.»
«Micky» ripeté Georgie.
«Puoi chiamarmi Jennie, lo fanno tutti.»
Georgie le sorrise, poi si guardò intorno, «Papà?»
Paul si voltò verso di lei «Ho sentito Just adesso: è, cito testualmente le sue parole, appena riuscito a strappare la nonna dalle grinfie delle sue amiche e
ce la sta riportando a casa sana e salva.»
«Georgie…» cominciò una donna.
«Lennie, ha reso perfettamente l’idea… e non ha
detto una bugia. Lascia perdere» disse Paul a colei che doveva essere la
moglie.
«Propongo di spostarci nei tavolini accanto alla
piscina!» esclamò Ryan «Conoscerete anche mia figlia così.»
«Manaar, che significa il tuo nome?» riprese suo
fratello mentre si spostavano.
«Luce Che Guida» rispose Connor, «e credimi, è
azzeccatissimo.»
Manaar abbracciò il marito con un sorriso.
«Anche il nome di Juna è az-zec-cat-issi-mo» disse
suo fratello sillabando la parola più complicata per essere sicuro di non
sbagliarla.
Suo fratello capiva sempre il significato delle
parole, anche le più difficili, solo sentendole nel contesto del discorso.
Manaar lo guardò sorpresa, «Sai il significato del
suo nome?»
«Sì, me lo ha detto il mio papà. Giovane
Guerriero.»
Connor scoppiò a ridere, «Sarebbe stato adatto
anche Testa Dura, ma Manaar non ha voluto tradurmelo!»
Risero tutti.
Le sue perplessità riguardo alla piscina svanirono
quando si rese conto che era al chiuso e ancora riscaldata artificialmente.
Patrick non aveva tralasciato niente.
Per poco suo fratello non le cadde dalle braccia
quando si gettò in avanti urlando a pieni polmoni Juna!! Juna!! Ciao!! e
alla fine lo vide anche lei: era in acqua con una bambina bionda saldamente
allacciata a lui.
L’acqua gli copriva per metà il torace e con i
capelli bagnati portati indietro quegli occhi erano ancora più in primo piano,
anche a quella distanza.
«Michael, non urlare, per favore» disse sua madre
esterrefatta. «Cosa devono pensare vedendo come ti comporti?»
Suo fratello si girò verso di lei e le sorrise
raggiante, «Cosa devono pensare mamma? Che sono felicissimo di vedere Juna! Mi
sembra chiaro!!»
Suo padre le gettò un’occhiata rassegnata,
«Mettilo giù adesso Jen, o ti cade.»
Di malavoglia mise a terra suo fratello che scattò
come un razzo verso la piscina. «Oh Dio Micky, sta’ attento!» gridò senza
riflettere «Non sai nuotare!»
Michael rallentò visibilmente ma non si fermò, in
un battito di ciglia era accovacciato sul bordo della piscina.
«Jeremy…» cominciò sua madre angosciata.
«Calma Sarah.»
«Che succede?» chiese Patrick.
Sua madre guardò la scena e bisbigliò, «Quello non
è mio figlio, che sta succedendo?»
«Mamma!» esplose «Non dire sciocchezze! Mi
preoccuperei se Micky si comportasse come se non fosse successo niente!»
Sua madre respirò profondamente, «Hai ragione
Jennie. Scusatemi» disse a tutti e a nessuno dopo aver recuperato il controllo
di sé.
Manaar le cinse le spalle con un braccio, «Non
devi scusarti di niente Sarah. Posso solo dirti che un comportamento del genere
da parte di un bambino nei confronti di mio figlio è la regola.»
«E’ vero Sarah» disse una donna che non aveva
notato prima. «Stando in questa casa ti renderai conto che la situazione di mia
figlia non si discosta molto dal comportamento di Michael.»
Suo padre la guardò, era sempre attento agli stati
d’animo di chi lo circondava e neanche a lei era sfuggito il tono rassegnato e
angosciato insieme della donna «Come mai Elisabeth?»
«L’anno scorso Melissa cadde dalla barca mentre
eravamo in gita. Non sapeva nuotare, la vedemmo sparire sott’acqua e nessuno di
noi seppe reagire prontamente» rispose Ryan. «Tranne Juna. Si tuffò
ripescandola letteralmente per i capelli. Da quel giorno mia figlia entra nel
panico se non ha Juna a portata di vista, si è convinta che solo con lui è al
sicuro, che solo lui può proteggerla. Da qualche giorno ha iniziato ad essere
ossessivamente preoccupata che possa succedere qualcosa a Juna mentre lei non è
con lui. Abbiamo iniziato a portarla da un’analista e…»
«… il nome della dottoressa Horgan me lo ha dato
proprio Jeremy, Ryan» disse Patrick.
Jeremy si voltò verso Patrick, «Era per
Melissa?» chiese sbalordito.
Patrick si limitò ad annuire.
«Non mi meraviglierei se alla fine la dottoressa
volesse conoscere tuo nipote, Pat» continuò suo padre. «Michael lo ha nominato
in continuazione durante la seduta. Sono stato costretto a spiegare a quella
donna il significato del suo nome.»
«Juna ha una pazienza titanica con sua cugina»
disse Paul. «E Melissa pende dalle sue labbra. Se si esclude quando è venuto a
casa vostra con papà, è quasi una settimana che non esce la sera, lo avete
notato?»
Connor respirò profondamente, «Come non notarlo?
Lo vedevo solo in ufficio fino a un paio di settimane fa. Sto cominciando
seriamente a temere che si senta in qualche modo responsabile della
situazione.»
«Starai scherzando» disse Ryan. «Che doveva fare?
Lasciare affogare mia figlia?»
Connor si rivolse al fratello minore, «No Ryan,
non mi sono spiegato: responsabile perché non si è reso conto del lento
degenero della situazione fino a quando non siamo arrivati in fondo e abbiamo
cominciato a scavare.»
«Quando Justin è rimasto a pranzo con lui hanno
parlato anche di Lissa» disse Paul. «Juna teme che Melissa esca di casa a
cercarlo, capisci? Ecco perché non esce più la sera. Lo ha detto chiaro e tondo
a Just: se presa dal panico uscisse dai confini della parco, Lizar e Dragar
potrebbero non seguirla.»
Calò il silenzio.
«Andiamo a sederci?» propose Manaar.
«Devo parlare di questo con mio figlio» decise
torvo Connor.
«Vado ad avvisare Howard di fare del tea» disse
Elisabeth.
Arrivarono vicini alla piscina e la voce del
ragazzo le giunse chiara, «Lissa, devi rilassarti: i pezzi di marmo vanno a
fondo.»
«Non mi lasciare andare, prometti?» piagnucolò la
bambina.
«Ti sta tenendo Melissa, lo vedo» cercò di
rassicurarla suo fratello.
«E’ alta l’acqua.»
«Melissa, deve esserlo se vuoi imparare. Rilassa
la schiena, se ti lasci andare resti a galla.»
«Juna…» lo chiamò Manaar.
Il ragazzo alzò lo sguardo su di lei, vide sua
madre, «Buongiorno Sarah, ben arrivata.»
«Grazie Juna.»
«Jeremy, ti ricordavi ancora la strada?»
«Sembra che il mio autista abbia un’ottima
memoria!» fu la risposta di suo padre.
Juna scosse la testa, «Capisco perché vai così
d’accordo con mio nonno.»
«Questa faccio finta di non averla sentita!»
esclamò Patrick.
«Ciao Jennifer, stavamo parlando di te.»
«Gli ho detto che neanche tu sai nuotare» disse
Michael.
Melissa la guardò improvvisamente interessata, «Non
sai ancora nuotare?» ripeté.
Si sentì improvvisamente alla stregua di una
deficiente. Scosse la testa in risposta.
«Se lei che è grande non sa nuotare, perché devo
imparare io che sono piccola?» chiese a Juna.
«Perché se una persona sbaglia non è scritto da
nessuna parte che debba farlo anche tu» fu la lapidaria risposta del ragazzo.
«Non è mai troppo tardi per imparare, ma prima lo si fa e meglio è.»
«Ma io…» riprese la bambina.
«Se tu avessi saputo nuotare adesso non passeresti
le notti a fare la guardia per vedermi tornare Melissa» stroncò perentorio la
protesta sul nascere. «Abbiamo fatto un patto io e te, ricordi?»
«Quando Melissa non vuole più imparare, insegni a
me?» chiese suo fratello «Sai che per farmi stare buono quegli uomini mi
dicevano che altrimenti mi avrebbero gettato in piscina? Mi faceva più paura la
piscina delle pistole e dei coltelli.»
Per poco non cascò in terra.
Oh mio Dio.
Sua madre si aggrappò a suo padre che aveva
cambiato colore.
Come c’era da aspettarsi, fu evidente che a Juna
non sfuggì una virgola del tutto. Quegli occhi, nel giro di un secondo, avevano
registrato ogni particolare delle loro reazioni.
«Quali uomini?» chiese Melissa.
«Lissa, abbiamo un appuntamento, ricordi?» disse
precipitosamente Ryan «Esci dall’acqua, raggiungiamo la mamma: dobbiamo farci
la doccia e vestirci.»
Juna portò la bambina fino al bordo e Ryan la
prese in collo tirandola su.
Lennie aveva già pronto l’accappatoio.
«Michael, se vuoi puoi starci tu con Juna adesso»
disse la bambina mentre scivolava dentro l’indumento di spugna.
«Parola mia, non riesco a credere alle mie
orecchie» commentò Connor. «Micky, questo è un onore che Lissa ha concesso solo
a te fino ad oggi.»
«Non… non abbiamo portato costumi da bagno» disse
sua madre.
«Jennie può mettere uno dei miei» disse Georgie,
«e Micky ha più o meno la misura di Melissa.»
«Un costume da bambina?» chiese
scandalizzato suo fratello.
«Ne ho uno nero che puoi mettere, vero mamma?»
disse Melissa intercettando sua madre che stava tornando in quel momento, «E’…
è…» guardò Juna in cerca di aiuto.
«Unisex» terminò il ragazzo, le braccia conserte
sopra il bordo della piscina.
«Quindi va bene anche per te… e poi vuoi o non
vuoi nuotare con Juna?»
Michael guardò Melissa in silenzio, poi sorrise,
«Ok.»
Si sentì prendere una mano, «Andiamo, a te ci
penso io!» esclamò Georgie.
«E io?» chiese subito Michael.
«Jennie, il costume per Micky lo do a te?» disse
Elisabeth.
«Io veramente non vorrei…» cominciò.
«Jennie, vai a cambiarti e aiuta Micky» disse suo
padre. «Vi aspettiamo qui.»
Michael le prese la mano, pronto a seguirla.
«Io ho veramente paura dell’acqua alta» provò a
spiegare. «Preferirei non entrare in…»
«C’è Juna con te» disse Melissa, «è impossibile
che affoghi.»
«Ha ragione sorellina… per favore.»
Fu costretta ad arrendersi.
Jennifer seguì Georgie con la stessa aria di un
condannato a morte.
Come Michael e le due ragazze sparirono dalla loro
vista, Sarah piombò a sedere su una delle poltroncine in vimini che
circondavano i tavolini e Jeremy non fece più nulla per continuare a nascondere
lo shock.
Decise che era meglio uscire momentaneamente
dall’acqua.
Sua madre lo aiutò a mettersi l’accappatoio senza
dire una parola.
«Jeremy, cos’è successo?» chiese suo nonno.
«Michael non ha mai accennato a niente riguardo il
periodo della prigionia» spiegò Jeremy con un filo di voce. «Non… non ero
pronto a una tale spontaneità… così all’improvviso…»
«La dottoressa Horgan» Sarah interruppe suo marito
scandendo quasi sillaba per sillaba, «ci ha detto che non possiamo costringerlo
a rivivere il trauma, che ne parlerà quando si sentirà di farlo e che l’unica
cosa che potremo fare allora sarà ascoltarlo.» Si rivolse a lui, «Juna, hai un
potere incredibile su Michael, si fida di te… e a questo punto spero che
continuerà a tirare fuori particolari del rapimento, anche se solo con te. La
dottoressa ha anche detto che una volta che si è aperta una falla, verrà giù
tutta la diga che separa i ricordi di mio figlio legati al rapimento dalla sua
vita prima e dopo. Ti chiedo di ascoltare mio figlio e te lo chiedo come
favore, perché so che non hai alcun obbligo nei nostri confronti.»
«Non preoccuparti Sarah, non avrò alcun problema a
farlo, ma anch’io devo chiedervi un favore, a te, a Jeremy e a Jennifer… appena
potrò parlarle riguardo a questo: non potete rischiare un collasso tutte le
volte che Michael comincerà a parlare del rapimento, qualsiasi cosa dica.
Capisco che il pensiero che vostro figlio si sia trovato a tu per tu con una
pistola vi abbia tolto vent’anni di vita» continuò parlando ad entrambi, «mi
meraviglierei se così non fosse, ma dovete assolutamente restare calmi o
Michael potrebbe cominciare a tenersi tutto dentro per paura di farvi star
male.»
«La stessa cosa che ci ha detto anche la Horgan»
disse Jeremy. «Ho paura per Jennie soprattutto.» Si rivolse alla moglie, «E’
stata davvero una vigliaccata mollarle Micky in quel modo.» prese atto della
realtà, poi continuò «Con la carriera che ho scelto ho imparato a mettermi una
maschera, e all’occorrenza saprò metterla anche davanti a Michael, per quanto
riguarda mia moglie… beh, è capace di qualsiasi cosa quando ci sono di mezzo i
nostri figli: reggerà anche a questa… ma Jennie…»
«Parlerò io con lei» riprese sedendosi davanti a
Sarah, «sono certo che avrai modo di scoprire che anche tua figlia è capace di
tutto quando si tratta della sua famiglia.»
«I problemi non sono finiti qui però» disse suo
zio Paul. «Spero di sbagliarmi, ma temo sarà estremamente difficile gestire
Melissa se si renderà conto che Michael si affeziona troppo a Juna.»
«Potresti avere ragione» ribatté suo padre, «ma il
fatto che gli abbia già dato il permesso di stare con mio figlio, mi
rende ottimista. E poi non scordare che dalla prossima settimana andranno
all’asilo insieme… confido che si crei una specie di coalizione fra di loro.»
Jeremy scosse la testa, «Sapevo che alla fine
sarebbe stato un errore venire qui.»
«Non dire stupidaggini Jeremy» insorse suo nonno.
«Sistemeremo tutto, vero Juna?»
«Jeremy, tu adesso devi solo preoccuparti
dell’incolumità della tua famiglia» disse suo zio Paul, «e se noi possiamo
aiutarti in qualche modo, non ci fa che piacere.»
«Ah! Eccovi qui finalmente!!» esclamò la voce di
sua nonna «Abbiamo incrociato Jennie e Micky con Georgie! Jennie diventa più
bella ogni volta che la vedo!»
«Maddie!» esclamò Sarah scattando in piedi.
Le due donne si abbracciarono.
«Ed ecco il mio secondogenito!» esclamò Paul
«Justin, ti ricordi di Jeremy e Sarah?»
«Certo! Ben arrivati!»
«Ciao Justin, certo che anche tu sei cresciuto
parecchio!» esclamò Jeremy «Quanti anni hai adesso?»
«La veneranda età di ventiquattro anni, ma non
dirlo in giro per favore!»
Jeremy si voltò verso Paul, «E lui è il più
piccolo dei due? Quanti anni ha Georgie?»
«Quella faccia da bambina ne ha ben ventisette!»
rispose sempre Justin «Ho una sorella che si avvia a passi da gigante verso i
trent’anni!!»
«Smettila Just!» disse Lennie «Sai che tua sorella
si arrabbia quando dici così!»
«Certo che lo so, è per questo che di solito è
presente anche lei quando lo dico!»
Tutti risero.
«Si becchettano ancora come vent’anni fa, questi
due!» commentò Paul.
«Justin, vuoi fare una nuotata con noi?» gli
chiese.
«Andavano a mettersi in costume quei tre?» Al suo
cenno affermativo sorrise, «Va’ che mi hai dato una bella idea. Devo solo
avvertire la mia fidanzata di arrivare armata di costume!»
Quando tornarono Georgie, Jennifer e Michael, il
bambino gli si arrampicò subito in collo «Davvero questo costume lo posso
mettere anch’io?» chiese dubbioso.
«Beh, ci sei già dentro o sbaglio?»
Il bambino rise, «Oh uffa, hai capito!»
«Jennie, puoi toglierti l’accappatoio, qui fa
caldo» disse Georgie dando il buon esempio.
La ragazza guardava la piscina come se fosse piena
di serpenti pronti a morderla.
«Ha molta paura dell’acqua alta» gli bisbigliò
Michael con l’aria di uno che confida un segreto di stato. «E il costume che ha
addosso adesso la fa anche sentire imbarazzata. Georgie le ha detto che le sta
bene… ma non l’ha convinta granché.»
Perfetto.
Si alzò posando il bambino in terra e si tolse
l’accappatoio, «Bene, entriamo in acqua?»
Nel tempo in cui Jennifer gli lanciò un’occhiata
che diceva chiaramente perché proprio io? E’ davvero necessario? Io sto
benissimo così, ti prego, Michael si era tolto il suo e Georgie era già in
acqua.
«Io entro quando sei dentro tu» mise in chiaro il
bambino.
«Io aspetterei tre o quattr’ore» disse Jennifer.
«Jennie, mettiamo subito in chiaro la situazione.
Tu hai due possibilità: o entri in acqua da sola o entri con me.»
«Entro dopo di te» decise all’istante.
«Ok, ma a quel punto se ti azzardi a ripensarci,
sappi fin da ora che ti verrò a prendere e non avrai luogo dove nasconderti o
santo al quale votarti, mi sono spiegato bene?»
L’espressione della ragazza gli disse che era
stato chiarissimo.
Si rivolse a Michael, «Io mi tuffo e poi ti prendo
dal bordo ok? Aspettami seduto lì.»
Gli rispose con un veloce cenno della testa e un
sorriso felice.
Si voltò e si avviò al limite della piscina senza
voltarsi.
L’acqua era sempre piacevolmente calda e poi
nuotare lo aiutava a scaricarsi.
Michael era esattamente dove gli aveva detto di
mettersi. Si fece trascinare in acqua senza la minima resistenza e gli cinse il
collo.
Quegli occhioni erano esattamente come se li
ricordava, con la differenza che erano luminosi e brillavano, invece che
terrorizzati.
Michael sembrava risplendere da quanto era felice.
Un’ombra gli coprì parzialmente la luce e alzò lo
sguardo su Jennifer.
Da dove saltava fuori quel costume? Doveva essere
uno di quelli che il fidanzato di Georgie le proibiva di mettere se non c’era
anche lui… e cominciava a capire il perché…
Decise di risparmiare a Jennifer almeno questa.
«Ok Micky, adesso afferra bene il bordo più basso,
quello bravo, e tieniti forte che porto in acqua tua sorella e torno da te.» La
guardò, «Avanti Jennie, lo stesso esercizio che hai visto fare a tuo fratello.»
La ragazza si mise a sedere sul bordo senza una
parola, lo sguardo fisso sull’acqua, «Qui tocchi anche tu Jennie, sta’
tranquilla.»
Portò in acqua un pezzo di marmo con gli occhi
serrati.
Quando si rese conto di toccare il fondo e avere
la testa abbondantemente fuori dall’acqua li aprì di botto, sorpresa.
«Che ti aveva detto?» disse Georgie alle sue
spalle.
Jennifer era di una quindicina di centimetri più
bassa di lui… e non si era legata i capelli.
«Rovescia la testa indietro e entra sott’acqua.»
«Coosa?» fu l’istantanea reazione.
«Devo farti la sillabazione?» Lanciò un’occhiata a
Michael «Falle vedere come si fa.»
Il bambino eseguì senza il minimo tentennamento,
tornò a galla e rise «E’ buffissimo là sotto!» esclamò.
Jennifer lo guardava come se non credesse che
quella creatura fosse davvero suo fratello.
«Non ti azzardare a lasciarmi» gli disse
all’improvviso piantandogli quegli oceani acquamarina che aveva al posto degli
occhi nei suoi.
«Parola di lupetto.»
Prese aria per un’immersione di un minuto e stette
sotto appena tre secondi.
Riemerse tossendo, «Non posso credere che ti ho
davvero dato retta!» disse fra un colpo di tosse e l’altro.
Non riuscì a trattenersi dal ridere, «Siamo appena
all’inizio Jennifer! Aspetta a dire non posso credere!»
Tese un braccio verso Michael che si staccò dal
bordo gettandosi verso di lui, poi si lasciò tirare.
Georgie si avvicinò, «Ci penso io a Jennie, Juna.»
Fece per togliere la mano che ancora poggiava sul
fianco della ragazza e, evidentemente per puro riflesso, Jennifer si avvicinò a
lui e gli afferrò un braccio con una mano, «Che fai?» chiese di nuovo
spaventata.
«Come non detto!» esclamò Georgie.
«Io posso stare anche abbracciato a te» disse
Michael. «Così insegni a mia sorella prima.»
Aveva visto Melissa poco prima, una delle cose che
più piaceva a sua cugina era stare dietro di lui, aggrappata alle sue spalle,
cingendogli il collo.
In quel modo stava in acqua, ma come una
conchiglia attaccata ad uno scoglio.
Con un solo braccio riuscì a far spostare il
bambino dietro di sé e Michael seppe esattamente dove aggrapparsi e quanto
stringere… che fosse nel dna dei bambini di quell’età?
«Va bene così? Non ti stringo troppo, vero?» gli
chiese in un orecchio.
«No, va benissimo Micky. Occhio a scalciare, hai
la mia schiena davanti.»
Lo sentì appoggiare una guancia sulla sua spalla,
«Stai tranquillo.»
Tornò a guardare la ragazza che era a dir poco
sbigottita.
«Lezione numero uno: galleggiare.»
Quella frase, come aveva previsto, attirò tutta la
sua attenzione. «Come prego?»
Con tutte due le mani libere fu un gioco da
ragazzi alzarla di peso, anche con la naturale resistenza dell’acqua intorno al
suo corpo.
Jennifer lanciò un gridolino e chissà come le sue
braccia trovarono l’unico spazio ancora libero dal fratello intorno al suo
collo, «No Jennie, non ci siamo: non devi abbracciarmi se vuoi galleggiare.»
Si aspettava che dopo una frase del genere la
ragazza lo lasciasse andare, arrossendo magari… invece la presa non accennò ad
allentarsi, «Io non voglio galleggiare!» fu la lapidaria risposta.
«Quindi l’acqua ti fa più paura di quanta non te
ne faccia io eh?»
Smise letteralmente di respirare, avendola così
vicina se ne accorse benissimo.
Lo guardò con una tale sorpresa che fu anche lui a
meravigliarsi: di quanto fosse trasparente quella ragazza.
«Eccoci di nuovo!» annunciò la voce di Justin.
Alzò lo sguardo e vide anche Diana accanto a lui.
Diana guardava Jennifer.
«Ciao Diana, ben arrivata.»
«Ciao Juna, mi fa piacere rivederti.»
«Ciao cognatina!» la salutò Georgie «Venite a
farci compagnia?»
«Saluto i tuoi e arriviamo» rispose la ragazza
ancorandosi alla mano di Justin.
Era decisamente gelosa.
Dieci minuti dopo anche Justin entrava in acqua
per poi aiutare la fidanzata.
«Presentazioni» cominciò poi, «mi sa che voi due
non vi conoscete di persona, vero? Jennifer, lei è Diana Lewis, la mia
fidanzata, Diana, lei è Jennifer Flalagan e quello ancorato alle spalle di mio
cugino è Michael, suo fratello.»
Jennifer guardò Diana e le sorrise, «Scusa la
posizione, ma è di una prepotenza senza limiti questo ragazzo. Piacere di
conoscerti.»
Di bene in meglio.
«Ciao…» disse timidamente Michael.
«Piacere mio.»
Diana la guardava in modo un po’ strano e non
poteva certo meravigliarsi, visto le condizioni precarie in cui era in quel
momento.
In fondo al cuore lo aveva sempre saputo: Juna le
avrebbe portato un sacco di guai.
«Juna, come ha fatto il tuo fidanzamento a
sfuggire a mia madre?» chiese di punto in bianco la ragazza.
Si sentì morire.
«Ancora non sono fidanzati» rispose candidamente
Michael battendo tutti sul tempo… e riuscendo a dire ancora come una
minaccia.
Fra Juna e Justin saettò un’occhiata, poi entrambi
scoppiarono a ridere.
Quando rideva diventava un’altra persona… quegli
occhi non sembravano più tanto pericolosi. Aveva anche lo stesso modo di sua
madre di rovesciare la testa indietro.
«Cugino, io lo sapevo!» esclamò Justin «E non dire
che non ti avevo avvisato! Anzi, forse ho addirittura sottovalutato la cosa!»
«Mi stai dicendo che tu non c’entri niente
con il commento della tua fidanzata?» chiese Juna alzando un
sopracciglio.
Sembrava che ciò che riusciva a sconvolgere lei,
lui non lo toccasse minimamente.
«Giuro che è una sua iniziativa! Diana, diglielo!
Io non c’entro niente!»
«Aspetta di sentire cosa ti dirà Gary!» disse
Georgie.
Significava che ancora non era finita?
«Se te lo stessi chiedendo, Gary è Gary
Wenther: lo storico, e stoico, fidanzato di mia sorella» continuò Justin
rivolgendosi a lei. «Stanno insieme da dodici anni, la sopporta da dodici
anni e se l’è voluta lui, capisci? Almeno io ho l’attenuante che non me la sono
scelta: mi è toccata. E’ fuori Boston per affari e torna presumibilmente questo
fine settimana, visto che lo ha nominato.»
«Lo conoscerai sicuramente» riprese Georgie
ignorando il commento del fratello, «è molto simpatico…»
«… specie quando sta fermo e zitto» aggiunse Juna
con una risatina.
Georgie lo fulminò con lo sguardo, «Antipatico.
Pensare che ha sempre parlato bene di te!»
«Sorellina, ancora non hai capito che io e te eravamo
gli unici a dirne di tutti i colori su di lui?» chiese Justin.
«Jennie, posso farti una domanda?» chiese
all’improvviso Juna.
«Cosa?»
«Ti rendi conto che stai galleggiando da sola?»
Ci mise qualche secondo ad assimilare il
significato di quella frase, per prima cosa controllò dove fossero le mani del
ragazzo, e vide le braccia come erano sempre state da che l’aveva alzata di
peso.
«Ottimo spirito di osservazione Jennie… ma non ti
sto toccando» disse leggendole nel pensiero.
Si aggrappò d’istinto a lui e il suo corpo planò
in acqua senza alcun sostegno.
«Juna!»
«Cosa?»
«Avevi promesso che non mi avresti lasciata!»
«Sono sempre qui, mi sembra.»
«Jennie, con lui devi stare attenta alle parole
che usi e a come le usi» disse Georgie, «tende a prendere le cose alla
lettera.»
«Galleggiavi da sola!» esclamò Michael contento
«Visto che non è difficile?»
«Ragazzi?» li chiamò Manaar «Il tea e i biscotti
sono pronti.»
«Biscotti?» chiesero ad una voce Justin e Juna.
Si lanciarono un’occhiata, poi continuò Juna, «Da
quando in questa casa ci sono biscotti?»
«Mi hai tolto le parole di bocca cugino!» esclamò
Justin.
«Li ha portati Susan.»
«I biscottini al cioccolato di Susan??» chiese suo
fratello «Li devi assaggiare!» aggiunse poi rivolto a Juna.
Il ragazzo cominciò a trascinarla tenendola a
galla con un braccio intorno alla vita, avvicinandosi alla scaletta con lei
tipo pacchetto postale.
«Comunque l’acqua è alta» lo informò.
«Non è alta, e se proprio ti fa paura, non
guardarla: guarda me.»
Era una battuta?
«E non sto scherzando, se te lo stessi chiedendo.»
Non riuscì ad evitare di alzare gli occhi al
cielo, «Sei impossibile Juna.»
«Scoprirai, conoscendolo, che è uno dei suoi pregi
più evidenti» commentò Georgie.
«Che Dio mi scampi dallo scoprire i difetti…»
«Fosse vero: Juna ha trovato qualcuna insensibile
al suo fascino!» disse Justin «Pensa Jennifer, l’unica che ho trovato fino ad
ora è diventata la mia fidanzata!»
Diana gli diede uno scherzoso pugno su un braccio,
«Ma pensa!»
Risero.
Poi Juna si rivolse a suo cugino, «Tutto è
possibile fra questo cielo e questa terra. Prendi me e te, lo avresti mai detto
che saremmo andati d’amore e d’accordo?»
«Non in questa vita» rispose Justin dopo averci
pensato un po’ su.
Juna, Diana, Justin e Georgie scoppiarono a
ridere.
Fra lei e Michael saettò uno sguardo sorpreso, ma
neanche suo fratello si azzardò a fare domande in proposito.
Era una sorpresa lo scoprire il senso
dell’umorismo di suo cugino… senza contare quello di Jennifer.
Uscirono dall’acqua e le mamme erano in fila con gli
accappatoi… anche suo padre era pronto con il suo.
Ci mise meno di mezzo secondo a capire che, guarda
caso, sua madre si sarebbe occupata di Jennifer, visto che Sarah era occupata
con Michael.
L’occhiata di Justin fu una vera poesia.
Decise di ignorare il tornado che si apprestava a
travolgerlo.
Suo nonno doveva aver vuotato il sacco con qualche
donna della casa alla fine, probabilmente la moglie… quindi solo Dio aveva
qualche possibilità di salvarlo da sua nonna e sua madre adesso.
Prese posto davanti a Jeremy che gli sorrise e
Michael fu un fulmine a salirgli in collo.
Seguirono secondi di silenzio assoluto, poi sua
madre gli porse il vassoio. «Cominciate a mangiare ragazzi.»
Diana si era piazzata in collo a Justin e non poté
fare a meno di notare l’occhiata perplessa che suo zio rivolse al
secondogenito. Occhiata che Justin ignorò in maniera esemplare.
Gli venne improvvisamente il sospetto che ci fosse
qualche problema fra il cugino e la fidanzata.
«Micky, così sbricioli anche addosso a Juna.»
La voce di Jeremy lo riscosse, abbassò gli occhi
sul bambino e vide che si era appoggiato a lui, il viso quasi nascosto contro
il suo collo, e mangiava tranquillamente il biscotto. «Non è un problema
Jeremy.»
«Ero convinta che Melissa fosse un caso isolato»
disse Diana all’improvviso, «ma vedo che mi sbagliavo.»
Michael la guardò di sottecchi ma non disse nulla.
Lennie osservava Michael come assorta, poi scoppiò
una bomba che non si sarebbe mai aspettato. «Sono sorpresa anch’io» continuò
sua zia. «Mi ero ormai convinta che Melissa agisse così per via del fatto che Juna
le avesse salvato la vita… con Michael questa teoria crolla miseramente.»
Era ad un passo dalla catastrofe.
Dovette fare ricorso a tutto il suo auto controllo
per rimanere impassibile.
Michael non ebbe la minima reazione, ringraziando
il Signore.
Continuava a mangiare il suo biscotto e a
guardarsi ogni tanto in giro, praticamente estraneo al fatto che stessero
parlando di lui.
«Beh mamma» disse Justin, «è evidente che hai
sottovalutato il fascino di tuo nipote.»
Tutti risero, e si costrinse a seguirli.
Con un po’ di fortuna, sua zia non avrebbe mai
saputo quanto fosse andata vicina alla verità.
Apparve Howard con il cordless che gli porse, «Il
signor Tyler.»
«Immagino si stia parlando di quello che deve
ancora laurearsi, vero? L’altro lo chiami professore» lo punzecchiò
tanto per non perdere una buona abitudine.
Howard sfoderò l’espressione più prossima ad un
sorriso del suo repertorio, «E’ Drake» si arrese.
Prese il telefono, «Grazie Howard. Pronto?»
«Cosa è successo?» chiese Drake.
«Tutto ok, tu?»
«Non sei solo. Juna, hai una voce che non mi
piace. Devo venire?»
«Mica male come idea. Ti fermi a cena?»
«E’ successo qualcosa con il bambino?»
«Sì e no, ne parliamo quando arrivi, ok?»
«In mezz’ora sono da te.»
Riattaccò. «Mamma, Drake resta a cena.»
«Lo avevo intuito» commentò la donna che lo aveva
messo al mondo guardandolo come se avesse voluto fargli una radiografia.
Doveva correre ai ripari. Se Drake si era accorto
che qualcosa non andava, era troppo sperare che sfuggisse a sua madre.
Decise di far leva su una delle cose che più
preoccupava quella donna… a mali estremi, estremi rimedi. «Mamma, hai qualcosa
contro il mal di testa?»
Istantaneamente sua madre si alzò, «Vado a
prendertelo.»
Michael alzò lo sguardo su di lui, «Ti fa tanto
male?» chiese a metà fra il preoccupato e il tenero.
«Un po’. A volte capita.»
«Jennie è brava a fare i massaggi. Fa passare il
mal di testa a papà» continuò il bambino.
Sì, non mi ci manca altro Micky.
In pochi attimi elaborò una scusa il più credibile
possibile, «Non ne dubito Micky, ma purtroppo non ho tempo per un massaggio:
fra poco Drake sarà qui e abbiamo da fare. Devo farmi ancora la doccia.
L’analgesico che usa mia madre funziona ed è veloce.»
«Posso venire anch’io con te?» chiese.
Un’ottima occasione per parlare con quella
creatura a tu per tu.
«Perché no. Dobbiamo continuare la sua tesi,
staremo in camera mia.»
«Prometto di non far rumore.»
Sorrise e gli scompigliò i capelli, «Ok.»
Sarah si alzò, «Andiamo a farci la doccia allora?
Così sarai pronto per quando arriva l’amico di Juna.»
Michael la seguì senza protestare.
Jennifer si alzò, «Vado anch’io.»
«Ti accompagno?» chiese Georgie.
«Volentieri, non sono certa di trovare da sola la
stanza.»
Quando la sua intera famiglia si fu allontanata,
Jeremy sospirò. «Sei sicuro che Michael non ti intralci? Non ho avuto il
coraggio di dirgli qualcosa, è così tranquillo quando ci sei tu.»
«Nessun problema. Spero solo che non si annoi:
economia e commercio non è una materia molto allegra.»
«Anche Drake è alle prese con la tesi eh?» chiese
Justin «Dio come lo capisco.»
Paul lo guardò con affetto. «Per quello che ci
capisco mi sembra che la tua proceda bene.»
«Guardando Juna che la prendeva mi sono convinto
che fosse anche divertente… pensa te che fesso.»
Diana gli accarezzò i capelli senza una parola,
Justin ricambiò il gesto con un’occhiata tenera.
Quei due si adoravano… allora qual era il
problema? Dando per scontato che ci fosse qualcosa che non andava… ma come gli
era venuta in mente una cosa simile?
Si ripromise di parlarne con Justin.
Si alzò, «Vado a farmi la doccia. Papà, dici alla
mamma di portarmi in camera l’analgesico? E quando arriva Drake, mi avverti se
non sono già sceso?»
Al cenno affermativo del padre, salutò tutti e si avviò
in camera propria.
Fu con immenso piacere che seguì suo figlio in
camera.
Era un po’ che quel bel tipo non la convinceva
affatto.
Bussò appena e la voce di Juna le disse di
entrare.
Fece appena in tempo a vederlo sparire dentro il
bagno e per quando raggiunse la porta del bagno, suo figlio si era già
barricato dentro la doccia.
«Ho l’analgesico.»
«Lascialo pure sul comodino» fu la risposta mentre
l’acqua cominciò a scorrere.
«Juna, da quando non vai da Larry? Questi mal di
testa iniziano a preoccuparmi seriamente.»
Breve silenzio da parte di suo figlio, poi… «E’
una cosa normale mamma, lo sai. Ogni cosa ha le sue controindicazioni: anche
l’essere un genio.»
Aveva sempre una risposta per tutto… peggio di suo
padre.
«Beh, una visitina a Larry non ti farà certo
male.»
Lawrence “Larry” McIntyre aveva fatto nascere suo
figlio e salvato la vita a lei, conosceva bene entrambi… a quel punto era
pronta a tutto pur di capire cosa frullasse per la testa di quel ragazzo, anche
a ricorrere a mezzi sleali.
Quei mal di testa erano dovuti ad un semplice
fatto: il cervello di suo figlio lavorava come se fossero due. E lei sapeva che
erano effettivamente due.
«Ne riparliamo dopo il bilancio di metà esercizio,
ok mamma? Adesso non ho testa per queste cose.»
«Queste cose, Juna, è la tua salute.»
«Va bene, dopo il bilancio mi farò rigirare come
un pedalino, contenta?»
Si appoggiò allo stipite della porta e rimase ad
osservare la forma di suo figlio attraverso lo spesso cristallo della doccia.
Si sentiva impazzire al solo pensiero che potesse
succedergli qualcosa… o semplicemente che qualcosa non andasse e lei non fosse
abbastanza vigile da accorgersene.
Juna era l’unico figlio che le era rimasto.
Come sarebbe cambiato l’atteggiamento di quel
ragazzo sapendolo? L’avrebbe odiata scoprendo cosa gli aveva nascosto da quando
era nato?
Il pensiero le procurò una scossa lungo la spina
dorsale.
Stava impazzendo? Stava davvero prendendo in
considerazione l’ipotesi di parlare a Juna di Jawad?
Da dove saltava fuori questa?
A Connor sarebbe venuto un colpo solo immaginando
che lei avesse pensieri del genere.
I patti fra lei e suo marito erano chiari.
Il dolore per la morte di Jawad, a quasi
diciannove anni di distanza, era ancora lancinante.
A differenza degli aborti spontanei, Jawad era venuto
al mondo, aveva respirato anche se per meno di ventiquattro ore… Larry era
stato chiaro: Juna era stato il gemello omozigote che aveva avuto il
sopravvento, si era preso tutto, anche quello che non gli serviva.
Jawad era nato praticamente senza massa celebrale
e senza cuore e con un solo polmone… Juna lo aveva tenuto in vita fino quasi a
morirne, ma alla fine lei e Connor avevano dovuto scegliere: vederli morire
entrambi o cercare di salvarne almeno uno.
E ringraziando Dio, Juna ce l’aveva fatta… anche
se quando Jawad aveva smesso di respirare, dall’altra parte della stanza, il
suo cuore, quel cuoricino che aveva tenuto in vita anche il fratello, si era
fermato per trenta, lunghissimi secondi.
Il fiato le si mozzò di nuovo nei polmoni
rivivendo il momento… aveva pregato, lo ricordava benissimo, Dio, lasciamene
almeno uno.
Praticamente Jawad non era neanche un neonato… era
stato un’estensione di Juna e solo lei, Connor e Larry sapevano che era
esistito e Jawad viveva solo nei loro ricordi.
Con la scusa che era stato un parto difficile,
Larry aveva imposto ai familiari e agli amici di vedere Juna, che allora ancora
non si chiamava Junayd… perché quel ragazzo si era guadagnato il suo nome
proprio in seguito all’operazione e all’aver lottato come una tigre per
sopravvivere, il giorno dopo la nascita e quella stessa notte i due gemelli
erano stati divisi… Larry aveva portato in sala operatoria le persone del suo
staff di cui si fidava ciecamente, avvisandole che andava salvata una vita e
che questo era tutto quello che avrebbero saputo sulla faccenda.
Non erano rimaste tracce dell’intervento sul corpo
di Juna, Larry aveva fatto un autentico capolavoro, e anche per quello era
stato possibile nascondere il tutto… neanche Jessica sapeva niente e Jessica
era la sua migliore amica dai tempi del liceo…
Connor, la notte che Jawad era morto, era rimasto
in ospedale con lei e avevano parlato fino all’alba: Junayd Kamil, Giovane
Guerriero Completo, Perfetto (era quello che aveva detto loro Larry dopo
l’operazione: è completo, adesso è
perfetto), era vivo e loro figlio non avrebbe mai saputo che per vivere
aveva sacrificato il fratello, Che Da’ A Piene Mani. Aveva dato anche il nome
di una stella a suo figlio, il nome completo era Jawad Tareq.
Con il senno di poi, si era convinta che Juna era
destinato a restare un essere unico.
Avevano comunque quindi deciso di tacere
l’esistenza stessa di Jawad e Larry aveva giurato di mantenere il segreto,
aveva falsificato il certificato di nascita di Juna e messo a tacere tutto.
Anche lei aveva fatto un giuramento a se stessa:
sarebbe potuto crollare il mondo, ma nessuno avrebbe fatto del male a
suo figlio.
«Mamma?»
L’acqua si era fermata.
«Sono sempre qui, scusami… ero soprappensiero.
Dimmi.»
«Stai a guardia come quando decidevo di farmi il
bagnetto da solo?»
«Beh, sei un po’ grandicello no?»
«Oh, grazie per essertene accorta…»
«Sei sempre il solito.»
«Non vedo perché perdere le buone abitudini.»
«Hai ripreso la filosofia di vita di tuo padre,
povera me.»
«Detesto sottolineare l’ovvio mamma, ma sei tu che
l’hai sposato.»
«Certo, e lo rifarei altre cento volte.»
La risata di suo figlio la scosse nel profondo,
«Ogni cosa ha le sue controindicazioni!»
Le sue labbra si piegarono in un sorriso contro il
suo volere… quel ragazzo era davvero intollerabile a volte.
«Torno dai nostri ospiti, quando arriva Drake te
lo mando qui?»
«No mamy, scendo io, grazie.»