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Autore: bagnodonda    25/01/2015    0 recensioni
Guardare il mare era una sua passione, ma no, non proprio guardarlo, più assorbirlo, come sangue nelle vene, come acqua nelle sue cellule, si sentiva attirata verso quell’indefinitezza sperduta dell’oceano , come le piante si sentono attirate alla luce del sole padre, Y tendeva al mare, ma al mare infuriato, quel mare che può ogni cosa su questa terra ed incombe sotto e sopra e dentro di noi, minacciando di inghiottirci tutti, fino all’ultimo brandello di civiltà sporca ed affaticata che alla fine sempre all’oceano sarebbe tornata.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La risacca dell’oceano si agitava, irrequieta, contro gli scogli, lambendo la sottile striscia di terra che delineava il confine del mare. Le enormi pietre bianche artificiali erano piene di graffiti, rossi, neri, blu, viola, frasi d’amore scritte al computer, dichiarazioni, lucchetti spezzati, e lattine, bottiglie vuote, impronte di scarpe, alghe marroni, spazzatura, di quella povertà dei miseri ipocriti che alla fine la trovano pure bella. Y è lì, a fissare il mare, su un muretto di mattoni rossi e marmo grigio, le gambe a penzoloni nel vuoto di qualche centimetro, gli occhi azzurri che si riflettono nel colore grigiastro del mare e del cielo, le mani appoggiate sulla pietra fredda, le scarpe alle sue spalle. I capelli biondi e ricci si agitano al vento come spighe di grano, selvatiche e incontrollabili, mentre fissa imperturbabile l’orizzonte che si dipana oltre il mare, quella sottile linea che divide oceano e cielo, fissa ed unica, altro colore, altro sapore, altro mondo. E si immaginava a volare sulla distesa d’acqua, mentre tutti i suoi pensieri venivano assorbiti dalle onde che pigre e mal volenti si spingevano fin sulla costa, per morire di nuovo e di nuovo essere catturate dal mare. Il mare, che scivolava sotto i suoi occhi ed i suoi pensieri, il mare che si rifletteva nelle sue mani e nel suo maglione bianco, che le stringeva il collo in una morsa ferramente delicata.

Sentiva tutto il suo corpo essere assorbito dal mare, come se l’acqua presente al suo interno spingesse per tornare alla propria forma madre, che è quella indefinita ed unica ed ingenerata ed imperitura del l’oceano mare, che tutto chiama a sé e tutto restituisce, come Y, che gli sguardi attirava verso la propria persona e indietro li restituiva, tutti, dal primo fino all’ultimo frammento di bagliore tenue che l’azzurro limpido delle sue iridi poteva trattenere.

Guardare il mare era una sua passione, ma no, non proprio guardarlo, più assorbirlo, come sangue nelle vene, come acqua nelle sue cellule, si sentiva attirata verso quell’indefinitezza sperduta dell’oceano , come le piante si sentono attirate alla luce del sole padre, Y tendeva al mare, ma al mare infuriato, quel mare che può ogni cosa su questa terra ed incombe sotto e sopra e dentro di noi, minacciando di inghiottirci tutti, fino all’ultimo brandello di civiltà sporca ed affaticata che alla fine sempre all’oceano sarebbe tornata. Tendeva al mare cattivo, al mare imperturbabile, all’oceano devastatore. Alle onde, che violente sparavano spruzzi in tutte le direzioni quando gli scogli, testardi, non le lasciavano avvicinare al loro obiettivo finale, e Y si sentiva così, si sentiva la meta finale di quelle onde, che ogni volta arrivavano poco lontano e poi si disfacevano sulla sabbia, senza mai giungere ad una destinazione.

Ma Y si sentiva anche il mezzo delle onde di giungere a destinazione, e anche il mittente di quelle onde, si identificava nella loro massa d’origine, nel mare, nell’oceano, nell’orizzonte. Con i suoi capelli biondi dei frutti della terra continente e gli occhi onde dell’oceano mare, Y era lì, a fissare quell’unica metà del suo corpo e del suo essere che non avrebbe potuto, mai, raggiungere del tutto.









 

And you're sure that I'd learn, I'm pushing through bodies
Avoiding me and walking 'round you.
And you're cold and I burn, I guess I'll never learn











 
   
 
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