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Autore: wwwww    23/01/2015    1 recensioni
Makoto, Rin e più o meno imbarazzanti tentativi di fare i fidanzati.
Collegata ma non necessariamente a "Like a bug in a web, I'm trapped and so are you".
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Makoto Tachibana, Rin Matsuoka
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dovrei cambiare il titolo in "la nobile arte del cockblockare la tua OTP".

Questa one-shot fa riferimento al capitolo due di "Like a bug in a web, I'm trapped and so are you" (che trovate qui, nel caso).

4: Compleanno



«Tutto quello che voglio?»
«Tutto quello che vuoi» gli soffi sulle labbra.
Le iridi di Makoto tremolano, enormi; vedi il conflitto tra la sua naturale abnegazione e i suoi desideri. Poi si convince. Fa scivolare la mano dalla tua guancia fino ai capelli e ti tira vicino. L’altra mano è sul tuo fianco e ti spinge gentilmente, per farvi invertire le posizioni e averti sotto.
Il campanello suona, ed è come un allarme antincendio a migliaia di decibel.
Nel panico, Makoto ti lascia come se fossi improvvisamente bollente – e lo sei, cavolo, anche se per questa battuta ti prenderesti a testate da solo – e dato che eravate in fase di transizione, un po’ sul fianco un po’ nel vuoto, cadi miseramente per terra. La dovete piantare di limonare sul divano, non ci state.
Digrigni i denti e ringhi, e giuri, se è un’altra volta Kaede che vuole sfidarti a qualcosa di stupido o qualche altro di quegli imbecilli dei tuoi compagni di squadra, potresti… non ne hai idea, fare una scenata da prima donna e chiuderti sdegnato in bagno, probabilmente.
Makoto ti guarda, preoccupato che tu ti sia fatto male e preoccupato anche che chiunque sia alla porta abbia l’impellente bisogno del vostro aiuto; non ha detto nulla ma sai che lo sta pensando. Non hai la benché minima intenzione di aprire, ma Makoto continua a guardarti, le mani raccolte sul petto nudo in posa virginale. Tutte le inibizioni che sei riuscito a togliergli prima sono tornate e hanno ripreso il loro posto con qualche fortificazione extra.
Cristo, chiunque sia alla porta si farà un male cane.
Imprechi a mezza voce, recuperi la maglia da terra e guardi Makoto per accertarti che non abbia cambiato idea. Il campanello suona di nuovo, a lungo, come campane a festa, drindrindrindrindrin, e senti la vena sulla tempia sul punto di esplodere con un urlo isterico e melodrammatico. Makoto guarda la porta, ancora più preoccupato.
Butti giù l’irritazione e vai alla porta. Dall’altra parte senti un brusio eccitato e ti sorge un dubbio tremendo.
La apri e ti ritrovi davanti il fastidio personificato, che collateralmente coincide con i tuoi tre migliori amici.
«Buon compleanno, Mako-chaaaaan!» ulula Nagisa, ancora più rumoroso di quanto lo ricordassi capace. Ha in mano metà di uno striscione ipercolorato con sopra scritto quello che ha urlato prima, con qualche aggiunta che non hai voglia di decifrare. Rei ha l’altra metà e sembra sul punto di lamentarsi di come Nagisa abbia rovinato la scenetta concordata. Haruka regge una tortiera e cavolo, hai aperto la porta da neanche due secondi, non può già starti giudicando.
Resti bloccato come un ebete. Cosa che sei, eh. Nagisa ti sorride smagliante e esclama il tuo nome e qualcos’altro che sei troppo sorpreso per capire.
«Che accidenti ci fate qui?» chiedi, brusco. Nagisa ti sorride più splendente che mai, Rei ti guarda offeso, Haruka continua a giudicarti male.
«Rin-chan, non sei contento di vederci?» trilla Nagisa, interrompendo Rei che borbotta qualcosa sulla tua scarsa accoglienza.
«A dire il vero, no» provi a chiudergli la porta in faccia, ma Makoto si è alzato e ti blocca. Lo senti vicino all’improvviso e ti irrigidisci, il cuore ti batte più forte, e ti senti una dannata ragazzina.
«Ragazzi, cosa ci fate qua?» chiede sinceramente curioso.
La faccia di Nagisa passa da raggio di Sole a infida comare. È la stessa espressione che ha quando spettegola con Gou e la scandalizza a morte. Anche Rei sembra aver capito tutto all’improvviso – speri che quel tutto non sia il tutto che intendi tu. Haruka inarca un sopracciglio e se non fosse lui diresti che sta per mettersi a ridere.
Non capisci.
Ti arrendi e guardi Makoto. Ha addosso una canottiera sportiva nera tesa al massimo (non gli sta niente male).
Pieno d’orrore ti guardi il petto. Hai addosso una maglia azzurro stinto che ti pende addosso. Il tuo cervello dà forfait e ti manda una schermata nera d’errore che dice solo merdamerdamerdamerda.
«Abbiamo interrotto qualcosa?» chiede Rei. Gli strapperesti quel sorrisetto informato sui fatti a calci, se non fossi nel panico. Fino all’estate scorsa sarebbe andato in confusione quanto voi e avrebbe già battuto in ritirata imbarazzato a morte. Questa è colpa di Nagisa.
«Tranquillo, Rin-chan, anche io e Rei-chan ci scambiamo i vestiti un sacco di volte» il sorriso gli arriva da un orecchio all’altro come quello dello stregatto, incurante delle esclamazioni scandalizzate del suo fidanzato. Lo ammazzi. Fosse l’ultima cosa che fai, lo ammazzi.
Makoto guaisce per l’imbarazzo e ti blocca prima che tu possa strappare la gola di Nagisa a morsi.
«Rin» Haruka apre bocca, finalmente. Tutto si congela. Makoto lo guarda speranzoso, tu ti prepari al peggio. «Sono i tuoi denti, quelli sul collo di Makoto?»
Makoto uggiola da quanto è mortificato e si mette le mani al collo come se volesse strangolarsi da solo. Tu esplodi. Diventi del colore dei tuoi capelli, ti senti il sangue nelle orecchie e provi a urlare un misto tra “’fanculo”, “non è come sembra” e “blurg”.
Nagisa ride, felice come un bambino. Rei tenta di trattenersi e si aggiusta gli occhiali per fingere un minimo di contegno.
Non sai come uscire da questa situazione di merda. Rimanete in stallo per un po’, poi Haruka si stufa e consegna la scatola che ha in mano a Makoto, sul punto di squagliarsi e diventare un tutt’uno con la moquette.
«Per te, l’ho fatta io. Buon compleanno» è vagamente più espressivo del solito, non sai se per sincero affetto o per le risate trattenute.
«Grazie, Haru-chan» gli sorride flebile. Si leva le mani dal collo e prende il pacco.
Certe volte vanno lasciati soli, quei due, e non vedi l’ora di toglierti di mezzo, quindi fai marcia indietro e torni in casa. Com’è ovvio, Nagisa ti segue baldanzoso, e Rei segue lui.
Ti accorgi dell’errore troppo tardi.
Nagisa sembra non desiderare altro che un kit da polizia scientifica e cercare di ricostruire i fatti. Rei, evidentemente a disagio, sta alla larga il più possibile da quel disastro che è il divano. Urta contro il tavolo e fa crollare metà delle candele, che hai piazzato un po’ ovunque perché sei un colossale idiota con un debole per il muschio bianco. Vi chinate entrambi per rimediare al disastro e finite per bisticciare e fare a gomitate sdegnati. Nagisa ride alle vostre spalle e vi aiuta.
«Rin-chan, sono così contento per voi!» esclama, quando le candele sono salve e spente, e ti pungola la guancia col dito sporco di cera. «Ci siete arrivati, finalmente! Io e Gou iniziavamo ad aver paura di passare un altro Capodanno pieno di “oh, come sono irrimediabilmente troppo cotto e troppo tonto per accorgermi che Mako-chan mi sbatterebbe sulla prima superficie piana, se non fosse più tonto di me”»
Cerchi di mordergli il dito. Nagisa prova a scappare, ridendo, ma riesci ad acchiapparlo e a sfregargli bene le nocche su quella testa piena di bolle di sapone che si ritrova.
«Oh, troverò mai il coraggio di confessargli quello che provo sotto i fuochi d’artificio o passerò a struggermi sul regalargli o no cioccolatini a San Valentino, sperando che assieme ai dolci gli arrivino anche i miei sentimenti… ahi, mi tiri i capelli, Rin-chan!»
«Te lo meriti, razza di impiccione, e non coinvolgere mia sorella nei tuoi malati viaggi mentali…»
«Non sono viaggi mentali quando è evidente anche alla tappezzeria»
«Beh, Rei, questa non me l’aspettavo da qualcuno che ha passato tutto il primo anno così tanto perso dietro a Nagisa che me ne ero accorto persino io… ahio!» Nagisa si libera dandoti un calcio alla caviglia, mentre Rei avvampa.
«Piuttosto» si aggiusta gli occhiali con enfasi «vedi di comportarti bene, con Makoto-senpai»
Smetti di scambiarti pugni sul braccio con Nagisa, offeso a morte. «Possibile che tutti non abbiate altro da dirmi?»
«Magari dovresti porti delle domande» si intromette Haruka, che ha ben deciso di smettere di fissarsi in modo significativo con Makoto sull’ingresso ed è entrato per dannarti l’esistenza.
«Magari dovrei mandarvi tutti a…»
«Rin!» ti interrompe Makoto, in una delle sue migliori performance da mamma apprensiva. Se pensi che fino a cinque minuti fa stava per farti chissà che cosa proprio sul divano che hai di fronte, ti viene voglia di defenestrare qualcuno. Se solo non abitaste al primo piano, gli unici feriti sarebbero i tentativi di begonia sotto la finestra.
Fissi tutti male, a parte Makoto, perché guardarlo è ancora troppo imbarazzante.
«Haru-chan, lo sapevi già e non ce l’hai detto?» Nagisa è troppo perspicace, sotto quell’aria piena d’estate e girasoli.
Haruka si guarda attorno come se fosse l’unico sano di mente, prima di esibirsi in un laconico «Credevo l’avrebbero fatto da soli»
Makoto balbetta qualcosa, tu ti aggrappi al tavolo e ti mordi il labbro perché per un qualche motivo che non sai bene non vuoi metterti a litigare, ma non importa. Succede una cosa rarissima. Il sorriso di Nagisa si incrina: è solo una frazione di secondo, un cedimento quasi impercettibile, ma non vi sfugge.
Smetti di sentirti imbarazzato e preso di mira, perché ti senti in colpa. Nagisa sorride così tanto che fai fatica ad immaginartelo con un’altra espressione.
Rei, offeso, gli si avvicina protettivo, e guarda voi altri tre come se fosse pronto a sfidarvi a un duello all’arma bianca alla prima parola sbagliata.
«Nagisa, cosa succede?» chiede Makoto, preoccupato. Si sente responsabile, e non deve, non è colpa sua, ma tua. Vorresti farglielo capire, così come vorresti che Nagisa tornasse ad essere il solito raggio di Sole rompiscatole.
Lui si accorge di tutte le vostre attenzioni e prova a fare finta di nulla.
«Ragazzi, non guardatemi così, mi spaventate!» ridacchia, ma il suono è vuoto.
«Nagisa…» inizi, ma non sai come continuare.
Makoto è più sveglio di te.
«Nagisa, Rei, scusateci se non vi abbiamo detto nulla e l’avete scoperto… beh, così. Non è che non ci fidiamo di voi, anzi, è solo che… è una situazione nuova e non sappiamo ancora bene come muoverci, e l’abbiamo detto ad Haru perché volevamo essere sicuri di non… ecco… creare problemi?»
Si voltano l’uno verso l’altro nello stesso momento, indecifrabili, e si scambiano lo stesso identico sorrisetto consapevole. Sono così sposati che ti fanno venire la nausea. Poi scoppiano a ridere, Nagisa a crepapelle e Rei più pacato, con la mano davanti alla bocca.
«Non ci credo, siete davvero così stupidi!»
«Cosa?» ti senti molto più leggero ora che Nagisa ride di cuore, ma sei comunque mortalmente offeso.
Nessuno dei due si degna di spiegare, però Rei guarda Haruka per un attimo. Impallidisci. Tutti hanno capito i problemi tuoi e di Makoto tranne te e Makoto. Ti senti uno stupido così grande che meriteresti la tua orbita personale di stupidi più piccoli. (La parte cattiva di te ti dice che in effetti già ce li hai.)
Alzi gli occhi al cielo e ti arrendi all’inevitabile.
«Immagino di dover informare anche Gou, ora. Sempre che tu non l’abbia già fatto, piccolo demone.»
Nagisa ti guarda innocente.
«Non essere paranoico, Rin-chan. E non scordarti di Sosuke.»
«Ah, Makoto-senpai, Gou si scusa di non essere presente, ma non poteva proprio venire di nuovo a Tokyo dopo la visita del mese scorso» si intromette zelante Rei.
La visita di tua sorella e Sosuke a Tokyo è l’ultima delle cose a cui vuoi pensare, ora.
Makoto ringrazia e le manda un messaggio. Haruka osserva qualcosa sulle vostre tazze da the coordinate – le ha comprate Makoto, pensava fosse una cosa carina; le adori, ma non è che tu possa dirlo apertamente –, e non puoi lasciar correre.

Alla fine Nagisa vi trascina fuori, e voi ritrascinate lui a casa alle tre passate. In qualche modo che non ci tieni a sapere è riuscito a mettere le mani su dell’alcool, e anche a convincervi a bere. Se ti beccano quelli dell’Università ti rispediscono a casa a calci, però è andato tutto liscio e non hai esagerato – la tua resistenza all’alcool è ridicola, come hai imparato a tue spese quella volta alla Samezuka, ma questo non c’è bisogno che si sappia.
Haruka brillo è uno spettacolo. Parla ancora meno del solito, e contempla tutto quello che ha intorno con espressione profonda per poi uscirsene all’improvviso con commenti del tipo “quella siepe ha insultato il mio bagnoschiuma, devo andare” (“ma Haru-chan, quello è un muro”).
Quando siete tornati a casa, non contenti della nottata, vi siete ricordati delle due torte, non senza una certa tensione, visto com’è andata l’anno scorso – probabilmente nel soggiorno di Haruka c’è ancora qualche sedimento di crema pasticcera, in agguato in mezzo al tatami. Ignori le occhiatine supponenti alla tua magnifica torta al triplo cioccolato, e soprattutto alle fragole tagliate a cuoricino; sei impazzito per trovarle e tagliarle, l’unica cosa che meritano è ammirazione.
Alla seconda fetta state miseramente crollando dal sonno. Non sai come, ma vi ritrovate tutti e cinque sul letto, che sono poi il tuo e quello di Makoto messi vicini in un tentativo di matrimoniale.
Il modo in cui vi ci incastrate sopra è più che altro un tentativo di colonizzare di Makoto: tu e Haruka ai fianchi, Rei e Nagisa di traverso sulle gambe.
Siccome non sei per nulla un fidanzato possessivo, ti attacchi a lui come un mollusco su uno scoglio.
«Il prossimo anno, ti porto alle terme. In Islanda» gli sussurri all’orecchio. Sei stanco da morire, ma non vuoi addormentarti, non ancora.
Makoto ridacchia e ti circonda con un braccio.
«Bene, ho sempre voluto vedere i geyser» si mette in mezzo Haruka. Gli altri due ridono. Razza di infami, pensavi stessero dormendo. Senti Makoto arrossire per l’ennesima volta, senza neanche bisogno di vederlo. Per buon conto, tiri un calcio a Nagisa e un pizzicotto alla schiena di Haruka. Dopo tutto il rimescolamento che ne consegue, siete aggrovigliati e scomodi come neanche quella volta che Nagisa ha ritirato fuori dalle fauci dell’Inferno il Twister.
Non è poi così male, però, devi ammettere. È caldo, e accogliente, e c’è un certo strano senso di famiglia che non provavi da un’infinità di tempo. Baci Makoto sulla guancia e chiudi gli occhi.
(Se per il tuo compleanno non lasciano te e Makoto completamente soli in totale assenza di vestiti, li spedisci davvero in Islanda a morsi.)



 
  
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