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Autore: Dust Fingers    24/01/2015    0 recensioni
Correva voce, in quei freddi giorni che terminavano l’anno, che fosse arrivato un illusionista dai paesi dell’est. Si diceva che si esibisse nei suoi spettacoli nelle notti di luna nuova chiedendo solo pochi spiccioli che la gente gettava in un cappello magico in modo che, dopo averli posati, fosse impossibile riprenderli.
Genere: Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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016. Money
 
  Correva voce, in quei freddi giorni che terminavano l’anno, che fosse arrivato un illusionista dai paesi dell’est. Si diceva che si esibisse nei suoi spettacoli nelle notti di luna nuova chiedendo solo pochi spiccioli che la gente gettava in un cappello magico in modo che, dopo averli posati, fosse impossibile riprenderli.
  «Ho sentito che una sera ha fatto sparire cinque persone dietro una tenda e che poi sono ricomparse dieci braccia più in là» stava dicendo il proprietario della locanda.
  «Sì, ma sono solo voci. Io, invece, ho sentito che ha donato un mazzo di fiori ad ogni bella donna presente al suo spettacolo» diceva una robusta tipa con i gomiti appoggiati al banco.
  «Lo dici perché avresti voluto esserci anche tu» fece l’oste, «per quanto tu possa essere bella!» esclamò con una risata.
  «Bah, sta zitto tu, vecchio caprone» lo rimbeccò la donna, allungandosi un altro boccale.
  «Al contrario vostro, io ho sentito abbastanza scemenze da potervi assicurare due cose» intervenne un uomo incappucciato che stava in fondo alla taverna. «Primo, che vi sta mettendo tutti quanti nel sacco con i suoi numeri da saltimbanco da quattro soldi; secondo, è un sopravvissuto di Ammsh» il silenzio cadde: nessuno aveva mai visto di buon occhi gli abitanti di Ammsh, avevano sempre avuto fama di traditori, ladri, imbroglioni e assassini. Cento anni prima, però, una catastrofe li aveva sterminati e di loro non era rimasta traccia.
  «Cosa?! È assurdo!» sbottò il locandiere. Subito iniziò un’accanita lotta su chi avesse ragione o torto.
L’uomo incappucciato svuotò il boccale, lasciando i soldi sul tavolo, ed uscì all’aria fresca della sera, stringendosi nel suo mantello e dirigendosi verso un ponte illuminato a festa.
  Si esibiva proprio quella sera.
  Maestosi fuochi esplodevano nel cielo, si frantumavano in mille colori diversi, illuminando i giochi di prestigio eseguiti dal prestigiatore. Egli faceva roteare palline colorate e al termine di ogni spettacolo ne regalava qualcuna ai bambini accorsi per vederlo.
  L’uomo incappucciato, mentre tutti stavano con il naso all’insù in quella notte senza luna, aveva visto un’agile figura muoversi tra la folla e, con abili gesti, agire.
Sbirciò le espressioni sbarrate delle sentinelle all’inizio del ponte e abbassando, poi, lo sguardo alla loro cintura: il sacchetto era ancora lì, era convinto che li avesse derubati tutti, forse con le guardie non aveva voluto rischiare. Controllò che il suo borsello, contenente i quattro spiccioli con cui girava sempre, fosse ancora al suo posto, ed effettivamente c’era ancora.
I fuochi terminarono e tutto tornò buio e silenzio. Poi applausi sfrenati.
  «Per oggi abbiamo finito!» annunciò una voce, dalle tenebre più totali «ci rivedremo al prossimo novilunio per un altro spettacolo! Grazie a tutti!» ringraziò come se ognuno dei presenti avesse dato l’intero portamonete di sejo. Poi tutti cominciarono ad allontanarsi. Tutti meno l’uomo incappucciato che si avvicinò silenzioso.
  «Perché non hai rubato anche i miei soldi?» chiese alla figura scura che mostrava lui solo le spalle. Non appariva particolarmente robusta ma sicuramente molto agile e slanciata.
  «Io non ho rubato proprio niente, signore» rispose la figura senza voltarsi ed enfatizzando l’ultima parola.
  «Vattene» aggiunse soltanto, e tornò ad armeggiare con i suoi attrezzi riponendoli con cura in una logora sacca.
  «Perché non usi le tue doti per aiutare la gente?» chiese l’uomo.
  «Io l’aiuto già, la gente» rispose l’illusionista senza voltarsi, chino sul proprio lavoro. «Li aiuto a non sformare quelle loro belle tasche profumate» aggiunse poi con sfacciataggine.
  «E tu pensi di aiutarli rubando e dando loro dei soldi che perderebbero subito con le tasse che pagano?» sbottò.
  «Non hai sentito?» chiese calmo l’illusionista, voltandosi di nuovo. «Ti ho detto di andartene» lo guardava con un impenetrabile espressione di ghiaccio, l’unica cosa che si poteva distinguere nella sua figura nera e piatta. L’uomo si strofinò la corta barba e si allontanò accompagnato dal lieve fruscio del mantello senza dire niente.
 
  Un ciclo lunare dopo si poté di nuovo assistere ad uno dei suoi spettacoli: Agari aveva visto di sfuggita qualcuno che si era aggirato nella piazza circolare attorno ad alcuni attrezzi, furtivo, sistemando qualche trucco in giro, forse per impressionare meglio la gente quando i fuochi fossero iniziati. Non comprendeva come potesse il fuoco splendere in cielo così bello e di così tanti colori. Decise che quella sera avrebbe lasciato il denaro tra le sue cose alla taverna dove alloggiava
  Lo spettacolo inizio a sera inoltrata, quando ogni cosa era bagnata dal sangue rosso del nono sole ormai quasi completamente scomparso oltre l’orizzonte; quando anche l’ultimo raggio scomparve e tutto era immerso come in un liquido nero a stento illuminato dalle torce lungo tutto il perimetro dell’immensa piazza, destinata a mercati e atterraggio dei grifoni.
 Dei forti fischi e scoppi annunciarono l’inizio dello spettacolo, appena dopo che la figura indistinta dell’illusionista era comparsa con un logoro e sbrindellato cappello tra le dita, sottili e scure quanto il resto del suo vestiario, chiedendo un piccolo contributo per iniziare lo spettacolo dicendo, con voce allegra – ma neutra e asessuata – «Anche io ho bisogno di mangiare, signori, la mia magia non mi trasforma i sassi in bistecche!» scatenando una gaia risata che si espanse per tutta la piazza.
 
  Buona parte della serata trascorse illuminata dai bagliori dei fuochi, ipnotizzanti, tra giochi di prestigio con scomparsa di cappelli, spade, e pugnali tra le dita dell’illusionista che le muoveva rapide e leggere.
Invitò anche una donna a danzare con lui quando, nell’ultima giravolta, l’avvolse in un telo colorato e arabescato di simboli argentati che quando poi lo svolse si mostrò vuoto e molle tra le sue mani. La donna ricomparve poche braccia più in là, ridendo eccitata. L’illusionista le carezzo una guancia prima di lasciarla scendere dal piccolo ed improvvisa palco; quando raggiunse il suo posto in mezzo alla folla la polverina che le aveva lasciato sulla pelle la pizzicò, lei lanciò un grido allarmando tutti: i suoi capelli si erano trasformati in serpenti, ma un secondo dopo si staccarono dalla sua testa divenendo farfalle gialle con grandi ali che salivano in cielo per poi esplodere in un maestoso fuoco che illuminò a giorno la piazza; lo spavento che aveva percorso per un attimo gli spettatori si spense guardando quella meraviglia.
  A quel punto Agari notò, prima degli altri, serpeggiamenti luminosi tra la folla, provenienti dai punti dove aveva visto sistemare strani oggetti a quelli che dovevano essere gli aiutanti dell’illusionista: era in arrivo il gran finale, probabilmente.
Pochi attimi dopo quando il prestigiatore schioccò le dita, mentre tutti si aspettavano chissà quale gioco di magia, le luci, da sotto i piedi degli astanti li fecero sollevare di pochi palmi da terra con loro grande stupore, per poi schizzare alte in cielo ed esplodere nell’ultimo grande gioco di colori e luci brillanti ricadendo come una cupola di cristallo  intarsiata di simboli e disegni e, lasciando nel firmamento nero, le stelle più grandi che Agari avesse mai visto e tutto si spense tra applausi forsennati e grida di giubilo.
La figura piatta e sottile che li aveva deliziati fino a quel momento si dileguò silenziosa e non vista, senza una parola o che altro, divenendo l’ombra di qualcuno che già si allontanava.
  
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