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Autore: PeNnImaN_Mercury92    23/01/2015    1 recensioni
Fu solo quando John e io ci trasferimmo a Londra, nel 1970, che lui entrò a far parte della band che gli avrebbe cambiato la sua vita e in qualche modo stravolse anche me, perché mi fece innamorare di una persona che non avrei mai concepito essere il mio tipo di ragazzo ideale.
E' infatti una storia d'amore che non mi sarei mai aspettata, e ora che lo racconto a te posso dimostrartelo...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, John Deacon, Nuovo personaggio, Roger Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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—Buonasera e benvenuti a tutti, tesori!—disse un raggiante Freddie ad piccolo ma irrefrenabile pubblico, che con solo "The Night Come Down" riuscì ad essere gasato in quel modo.—Siamo davvero contenti di accogliere un pubblico così sfrenato, è davvero bello e ne siamo onorati.
Ecco che la saletta dell' Imperial fu riempita da piccoli boati provenienti da diversi spettatori.
Non avevano tutti i torti, la forza di quel gruppo era proprio questa, lasciare a chi li ascoltava almeno una misera emozione, e loro infatti ci riuscivano perfettamente, addirittura da coinvolgere anche me.
Non era la prima volta che io, Ver e Mary assistevamo ad un loro concerto, ma si sa, ogni occasione lo sembrava.
Tutti sbalzavamo gli occhi ad ogni acrobazia che Freddie compiva attorno a John o Brian o davanti la batteria di Roger.
Insieme a quei fanatici del Rock lì presenti, tutto quel suono di chitarra in perfetta sintonia con la batteria supportate da forti linee di basso e con potenti note canore che accompagnavano il tutto stava prendendo anche me.
Inevitabilmente, cominciai ad accompagnare gli acuti di Roger di  "Son and Daughter".
Venni all'improvviso interrotta da uno spintone.
—Guarda quelle due ochette!—Veronica mi indicò due ragazze dai capelli neri e più piccole di noi di qualche anno guardare arrapate il palco.
Guardai confusa Veronica.
—Ma non ti rendi conto che è da quando hanno iniziato che non stanno togliendo gli occhi da dosso Roger?—urlò lei a causa del frastuono.
Risi, anche se nessuno riuscì a sentirmi.—E' normale, Veronica. Non so cosa combineranno quando Roger rimarrà a petto nudo.
Mi guardò disgustata.—E tutto questo non ti preoccupa?
—Oh, e perché mai? Anche se fosse così, questo coso finirebbe dritto in un tombino di Knightsbridge.—snobbando, guardai l'anello che avevo gelosamente al dito.
Veronica mi fissò divertita.—Okay, ma non venire a piangere sulla mia spalla quando ti lascerà . Il massimo che potrei fare per te è aiutarti a bucare la pelle della sua batteria.
La guardai altrettanto allietata.—Grazie, amica.
Per risposta, lei alzò le sopracciglia.
 
 
Guardare e ascoltare i Queen dalla prima fila era sensazionale. Per fortuna che quel pomeriggio eravamo arrivati insieme alla band che doveva eseguire alcuni soundcheck, così da trovare tutti i posti liberi.
Il concerto, giunto quasi ormai alla fine, stava continuando perfettamente.
Capii che, non appena finì la cover di Jailhouse Rock, erano giunti all'ultima canzone, "Doin' All Right".
Ma quel finale, seppur abbastanza tranquillo rispetto alle altre canzoni che avevano presentato, concludeva egregiamente il magnifico show.
Freddie, con il suo solito fare un eccentrico ma gentile, salutò il pubblico e, insieme agli altri tre, si dileguò dietro le quinte.
Noi tre, invece, decidemmo di aspettarli mentre vedevamo tutti uscire.
Le due ragazze more furono le ultime, e le sentimmo mormorarsi qualcosa come del tipo "Quanto era bello il batterista, Roger, se non sbaglio".
Guardai Veronica maliziosa.—Ver, ti ho già fatto vedere l'anello che mi ha regalato Roger?—dissi a voce alta.
Lei non tardò a rimanere al gioco, mi prese la mano, facendo finta di ammirarlo per la prima volta.—Oh, mio Dio! È stupendo!
Le due dovevano aver ascoltato tutto, perché Mary guardavano nella loro direzione, sorridendo.
Io e Ver, di spalle rispetto a loro, ci girammo verso di loro, notando che velocemente percorrevano il resto dello stanzone.
—Wow, gelosa la ragazza!—commentò Mary a braccia conserte.
—Dovevo farlo, almeno una volta.—mi giustificai.
Subito dopo, notai che un'altra ragazza non aveva ancora lasciato la sala.
Tutte e tre la guardammo avvicinarsi a noi.—Ciao! Conoscete Roger?
La guardai un po' preoccupata.—Sì, perché?
—Siete conoscenti anche di Freddie?
Quella volta fu Mary ad annuire ansiosa.
—Oh, molto bene, io sono sua sorella Kashmira.
La sorella di Freddie allungò la mano verso di noi, in attesa che qualcuno l'avesse stretta.
Fui la prima a decidermi.—Ah, piacere! Io sono Rose, la sorella del bassista.
—E fidanzata del batterista.—aggiunse Veronica.
Kashmira rise.—L'avevo notato. Molto piacere.
Fu il turno di Veronica.—Io invece sono la fidanzata di suo fratello.—disse fiera.
E poi toccò a Mary presentarsi, rimasta ancora a braccia conserte.
—Lei invece è la fidanzata di tuo fratello.—parlai io per lei.
Kashmira rimase un po' sorpresa.—Oh, che piacere! Sono proprio contenta che Freddie abbia trovato una ragazza così bella!
Mary sorrise, porgendole la mano.
Sentimmo poi qualcuno saltellare.—Ehi, sorellina! Allora sei venuta!
Freddie, dopo aver compiuto qualche altro saltello – probabilmente quelli che aveva fatto durante il concerto non gli erano serviti – ci raggiunse.—Ti siamo piaciuti?—chiese poi a sua sorella.
—Oh, sì. Siete stati bravissimi. Freddie, lei è la tua ragazza?—indicò poi Mary.
Freddie la guardò amorevolmente.—Ehm, ecco, sì.—la tenne per un braccio.
—Siete molto bellini, insieme.—commentò la sorella.
Sorrisi alla scena, davvero molto tenera, ma durò per poco, perché sentii qualcuno pizzicarmi i fianchi di scatto, facendomi sussultare.
Mi girai, dopo aver emesso anche un grido. Roger ridacchiava di gusto alle mie spalle.
—Sei deficiente di brutto, allora!—protestai. 
—Ehi, Kashmira! Che piacere rivederti! Sapevo saresti venuta.—le diede due baci sulle guancie.
—Roger! Anche tu vedo che hai una bella compagnia.—notò lei.
Roger, intimidito, mi strinse a lui.
—Dove sono gli altri due?—gli chiesi.
—Sono più lenti di due lumache a cambiarsi. Ah, eccoli.
Indicò i due ritardatari.
Mentre Brian percorreva le scalette dal palco al centro della sala, John venne assalito da Veronica, che lo abbracciò.
Io e Roger ci guardavamo ridacchiando.
—Kashmira! Qual buon vento!—salutò Brian.
—Ciao Bri. 
Il bassista e la sua ragazza finalmente ci raggiunsero.
—Deacy caro, lei è Kashmira, mia sorella. Kash, lui è il nuovo bassista John, ma adoriamo chiamarlo Deacy, Deaks o Deaky, fai un po' tu.
Kashmira rise.—Ciao, Deaks. Posso chiamarti così?
Mio fratello annuì.—Sì, ormai ci sono abituato. Piacere di conoscerti.
—Beh, ora che abbiamo finito le presentazioni, perché sei voluta venire qui, Kash?
—Freddie, mamma mi ha mandato per dirti che dopodomani dobbiamo partire per Zanzibar, ne approfittiamo per le vacanze di Natale. 
—Di già?—chiese lui.—Ma se è solo il diciotto dicembre?
—Freddie, quanto fa diciotto più due?—gli chiese sarcastico Brian.
Lui sospirò.—Ragazzi, mi mancherete!
—Ma se parti dopodomani!—dissi.
Tutti scoppiarono a ridere.
—Ne riparliamo domani, ora ho un sonno terribile.—disse Roger.
—Dopo che hai mosso i piedi come un coniglio, è abbastanza probabile.—scherzai.
—Bene, allora ci vediamo domani.—disse Brian.
Tutti tornammo nelle nostre rispettive case.
Persino John, che non sentiva più le mani a causa del basso, dovette staccarsi malavoglia da Veronica.
 
Un altro giorno passò in fretta, e non successe granché.
Giuntosi poi il venti dicembre, Freddie chiese a me, Mary e Roger di accompagnarlo a Heathrow.
Quella mattina, prendemmo la mia macchina e ci incamminammo verso l'aereoporto.
—A che ora hai il volo, Fred?—chiese Roger alla mia sinistra, mentre io ero alla guida.
—A mezzogiorno e qualcosa.
Per poco rischiai di andare addosso alla macchina di fronte la nostra.
—Mezzogiorno? Ma non sono nemmeno le nove!—protestò Mary.
—Sì, ma la mia famiglia è un po' ritardataria, meglio se arrivo lì qualcosa prima.
—Non ti seguo, Freddie.—ribattè Roger.
—Non sono cazzi vostri, gioie.
Noi tre sbuffammo, ma quella che rimase più male fui io, visto che la sera prima ero rimasta a lavorare un'ora in più.
Il resto del viaggio fu abbastanza tranquillo, a parte le lamentele di Roger sulla mia guida fin troppo lenta.
Ma, non riuscendo nemmeno a trovare quel tanto traffico che mi aspettavo, arrivammo a destinazione.
Parcheggiai la macchina nell'angolo delle soste brevi, poi accompagnammo Freddie all'interno dell'ingresso.
—Sei pronto per il viaggio?—dissi.
—Mi prendi per il culo?
—Ah, come faremo senza i tuoi nomignoli?
—Ti ci abituerai, tesoro. Tanto hai Roger.—mi mise una mano sulla spalla.—Mi raccomando, non fate troppo casino quando non ci sarò. Il palazzo non è  vuoto.
—Certo, come no. Ci vediamo, tricheco.
Lo abbracciai affettuosamente.
Salutò poi Roger con una pacca sulla schiena e con l'avvertimento di non rovinare il suo pianoforte.
Poi toccò a Mary.
—E ora, come farai senza di me?—le chiese, tenendole il viso con una mano.
—Me la caverò. E quando farete i concerti per il mondo che succederà?
Le loro due bocche si incontrarono, dando un certo effetto di compassione.
Incurvai un angolo della bocca e guardai Roger.
—Ci vediamo presto, amore.
—Chiami così tante persone così che ormai non c'è differenza.—lo punzecchiò Roger.
—Beh, ci vediamo prima di capodanno. Auguri a tutti!
Io, Roger e Mary lo salutammo nuovamente e lo lasciammo lì.
—Mary, non abbatterti, non è partito per il Vietnam.—disse Roger mentre risalivamo in macchina.
—Dopo questa battuta mi devi una cena, caro biondo.—replicò lei.
 
Accompagnai Mary a casa sua e poi Roger.
—E ora che si fa?—chiesi a Roger prima che potesse uscire dall'auto.
—Questa sera vieni a casa mia per cena.
—Mh, che modo formale di fare un invito a cena, Taylor. Complimenti, davvero.
Rise.—Sul serio, ci vieni?
—Se è questione di vita o di morte, allora accetto.
—Sei ancora in debito con me per l'anello.
Lo baciai amorevolmente sulle labbra.
—Questi non ti bastano?
—No, tesoro.
Gli sorrisi.—Passa a prendermi alle otto di fronte il negozio, d'accordo? Con la macchina, però. Dico a John di darti le chiavi. 
—Va bene. A più tardi.
Mi lasciò un altro bacio, prima di andarsene.
 
Quella sera stessa, come concesso, dopo che Veronica se ne fu andata, Roger arrivò con la mia macchina.
—Ormai è diventata anche tua. Guarda come la guidi deciso. Non dimenticarti di chi appartiene.—gli dissi, mentre salii sull'auto.
—In effetti ci ho preso gusto. Ma mi potresti fare benissimo da autista privata quando diventerò ricco.
Gli concessi di guidare più veloce del solito, poi arrivammo a casa sua.
—Ho già preparato tutto, devo solo mettermi ai fornelli, tu preoccupati solo di rilassarti.—puntualizzò mentre arrivavamo al piano dell'appartamento.
—Cucini tu?
Annuì.
—Almeno cerca di non avvelenarmi.—all'inizio ero ironica, poi mi venne in mente quel che successe con Liam.—Non un'altra volta.—finii con un filo di voce.
Lui mi accarezzò amorevolmente il viso.—No, non lo farei mai.—Mormorò.
Mi prese per mano e mi fece entrare.
—Puoi girare comodamente per la casa. Non ho bisogno di alcun aiuto.
Scrollai le spalle.—Come vuoi, vado a suonare qualcosa alla batteria.
—Okay.—rispose e andò verso l'angolo cottura dopo essersi tolto il giubbino.
E come feci, provai qualcosa.
Non tanto in realtà, visto che non mi trovavo  benissimo con il suo kit.
Passarono una decina di minuti e sentii un odore che dall'openspace era giunto alla camera di Roger, il punto più lontano della casa.
Assomigliava per lo più a quello del pollo.
Mi fermai di colpo, ridendo buffamente.
Mi alzai di scatto dallo sgabello e con piccoli saltelli andai da Roger.
—Ancora? Avrei potuto preparartelo io.—gli dissi, mentre lui era intento a maneggiare le manopole del forno elettrico.
—Non rompere, Rose. Brian ci ha messo una vita per insegnarmi a prepararlo, non mandare tutto a rotoli.—mi rispose acido senza distaccare la vista dall'oggetto.
Alzai le mani in alto.—Ehi, Taylor, calmati.
Dopo che ebbe regolato il timer e la temperatura, mi guardo sadico.
—Tu sei una fottuta distruttrice delle cose.—disse, venendo verso di me.
—Ci tenevi così tanto che non vedessi tutto questo prima di provarlo?
—Sì, idiota.
Le misi le mani sulle spalle.—Oh, allora non rimarrò delusa.
Gli stampai un bacio sulle labbra.
Mi rispedì in camera sua, aspettando che la pietanza si fosse cotta.
Poi, con mia grande soddisfazione, finalmente mi chiamò.
Ci sedemmo a tavola, che era già stata munita di tutto compresi i piatti di portata.
—Okay. Ora voglio il tuo parere.—disse, sedendosi.
Presi la coscia di pollo in mano e ne strappai un pezzo coi denti.
Non masticai nemmeno due volte che la buttai giù, per niente delusa.
—Manca un po' di sale, ma è perfetto.—dissi.
Lui tornò verso la cucina e lo prese, spruzzandolo su entrambi i piatti.
Con il condimento aggiunto, addentai un' altra parte, masticandola voracemente.
Si sedette anche lui.—Allora ti piace.
—Brian è un ottimo insegnante, ma dove ha imparato?—gli chiesi.
—Mi ha detto che aveva un'amica brava a cucinare o giù di lì. Ah, devo dirti una cosa importantissima. Da domani le lezioni sono sospese.
Per poco non mi strozzai.
—Fai sul serio?—chiesi euforica.
—Puoi dirlo forte! Ah, e poi ho anche un'altra notizia che non ho detto a nessuno tranne che ai miei e a Freddie, sei pronta?
—Devo preoccuparmi?
—No, riguarda solo me. Mi sono iscritto ad un corso di laurea in Biologia al North London Polytechnic.
Spalancai gli occhi.—Un corso di laurea? Fai sul serio?
—Hai visto quanti concerti stiamo facendo ultimamente? Ne abbiamo tre la settimana dopo Natale, non so nemmeno dove lo stia prendendo il tempo di studiare.
—Mi sembra una scelta saggia, Rog, davvero. 
—Sono contento che non ti sia arrabbiata.
—E perché mai avrei dovuto?
—Mh, non lo so. È una cosa un po' strana.
Dopo aver finito il pasto, Roger si offrì per sparecchiare, così io me ne andai in camera sua.
Sazia un po' più del dovuto, mi stesi sul suo letto, notando, pur non essendo grande un'intera piazza e mezzo, la resistenza e la durezza del quale io godevo.
—Sei stanca?—sentii dire dal corridoio.
—Questo letto è magnifico! Amo i letti duri.—dissi, rimanendo supina.
—Non lo è un po' troppo?—si sedette sul bordo.
Si piegò verso di me per darmi un bacio.
—Davvero questa sera non ti ho deluso?—mi soffiò sulle labbra.
—Ah, non lo faresti mai.
Gli misi le mani al collo e cominciai a baciarlo di nuovo, prima delicatamente, poi premendo sempre più forte le labbra con le sue.
Da quel che intuivo, non voleva che mi fermassi, anche se percepivo una certa preoccupazione.
E infatti dopo qualche secondo si staccò da me.
—No, Rose. Non devi farlo per forza. 
Non gli risposi, gli tirai il collo della maglietta e congiungemmo di nuovo le labbra.
Appresi che doveva stare abbastanza scomodo, così gli permisi di mettersi in ginocchio sul letto, mentre entrambi eravamo ancora indaffarati ad intrecciare le nostre lingue.
Le sue mani, dalla vita, andarono a finire sotto la mia maglietta, che mancava poco ad essere buttata sul pavimento.
E infatti, ecco che dovetti lasciare per un momento le sue labbra perché gli dessi il tempo di sfilarla e lanciarla in chissà quale parte della camera.
 Non esitai a fare lo stesso anche io e in poco tempo anche la sua maglia a righe bianche e nere finì sul pavimento.
Gli accarezzai le spalle e le braccia scoperte, mentre lui mi avvicinava ancora di più a lui.
Con movimenti che mi parvero sconosciuti ed ultrasilenziosi,  si levò i miei e i suoi jeans, lasciandomi intravedere i suoi boxer color carne.
Cominciò ad sfiorarmi il collo con i polpastrelli, guarandomi in modo tremendamente tenero.
—Roger Meddows Taylor, cosa diamine stiamo facendo?—gli soffiai sulle labbra.
—Non lo so, ma questa posizione mi piace, cara Deak…ups.
Entrambi ridacchiammo.—Scusami, è l'abitudine.—si giustificò.
—Solo per questa volta. Non permetterti di farlo mai più.
Continuava a fissarmi in modo passionale, poi riprese a baciarmi sulle labbra, poi, sempre con modi velocissimi, badò al collo, lasciandone umidi baci, e poi si spostò infine sul decolleté.
Cominciò a guardare irrequieto il mio reggiseno bianco e lo contemplò.
Ricambiai prendendolo per il mento, in modo che potesse  scrutare anche me.
Mi mordicchiai il labbro inferiore, sorridendogli.
Con molta cautela, mise le sue dita sulla mia schiena, e, tra i bottoni del reggiseno, molto delicatamente, me lo sfilò.
Riprendemmo a baciarci sulle labbra, anche se il contatto che avevo con lui era completamente diverso e ancor più intenso.
Non mi accorsi nemmeno quando il resto dell'intimo raggiunse anche gli altri capi per terra, così da permettersi di affondare il suo corpo nel mio diverse volte.
Mancava un giorno al solstizio d'inverno, ma il freddo in città già si era fatto sentire da tempo, ma in quel momento sentivo solo caldo, tanto caldo che sotto i miei capelli castani e mossi, ero impregnata di sudore.
Quella volta mi sentivo più sicura di quando avevo il mal di testa.
Era sempre tutto irreale, ma sempre struggente e appassionato.
Uno degli ultimi ricordi di quella serata fu la sua mano accarezzarmi dolcemente il mio viso sudato e le sue parole:—Ti amo, Rose. sei tutto ciò che io potrei desiderare.
Ci adagiammo nelle sue lenzuola, in modo da poter fare di quella notte, la più bella della nostra vita.
 
Spazio Autore: ehilaaaa.
Ripeto ciò che ho detto qualche capitolo fa, non ho intenzione di alzare il Rating perché mi sembra banale, ma per il bene del sito, chiedo i vostri pareri.
E niente, spero il capitolo vi sia piaciuto, a parte le superficialità e tutti gli errori che contiene.
Alla prossima! 
 
 
 
 
 
  
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