-Capitolo 3-
Passati gli attimi di iniziale sorpresa il gruppo entrarono
nella casa della vecchia Kaede, al momento fuori con Rin, decisi a sentire per
bene la storia di Reiko. Dal suo arrivo nel bosco, all’inseguimento con un
gruppo di samurai disertori e al suo salvataggio, sino all’arrivo nella loro
zona. Aveva fatto una promessa a Kohaku, per cui non fece mai il suo nome e si
limitò a dire che un “buon samaritano” l’aveva salvata da una fine quasi certa.
Davanti al fuoco che scoppiettava pigramente nel centro
della stanza i quattro si guardavano, incerti e valutando la veridicità del suo
racconto, nel frattempo Reiko aveva poggiato sul pavimento di legno la sua
chitarra e si era tolta la giacchetta di Denim rivelando una maglia scura dal
tessuto leggero e con il disegno di una rosa bianca sulle maniche. Il gambo
lungo e pieno di spine avvolgeva le braccia mentre due fiori, intrecciati tra
di loro, si trovavano sulla schiena all’altezza delle scapole.
« E’ strano » esordì Kagome, rompendo quegli attimi di
silenzio. « Non riesco a capire come sia possibile il tuo arrivo qui. »
« Andiamo bene … » fu la risposta celere di Reiko. Le mani
erano poggiate sul pavimento poco dietro di lei, il peso del suo corpo indietro
e gli occhi nocciola ora rivolti alle travi del soffitto. « Speravo che tu
conoscessi un modo per farmi tornare a casa. »
« Divina Kagome, non sarebbe possibile utilizzare ancora il
pozzo? »
« Non credo. Il pozzo ha funzionato per l’ultima volta quattro
anni fa, quando sono tornata per restare. »
E di nuovo calò il silenzio.
Reiko si sentì pervadere dalla stanchezza, dalla delusione
e dalla preoccupazione per quello che poteva accadere a causa sua a casa.
“Di sicuro non chiameranno la polizia, figuriamoci, lo zio
mi farà cercare ovunque sicuramente da domani e poi … “
Kagome la osservava senza nascondere la sua preoccupazione.
Quando l’aveva vista per un momento aveva creduto fosse una
sua allucinazione, una punizione divina o qualcosa di simile, per ricordarle la
vita che aveva lasciato alle spalle. Era felice dove si trovava con suo marito,
questo era un dato di fatto, ma la nostalgia rimaneva comunque – era umano. Era
normale.
« Ad ogni modo non ha senso stare qui a rimuginarci sopra.
»
La voce di Inuyasha riportò il gruppetto alla realtà,
riscuotendolo dal torpore e dai pensieri che si stavano accumulando sempre di
più.
« Tu, piuttosto, sei proprio sicura di non ricordarti
niente? »
« Se mi ricordassi qualcosa ti pare che avrei perso tempo a
trovarvi? » rispose con poca cortesia Reiko, cominciava ad accusare i primi
segni di stanchezza e il desiderio di ripetersi non era tra i suoi passatempi.
« Davvero, non lo so come ci sono finita nel bosco! Non
ricordo niente di preciso anche se, lo ammetto, quando sono entrata nel tempio
sono sicura che ci fosse qualcuno. Non so altro, e questo è tutto. »
Poggiò il gomito sopra la gamba mentre chinava il capo,
sospirando stanca e poggiando la nuca contro il palmo della mano.
« Potrebbe anche trattarsi di un demone … » propose Miroku,
valutando ogni ipotesi possibile in base a quello che Reiko aveva detto.
« Impossibile, non esiste demone abbastanza potente da
creare un passaggio fino al vecchio mondo di Kagome. »
La voce di Inuyasha, le parole di risposta di Miroku e
Kagome apparivano sempre più lontane mentre la sua mente si annebbiava sempre
di più. Sentiva un gran fastidio al suo occhio, un calore intenso che si
sprigionava da sotto la pelle fino nell’occhio. Non si era mai sentita così.
Mai, mai in tutta la sua vita.
« Reiko? Reiko, va tutto bene? »
La voce di Kagome, premurosa e rassicurante, si sforzò di
alzare lo sguardo per rispondere che non c’era niente che non andava ma sarebbe
stata bugia.
Stava per dire qualcosa quando il dolore divenne più
intenso, strappandole un gemito di dolore mentre il suo corpo scivolava di
lato.
Inuyasha e Miroku osservavano la scena, preoccupati e
sconcertati nello stesso istante, fu Kagome la prima ad avvicinarsi ma quando
fece per sfiorare il suo viso la sua mano venne come respinta indietro da una
leggerissima scarica elettrica.
« Kagome! » il primo ad avvicinarsi fu Inuyasha,
preoccupato afferrò la mano della moglie e la ritrasse da Reiko. Sorrise,
felice nel vedere quel lato premuroso di suo marito ma in questo caso, da
quello che poteva vedere, completamente inutile.
« Divina Kagome, cos’è accaduto? »
Gli occhi del monaco si puntarono su quello strano segno
che la ragazza chiamava “voglia”.
Non era qualcosa di comune, non qualcosa di così chiaro
almeno, qualcosa sfuggiva alla loro comprensione e forse la presenza della
ragazza in quell’epoca era proprio causato da quel segno sul viso.
Kagome scosse il capo alla domanda di Miroku e tornò a
fissare preoccupata Reiko, ansimante sul pavimento e una mano premuta contro il
viso nel tentativo di placare il dolore in un qualsiasi modo.
« Non lo so. Qualcosa m’impedisce di avvicinarmi oltre. »
« Non scherzare … Non dovrebbe esistere forza, in questo
mondo, capace di tanto. »
Da quando il sigillo sui poteri di Kagome era venuto meno i
suoi poteri non avevano fatto che crescere, negli anni trascorsi con la vecchia
Kaede aveva imparato a dominarli meglio e ora l’aiutava con qualche esorcismo.
Stavano ancora valutando la situazione quando qualcun altro
entrò nella piccola casa; era Sango.
In braccio aveva un bambino di circa quattro anni, Komori,
l’espressione preoccupata e il respiro affannoso.
« Sango, che succede? » domandò Miroku, apprensivo mentre
si avvicinava alla donna che amava.
« Meno male che siete tornati! Alcuni briganti si stanno
dirigendo in questa direzione … »
Reiko non riusciva a sentire altro.
Solo un gran trambusto e delle voci concitate che uscivano
da quella casa. Lei rimaneva lì, a terra, la donna che per ultima era arrivata
rimase con loro poggiando a terra il bambino che subito andò a guardarla con
evidente curiosità. Altre due bambine la raggiunsero spaventate e preoccupate.
Reiko, dal canto suo, non sapeva se ridere o piangere per
quella situazione assurda che stava vivendo.
Un'altra fitta e sentì l’intero suo corpo contorcersi,
rannicchiandosi su stessa mentre le
sembrava che il liquido contenuto all’interno dei suoi occhi andasse
letteralmente in ebollizione. Lanciò un urlo, incapace di trattenerlo oltre e
riprese a contorcersi sotto lo sguardo preoccupato di Sango e spaventato dei
bambini.
Inuyasha, Kagome e Miroku avevano appena raggiunto il
limite opposto del villaggio, dalla parte opposta all’ingresso del bosco
dell’Albero Sacro, e non erano i soli a quanto pare; alcuni uomini del
villaggio si erano armati di lance ed erano pronti a difendere il loro
villaggio da chiunque.
La presenza del mezzo demone li rassicurava in un certo
senso, ma non volevano restare a nascondersi, come conigli impauriti, senza
provare a difendere loro stessi le loro case e le loro famiglie.
Il rumore di cavalli in avvicinamento fece scattare tutti
sull’attento.
Kagome si trovava poco dietro a Inuyasha, l’arco e le
frecce a portata di mano, per precauzione, mentre Miroku si trovava in prima
linea accanto al compagno.
Pochi istanti e una dozzina di cavalli si pararono davanti
a loro, a cavalcarli erano davvero una banda di briganti anche se, forse, il
termine più esatto era samurai disertori. Tutti uomini di una certa età,
l’espressione ricolma di superiorità e un sorriso beffardo da fare invidia al
peggiore dei demoni.
« Guardate ragazzi, ci hanno preparato l’accoglienza! »
Alle parole del capo tutti gli altri scoppiarono a ridere
mentre quegli occhi scuri carichi di malvagità si posarono su Kagome, la sola
donna abbastanza vicina al gruppo di assalitori e, nonostante l’abito da
sacerdotessa, sembrava aver suscito le attenzioni del capobanda.
« Certo che sei proprio un bel bocconcino sacerdotessa … »
disse, passando la punta della lingua sulle labbra mentre Kagome rabbrividì,
disgustata come poche volte, mentre Inuyasha stava per saltare al collo di
quell’uomo e ucciderlo con i propri artigli solo anche per i semplici pensieri
che aveva fatto sulla propria compagna.
« Vi conviene girare i tacchi e andarvene, altrimenti … »
fece schioccare in modo sinistro le dita della mano, evidenziando gli artigli
affilati.
Un qualsiasi essere umano si sarebbe spaventato, ma questi
si limitò a ridere sguaiatamente accompagnato dal resto dei suoi uomini
aumentando, purtroppo, l’ira del mezzo demone e attirando su di loro la
curiosità dei suoi compagni.
« Abbiamo ucciso un sacco di demoni in questi giorni e da
quello che vedo tu sei solo un mezzo
demone … » marcò con disprezzo quell’ultima parola e con un sorriso
beffardo sulle labbra « Cosa potresti fare ora che abbiamo questa? »
Da un piccolo spazio dell’armatura estrasse un ciondolo a
cui era attaccata una piccola sfera scura, un cerchio perfetto, su cui era
incisa l’immagine di un drago.
« Ragazzi! Andate a cercare la fanciulla con la voglia a
forma di drago, ci aspettano bei soldi se la portiamo viva! »
Il lampo che attraversò le menti dei tre fu istantaneo:
volevano Reiko, quindi non era un caso che si trovasse lì nell’epoca Sengoku.
Alcuni uomini scesero da cavallo, sguainando le loro katane
e cominciando a camminare incuranti delle persone che si preparavano ad
attaccare se avessero avanzato oltre.
Inuyasha sguainò Tessaiga, la potente spada che gli aveva
permesso, a suo tempo, di distruggere per sempre Naraku.
« Non credo che vi convenga fare un altro passo. »
Gli uomini lo ignorarono ridendo divertiti, lo stesso fece
il capo mentre continuava a tenere in bella vista quella pietra misteriosa ma
Kagome, sebbene non ne fosse sicura, le era sembrato di vedere gli occhi del
drago illuminarsi.
« Ma che avete da ridere?! » domandò in tono seccato e fu
in quel momento che si accorse di cosa stava accadendo. La sua lama, Tessaiga,
era tornata alla sua forma originale e priva di qualsiasi potere demoniaco.
L’uomo rise ancora più forte dei suoi compagni mentre
osservava il volto stupito del mezzo demone. « Te l’avevo detto! Non puoi
nemmeno sperare di toccarci, mezzo demone! »
« Dannati … ! »
Un urlo più forte squarciò l’aria catturando l’attenzione
di tutti.
Era la voce di Reiko. Non vi era dubbio.
Tutti gli uomini del villaggio si girarono verso la
direzione da cui proveniva, la casa della vecchia Kaede, si sentirono delle
voci bisbigliate ma a nessuno degli uomini interessò oltre tant’è che passarono
senza problemi nel muro di persone buttando qualcuno di loro a terra e correndo
in direzione della casa.
Miroku si mosse per fermare quegli uomini con il suo
bastone, decisamente lo strumento meno adatto per attaccare degli esseri umani,
ma efficace quanto bastava per metterli fuori combattimento.
La spada di Inuyasha, anche senza poteri demoniaci, poteva
ancora essere usata per contrastare gli attacchi di alcuni di quei samurai che
si erano gettati addosso a lui come ad altri uomini per tenerli occupati mentre
alcuni di loro andavano verso l’obbiettivo che si erano prefissati.
Kagome, intuito quello che stava accadendo, si era
allontanata per prima e ora aveva raggiunto Sango che cercava di tenere Reiko
ferma mentre i suoi bambini, spaventati dalle sue urla, si erano rannicchiati
nell’angolo della stanza.
Spiegata velocemente la situazione all’amica decise di
darle il cambio, annuendo con il capo e lasciando l’amica uscire per dare
manforte al suo compagno che sapeva non poteva resistere a lungo senza
rischiare di uccidere qualcuno.
Nessuno si sarebbe arreso, ne da una parte e nemmeno dall’altra,
ma soprattutto non potevano cedere quella ragazza senza prima capire cosa stava
accadendo.
Aveva sentito ogni cosa.
Sentiva ancora un dolore lancinante ma non poteva restare
ferma. Non poteva rimanere lì, lasciando che le persone di quel villaggio fossero
coinvolte nei suoi problemi.
Non era certo un eroina, ma avrebbe fatto qualsiasi cosa in
suo potere.
Con gran fatica si ruotò sul fianco poggiando così la mano
destra sulle assi di legno del pavimento, usando quella mano come leva, unita
alle ginocchia si tirò almeno in parte in piedi.
« Reiko, non dovresti muoverti! » la rimproverò Kagome,
osservandola preoccupata e immaginando cosa desiderasse fare.
A modo suo, tanti anni prima, aveva cercato di fare la
stessa cosa per proteggere il villaggio dall’attacco di un demone mille piedi.
Era stato allora che aveva incontrato Inuyasha.
Reiko non l’ascoltò.
Lentamente aveva raggiunto la sua giacca mentre sentiva il
suo occhio come trapassato da piccoli spilli, mille aghi pungevano la sua pelle
e sentiva solo il fuoco che la bruciava.
Tremante estrasse il coltello dalla tasca della giacca e lo
fissò, dovette sforzarsi moltissimo solo mettere a fuoco la visione di quello
che aveva tra la mani e dovette fare altrettanta fatica solamente per
rimettersi in piedi. Kagome, per fortuna, corse in suo aiuto.
« Reiko, non ti preoccupare, non lasceremo che ti portino
via. »
La sorreggeva come meglio poteva, aiutata anche dalle
pareti della casa mentre la sua mano sinistra sembrava non volersi staccare dal
volto.
« Non puoi capire. » mormorò con voce bassa mentre con i
denti si mordeva le labbra.
Sapeva fin troppo bene com’era fatta.
Da quando i suoi genitori erano morti quando aveva solo
quattro anni la sua vita era stata in balia della corrente, suo zio l’amava
come se fosse davvero figlia sua ma lei, da parte sua, sentiva sempre il
bisogno di ripagare gli sforzi fatti per crescerla; dallo studio, al prendere
parte alle attività dell’impresa familiare gestita da suo zio.
“Non posso permettere che altri siano coinvolti in questa
faccenda”.
La stretta attorno al suo coltello si fece più salda e
nonostante le parole di Kagome questa uscì fuori, scostando la sottile tenda
che faceva da ingresso.
Dallo spazio tra la mano e il viso cominciò a scendere un
liquido scuro. Non era sangue, si ripeté mentalmente, mentre avanzava verso il
suo obbiettivo sotto lo sguardo sconcertato e preoccupato di tutti i presenti.
« Razza di stupida! Hai forse un desiderio di morte?! »
sbraitò Inuyasha mentre metteva fuori combattimento, per la seconda volta, uno
dei briganti che a quanto pareva sembravano instancabili.
Non importava quante volte lui e Miroku, aiutati da Sango,
li mettevano fuori combattimento questi continuavano a rialzarsi in piedi e a
combattere come se non avvertissero più il dolore.
Ci vollero alcuni minuti prima che Reiko riuscisse a
raggiungere il capobanda, sceso da cavallo con un sorrisetto soddisfatto in
faccia, mentre la ragazza, al contrario, sembrava chiusa in un assurdo mutismo.
« Fammi vedere il tuo viso, ragazzina! »
Le dita della mano si chiusero sotto il mento della ragazza
alzando con poca grazia e costringendola a togliere la mano dall’occhio, erano
entrambi chiusi e quando li riaprì l’uomo si trovò a gridare inorridito mentre
ritirava la mano. Tremava, tremava terrorizzato da quella visione.
« Ma cosa … Cosa diavolo è quello?! »
« … E io che ne so … ! » ribatté seccata la ragazza e con
un movimento preciso, forse persino troppo preciso per i suoi gusti, riuscì a
tagliare il filo che reggeva quella pietra che i banditi usavano per
restringere le abilità dei demoni e diventare instancabili.
La piccola sfera scura rotolò a terra e un istante dopo
anche l’uomo cadde, trafitto dal coltello di Reiko nello spazio tra collo e
spalla.
Caddero insieme, lei sopra di lui teneva le mani serrate
sul coltello e il viso vicino al suo orecchio mentre l’uomo, ora, si contorceva
dal dolore sputando sangue.
« Sai … Non si muore subito in questi casi. Appena toglierò
questo coltello, sappilo, ti lascerò annegare nel tuo sangue e non farò niente
per aiutarti. »
Detto ciò, girò lentamente il coltello nella ferita
strappandogli un urlo di dolore. La sua voce era un basso sussurro, un sibilo
minaccioso e inquietante quasi quanto il suo viso in quel momento.
« Basta Reiko! Non è il caso di torturarlo! »
La voce di Miroku arrivava distante e in quel momento non
le importava più di tanto, il suo obbiettivo era spaventare gli uomini che
stavano mettendo a soqquadro il villaggio e, ascoltando le voci concitate
attorno a loro, ci stava riuscendo anche molto bene.
« Dimmi chi ti ha dato quel gioiello … e chi mi vuole così
tanto da assoldare tipi come te. »
Un altro colpo di tosse e la vita che lentamente lo stava
abbandonando, ormai quell’uomo, per quanto facesse il gradasso, non aveva molto
tempo a disposizione.
« U-Un monaco … Un villaggio a circa … Tre … Tre giorni … a
Ovest. »
« Grazie … » un sussurro più dolce mentre con movimento
fulmineo si spostò da sopra l’uomo estraendo il coltello, fu questione di pochi
attimi prima che dalla bocca dell’uomo uscì altro sangue e spirasse
completamente.
Si accasciò a terra, esausta, le mani ancora macchiate di
sangue ma la mente sgombra e lentamente richiuse gli occhi.
Era strano, ora il dolore sembrava essere sparito del
tutto.
Salve a tutti!
Non so che dire, questo capitolo è davvero strano e mi spiace se alcune
parti sembrano stranose.
Cosa avrà visto quel bandito quando ha guardato Reiko in viso? Bella
domanda, vero?
KagomeNoTaisho, al solito ti ringrazio per commentare. L’ho già detto, vero, ma sono
una persona più felice al vedere che qualcuno mi segue con tanta curiosità.
La reazione di Kagome era dettata più dalla sorpresa e per Kohaku, eh,
diciamo che era una mia idea da qualche tempo. Si, dalla fine del manga le cose
sono tornate a posto ma credo, più per rispetto a sua sorella, vada a trovarla
poche volte.
Sono tutte mie teorie e supposizioni, ovviamente.
Ci vediamo al prossimo capitolo che conto di pubblicare domani pomeriggio
(sabato).