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Autore: Scheherazade_Reim    23/01/2015    1 recensioni
Il marchio del drago, secondo alcune leggende, rappresenta il tocco della divinità.
Si narra che coloro che possiedo il marchio siano segnate dalla sventura e dal dolore, poiché è solo nelle tenebre che si può trovare la luce e la bellezza che sfuggirebbe agli occhi dei comuni esseri umani.
Le persone marchiate sono offerte in sacrificio, in cambio d'immensi poteri e della possibilità di realizzare un desiderio.
Dopo la battaglia per la Sfera dei Quattro Spiriti, un altro viaggio ha inizio!
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Kohaku, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Capitolo 3-  

Passati gli attimi di iniziale sorpresa il gruppo entrarono nella casa della vecchia Kaede, al momento fuori con Rin, decisi a sentire per bene la storia di Reiko. Dal suo arrivo nel bosco, all’inseguimento con un gruppo di samurai disertori e al suo salvataggio, sino all’arrivo nella loro zona. Aveva fatto una promessa a Kohaku, per cui non fece mai il suo nome e si limitò a dire che un “buon samaritano” l’aveva salvata da una fine quasi certa.

Davanti al fuoco che scoppiettava pigramente nel centro della stanza i quattro si guardavano, incerti e valutando la veridicità del suo racconto, nel frattempo Reiko aveva poggiato sul pavimento di legno la sua chitarra e si era tolta la giacchetta di Denim rivelando una maglia scura dal tessuto leggero e con il disegno di una rosa bianca sulle maniche. Il gambo lungo e pieno di spine avvolgeva le braccia mentre due fiori, intrecciati tra di loro, si trovavano sulla schiena all’altezza delle scapole.

« E’ strano » esordì Kagome, rompendo quegli attimi di silenzio. « Non riesco a capire come sia possibile il tuo arrivo qui. »

« Andiamo bene … » fu la risposta celere di Reiko. Le mani erano poggiate sul pavimento poco dietro di lei, il peso del suo corpo indietro e gli occhi nocciola ora rivolti alle travi del soffitto. « Speravo che tu conoscessi un modo per farmi tornare a casa. »

« Divina Kagome, non sarebbe possibile utilizzare ancora il pozzo? »

« Non credo. Il pozzo ha funzionato per l’ultima volta quattro anni fa, quando sono tornata per restare. »

E di nuovo calò il silenzio.

Reiko si sentì pervadere dalla stanchezza, dalla delusione e dalla preoccupazione per quello che poteva accadere a causa sua a casa.

“Di sicuro non chiameranno la polizia, figuriamoci, lo zio mi farà cercare ovunque sicuramente da domani e poi … “

Kagome la osservava senza nascondere la sua preoccupazione.

Quando l’aveva vista per un momento aveva creduto fosse una sua allucinazione, una punizione divina o qualcosa di simile, per ricordarle la vita che aveva lasciato alle spalle. Era felice dove si trovava con suo marito, questo era un dato di fatto, ma la nostalgia rimaneva comunque – era umano. Era normale.

« Ad ogni modo non ha senso stare qui a rimuginarci sopra. »

La voce di Inuyasha riportò il gruppetto alla realtà, riscuotendolo dal torpore e dai pensieri che si stavano accumulando sempre di più.

« Tu, piuttosto, sei proprio sicura di non ricordarti niente? »

« Se mi ricordassi qualcosa ti pare che avrei perso tempo a trovarvi? » rispose con poca cortesia Reiko, cominciava ad accusare i primi segni di stanchezza e il desiderio di ripetersi non era tra i suoi passatempi.

« Davvero, non lo so come ci sono finita nel bosco! Non ricordo niente di preciso anche se, lo ammetto, quando sono entrata nel tempio sono sicura che ci fosse qualcuno. Non so altro, e questo è tutto. »

Poggiò il gomito sopra la gamba mentre chinava il capo, sospirando stanca e poggiando la nuca contro il palmo della mano.

« Potrebbe anche trattarsi di un demone … » propose Miroku, valutando ogni ipotesi possibile in base a quello che Reiko aveva detto.

« Impossibile, non esiste demone abbastanza potente da creare un passaggio fino al vecchio mondo di Kagome. »

La voce di Inuyasha, le parole di risposta di Miroku e Kagome apparivano sempre più lontane mentre la sua mente si annebbiava sempre di più. Sentiva un gran fastidio al suo occhio, un calore intenso che si sprigionava da sotto la pelle fino nell’occhio. Non si era mai sentita così. Mai, mai in tutta la sua vita.

« Reiko? Reiko, va tutto bene? »

La voce di Kagome, premurosa e rassicurante, si sforzò di alzare lo sguardo per rispondere che non c’era niente che non andava ma sarebbe stata bugia.

Stava per dire qualcosa quando il dolore divenne più intenso, strappandole un gemito di dolore mentre il suo corpo scivolava di lato.

Inuyasha e Miroku osservavano la scena, preoccupati e sconcertati nello stesso istante, fu Kagome la prima ad avvicinarsi ma quando fece per sfiorare il suo viso la sua mano venne come respinta indietro da una leggerissima scarica elettrica.

« Kagome! » il primo ad avvicinarsi fu Inuyasha, preoccupato afferrò la mano della moglie e la ritrasse da Reiko. Sorrise, felice nel vedere quel lato premuroso di suo marito ma in questo caso, da quello che poteva vedere, completamente inutile.

« Divina Kagome, cos’è accaduto? »

Gli occhi del monaco si puntarono su quello strano segno che la ragazza chiamava “voglia”.

Non era qualcosa di comune, non qualcosa di così chiaro almeno, qualcosa sfuggiva alla loro comprensione e forse la presenza della ragazza in quell’epoca era proprio causato da quel segno sul viso.

Kagome scosse il capo alla domanda di Miroku e tornò a fissare preoccupata Reiko, ansimante sul pavimento e una mano premuta contro il viso nel tentativo di placare il dolore in un qualsiasi modo.

« Non lo so. Qualcosa m’impedisce di avvicinarmi oltre. »

« Non scherzare … Non dovrebbe esistere forza, in questo mondo, capace di tanto. »

Da quando il sigillo sui poteri di Kagome era venuto meno i suoi poteri non avevano fatto che crescere, negli anni trascorsi con la vecchia Kaede aveva imparato a dominarli meglio e ora l’aiutava con qualche esorcismo.

Stavano ancora valutando la situazione quando qualcun altro entrò nella piccola casa; era Sango.

In braccio aveva un bambino di circa quattro anni, Komori, l’espressione preoccupata e il respiro affannoso.

« Sango, che succede? » domandò Miroku, apprensivo mentre si avvicinava alla donna che amava.

« Meno male che siete tornati! Alcuni briganti si stanno dirigendo in questa direzione … »

Reiko non riusciva a sentire altro.

Solo un gran trambusto e delle voci concitate che uscivano da quella casa. Lei rimaneva lì, a terra, la donna che per ultima era arrivata rimase con loro poggiando a terra il bambino che subito andò a guardarla con evidente curiosità. Altre due bambine la raggiunsero spaventate e preoccupate.

Reiko, dal canto suo, non sapeva se ridere o piangere per quella situazione assurda che stava vivendo.

Un'altra fitta e sentì l’intero suo corpo contorcersi, rannicchiandosi  su stessa mentre le sembrava che il liquido contenuto all’interno dei suoi occhi andasse letteralmente in ebollizione. Lanciò un urlo, incapace di trattenerlo oltre e riprese a contorcersi sotto lo sguardo preoccupato di Sango e spaventato dei bambini.

Inuyasha, Kagome e Miroku avevano appena raggiunto il limite opposto del villaggio, dalla parte opposta all’ingresso del bosco dell’Albero Sacro, e non erano i soli a quanto pare; alcuni uomini del villaggio si erano armati di lance ed erano pronti a difendere il loro villaggio da chiunque.

La presenza del mezzo demone li rassicurava in un certo senso, ma non volevano restare a nascondersi, come conigli impauriti, senza provare a difendere loro stessi le loro case e le loro famiglie.

Il rumore di cavalli in avvicinamento fece scattare tutti sull’attento.

Kagome si trovava poco dietro a Inuyasha, l’arco e le frecce a portata di mano, per precauzione, mentre Miroku si trovava in prima linea accanto al compagno.

Pochi istanti e una dozzina di cavalli si pararono davanti a loro, a cavalcarli erano davvero una banda di briganti anche se, forse, il termine più esatto era samurai disertori. Tutti uomini di una certa età, l’espressione ricolma di superiorità e un sorriso beffardo da fare invidia al peggiore dei demoni.

« Guardate ragazzi, ci hanno preparato l’accoglienza! »

Alle parole del capo tutti gli altri scoppiarono a ridere mentre quegli occhi scuri carichi di malvagità si posarono su Kagome, la sola donna abbastanza vicina al gruppo di assalitori e, nonostante l’abito da sacerdotessa, sembrava aver suscito le attenzioni del capobanda.

« Certo che sei proprio un bel bocconcino sacerdotessa … » disse, passando la punta della lingua sulle labbra mentre Kagome rabbrividì, disgustata come poche volte, mentre Inuyasha stava per saltare al collo di quell’uomo e ucciderlo con i propri artigli solo anche per i semplici pensieri che aveva fatto sulla propria compagna.

« Vi conviene girare i tacchi e andarvene, altrimenti … » fece schioccare in modo sinistro le dita della mano, evidenziando gli artigli affilati.

Un qualsiasi essere umano si sarebbe spaventato, ma questi si limitò a ridere sguaiatamente accompagnato dal resto dei suoi uomini aumentando, purtroppo, l’ira del mezzo demone e attirando su di loro la curiosità dei suoi compagni.

« Abbiamo ucciso un sacco di demoni in questi giorni e da quello che vedo tu sei solo un mezzo demone … » marcò con disprezzo quell’ultima parola e con un sorriso beffardo sulle labbra « Cosa potresti fare ora che abbiamo questa? »

Da un piccolo spazio dell’armatura estrasse un ciondolo a cui era attaccata una piccola sfera scura, un cerchio perfetto, su cui era incisa l’immagine di un drago.

« Ragazzi! Andate a cercare la fanciulla con la voglia a forma di drago, ci aspettano bei soldi se la portiamo viva! »

Il lampo che attraversò le menti dei tre fu istantaneo: volevano Reiko, quindi non era un caso che si trovasse lì nell’epoca Sengoku.

Alcuni uomini scesero da cavallo, sguainando le loro katane e cominciando a camminare incuranti delle persone che si preparavano ad attaccare se avessero avanzato oltre.

Inuyasha sguainò Tessaiga, la potente spada che gli aveva permesso, a suo tempo, di distruggere per sempre Naraku.

« Non credo che vi convenga fare un altro passo. »

Gli uomini lo ignorarono ridendo divertiti, lo stesso fece il capo mentre continuava a tenere in bella vista quella pietra misteriosa ma Kagome, sebbene non ne fosse sicura, le era sembrato di vedere gli occhi del drago illuminarsi.

« Ma che avete da ridere?! » domandò in tono seccato e fu in quel momento che si accorse di cosa stava accadendo. La sua lama, Tessaiga, era tornata alla sua forma originale e priva di qualsiasi potere demoniaco.

L’uomo rise ancora più forte dei suoi compagni mentre osservava il volto stupito del mezzo demone. « Te l’avevo detto! Non puoi nemmeno sperare di toccarci, mezzo demone! »

« Dannati … ! »

Un urlo più forte squarciò l’aria catturando l’attenzione di tutti.

Era la voce di Reiko. Non vi era dubbio.

Tutti gli uomini del villaggio si girarono verso la direzione da cui proveniva, la casa della vecchia Kaede, si sentirono delle voci bisbigliate ma a nessuno degli uomini interessò oltre tant’è che passarono senza problemi nel muro di persone buttando qualcuno di loro a terra e correndo in direzione della casa.

Miroku si mosse per fermare quegli uomini con il suo bastone, decisamente lo strumento meno adatto per attaccare degli esseri umani, ma efficace quanto bastava per metterli fuori combattimento.

La spada di Inuyasha, anche senza poteri demoniaci, poteva ancora essere usata per contrastare gli attacchi di alcuni di quei samurai che si erano gettati addosso a lui come ad altri uomini per tenerli occupati mentre alcuni di loro andavano verso l’obbiettivo che si erano prefissati.

Kagome, intuito quello che stava accadendo, si era allontanata per prima e ora aveva raggiunto Sango che cercava di tenere Reiko ferma mentre i suoi bambini, spaventati dalle sue urla, si erano rannicchiati nell’angolo della stanza.

Spiegata velocemente la situazione all’amica decise di darle il cambio, annuendo con il capo e lasciando l’amica uscire per dare manforte al suo compagno che sapeva non poteva resistere a lungo senza rischiare di uccidere qualcuno.

Nessuno si sarebbe arreso, ne da una parte e nemmeno dall’altra, ma soprattutto non potevano cedere quella ragazza senza prima capire cosa stava accadendo.

Aveva sentito ogni cosa.

Sentiva ancora un dolore lancinante ma non poteva restare ferma. Non poteva rimanere lì, lasciando che le persone di quel villaggio fossero coinvolte nei suoi problemi.

Non era certo un eroina, ma avrebbe fatto qualsiasi cosa in suo potere.

Con gran fatica si ruotò sul fianco poggiando così la mano destra sulle assi di legno del pavimento, usando quella mano come leva, unita alle ginocchia si tirò almeno in parte in piedi.

« Reiko, non dovresti muoverti! » la rimproverò Kagome, osservandola preoccupata e immaginando cosa desiderasse fare.

A modo suo, tanti anni prima, aveva cercato di fare la stessa cosa per proteggere il villaggio dall’attacco di un demone mille piedi. Era stato allora che aveva incontrato Inuyasha.

Reiko non l’ascoltò.

Lentamente aveva raggiunto la sua giacca mentre sentiva il suo occhio come trapassato da piccoli spilli, mille aghi pungevano la sua pelle e sentiva solo il fuoco che la bruciava.

Tremante estrasse il coltello dalla tasca della giacca e lo fissò, dovette sforzarsi moltissimo solo mettere a fuoco la visione di quello che aveva tra la mani e dovette fare altrettanta fatica solamente per rimettersi in piedi. Kagome, per fortuna, corse in suo aiuto.

« Reiko, non ti preoccupare, non lasceremo che ti portino via. »

La sorreggeva come meglio poteva, aiutata anche dalle pareti della casa mentre la sua mano sinistra sembrava non volersi staccare dal volto.

« Non puoi capire. » mormorò con voce bassa mentre con i denti si mordeva le labbra.

Sapeva fin troppo bene com’era fatta.

Da quando i suoi genitori erano morti quando aveva solo quattro anni la sua vita era stata in balia della corrente, suo zio l’amava come se fosse davvero figlia sua ma lei, da parte sua, sentiva sempre il bisogno di ripagare gli sforzi fatti per crescerla; dallo studio, al prendere parte alle attività dell’impresa familiare gestita da suo zio.

“Non posso permettere che altri siano coinvolti in questa faccenda”.

La stretta attorno al suo coltello si fece più salda e nonostante le parole di Kagome questa uscì fuori, scostando la sottile tenda che faceva da ingresso.

Dallo spazio tra la mano e il viso cominciò a scendere un liquido scuro. Non era sangue, si ripeté mentalmente, mentre avanzava verso il suo obbiettivo sotto lo sguardo sconcertato e preoccupato di tutti i presenti.

« Razza di stupida! Hai forse un desiderio di morte?! » sbraitò Inuyasha mentre metteva fuori combattimento, per la seconda volta, uno dei briganti che a quanto pareva sembravano instancabili.

Non importava quante volte lui e Miroku, aiutati da Sango, li mettevano fuori combattimento questi continuavano a rialzarsi in piedi e a combattere come se non avvertissero più il dolore.

Ci vollero alcuni minuti prima che Reiko riuscisse a raggiungere il capobanda, sceso da cavallo con un sorrisetto soddisfatto in faccia, mentre la ragazza, al contrario, sembrava chiusa in un assurdo mutismo.

« Fammi vedere il tuo viso, ragazzina! »

Le dita della mano si chiusero sotto il mento della ragazza alzando con poca grazia e costringendola a togliere la mano dall’occhio, erano entrambi chiusi e quando li riaprì l’uomo si trovò a gridare inorridito mentre ritirava la mano. Tremava, tremava terrorizzato da quella visione.

« Ma cosa … Cosa diavolo è quello?! »

« … E io che ne so … ! » ribatté seccata la ragazza e con un movimento preciso, forse persino troppo preciso per i suoi gusti, riuscì a tagliare il filo che reggeva quella pietra che i banditi usavano per restringere le abilità dei demoni e diventare instancabili.

La piccola sfera scura rotolò a terra e un istante dopo anche l’uomo cadde, trafitto dal coltello di Reiko nello spazio tra collo e spalla.

Caddero insieme, lei sopra di lui teneva le mani serrate sul coltello e il viso vicino al suo orecchio mentre l’uomo, ora, si contorceva dal dolore sputando sangue.

« Sai … Non si muore subito in questi casi. Appena toglierò questo coltello, sappilo, ti lascerò annegare nel tuo sangue e non farò niente per aiutarti. »

Detto ciò, girò lentamente il coltello nella ferita strappandogli un urlo di dolore. La sua voce era un basso sussurro, un sibilo minaccioso e inquietante quasi quanto il suo viso in quel momento.

« Basta Reiko! Non è il caso di torturarlo! »

La voce di Miroku arrivava distante e in quel momento non le importava più di tanto, il suo obbiettivo era spaventare gli uomini che stavano mettendo a soqquadro il villaggio e, ascoltando le voci concitate attorno a loro, ci stava riuscendo anche molto bene.

« Dimmi chi ti ha dato quel gioiello … e chi mi vuole così tanto da assoldare tipi come te. »

Un altro colpo di tosse e la vita che lentamente lo stava abbandonando, ormai quell’uomo, per quanto facesse il gradasso, non aveva molto tempo a disposizione.

« U-Un monaco … Un villaggio a circa … Tre … Tre giorni … a Ovest. »

« Grazie … » un sussurro più dolce mentre con movimento fulmineo si spostò da sopra l’uomo estraendo il coltello, fu questione di pochi attimi prima che dalla bocca dell’uomo uscì altro sangue e spirasse completamente.

Si accasciò a terra, esausta, le mani ancora macchiate di sangue ma la mente sgombra e lentamente richiuse gli occhi.

Era strano, ora il dolore sembrava essere sparito del tutto.

 

Salve a tutti!

Non so che dire, questo capitolo è davvero strano e mi spiace se alcune parti sembrano stranose.

Cosa avrà visto quel bandito quando ha guardato Reiko in viso? Bella domanda, vero?

KagomeNoTaisho, al solito ti ringrazio per commentare. L’ho già detto, vero, ma sono una persona più felice al vedere che qualcuno mi segue con tanta curiosità.

La reazione di Kagome era dettata più dalla sorpresa e per Kohaku, eh, diciamo che era una mia idea da qualche tempo. Si, dalla fine del manga le cose sono tornate a posto ma credo, più per rispetto a sua sorella, vada a trovarla poche volte.

Sono tutte mie teorie e supposizioni, ovviamente.

Ci vediamo al prossimo capitolo che conto di pubblicare domani pomeriggio (sabato).

  
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