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Autore: Black Swan    25/11/2008    2 recensioni
Junayd Kamil Alifahaar McGregory ha tutto.
E’ l’unico punto di contatto fra due delle più potenti famiglie del paese, ha ricchezza, bellezza, intelligenza, una posizione di prestigio.
Junayd Kamil Alifahaar McGregory ha le idee chiare.
Sa cosa deve o non deve fare, ha imparato molto presto come far girare il mondo nel verso che gli fa più comodo, ha preso la decisione di condurre una doppia vita a soli quindici anni e custodisce segreti che i suoi genitori neanche immaginano lui possa conoscere.
Junayd Kamil Alifahaar McGregory è convinto di avere già tutto quello di cui ha bisogno: i pilastri della sua vita sono già stati piantati, i confini già marcati. Si renderà conto che anche lui può sbagliare.
Junayd Kamil Alifahaar McGregory non ha mai fatto i conti con il suo cuore. Si accorgerà quanto prima dell’errore commesso.
Junayd Kamil Alifahaar McGregory non ha mai realmente ascoltato il suo cuore. Scoprirà che non è mai troppo tardi per cominciare…
Genere: Avventura, Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non E’ Mai Troppo Tardi - Capitolo 7

Non E’ Mai Troppo Tardi

7

 

 

 

 

 

 

 

 

Furono necessari quattro giorni in più rispetto a quanto previsto da Patrick, più che altro a causa degli impegni di Jeremy, ma alla fine la famiglia Flalagan arrivò a Villa McGregory.

Jennifer rimase senza parole davanti all’immenso edificio a tre piani, diviso nel corpo centrale e due ali, in stile barocco.

Al confronto casa sua sembrava una baracca.

Suo padre le aveva detto che negli ultimi quattro o cinque anni Patrick aveva aggiunto alle parti, per esempio tre stanze comunicanti ad uso di studio privato per lui, Connor e Juna che volendo avrebbero potuto mandare avanti gli affari anche da casa, un’intera ala e una serra nel parco che circondava la villa, e ristrutturato quello che già esisteva, ma aveva un po’ minimizzato il lavoro che era stato fatto alla villa che ricordava lei.

Era il trionfo del marmo.

Suo fratello poi camminava a mezzo metro da terra, era convinta che se le avesse lasciato la mano avrebbe cominciato a lievitare nel vuoto.

«Belllllloooooo» fu il suo unico, enfatico commento, quasi in trance a guardare cosa lo circondava «Abita qui Juna?»

Da quando lo aveva visto riusciva a dire il suo nome in media almeno una volta ogni dieci parole.

«La ristrutturazione è riuscita bene» commentò sua madre. «Jeremy, da quanto non veniamo qui?»

«Troppo tempo Sarah. Micky non c’è mai stato.»

Michael le appoggiò una manina sulla guancia e pilotò il suo sguardo fino al proprio «Ti piace qui?»

«E’ bellissimo Micky.»

«Staremo bene Jennie, credimi.»

Per l’ennesima volta il tono di voce di suo fratello la sconvolse, suo padre girò la testa di scatto e guardò il figlio più piccolo sbigottito.

Sua madre era diventata un pezzo di marmo, ma teneva testardamente la testa girata fuori dal finestrino.

Susan aveva le lacrime agli occhi.

Michael era cresciuto in un lampo. Non era riapparso il bambino che era stato rapito… e questo, come aveva anche ammesso suo padre, se lo aspettava, ma quel piccolo ometto di quattro anni a volte la spaventava a morte.

Le faceva male il cuore quando pensava a cosa avesse potuto trasformarlo così. Chissà la paura che aveva provato, cosa gli avevano fatto passare gli uomini che lo avevano rapito.

La prima cosa che suo padre aveva preteso era stata una visita medica per… non riusciva neanche a pensarci: per accertarsi che Michael non avesse subito violenza sessuale e Michael non aveva fatto storie, affrontando tutto in silenzio.

Le esplodeva l’inferno dentro al pensiero che suo fratello avesse potuto correre un pericolo del genere.

Non erano arrivati a tanto e ringraziava il Signore per questo.

Poi una seduta da un psicanalista, ma Michael non aveva aperto bocca, se non per informare la dottoressa Horgan che presto sarebbe andato ad abitare con Juna, che era un giovane guerriero.

Suo padre aveva dovuto spiegare alla dottoressa che il nome del ragazzo era arabo, come la madre, e che significava Giovane Guerriero.

La dottoressa Horgan, una donna molto dolce e gentile, aveva detto che avrebbe parlato quando fosse stato pronto, che non si poteva correre il rischio di forzarlo a rivivere il trauma.

«Sono sicura che hai ragione.»

Michael le sorrise e si riappoggiò a lei.

Susan scese dalla macchina per prima, «Hanno coraggio a definirla una villa, questa è una reggia!»

Scesero tutti quanti e Michael le tirò subito i jeans, era il segnale che voleva essere preso in collo. Lo accontentò più che volentieri e si strinse a lui con la stessa forza con la quale suo fratello si incollò a lei.

Dal portone centrale in massiccio legno scuro e vetro, al quale si accedeva mediante una scalinata di marmo bianco e grigio, apparve Patrick con tre uomini al seguito, che riconobbe subito essere i figli senza però riuscire a dare un nome ad ogni volto, e gli si fece incontro raggiante.

«Ben arrivati! Finalmente!»

«Grazie Patrick» disse suo padre, poi si rivolse agli altri tre, «Connor, Ryan, Paul, è un piacere rivedervi.»

I cinque uomini si strinsero la mano.

«Lasciate perdere le valigie!» disse poi quello che sembrava essere il più giovane «Ci pensano i domestici a quelle! Ciao Sarah, ben arrivata.»

«Ryan, come va?» rispose sua madre.

«Bene, grazie. Jennifer! Sei irriconoscibile, come sei cresciuta!»

«Fratellino, siamo noi che invecchiamo!» disse uno dei due che era rimasto a parlare con suo padre «Aspetta che Lissa abbia l’età di Jennifer!»

«Parla per te Paul!» ribatté Ryan «Melissa ha ancora qualche anno davanti a sé! E tu sei Michael, giusto?»

Suo fratello annuì strusciando il viso contro il suo collo.

«Sai, Melissa, la mia bambina, ha poco più della tua età e non vede l’ora di conoscerti. E’ in piscina con Juna adesso.»

Aveva detto la parola magica, suo fratello scattò come una molla.

«Juna?? Dov’è??»

Patrick rise, «Connor, visto? Che ti avevo detto?»

Quello che doveva essere per forza il padre di Juna e il primogenito di Patrick, sorrise «Il fascino di mio figlio non perdona.»

«Eh, tutto suo padre…» commento Ryan.

Michael reclinò la testolina guardando Connor che stava guardando di traverso il fratello, «Sei il papà di Juna?»

«L’unico e solo.»

«Com’è che non ti assomiglia?»

Suo padre e sua madre cambiarono letteralmente colore, Ryan e Paul soffocarono una risata con una serie di colpi di tosse, Patrick sgranò gli occhi… Connor esplose in una fragorosa risata, «Perché ha ripreso il meglio da entrambi i genitori Micky: il mio senso dell’umorismo e i colori della madre! Non conosci mia moglie, vero Micky? Posso chiamarti Micky?»

Suo fratello sorrise, «Certo. Vai d’accordo con il mio papà?»

«Direi di sì, come mai?»

Stava per succedere un disastro, anche suo padre aveva intuito dove voleva andare a parare il figlioletto.

Fu salvata dall’entrata in scena della donna più bella che avesse mai visto e che era rimasta tale e quale a come se la ricordava: la fotocopia al femminile di Juna.

«Cosa ci fate ancora qui fuori? Io, Beth, Georgie e Lennie dobbiamo fare una richiesta scritta per salutare i nuovi arrivati?»

«Arriviamo Manaar!» disse Connor.

Cominciarono a salire la scalinata.

«Oh Dio Connor, scusalo» disse suo padre. «E’ la prima volta che si comporta così.»

«Scusarlo? E di cosa? Jeremy, tuo figlio non aveva ancora visto Manaar e i bambini hanno un’ingenuità straordinaria. Ti garantisco che ha avuto più classe lui di quanta ne ho mai riscontrata in tutta la mia vita!» lanciò un’occhiata alla moglie «Beh, esclusa mia moglie, ovviamente! E in un certo senso anche mio figlio, a pensarci bene!»

«Juna si è fatto un uomo ormai. Quando l’ho visto giorni fa stentavo a credere ai miei stessi occhi… è incredibile che debba ancora finire diciannove anni.»

«A volte penso che mio figlio, bambino o adolescente non lo è mai stato.»

Entrarono e, appena varcata la soglia, per poco non lasciò andare Michael per la sorpresa: lì dentro c’era una collezione di ori, argenti, marmi, statue e quadri a dir poco sbalorditiva.

Ci credeva che il sistema d’allarme era a prova di bomba!

«Ciao Sarah! Ben arrivata!» esclamò Manaar abbracciando sua madre… che rispose all’abbraccio di getto.

«Manaar, che piacere vederti!»

«Tutto bene? Vi va qualcosa? Un tea?»

Sua madre guardò lei e Michael, il suo fratellino era in vena di follie quel giorno «Io un tea lo prenderei volentieri signora Manaar, grazie.»

Manaar sgranò gli occhi, «Ma che perfetto gentiluomo! Dici che sono troppo vecchia per essere chiamata solo Manaar?»

«Mi chiamerai Micky?»

«Mi sembra equo. Affare fatto Micky. Ciao Jennie, ben arrivata.»

«Grazie.»

La somiglianza era impressionante… poteva essere la sorella gemella di Juna, invece che la madre.

Gli occhi erano praticamente identici, ma Manaar aveva una luce dolcissima… Juna… beh, Juna no.

«Sai Manaar che sembri la sorella gemella di Juna?»

Per un attimo ebbe paura di aver dato involontariamente voce ai propri pensieri… poi si rese conto che era stato suo fratello a dirlo.

Manaar rimase un attimo pietrificata, poi rise rovesciando la testa indietro, «Micky, sei un tesoro, proprio quello che una donna ha bisogno di sentirsi dire! Connor?»

«Dimmi tesoro.»

«Micky dovrebbe darti qualche lezione di galateo sai? Tu non mi hai mai detto che sembro la sorella gemella di tuo figlio!»

Connor sorrise furbescamente, «Io so perfettamente che non lo sei tesoro e poi non devo conquistarmi il tuo cuore: è già mio!»

«Sei veramente troppo sicuro di te amore.»

«No Manaar, io sono sicuro di te

Si sorrisero… e praticamente il sole venne oscurato.

«Ma guardateli, gli eterni sposini in luna di miele!» esclamò una voce alle sue spalle.

Si voltò e vide una ragazza che sembrava più o meno della sua età… ovviamente ricordava che Georgie avesse quasi undici anni in più di lei, ma non li dimostrava affatto.

«Perché davanti al vostro pargolo non dite queste cose?» continuò indagatrice.

«Perché nostro figlio si diverte a prenderci in giro per questo senza ulteriori incentivi» rispose Connor. «Aveva appena cinque anni quando l’ho sentito affermare di essere figlio dell’amore! Jennifer, ti ricordi Georgie?»

«Ciao Georgie» la salutò sopra le risatine.

«Ciao Jennifer, ben arrivata. Finalmente un po’ di compagnia vicina alla mia età, che ne dica mio fratello. Tu devi essere Michael.»

«Micky.»

«Micky» ripeté Georgie.

«Puoi chiamarmi Jennie, lo fanno tutti.»

Georgie le sorrise, poi si guardò intorno, «Papà?» Paul si voltò verso di lei «Ho sentito Just adesso: è, cito testualmente le sue parole, appena riuscito a strappare la nonna dalle grinfie delle sue amiche e ce la sta riportando a casa sana e salva

«Georgie…» cominciò una donna.

«Lennie, ha reso perfettamente l’idea… e non ha detto una bugia. Lascia perdere» disse Paul a colei che doveva essere la moglie.

«Propongo di spostarci nei tavolini accanto alla piscina!» esclamò Ryan «Conoscerete anche mia figlia così.»

«Manaar, che significa il tuo nome?» riprese suo fratello mentre si spostavano.

«Luce Che Guida» rispose Connor, «e credimi, è azzeccatissimo.»

Manaar abbracciò il marito con un sorriso.

«Anche il nome di Juna è az-zec-cat-issi-mo» disse suo fratello sillabando la parola più complicata per essere sicuro di non sbagliarla.

Suo fratello capiva sempre il significato delle parole, anche le più difficili, solo sentendole nel contesto del discorso.

Manaar lo guardò sorpresa, «Sai il significato del suo nome?»

«Sì, me lo ha detto il mio papà. Giovane Guerriero.»

Connor scoppiò a ridere, «Sarebbe stato adatto anche Testa Dura, ma Manaar non ha voluto tradurmelo!»

Risero tutti.

Le sue perplessità riguardo alla piscina svanirono quando si rese conto che era al chiuso e ancora riscaldata artificialmente.

Patrick non aveva tralasciato niente.

Per poco suo fratello non le cadde dalle braccia quando si gettò in avanti urlando a pieni polmoni Juna!! Juna!! Ciao!! e alla fine lo vide anche lei: era in acqua con una bambina bionda saldamente allacciata a lui.

L’acqua gli copriva per metà il torace e con i capelli bagnati portati indietro quegli occhi erano ancora più in primo piano, anche a quella distanza.

«Michael, non urlare, per favore» disse sua madre esterrefatta. «Cosa devono pensare vedendo come ti comporti?»

Suo fratello si girò verso di lei e le sorrise raggiante, «Cosa devono pensare mamma? Che sono felicissimo di vedere Juna! Mi sembra chiaro!!»

Suo padre le gettò un’occhiata rassegnata, «Mettilo giù adesso Jen, o ti cade.»

Di malavoglia mise a terra suo fratello che scattò come un razzo verso la piscina. «Oh Dio Micky, sta’ attento!» gridò senza riflettere «Non sai nuotare!»

Michael rallentò visibilmente ma non si fermò, in un battito di ciglia era accovacciato sul bordo della piscina.

«Jeremy…» cominciò sua madre angosciata.

«Calma Sarah.»

«Che succede?» chiese Patrick.

Sua madre guardò la scena e bisbigliò, «Quello non è mio figlio, che sta succedendo?»

«Mamma!» esplose «Non dire sciocchezze! Mi preoccuperei se Micky si comportasse come se non fosse successo niente!»

Sua madre respirò profondamente, «Hai ragione Jennie. Scusatemi» disse a tutti e a nessuno dopo aver recuperato il controllo di sé.

Manaar le cinse le spalle con un braccio, «Non devi scusarti di niente Sarah. Posso solo dirti che un comportamento del genere da parte di un bambino nei confronti di mio figlio è la regola.»

«E’ vero Sarah» disse una donna che non aveva notato prima. «Stando in questa casa ti renderai conto che la situazione di mia figlia non si discosta molto dal comportamento di Michael.»

Suo padre la guardò, era sempre attento agli stati d’animo di chi lo circondava e neanche a lei era sfuggito il tono rassegnato e angosciato insieme della donna «Come mai Elisabeth?»

«L’anno scorso Melissa cadde dalla barca mentre eravamo in gita. Non sapeva nuotare, la vedemmo sparire sott’acqua e nessuno di noi seppe reagire prontamente» rispose Ryan. «Tranne Juna. Si tuffò ripescandola letteralmente per i capelli. Da quel giorno mia figlia entra nel panico se non ha Juna a portata di vista, si è convinta che solo con lui è al sicuro, che solo lui può proteggerla. Da qualche giorno ha iniziato ad essere ossessivamente preoccupata che possa succedere qualcosa a Juna mentre lei non è con lui. Abbiamo iniziato a portarla da un’analista e…»

«… il nome della dottoressa Horgan me lo ha dato proprio Jeremy, Ryan» disse Patrick.

Jeremy si voltò verso Patrick, «Era per Melissa?» chiese sbalordito.

Patrick si limitò ad annuire.

«Non mi meraviglierei se alla fine la dottoressa volesse conoscere tuo nipote, Pat» continuò suo padre. «Michael lo ha nominato in continuazione durante la seduta. Sono stato costretto a spiegare a quella donna il significato del suo nome.»

«Juna ha una pazienza titanica con sua cugina» disse Paul. «E Melissa pende dalle sue labbra. Se si esclude quando è venuto a casa vostra con papà, è quasi una settimana che non esce la sera, lo avete notato?»

Connor respirò profondamente, «Come non notarlo? Lo vedevo solo in ufficio fino a un paio di settimane fa. Sto cominciando seriamente a temere che si senta in qualche modo responsabile della situazione.»

«Starai scherzando» disse Ryan. «Che doveva fare? Lasciare affogare mia figlia?»

Connor si rivolse al fratello minore, «No Ryan, non mi sono spiegato: responsabile perché non si è reso conto del lento degenero della situazione fino a quando non siamo arrivati in fondo e abbiamo cominciato a scavare.»

«Quando Justin è rimasto a pranzo con lui hanno parlato anche di Lissa» disse Paul. «Juna teme che Melissa esca di casa a cercarlo, capisci? Ecco perché non esce più la sera. Lo ha detto chiaro e tondo a Just: se presa dal panico uscisse dai confini della parco, Lizar e Dragar potrebbero non seguirla.»

Calò il silenzio.

«Andiamo a sederci?» propose Manaar.

«Devo parlare di questo con mio figlio» decise torvo Connor.

«Vado ad avvisare Howard di fare del tea» disse Elisabeth.

Arrivarono vicini alla piscina e la voce del ragazzo le giunse chiara, «Lissa, devi rilassarti: i pezzi di marmo vanno a fondo.»

«Non mi lasciare andare, prometti?» piagnucolò la bambina.

«Ti sta tenendo Melissa, lo vedo» cercò di rassicurarla suo fratello.

«E’ alta l’acqua.»

«Melissa, deve esserlo se vuoi imparare. Rilassa la schiena, se ti lasci andare resti a galla.»

«Juna…» lo chiamò Manaar.

Il ragazzo alzò lo sguardo su di lei, vide sua madre, «Buongiorno Sarah, ben arrivata.»

«Grazie Juna.»

«Jeremy, ti ricordavi ancora la strada?»

«Sembra che il mio autista abbia un’ottima memoria!» fu la risposta di suo padre.

Juna scosse la testa, «Capisco perché vai così d’accordo con mio nonno.»

«Questa faccio finta di non averla sentita!» esclamò Patrick.

«Ciao Jennifer, stavamo parlando di te.»

«Gli ho detto che neanche tu sai nuotare» disse Michael.

Melissa la guardò improvvisamente interessata, «Non sai ancora nuotare?» ripeté.

Si sentì improvvisamente alla stregua di una deficiente. Scosse la testa in risposta.

«Se lei che è grande non sa nuotare, perché devo imparare io che sono piccola?» chiese a Juna.

«Perché se una persona sbaglia non è scritto da nessuna parte che debba farlo anche tu» fu la lapidaria risposta del ragazzo. «Non è mai troppo tardi per imparare, ma prima lo si fa e meglio è.»

«Ma io…» riprese la bambina.

«Se tu avessi saputo nuotare adesso non passeresti le notti a fare la guardia per vedermi tornare Melissa» stroncò perentorio la protesta sul nascere. «Abbiamo fatto un patto io e te, ricordi?»

«Quando Melissa non vuole più imparare, insegni a me?» chiese suo fratello «Sai che per farmi stare buono quegli uomini mi dicevano che altrimenti mi avrebbero gettato in piscina? Mi faceva più paura la piscina delle pistole e dei coltelli.»

Per poco non cascò in terra.

Oh mio Dio.

Sua madre si aggrappò a suo padre che aveva cambiato colore.

Come c’era da aspettarsi, fu evidente che a Juna non sfuggì una virgola del tutto. Quegli occhi, nel giro di un secondo, avevano registrato ogni particolare delle loro reazioni.

«Quali uomini?» chiese Melissa.

«Lissa, abbiamo un appuntamento, ricordi?» disse precipitosamente Ryan «Esci dall’acqua, raggiungiamo la mamma: dobbiamo farci la doccia e vestirci.»

Juna portò la bambina fino al bordo e Ryan la prese in collo tirandola su.

Lennie aveva già pronto l’accappatoio.

«Michael, se vuoi puoi starci tu con Juna adesso» disse la bambina mentre scivolava dentro l’indumento di spugna.

«Parola mia, non riesco a credere alle mie orecchie» commentò Connor. «Micky, questo è un onore che Lissa ha concesso solo a te fino ad oggi.»

«Non… non abbiamo portato costumi da bagno» disse sua madre.

«Jennie può mettere uno dei miei» disse Georgie, «e Micky ha più o meno la misura di Melissa.»

«Un costume da bambina?» chiese scandalizzato suo fratello.

«Ne ho uno nero che puoi mettere, vero mamma?» disse Melissa intercettando sua madre che stava tornando in quel momento, «E’… è…» guardò Juna in cerca di aiuto.

«Unisex» terminò il ragazzo, le braccia conserte sopra il bordo della piscina.

«Quindi va bene anche per te… e poi vuoi o non vuoi nuotare con Juna?»

Michael guardò Melissa in silenzio, poi sorrise, «Ok.»

Si sentì prendere una mano, «Andiamo, a te ci penso io!» esclamò Georgie.

«E io?» chiese subito Michael.

«Jennie, il costume per Micky lo do a te?» disse Elisabeth.

«Io veramente non vorrei…» cominciò.

«Jennie, vai a cambiarti e aiuta Micky» disse suo padre. «Vi aspettiamo qui.»

Michael le prese la mano, pronto a seguirla.

«Io ho veramente paura dell’acqua alta» provò a spiegare. «Preferirei non entrare in…»

«C’è Juna con te» disse Melissa, «è impossibile che affoghi.»

«Ha ragione sorellina… per favore.»

Fu costretta ad arrendersi.

 

Jennifer seguì Georgie con la stessa aria di un condannato a morte.

Come Michael e le due ragazze sparirono dalla loro vista, Sarah piombò a sedere su una delle poltroncine in vimini che circondavano i tavolini e Jeremy non fece più nulla per continuare a nascondere lo shock.

Decise che era meglio uscire momentaneamente dall’acqua.

Sua madre lo aiutò a mettersi l’accappatoio senza dire una parola.

«Jeremy, cos’è successo?» chiese suo nonno.

«Michael non ha mai accennato a niente riguardo il periodo della prigionia» spiegò Jeremy con un filo di voce. «Non… non ero pronto a una tale spontaneità… così all’improvviso…»

«La dottoressa Horgan» Sarah interruppe suo marito scandendo quasi sillaba per sillaba, «ci ha detto che non possiamo costringerlo a rivivere il trauma, che ne parlerà quando si sentirà di farlo e che l’unica cosa che potremo fare allora sarà ascoltarlo.» Si rivolse a lui, «Juna, hai un potere incredibile su Michael, si fida di te… e a questo punto spero che continuerà a tirare fuori particolari del rapimento, anche se solo con te. La dottoressa ha anche detto che una volta che si è aperta una falla, verrà giù tutta la diga che separa i ricordi di mio figlio legati al rapimento dalla sua vita prima e dopo. Ti chiedo di ascoltare mio figlio e te lo chiedo come favore, perché so che non hai alcun obbligo nei nostri confronti.»

«Non preoccuparti Sarah, non avrò alcun problema a farlo, ma anch’io devo chiedervi un favore, a te, a Jeremy e a Jennifer… appena potrò parlarle riguardo a questo: non potete rischiare un collasso tutte le volte che Michael comincerà a parlare del rapimento, qualsiasi cosa dica. Capisco che il pensiero che vostro figlio si sia trovato a tu per tu con una pistola vi abbia tolto vent’anni di vita» continuò parlando ad entrambi, «mi meraviglierei se così non fosse, ma dovete assolutamente restare calmi o Michael potrebbe cominciare a tenersi tutto dentro per paura di farvi star male.»

«La stessa cosa che ci ha detto anche la Horgan» disse Jeremy. «Ho paura per Jennie soprattutto.» Si rivolse alla moglie, «E’ stata davvero una vigliaccata mollarle Micky in quel modo.» prese atto della realtà, poi continuò «Con la carriera che ho scelto ho imparato a mettermi una maschera, e all’occorrenza saprò metterla anche davanti a Michael, per quanto riguarda mia moglie… beh, è capace di qualsiasi cosa quando ci sono di mezzo i nostri figli: reggerà anche a questa… ma Jennie…»

«Parlerò io con lei» riprese sedendosi davanti a Sarah, «sono certo che avrai modo di scoprire che anche tua figlia è capace di tutto quando si tratta della sua famiglia.»

«I problemi non sono finiti qui però» disse suo zio Paul. «Spero di sbagliarmi, ma temo sarà estremamente difficile gestire Melissa se si renderà conto che Michael si affeziona troppo a Juna.»

«Potresti avere ragione» ribatté suo padre, «ma il fatto che gli abbia già dato il permesso di stare con mio figlio, mi rende ottimista. E poi non scordare che dalla prossima settimana andranno all’asilo insieme… confido che si crei una specie di coalizione fra di loro.»

Jeremy scosse la testa, «Sapevo che alla fine sarebbe stato un errore venire qui.»

«Non dire stupidaggini Jeremy» insorse suo nonno. «Sistemeremo tutto, vero Juna?»

«Jeremy, tu adesso devi solo preoccuparti dell’incolumità della tua famiglia» disse suo zio Paul, «e se noi possiamo aiutarti in qualche modo, non ci fa che piacere.»

«Ah! Eccovi qui finalmente!!» esclamò la voce di sua nonna «Abbiamo incrociato Jennie e Micky con Georgie! Jennie diventa più bella ogni volta che la vedo!»

«Maddie!» esclamò Sarah scattando in piedi.

Le due donne si abbracciarono.

«Ed ecco il mio secondogenito!» esclamò Paul «Justin, ti ricordi di Jeremy e Sarah?»

«Certo! Ben arrivati!»

«Ciao Justin, certo che anche tu sei cresciuto parecchio!» esclamò Jeremy «Quanti anni hai adesso?»

«La veneranda età di ventiquattro anni, ma non dirlo in giro per favore!»

Jeremy si voltò verso Paul, «E lui è il più piccolo dei due? Quanti anni ha Georgie?»

«Quella faccia da bambina ne ha ben ventisette!» rispose sempre Justin «Ho una sorella che si avvia a passi da gigante verso i trent’anni!!»

«Smettila Just!» disse Lennie «Sai che tua sorella si arrabbia quando dici così!»

«Certo che lo so, è per questo che di solito è presente anche lei quando lo dico!»

Tutti risero.

«Si becchettano ancora come vent’anni fa, questi due!» commentò Paul.

«Justin, vuoi fare una nuotata con noi?» gli chiese.

«Andavano a mettersi in costume quei tre?» Al suo cenno affermativo sorrise, «Va’ che mi hai dato una bella idea. Devo solo avvertire la mia fidanzata di arrivare armata di costume!»

Quando tornarono Georgie, Jennifer e Michael, il bambino gli si arrampicò subito in collo «Davvero questo costume lo posso mettere anch’io?» chiese dubbioso.

«Beh, ci sei già dentro o sbaglio?»

Il bambino rise, «Oh uffa, hai capito!»

«Jennie, puoi toglierti l’accappatoio, qui fa caldo» disse Georgie dando il buon esempio.

La ragazza guardava la piscina come se fosse piena di serpenti pronti a morderla.

«Ha molta paura dell’acqua alta» gli bisbigliò Michael con l’aria di uno che confida un segreto di stato. «E il costume che ha addosso adesso la fa anche sentire imbarazzata. Georgie le ha detto che le sta bene… ma non l’ha convinta granché.»

Perfetto.

Si alzò posando il bambino in terra e si tolse l’accappatoio, «Bene, entriamo in acqua?»

Nel tempo in cui Jennifer gli lanciò un’occhiata che diceva chiaramente perché proprio io? E’ davvero necessario? Io sto benissimo così, ti prego, Michael si era tolto il suo e Georgie era già in acqua.

«Io entro quando sei dentro tu» mise in chiaro il bambino.

«Io aspetterei tre o quattr’ore» disse Jennifer.

«Jennie, mettiamo subito in chiaro la situazione. Tu hai due possibilità: o entri in acqua da sola o entri con me.»

«Entro dopo di te» decise all’istante.

«Ok, ma a quel punto se ti azzardi a ripensarci, sappi fin da ora che ti verrò a prendere e non avrai luogo dove nasconderti o santo al quale votarti, mi sono spiegato bene?»

L’espressione della ragazza gli disse che era stato chiarissimo.

Si rivolse a Michael, «Io mi tuffo e poi ti prendo dal bordo ok? Aspettami seduto lì.»

Gli rispose con un veloce cenno della testa e un sorriso felice.

Si voltò e si avviò al limite della piscina senza voltarsi.

L’acqua era sempre piacevolmente calda e poi nuotare lo aiutava a scaricarsi.

Michael era esattamente dove gli aveva detto di mettersi. Si fece trascinare in acqua senza la minima resistenza e gli cinse il collo.

Quegli occhioni erano esattamente come se li ricordava, con la differenza che erano luminosi e brillavano, invece che terrorizzati.

Michael sembrava risplendere da quanto era felice.

Un’ombra gli coprì parzialmente la luce e alzò lo sguardo su Jennifer.

Da dove saltava fuori quel costume? Doveva essere uno di quelli che il fidanzato di Georgie le proibiva di mettere se non c’era anche lui… e cominciava a capire il perché…

Decise di risparmiare a Jennifer almeno questa.

«Ok Micky, adesso afferra bene il bordo più basso, quello bravo, e tieniti forte che porto in acqua tua sorella e torno da te.» La guardò, «Avanti Jennie, lo stesso esercizio che hai visto fare a tuo fratello.»

La ragazza si mise a sedere sul bordo senza una parola, lo sguardo fisso sull’acqua, «Qui tocchi anche tu Jennie, sta’ tranquilla.»

Portò in acqua un pezzo di marmo con gli occhi serrati.

Quando si rese conto di toccare il fondo e avere la testa abbondantemente fuori dall’acqua li aprì di botto, sorpresa.

«Che ti aveva detto?» disse Georgie alle sue spalle.

Jennifer era di una quindicina di centimetri più bassa di lui… e non si era legata i capelli.

«Rovescia la testa indietro e entra sott’acqua.»

«Coosa?» fu l’istantanea reazione.

«Devo farti la sillabazione?» Lanciò un’occhiata a Michael «Falle vedere come si fa.»

Il bambino eseguì senza il minimo tentennamento, tornò a galla e rise «E’ buffissimo là sotto!» esclamò.

Jennifer lo guardava come se non credesse che quella creatura fosse davvero suo fratello.

«Non ti azzardare a lasciarmi» gli disse all’improvviso piantandogli quegli oceani acquamarina che aveva al posto degli occhi nei suoi.

«Parola di lupetto.»

Prese aria per un’immersione di un minuto e stette sotto appena tre secondi.

Riemerse tossendo, «Non posso credere che ti ho davvero dato retta!» disse fra un colpo di tosse e l’altro.

Non riuscì a trattenersi dal ridere, «Siamo appena all’inizio Jennifer! Aspetta a dire non posso credere

Tese un braccio verso Michael che si staccò dal bordo gettandosi verso di lui, poi si lasciò tirare.

Georgie si avvicinò, «Ci penso io a Jennie, Juna.»

Fece per togliere la mano che ancora poggiava sul fianco della ragazza e, evidentemente per puro riflesso, Jennifer si avvicinò a lui e gli afferrò un braccio con una mano, «Che fai?» chiese di nuovo spaventata.

«Come non detto!» esclamò Georgie.

«Io posso stare anche abbracciato a te» disse Michael. «Così insegni a mia sorella prima.»

Aveva visto Melissa poco prima, una delle cose che più piaceva a sua cugina era stare dietro di lui, aggrappata alle sue spalle, cingendogli il collo.

In quel modo stava in acqua, ma come una conchiglia attaccata ad uno scoglio.

Con un solo braccio riuscì a far spostare il bambino dietro di sé e Michael seppe esattamente dove aggrapparsi e quanto stringere… che fosse nel dna dei bambini di quell’età?

«Va bene così? Non ti stringo troppo, vero?» gli chiese in un orecchio.

«No, va benissimo Micky. Occhio a scalciare, hai la mia schiena davanti.»

Lo sentì appoggiare una guancia sulla sua spalla, «Stai tranquillo.»

Tornò a guardare la ragazza che era a dir poco sbigottita.

«Lezione numero uno: galleggiare.»

Quella frase, come aveva previsto, attirò tutta la sua attenzione. «Come prego?»

Con tutte due le mani libere fu un gioco da ragazzi alzarla di peso, anche con la naturale resistenza dell’acqua intorno al suo corpo.

Jennifer lanciò un gridolino e chissà come le sue braccia trovarono l’unico spazio ancora libero dal fratello intorno al suo collo, «No Jennie, non ci siamo: non devi abbracciarmi se vuoi galleggiare.»

Si aspettava che dopo una frase del genere la ragazza lo lasciasse andare, arrossendo magari… invece la presa non accennò ad allentarsi, «Io non voglio galleggiare!» fu la lapidaria risposta.

«Quindi l’acqua ti fa più paura di quanta non te ne faccia io eh?»

Smise letteralmente di respirare, avendola così vicina se ne accorse benissimo.

Lo guardò con una tale sorpresa che fu anche lui a meravigliarsi: di quanto fosse trasparente quella ragazza.

«Eccoci di nuovo!» annunciò la voce di Justin.

Alzò lo sguardo e vide anche Diana accanto a lui.

Diana guardava Jennifer.

«Ciao Diana, ben arrivata.»

«Ciao Juna, mi fa piacere rivederti.»

«Ciao cognatina!» la salutò Georgie «Venite a farci compagnia?»

«Saluto i tuoi e arriviamo» rispose la ragazza ancorandosi alla mano di Justin.

Era decisamente gelosa.

Dieci minuti dopo anche Justin entrava in acqua per poi aiutare la fidanzata.

«Presentazioni» cominciò poi, «mi sa che voi due non vi conoscete di persona, vero? Jennifer, lei è Diana Lewis, la mia fidanzata, Diana, lei è Jennifer Flalagan e quello ancorato alle spalle di mio cugino è Michael, suo fratello.»

Jennifer guardò Diana e le sorrise, «Scusa la posizione, ma è di una prepotenza senza limiti questo ragazzo. Piacere di conoscerti.»

Di bene in meglio.

«Ciao…» disse timidamente Michael.

«Piacere mio.»

 

Diana la guardava in modo un po’ strano e non poteva certo meravigliarsi, visto le condizioni precarie in cui era in quel momento.

In fondo al cuore lo aveva sempre saputo: Juna le avrebbe portato un sacco di guai.

«Juna, come ha fatto il tuo fidanzamento a sfuggire a mia madre?» chiese di punto in bianco la ragazza.

Si sentì morire.

«Ancora non sono fidanzati» rispose candidamente Michael battendo tutti sul tempo… e riuscendo a dire ancora come una minaccia.

Fra Juna e Justin saettò un’occhiata, poi entrambi scoppiarono a ridere.

Quando rideva diventava un’altra persona… quegli occhi non sembravano più tanto pericolosi. Aveva anche lo stesso modo di sua madre di rovesciare la testa indietro.

«Cugino, io lo sapevo!» esclamò Justin «E non dire che non ti avevo avvisato! Anzi, forse ho addirittura sottovalutato la cosa!»

«Mi stai dicendo che tu non c’entri niente con il commento della tua fidanzata?» chiese Juna alzando un sopracciglio.

Sembrava che ciò che riusciva a sconvolgere lei, lui non lo toccasse minimamente.

«Giuro che è una sua iniziativa! Diana, diglielo! Io non c’entro niente!»

«Aspetta di sentire cosa ti dirà Gary!» disse Georgie.

Significava che ancora non era finita?

«Se te lo stessi chiedendo, Gary è Gary Wenther: lo storico, e stoico, fidanzato di mia sorella» continuò Justin rivolgendosi a lei. «Stanno insieme da dodici anni, la sopporta da dodici anni e se l’è voluta lui, capisci? Almeno io ho l’attenuante che non me la sono scelta: mi è toccata. E’ fuori Boston per affari e torna presumibilmente questo fine settimana, visto che lo ha nominato.»

«Lo conoscerai sicuramente» riprese Georgie ignorando il commento del fratello, «è molto simpatico…»

«… specie quando sta fermo e zitto» aggiunse Juna con una risatina.

Georgie lo fulminò con lo sguardo, «Antipatico. Pensare che ha sempre parlato bene di te!»

«Sorellina, ancora non hai capito che io e te eravamo gli unici a dirne di tutti i colori su di lui?» chiese Justin.

«Jennie, posso farti una domanda?» chiese all’improvviso Juna.

«Cosa?»

«Ti rendi conto che stai galleggiando da sola?»

Ci mise qualche secondo ad assimilare il significato di quella frase, per prima cosa controllò dove fossero le mani del ragazzo, e vide le braccia come erano sempre state da che l’aveva alzata di peso.

«Ottimo spirito di osservazione Jennie… ma non ti sto toccando» disse leggendole nel pensiero.

Si aggrappò d’istinto a lui e il suo corpo planò in acqua senza alcun sostegno.

«Juna!»

«Cosa?»

«Avevi promesso che non mi avresti lasciata!»

«Sono sempre qui, mi sembra.»

«Jennie, con lui devi stare attenta alle parole che usi e a come le usi» disse Georgie, «tende a prendere le cose alla lettera.»

«Galleggiavi da sola!» esclamò Michael contento «Visto che non è difficile?»

«Ragazzi?» li chiamò Manaar «Il tea e i biscotti sono pronti.»

«Biscotti?» chiesero ad una voce Justin e Juna.

Si lanciarono un’occhiata, poi continuò Juna, «Da quando in questa casa ci sono biscotti?»

«Mi hai tolto le parole di bocca cugino!» esclamò Justin.

«Li ha portati Susan.»

«I biscottini al cioccolato di Susan??» chiese suo fratello «Li devi assaggiare!» aggiunse poi rivolto a Juna.

Il ragazzo cominciò a trascinarla tenendola a galla con un braccio intorno alla vita, avvicinandosi alla scaletta con lei tipo pacchetto postale.

«Comunque l’acqua è alta» lo informò.

«Non è alta, e se proprio ti fa paura, non guardarla: guarda me.»

Era una battuta?

«E non sto scherzando, se te lo stessi chiedendo.»

Non riuscì ad evitare di alzare gli occhi al cielo, «Sei impossibile Juna.»

«Scoprirai, conoscendolo, che è uno dei suoi pregi più evidenti» commentò Georgie.

«Che Dio mi scampi dallo scoprire i difetti…»

«Fosse vero: Juna ha trovato qualcuna insensibile al suo fascino!» disse Justin «Pensa Jennifer, l’unica che ho trovato fino ad ora è diventata la mia fidanzata!»

Diana gli diede uno scherzoso pugno su un braccio, «Ma pensa!»

Risero.

Poi Juna si rivolse a suo cugino, «Tutto è possibile fra questo cielo e questa terra. Prendi me e te, lo avresti mai detto che saremmo andati d’amore e d’accordo?»

«Non in questa vita» rispose Justin dopo averci pensato un po’ su.

Juna, Diana, Justin e Georgie scoppiarono a ridere.

Fra lei e Michael saettò uno sguardo sorpreso, ma neanche suo fratello si azzardò a fare domande in proposito.

 

Era una sorpresa lo scoprire il senso dell’umorismo di suo cugino… senza contare quello di Jennifer.

Uscirono dall’acqua e le mamme erano in fila con gli accappatoi… anche suo padre era pronto con il suo.

Ci mise meno di mezzo secondo a capire che, guarda caso, sua madre si sarebbe occupata di Jennifer, visto che Sarah era occupata con Michael.

L’occhiata di Justin fu una vera poesia.

Decise di ignorare il tornado che si apprestava a travolgerlo.

Suo nonno doveva aver vuotato il sacco con qualche donna della casa alla fine, probabilmente la moglie… quindi solo Dio aveva qualche possibilità di salvarlo da sua nonna e sua madre adesso.

Prese posto davanti a Jeremy che gli sorrise e Michael fu un fulmine a salirgli in collo.

Seguirono secondi di silenzio assoluto, poi sua madre gli porse il vassoio. «Cominciate a mangiare ragazzi.»

Diana si era piazzata in collo a Justin e non poté fare a meno di notare l’occhiata perplessa che suo zio rivolse al secondogenito. Occhiata che Justin ignorò in maniera esemplare.

Gli venne improvvisamente il sospetto che ci fosse qualche problema fra il cugino e la fidanzata.

«Micky, così sbricioli anche addosso a Juna.»

La voce di Jeremy lo riscosse, abbassò gli occhi sul bambino e vide che si era appoggiato a lui, il viso quasi nascosto contro il suo collo, e mangiava tranquillamente il biscotto. «Non è un problema Jeremy.»

«Ero convinta che Melissa fosse un caso isolato» disse Diana all’improvviso, «ma vedo che mi sbagliavo.»

Michael la guardò di sottecchi ma non disse nulla.

Lennie osservava Michael come assorta, poi scoppiò una bomba che non si sarebbe mai aspettato. «Sono sorpresa anch’io» continuò sua zia. «Mi ero ormai convinta che Melissa agisse così per via del fatto che Juna le avesse salvato la vita… con Michael questa teoria crolla miseramente.»

Era ad un passo dalla catastrofe.

Dovette fare ricorso a tutto il suo auto controllo per rimanere impassibile.

Michael non ebbe la minima reazione, ringraziando il Signore.

Continuava a mangiare il suo biscotto e a guardarsi ogni tanto in giro, praticamente estraneo al fatto che stessero parlando di lui.

«Beh mamma» disse Justin, «è evidente che hai sottovalutato il fascino di tuo nipote.»

Tutti risero, e si costrinse a seguirli.

Con un po’ di fortuna, sua zia non avrebbe mai saputo quanto fosse andata vicina alla verità.

Apparve Howard con il cordless che gli porse, «Il signor Tyler.»

«Immagino si stia parlando di quello che deve ancora laurearsi, vero? L’altro lo chiami professore» lo punzecchiò tanto per non perdere una buona abitudine.

Howard sfoderò l’espressione più prossima ad un sorriso del suo repertorio, «E’ Drake» si arrese.

Prese il telefono, «Grazie Howard. Pronto?»

«Cosa è successo?» chiese Drake.

«Tutto ok, tu?»

«Non sei solo. Juna, hai una voce che non mi piace. Devo venire?»

«Mica male come idea. Ti fermi a cena?»

«E’ successo qualcosa con il bambino?»

«Sì e no, ne parliamo quando arrivi, ok?»

«In mezz’ora sono da te.»

Riattaccò. «Mamma, Drake resta a cena.»

«Lo avevo intuito» commentò la donna che lo aveva messo al mondo guardandolo come se avesse voluto fargli una radiografia.

Doveva correre ai ripari. Se Drake si era accorto che qualcosa non andava, era troppo sperare che sfuggisse a sua madre.

Decise di far leva su una delle cose che più preoccupava quella donna… a mali estremi, estremi rimedi. «Mamma, hai qualcosa contro il mal di testa?»

Istantaneamente sua madre si alzò, «Vado a prendertelo.»

Michael alzò lo sguardo su di lui, «Ti fa tanto male?» chiese a metà fra il preoccupato e il tenero.

«Un po’. A volte capita.»

«Jennie è brava a fare i massaggi. Fa passare il mal di testa a papà» continuò il bambino.

Sì, non mi ci manca altro Micky.

In pochi attimi elaborò una scusa il più credibile possibile, «Non ne dubito Micky, ma purtroppo non ho tempo per un massaggio: fra poco Drake sarà qui e abbiamo da fare. Devo farmi ancora la doccia. L’analgesico che usa mia madre funziona ed è veloce.»

«Posso venire anch’io con te?» chiese.

Un’ottima occasione per parlare con quella creatura a tu per tu.

«Perché no. Dobbiamo continuare la sua tesi, staremo in camera mia.»

«Prometto di non far rumore.»

Sorrise e gli scompigliò i capelli, «Ok.»

Sarah si alzò, «Andiamo a farci la doccia allora? Così sarai pronto per quando arriva l’amico di Juna.»

Michael la seguì senza protestare.

Jennifer si alzò, «Vado anch’io.»

«Ti accompagno?» chiese Georgie.

«Volentieri, non sono certa di trovare da sola la stanza.»

Quando la sua intera famiglia si fu allontanata, Jeremy sospirò. «Sei sicuro che Michael non ti intralci? Non ho avuto il coraggio di dirgli qualcosa, è così tranquillo quando ci sei tu.»

«Nessun problema. Spero solo che non si annoi: economia e commercio non è una materia molto allegra.»

«Anche Drake è alle prese con la tesi eh?» chiese Justin «Dio come lo capisco.»

Paul lo guardò con affetto. «Per quello che ci capisco mi sembra che la tua proceda bene.»

«Guardando Juna che la prendeva mi sono convinto che fosse anche divertente… pensa te che fesso.»

Diana gli accarezzò i capelli senza una parola, Justin ricambiò il gesto con un’occhiata tenera.

Quei due si adoravano… allora qual era il problema? Dando per scontato che ci fosse qualcosa che non andava… ma come gli era venuta in mente una cosa simile?

Si ripromise di parlarne con Justin.

Si alzò, «Vado a farmi la doccia. Papà, dici alla mamma di portarmi in camera l’analgesico? E quando arriva Drake, mi avverti se non sono già sceso?»

Al cenno affermativo del padre, salutò tutti e si avviò in camera propria.

 

Fu con immenso piacere che seguì suo figlio in camera.

Era un po’ che quel bel tipo non la convinceva affatto.

Bussò appena e la voce di Juna le disse di entrare.

Fece appena in tempo a vederlo sparire dentro il bagno e per quando raggiunse la porta del bagno, suo figlio si era già barricato dentro la doccia.

«Ho l’analgesico.»

«Lascialo pure sul comodino» fu la risposta mentre l’acqua cominciò a scorrere.

«Juna, da quando non vai da Larry? Questi mal di testa iniziano a preoccuparmi seriamente.»

Breve silenzio da parte di suo figlio, poi… «E’ una cosa normale mamma, lo sai. Ogni cosa ha le sue controindicazioni: anche l’essere un genio.»

Aveva sempre una risposta per tutto… peggio di suo padre.

«Beh, una visitina a Larry non ti farà certo male.»

Lawrence “Larry” McIntyre aveva fatto nascere suo figlio e salvato la vita a lei, conosceva bene entrambi… a quel punto era pronta a tutto pur di capire cosa frullasse per la testa di quel ragazzo, anche a ricorrere a mezzi sleali.

Quei mal di testa erano dovuti ad un semplice fatto: il cervello di suo figlio lavorava come se fossero due. E lei sapeva che erano effettivamente due.

«Ne riparliamo dopo il bilancio di metà esercizio, ok mamma? Adesso non ho testa per queste cose.»

«Queste cose, Juna, è la tua salute.»

«Va bene, dopo il bilancio mi farò rigirare come un pedalino, contenta?»

Si appoggiò allo stipite della porta e rimase ad osservare la forma di suo figlio attraverso lo spesso cristallo della doccia.

Si sentiva impazzire al solo pensiero che potesse succedergli qualcosa… o semplicemente che qualcosa non andasse e lei non fosse abbastanza vigile da accorgersene.

Juna era l’unico figlio che le era rimasto.

Come sarebbe cambiato l’atteggiamento di quel ragazzo sapendolo? L’avrebbe odiata scoprendo cosa gli aveva nascosto da quando era nato?

Il pensiero le procurò una scossa lungo la spina dorsale.

Stava impazzendo? Stava davvero prendendo in considerazione l’ipotesi di parlare a Juna di Jawad?

Da dove saltava fuori questa?

A Connor sarebbe venuto un colpo solo immaginando che lei avesse pensieri del genere.

I patti fra lei e suo marito erano chiari.

Il dolore per la morte di Jawad, a quasi diciannove anni di distanza, era ancora lancinante.

A differenza degli aborti spontanei, Jawad era venuto al mondo, aveva respirato anche se per meno di ventiquattro ore… Larry era stato chiaro: Juna era stato il gemello omozigote che aveva avuto il sopravvento, si era preso tutto, anche quello che non gli serviva.

Jawad era nato praticamente senza massa celebrale e senza cuore e con un solo polmone… Juna lo aveva tenuto in vita fino quasi a morirne, ma alla fine lei e Connor avevano dovuto scegliere: vederli morire entrambi o cercare di salvarne almeno uno.

E ringraziando Dio, Juna ce l’aveva fatta… anche se quando Jawad aveva smesso di respirare, dall’altra parte della stanza, il suo cuore, quel cuoricino che aveva tenuto in vita anche il fratello, si era fermato per trenta, lunghissimi secondi.

Il fiato le si mozzò di nuovo nei polmoni rivivendo il momento… aveva pregato, lo ricordava benissimo, Dio, lasciamene almeno uno.

Praticamente Jawad non era neanche un neonato… era stato un’estensione di Juna e solo lei, Connor e Larry sapevano che era esistito e Jawad viveva solo nei loro ricordi.

Con la scusa che era stato un parto difficile, Larry aveva imposto ai familiari e agli amici di vedere Juna, che allora ancora non si chiamava Junayd… perché quel ragazzo si era guadagnato il suo nome proprio in seguito all’operazione e all’aver lottato come una tigre per sopravvivere, il giorno dopo la nascita e quella stessa notte i due gemelli erano stati divisi… Larry aveva portato in sala operatoria le persone del suo staff di cui si fidava ciecamente, avvisandole che andava salvata una vita e che questo era tutto quello che avrebbero saputo sulla faccenda.

Non erano rimaste tracce dell’intervento sul corpo di Juna, Larry aveva fatto un autentico capolavoro, e anche per quello era stato possibile nascondere il tutto… neanche Jessica sapeva niente e Jessica era la sua migliore amica dai tempi del liceo…

Connor, la notte che Jawad era morto, era rimasto in ospedale con lei e avevano parlato fino all’alba: Junayd Kamil, Giovane Guerriero Completo, Perfetto (era quello che aveva detto loro Larry dopo l’operazione: è completo, adesso è perfetto), era vivo e loro figlio non avrebbe mai saputo che per vivere aveva sacrificato il fratello, Che Da’ A Piene Mani. Aveva dato anche il nome di una stella a suo figlio, il nome completo era Jawad Tareq.

Con il senno di poi, si era convinta che Juna era destinato a restare un essere unico.

Avevano comunque quindi deciso di tacere l’esistenza stessa di Jawad e Larry aveva giurato di mantenere il segreto, aveva falsificato il certificato di nascita di Juna e messo a tacere tutto.

Anche lei aveva fatto un giuramento a se stessa: sarebbe potuto crollare il mondo, ma nessuno avrebbe fatto del male a suo figlio.

«Mamma?»

L’acqua si era fermata.

«Sono sempre qui, scusami… ero soprappensiero. Dimmi.»

«Stai a guardia come quando decidevo di farmi il bagnetto da solo?»

«Beh, sei un po’ grandicello no?»

«Oh, grazie per essertene accorta…»

«Sei sempre il solito.»

«Non vedo perché perdere le buone abitudini.»

«Hai ripreso la filosofia di vita di tuo padre, povera me.»

«Detesto sottolineare l’ovvio mamma, ma sei tu che l’hai sposato.»

«Certo, e lo rifarei altre cento volte.»

La risata di suo figlio la scosse nel profondo, «Ogni cosa ha le sue controindicazioni!»

Le sue labbra si piegarono in un sorriso contro il suo volere… quel ragazzo era davvero intollerabile a volte.

«Torno dai nostri ospiti, quando arriva Drake te lo mando qui?»

«No mamy, scendo io, grazie.»

   
 
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