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Autore: Lory221B    25/01/2015    3 recensioni
Sherlock è in fase autodistruttiva e niente sembra più scuoterlo. Mycroft non vede altra soluzione se non mandarlo in terapia. Nel frattempo un nuovo, complicato caso, riemerge dal passato.
Riuscirà Sherlock a risolvere il puzzle della sua mente, risolvere il caso e riavvicinare John, che sembra sempre più distante e travolto dalla routine della vita familiare?
Aggiunto un epilogo bonus parentlock
Genere: Angst, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 7  Personalità dipendente e sociopatia


Sherlock camminava veloce lungo il viale diretto verso l'edificio centrale dell'Università. Era una giornata particolarmente fredda per essere ottobre e lui si stringeva nel suo cappotto accelerando i passi per andare a scaldarsi in qualche aula.

Con la coda dell'occhio vide Victor che si avvicinava.

- Sherlock mi stai deliberatamente evitando? - chiese il ragazzo trattenendolo per un braccio. Sherlock lo guardò con un'espressione vuota, si sentiva stranito in presenza di Victor, non si sentiva più a suo agio dopo il loro ultimo incontro e cominciava a pensare che le intenzioni di Trevor erano più subdole di quello che credeva.

Sherlock scrollò le spalle - No, non ti sto evitando, sto cercando di far uscire di prigione il maggiordomo. Magari non incastrerò il colpevole ma non voglio che paghi un innocente -


Victor sorrise - Sherlock se ti dicessi che la signora Scott ha ritirato la denuncia?  E' libero -

- Davvero? - Sherlock immagazzinò quella nuova informazione, tanto rumore per nulla, ma perché? Che fosse intervenuto il padre di Victor?

- Ovviamente è stato licenziato ma sembra che abbia già trovato un altro lavoro - continuò Victor.

Sherlock alzò un sopracciglio perplesso.

- Tornando a noi...quando posso venire di nuovo in camera tua. E per venire intendo ogni doppio senso possibile - sogghignò.

- Non essere idiota - rispose Sherlock quasi infastidito.

- Perché? credevo ti fosse piaciuto - fece con l'aria più innocente che poteva sfoggiare.

- Victor non intendo avere una relazione con te. E sei pregato di non far credere a tuo padre che stiamo assieme, l'altro giorno mi ha bloccato in bar chiedendomi cosa ci fosse tra noi - rispose piatto Sherlock. Non sapeva cosa pensare, tutto quello che aveva trovato interessante in Victor non c'era più. Gli sembrava di essere stato manipolato in qualche modo e che in ogni caso non fosse un amico.

- Nemmeno io voglio avere una relazione...intendevo solo sesso - continuò Victor sempre sogghignando - E lascia stare mio padre, è divertente vedere come reagisce alle provocazioni -

Sherlock scosse la testa. Victor era come sarebbe diventato lui se non avesse avuto una famiglia che gli voleva bene? Anche lui era intelligente, curioso, solitario. Disprezzava le convenzioni sociali e la routine della gente comune. Ma a differenza di Sherlock aveva convertito il suo risentimento in disprezzo verso tutti e in particolare verso suo padre. Sherlock aveva creduto di aver trovato qualcuno simile a lui, che lo capisse, ma in realtà non era quello di cui aveva bisogno. A Sherlock serviva qualcuno che stesse dalla sua parte tenendolo però nella società civile.

Il moro era come un bambino nelle relazioni sociali, non sapeva mai come comportarsi e quando sapeva che era uso tenere un certo comportamento lo faceva meccanicamente. Aveva bisogno di qualcuno che lo lasciasse essere se stesso aiutandolo però a progredire nelle relazioni sociali, strappandolo dalla sua solitudine. Quel qualcuno non era di certo Victor.

- No, non fa per me, non mi interessa. - concluse Sherlock.


Il detective fece per andare via quando spuntò un ragazzino di circa quattordici anni che lo ignorò completamente e puntò dritto verso Trevor.

- Victor quando andiamo a casa? -

Sherlock guardò meglio il ragazzino, era molto simile a Victor e dalla domanda che gli aveva posto non poteva essere altri che suo fratello.

- Quello è tuo fratello Christian? Credevo fosse a Eton - chiese Sherlock perplesso

- E' tornato prima - rispose evasivo - Beh signor consulente investigativo ti lascio ai tuoi dubbi sulla tua presunta asessualità. Ci sentiamo -


***** *****


- Sherlooooooock - gridò John inseguendo il detective giù per le scale tenendo stretta Ginny e sperando di non inciampare sui gradini.

Sherlock era già sul marciapiede pronto a fermare il primo taxi disponibile.

- Non puoi corrermi dietro con Ginny, potrebbe essere pericoloso - fece il detective guardando perplesso John tutto trafelato che lo inseguiva con bambina al seguito, che in realtà sembrava piuttosto divertita.

- Lo so, ma non puoi andare da solo...ovunque tu stia andando. Spiegami! - rispose John. Non avrebbe mollato la presa, al massimo avrebbe chiamato Lestrade a fare da baby sitter a Ginny.

- Intanto vado dallo psicologo, non mi interessa niente del segreto professionale, mal che vada tu e Ginny lo distraete mentre io gli ruba una cartellina -

John lo guardò senza capire, come sempre quando Sherlock spiegava dando per scontato che tutti stessero dietro alla sua mente che andava a mille all'ora - Di chi? -

Sherlock fermò un taxi e tutti e tre salirono diretti allo studio dello psicologo.

- Christian Trevor, il fratello di Victor. Che idiota ora tutto ha un senso. Sai quando ti ho detto di aver sospettato di Victor per il furto a casa Scott? Il motivo principale per cui lo avevo escluso era che aveva un alibi di ferro. La sera del ricevimento dagli Scott stava giocando a calcio. Cambridge contro Oxford. Ed io ero presente, mi aveva invitato lui. Col senno di poi credo proprio che mi abbia manipolato fin dall'inizio. - fece Sherlock rabbuiandosi. Non per una questione sentimentale ma di orgoglio, Victor aveva puntato su una debolezza del detective, la sua solitudine e Sherlock ci era cascato in pieno.

- Cosa intendi? - chiese John innervosendosi. Anche se quella rivelazione gli dava un altro ottimo motivo per prendere a pugni Victor.

- Non l'ho proprio conosciuto per via del caso, ci eravamo incontrati qualche giorno prima...anzi il suo cane ha incontrato la mia gamba. Ora capisco che non è stato un caso se poi siamo diventati...conoscenti -

- Puoi dirlo amici, non mi offendo. - affermò con una punta di fastidio John.

- No, lo confermo, non eravamo amici. E' vero mi piaceva passare del tempo con lui, era diverso da tutti gli altri, era intelligente e riteneva brillanti le mie deduzioni. Ma avevo percepito che c'era qualcosa che non andava. Per me amico è qualcuno di cui mi fido ciecamente, non di certo Victor - fece Sherlock indugiando qualche secondo di troppo verso John.

John prese a respirare un po' più velocemente mentre la piccola Ginny si addormentava tra le sue braccia. Non voleva riaprire di nuovo quella discussione ma sentiva che sarebbe esploso se non glielo avesse chiesto.

- Sherlock ho bisogno di chiedertelo un'ultima volta, se ti fidi così tanto di me perché non ti sei fidato quando hai finto la tua morte? -

John sembrava mortalmente ferito. Sherlock non pensava che sarebbe stato così difficile farsi perdonare da John, aveva dato per scontato la sua amicizia ma credeva che tutto quello che aveva fatto per lui bastasse per passare oltre. Il detective ripensò a quando Mary aveva detto che avrebbe fatto qualunque cosa per evitare che John venisse a sapere del suo passato. Non aveva detto che avrebbe fatto qualunque cosa per John e basta, solo lui era arrivato a tanto, al punto da sparare a sangue freddo a Magnussen. Non ne era pentito ma non riusciva a capire come potesse essersi trovato in quella situazione. Aveva avuto svariate possibilità di sparare in testa a Moriarty ma non lo aveva fatto, semplicemente perché non era così che risolveva i problemi. Intelligenza, astuzia queste erano le sue caratteristiche, non un omicidio.

Guardò John, sospirò e decise di dire qualcosa di più del solito "avevo paura ti lasciassi sfuggire qualcosa".

- Non era una questione di fiducia John. Sapevo che la rete di Moriarty avrebbe continuato a tenerti d'occhio, che per quanto avessi finto bene potevano non esserne convinti, come non lo era Anderson per esempio. Se tu avessi saputo che ero vivo ti saresti comportato diversamente e loro avrebbero capito e saresti stato in pericolo. E' stata dura smantellare la rete di Moriarty e non sarei riuscito ad arrivare fino in fondo sapendo che tu eri in pericolo. Mycroft ti teneva d'occhio, ma non abbastanza se gli è sfuggito che uscivi con una spia -

- Avrei preferito mille volte affrontare tutti i sicari di Moriarty che restare due anni nella disperazione - rispose John serio e a tratti commosso.

- Dai non sono stati proprio due anni, poi è arrivata Mary no? - chiese Sherlock, sperando egoisticamente di sentirsi dire che Mary non lo avrebbe mai potuto sostituire.

- Siamo arrivati - fece John evitando la domanda.


***** *****


 - Signor Holmes che piacere vederla con il dottor Watson e sua figlia. Terapia di coppia? - chiese lo psicologo stupito dell'intrusione improvvisa nel suo studio.

Sherlock lo guardò storto mentre John sembrava molto a disagio, proprio come quando tutti li scambiavano per una coppia.

- Il suo umorismo è fuori luogo mi deve parlare di Christian Trevor, il suo paziente. -

- Lo sa che non posso, segreto professionale -

- Lo farà invece, anzi basta che mi dica si o no e le assicuro che resterà tra noi. Ha un disturbo dipendente di personalità? - fece secco Sherlock. Lo psicologo deglutì impercettibilmente.

- La sua micro-espressione verrà presa come un si. Il fratello,  Victor, è il problema vero? Lo manipola - incalzò Sherlock.

Lo psicologo aprì la bocca stupito, collegando improvvisamente i pezzi nella sua mente - Quando mi aveva parlato di Victor non avevo pensato al fratello di Christian..oh.. Aveva ragione allora, di certo non provava niente per lei -

- Che intende? - chiese Sherlock curioso.

- Victor è un vero sociopatico, almeno così sembra da come ne parla il fratello -

John non trattenne un'espressione infastidita, possibile che Sherlock si circondasse solo da gente psicopatica?

- Sa come si crea una personalità disturbata sig. Holmes? Con critiche costanti e mancanza d'affetto. Il padre ha fatto un pessimo lavoro con quei due ragazzi...mi dica Christian è in pericolo? - chiese lo psicologo, più preoccupato di quello che poteva accadere al minore dei Trevor che al violare il segreto professionale.

Sherlock mise le mani in tasca e rispose pratico - Fa tutto quello che gli dice il fratello, compreso rubare collane ai ricevimenti per incastrare la matrigna o rubare quadri in Oxford Street -

- Come fai a dire che è stato lui? - intervenne John che aveva a sua volta iniziato a ricomporre il puzzle.

- E' un gioco John e Victor sta vincendo...fino ad adesso. Non so come ho fatto a non accorgermi che i quadri rubati avevano lo stesso stile di quelli che avevo visto a casa di Victor - Sherlock ripensò all'unica visita dai Trevor, quando aveva ammirato una serie di quadri di cui il padre di Victor andava molto fiero.

- Beh tu elimini le informazioni irrilevanti... - fece John sottintendendo che Victor e la sua casa non erano rilevanti - Aspetta ha rubato i quadri per completare la collezione? Non ha senso, non potrà mai appenderli in soggiorno -

- Ti ho detto che è un gioco, era per me. Il furto dagli Scott ovviamente no. Gli servivano due cose: un alibi e qualcuno che rubasse i gioielli al posto suo - continuò Sherlock congiungendo le mani sotto il mento.

- E qualcuno che gli credesse quando avrebbe insinuato che era stata la matrigna - fece John ricordando a Sherlock che era stato usato.

- Victor aveva l'alibi, la partita a cui ero presente e aveva il qualcuno: suo fratello era al ricevimento. Si sarà annoiato a morte, era un adolescente, nessuno avrà fatto caso a lui se andava in giro -

- E a Oxford Street? - chiese John.

- Avrà sedotto una cameriera o una cosa del genere. Le avrà rubato le chiavi e avrà aspettato una sera in cui non c'erano ne i proprietari né i domestici. - continuò Sherlock sorridendo tra sé.

- E tutto questo per te? - chiese John alterato e infastidito sia dal fatto in se che dall'allegria di Sherlock.

Lo psicologo aveva osservato tutta la scena e il modo di relazionarsi tra i due e non poté fare a meno di intervenire - Signor Watson come la fa sentire tutto ciò? -

- Cosa intende? - chiese John stupito di essere interpellato.

- A leggere il suo blog il sig. Holmes è spesso sfidato da sociopatici come Moriarty o sexy manipolatrici. La cosa non la infastidisce? -

- Per la sua incolumità sicuramente - rispose pratico cercando di evitare ogni possibile coinvolgimento. Se ripensava a Moriarty gli tornava la voglia di picchiare qualcuno, come aveva fatto con il capo della polizia. Moriarty che sfidava Sherlock, che minacciava di ucciderli, Sherlock entusiasta della prospettiva di una nuova sfida, Moriarty che distruggeva la reputazione del suo migliore amico e lo costringeva a saltare nel vuoto.

John aveva smesso di respirare quando una nuova domanda dello psicologo lo fece  innervosire ulteriormente.

- E per il fatto che seducono il suo cervello? - chiese lo psicologo con l'aria di uno che ha capito tutto.

- Io...non ho intenzione di farmi psicanalizzare -

- E' sulla difensiva...ho toccato un nervo scoperto? Quanto le da fastidio che uno psicopatico possa riceve più attenzioni di lei da parte del sig. Holmes? -

Sia Sherlock che John spalancarono gli occhi. Il detective non aveva il coraggio di guardare verso John e si chiese se davvero lo psicologo avesse ragione.

- Ok adesso basta noi dobbiamo andare - fece il detective girandosi verso la porta.

John guardò lo psicologo che gli lanciava uno sguardo incoraggiante e poi Ginny che dormiva beata, incosciente di essere il legame fondamentale tra lui e Mary.

- Se proprio vuoi saperlo - fece rivolto a Sherlock - Si mi da fastidio che ti lasci prendere in questa maniera ogni volta che qualche genio si mette a sfidarti - 

Sherlock gli lanciò un'occhiata indignata - Non sono "preso" John, mi piace risolvere rompicapi -

Lo psicologo decise di spingere ulteriormente il piede sull'acceleratore - Già che ci siamo, sig. Holmes quanto trovava insopportabili le ragazze con cui perdeva tempo John invece che uscire a risolvere crimini con lei? -

- Non sia ridicolo non le ho mai calcolate - rispose immediatamente.

- Negazione, facciamo passi indietro vedo...perché non vi sedete? Avreste molto di cui parlare -

- Magari un'altra volta. John andiamo! -



Angolo autrice
Scusate il ritardo, settimana pienissima. Che dire di questo capitolo? Dialoghi come se piovessero...ma quando inizio a scriverli poi è difficile aggiungere descrizioni, mi sembra spezzino il ritmo.
Ringrazio tutti per essere ancora qui a leggere.
Un bacio e alla prossima.

 
   
 
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