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Autore: HZLNL_1D    25/01/2015    9 recensioni
Dopo aver avuto soltanto delusioni, tendi sempre a stare sulle tue, a mantenere una certa distanza dalle persona, qualsiasi rapporto ci sia, tendi a mantenere una certa distanza da tutto quello che potrebbe procurarti altro dolore.
Ti abitui alla solitudine, oltre a quella esteriore, anche a quella interiore, che è peggio.
Impari a fare affidamento solo tu stesso.
È così la vita: ti toglie e ti da.
Sta a te trovare un modo per sopravvivere.
Qualcuno, per cui sopravvivere.
_______________________________
Dicono che gli opposti si attraggono.
Ma se per una volta, fossero due persone apparentemente diversi ma così profondamente uguali ad attrarsi?
Dalla storia:
"Allora, vado così ti lascio sola."
"Tanto ci sono abituata."
"Ok, vado."
"Ho detto che ci sono abituata, non che mi piace."
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Calum Hood, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I don't need help.


Restare abbracciati. A non dire nulla ma a sentire tutto. Avvolti da un silenzio pieno di parole non dette.
Haley rimase lì, con la testa sul petto di lui ad ascoltare il battito del suo cuore. Un cuore apparentemente fatto di pietra. Ma quel cuore adesso stava battendo ad un ritmo irregolare, poteva sentirlo. Lei sapeva che non era di pietra, ma era solo reduce di una lunga guerra. Tante battaglie, tante sconfitte. Un cuore pieno di cicatrici e ferite ancora aperte. Quelle ferite voleva curarle. Sentiva il bisogno di farlo. Voleva dimostrargli che c'era qualcuno disposto a prendersi cura di lui, del suo cuore e delle sue ferite. Voleva fargli capire che c'era qualcuno disposto ad aiutarlo. Haley era al corrente di ciò che stava rischiando. Sapeva che a curare qualcuno si rimane sempre feriti. Magari riesci a salvarli, ma tu rimani ferito. Resti indietro. E allora c'è il rischio che nessuno sia disposto a fermarsi, voltarsi e salvare te. Lo sapeva bene, le era già successo. Da quelle volte aveva imparato a porre meno fiducia nelle persone, a non aspettarsi nulla. Ha imparato che le persone non sono disposte a fare per te tutto ciò che faresti per loro. Ma adesso poco le importava. Da Ashton non voleva niente, solo che si fidasse di lei. Aveva questo strano bisogno di salvarlo, senza niente in cambio. Non sapeva, però, il motivo per cui era così decisa a farlo. A procurarsi altre ferite, pur di lenire quelle di lui. Decise che non era il momento adatto per pensarci, quel momento così intimo e insolito voleva goderselo. Quella quiete che stava provando, voleva godersela. Perchè forse non ne avrebbe avuto più l'occasione. Così smise di chiedersi se fosse sbagliato stare bene nel posto, probabilmente,  più pericoloso e si lasciò andare.
Ashton, invece, i suoi pensieri non riusciva proprio a tenerli lontani. Mentre teneva il braccio intorno alla vita di Haley, si chiese cosa stesse sentendo in quel momento. Il fatto che non riuscisse a trovare una risposta lo turbò. Prima dell'arrivo della ragazza, le uniche cose che era certo di sentire continuamente erano rabbia e odio.
Rabbia nei confronti degli altri che lo avevano fatto diventare ciò che adesso era, verso suo padre che gli aveva tolto il diritto di crescere con una figura paterna e di sentirsi amato, rabbia anche nei confronti di Kimberly che gli aveva promesso che ci sarebbe sempre stata e ora non c'era, e rabbia verso se stesso per non essere una persona diversa, per non avere una vita diversa.
Adesso invece si sentiva quasi minacciato da quella fragile ragazza. E se solo non avesse avuto così tanti pensieri negativi per la testa, avrebbe riso di se. Sentirsi minacciato da Haley era ridicolo, eppure era così. Con il suo arrivo tutto aveva perso il suo senso, tutte le sue certezze erano andate in fumo. Alla morte di Kimberly, si era promesso che niente sarebbe stato più lo stesso. Compreso lui. E adesso invece era lì, a stringere a sé quella che rappresentava una minaccia ma allo stesso tempo l'unica via di salvezza. La vedeva un po' così, forse se ne stava rendendo conto solo in quel momento però. La trovava una cosa assurda allo stesso tempo. Haley era troppo fragile e non sarebbe riuscita a sopportare anche il suo di male, era troppo. E lei ne aveva già abbastanza. Sarebbe andata via anche lei, com'era giusto che fosse.
Chiuse gli occhi e la strinse a sé, mentre cercava di mettere in ordine i suoi pensieri. Ispirò profondamente e per un attimo desiderò di poter riuscire a rilassarsi e godersi quel momento. Ma non riusciva, qualcosa glielo impediva. Continuava a ripetersi cosa stesse facendo, se provare un po' di felicità fosse giusto. Poi si derise mentalmente. Lui alla 'felicità' aveva smesso di crederci. Un 'lui felice' non riusciva più ad immaginarlo nemmeno. E non era successo all'improvviso. Perché è così, non si smette di crederci tutto ad un tratto. Ci sono una serie di cose che anno dopo anno, giorno dopo giorno, ti restano dentro e ti cambiano. Non succede di colpo, prima c'è tutta una lista di dolore, angoscia, sofferenza e false speranze. Allora si smette di crederci e si cade. Ma alla fine il problema non è cadere. In un modo o nell'altro ci si rialza sempre. Il vero problema è quello che si diventa pur di riuscire ad andare avanti.
E quello che Ashton era diventato, era qualcosa di inspiegabile. Qualcosa che non si può capire se non si ha mai provato almeno la metà del dolore che lui aveva sofferto. E nessuno poteva saperlo, tranne Haley. Lei aveva sofferto, perso persone care, era caduta e si era rialzata. Dentro era piena di crepe e quasi in frantumi, ma qualche pezzo era ancora intatto e forse era così anche per Ashton. E inconsapevolmente, da quell'istante, ognuno avrebbe riparato un po' dell'altro.

Quando Ashton lasciò la casa di Haley, aveva una gran voglia di tornare nella sua di casa e rifugiarsi nel buio della sua camera. A stare un po' solo con se stesso. Ma tornare a casa significava vedere sua madre e quindi una nuova discussione. E non ne aveva voglia, di urlare e sentirsi urlare contro. Avrebbero cominciato a litigare sul fatto che non fosse a scuola, che non facesse nulla di buono e da lì sarebbero passati a parlare del lavoro inesistente di sua madre, della mancanza di soldi e delle possibilità di sfratto se non avessero pagato l'affitto. Il solo pensiero di ciò, accumulato a tutto il resto, gli fece venire un forte mal di testa. Scaricò la sua rabbia e il suo nervosismo contro il cellulare che aveva preso a suonare nella tasca anteriore dei jeans.
Lo estrasse e vide il numero di Jack sul display. Sperò che si trattasse di qualche incontro, perché aveva bisogno di soldi e l'altro lavoro non gli stava facendo guadagnare abbastanza nell'ultimo periodo, così rispose.
"Jack " un tono freddo e distaccato, quello di sempre.
"Ashton, c'è un incontro questa sera che potrebbe farci guadagnare abbastanza soldi." Gli comunicò Jack, con la sua solita voce roca e dura.
"Perfetto. A che ora?"
"Non così in fretta, ragazzo. La persona contro cui dovrai combattere è un tipo duro, non è un incontro da prendere alla leggera. È pericoloso, quindi raggiungimi adesso e ne parliamo." L'uomo riattaccò, e Ashton rimase a fissare la strada davanti a lui. Strinse in un pugno l'apparecchio e chiuse gli occhi. Avrebbe voluto non avere niente a che fare con questo genere di cose, ma suo padre due anni fa era scappato lasciandoli nella miseria e adesso toccava a lui procurarsi dei soldi per far andare avanti le cose. Per non far mancare nulla a Lottie, o almeno quello che poteva. Perché una figura paterna non avrebbe potuto restituirgliela in nessun modo. E a volte pensava fosse meglio così, che senza quell'uomo come padre lei sarebbe cresciuta meglio.

"È andata bene a scuola?" chiese Josh ad Haley, mentre erano seduti nel tavolo della cucina per pranzare.
"Si, tutto ok" gli sorrise un po' distrattamente. Ancora non riusciva a pensare alla mattina passata senza entrare in confusione.
"Strano che mi sia dimenticato che oggi uscivi un'ora prima, non capisco come mai me lo sia dimenticato. " disse Josh, mentre le posava il piatto di fronte e prendeva posto.
"Non credo di avertelo proprio detto, scusa. " Gli rivolse un altro sorriso, un po' nervosa che si soffermasse così tanto sull'argomento. Gli aveva detto che oggi erano usciti prima perché il corso di storia era stato sospeso per l'assenza della professoressa, e sembrava essersi salvata. Non poteva sicuramente dirgli di aver saltato un giorno di scuola per stare in compagnia di Ashton.
"Comunque sia tranquillo, mi ha portato a casa Calum. "
"Già, ringrazialo da parte mia. " disse Josh e Haley annuì.
Continuarono a parlare del più e del meno, ridendo e scherzando. Come se la sera precedente fosse stata cancellata, ma per Haley non era così. Continuava a pensarci, non avrebbe dicerto smesso. Era di suo padre e della sua famiglia che si parlava, avrebbe voluto fare a Josh qualche domanda in più a riguardo ma non era il momento. Non avrebbe retto altre informazioni, stava tenendo dentro un po' troppo. Aveva bisogno di un po' di tempo, il giusto per riacquistare un po' di stabilità. Poi c’era anche la questione su Ashton, avrebbe tanto voluto fare domande a Josh e avere le risposte lì, in quel momento. Ma non le fece, era una cosa tra lei e lui. Nessun altro.

Mentre sfogliava distrattamente le pagine del libro di fisica, Haley vide il cellulare illuminarsi segnalando l'arrivo di un messaggio. Lesse e vide che apparteneva a Abbie, che le chiedeva di incontrarsi allo Starbucks vicino al parco. Pensò che fosse una buona idea visto che le serviva una distrazione, perché passare il resto del pomeriggio a sfogliare pagine senza capire niente non le sarebbe stato poi tanto utile.
Si alzò e dopo essersi data una sistemata andò ad avvisare Josh.

Quindici minuti più tardi, Haley cercava il volto dell'amica tra i tavoli e la trovò in fondo, nell'angolo apparentemente più tranquillo della sala occupata per lo più da ragazzi.
"Ehi, Abbie" la salutò rivolgendole un piccolo sorriso. Solo in quel momento si accorse che al tavolo ci fosse anche un ragazzo.
"Ciao Haley" Abbie gli rivolse un ampio sorriso e poi si ricordò di non averla richiamata per dire che ci sarebbe stato anche Jacob con loro.
"Lui è Jacob, un mio amico. Era piuttosto disperato perché è appena uscito da una storia che durava da troppo tempo e aveva bisogno della sua simpatica amica o avrebbe continuato a piangersi addosso tutto il pomeriggio. Spero non ti dispiace" disse sfacciatamente Abbie, mentre Jacob e Haley si guardavano divertiti. Probabilmente uno dei pregi di Abbie era quello di non farsi mai scrupoli nel dire cosa pensava davvero, questo la rendeva diversa. Ed era un bene.
Jacob era un tipo simpatico e Haley non fece fatica a parlare con lui. Era un tipo solare e divertente, gli occhi castani pieni di vita e un sorriso allegro. Metteva di buon umore stare in sua compagnia, e ad Haley fu contenta che Abbie lo avesse invitato.
Passarono la maggior parte del tempo a ridere e scherzare, e fece bene un po' a tutti. Haley riuscì a staccare per un po' la spina, mise da parte i problemi e si godette la compagnia dei due.

"Allora Hal, come va?" le chiese Abbie, approfittando dell'assenza di Jacob. Sapeva che il ragazzo stava simpatico ad Haley, ma sapeva anche quanto lei fosse chiusa e riservata. Di certo, se ci fosse stato qualcosa che non andava, non l'avrebbe detta in presenza di Jacob. Anche se Abbie era più che sicura che non lo avesse detto e basta, ma tentò.
"Non male, a te?" le disse Haley rivolgendole un sorriso.
"Haley, sai di cosa parlo. Con Ashton, come va?" ripeté Abbie, questa volta con un tono serio e che non ammetteva repliche. Haley sbuffò, mentre vagava con lo sguardo nel tentativo di non guardare negli occhi l'amica. Era vulnerabile e la maschera era piena di crepe, avrebbe visto tutto il dolore che si nascondeva in quegli occhi. Non poteva permetterselo.
"Non lo so, è complicato." rispose vaga.
"Oggi non c'eri a scuola"
"No, infatti.. "
"Mancava anche lui. Eravate insieme?" Le chiese ancora Abbie e Haley si infastidì. Abbie era sua amica, ma non le piaceva quando una persona si inseriva così tanto nella sua vita, nei suoi problemi. Non voleva accadesse, perché la faceva sentire debole e indifesa. E lei non voleva che le persone sapessero che dietro quel comportamento ostile e riservato, celasse paura e sofferenza.
"Sì, ero con lui. " fu una risposta secca, che avrebbe dovuto far capire ad Abbie che la conversazione su Ashton fosse finita ma Abbie continuò.
"Haley, sai che.. "
"Abbie, no. Basta così. Non voglio parlarne, okay? " sbottò Haley. Sentì i sensi di colpa farsi spazio in lei quando vide l'espressione ferita sul volto dell'amica, ma non disse nulla. Abbassò lo sguardo, giocando con il blocco schermo del suo cellulare.
"Eccomi, mi sono perso qualcosa?" Jacob tornò al tavolo e ruppe il silenzio che si era creato tra le due ragazze.
"Stavamo aspettando te" disse Abbie sorridendo, facendo scomparire ogni segno di dispiacere.
Haley sforzò un sorriso, ma a differenza dell'amica, non riuscì a fingere più di tanto.

"Mai sentito parlare di questo tizio da queste parti. " disse Calum, mentre guardava i bambini che correvano per il parco.
"No, infatti. Da come ha detto Jack, sembra un tipo piuttosto forte. " Ashton gettò a terra ciò che rimaneva della sigaretta, senza distogliere lo sguardo da Lottie che giocava con gli altri bambini.
"E anche pericoloso. Gli hai detto di no, giusto?"
"Ho accettato."
"Ashton! Sei per caso impazzito? Perché a me sembra proprio così!" Calum dovette trattenersi per non urlare. Chiuse gli occhi e sperò che l'amico gli dicesse che era uno scherzo, che non aveva accettato di fare quell'incontro.
"Ho bisogno di soldi, Calum."
"Posso aiutarti io, Ashton! Fino a quando non troverai un lavoro che non metta continuamente in pericolo la tua vita e entrambi i tuoi lavori lo fanno continuamente! "
"Non ho bisogno dell'aiuto di nessuno." rispose Ashton, senza lasciar trapelare nessun emozione dal tono di voce.
"Sappiamo che non è così." disse il moro, restando con lo sguardo perso nel vuoto. Se Ashton non voleva chiedere aiuto, sarebbe stato lui a farlo.

"Allora Hal, tu che ne pensi?"
Haley puntò velocemente lo sguardo verso Abbie, che aspettava una sua risposta. A cosa però Haley non lo sapeva. Si era distratta ancora una volta, con lo sguardo perso nel vuoto e troppi pensieri per la testa. Avrebbe tanto voluto avere un attimo di tregua, un solo attimo. Poi però pensò che quell'attimo di tregua c'era stato. Tra le braccia di Ashton.
Guardò Abbie e Jacob, ancora in attesa della sua risposta, quando il cellulare cominciò a suonare. Senza pensarci due volte rispose.

"Haley, sei a casa?" la voce seria di Calum la fece mettere subito in allerta. Chiaramente era successo qualcosa.
"No, sono con Abbie. E' successo qualcosa Cal?"
"Non proprio, non ancora. Devo parlarti. Quando pensi tornerai a casa?" le chiese Calum, e Haley sentì lo sportello di una macchina chiudersi.
"Siamo qui da un paio d'ore, potrei tornare anche adesso." Abbie smise improvvisamente di parlare con Jacob e rivolse uno sguardo confuso ad Haley.
"E' buio, vengo a prenderti io. Dove sei?"
"Starbucks, di fronte l'Hornsby Park"
"Sto arrivando Hal, aspettami fuori." La chiamata terminò e senza pensarci due volte Haley prese la borsa e si alzò velocemente.

"Che succede Haley?" le chiese Abbie, mentre Jacob le osservava in silenzio.
"Mi dispiace Abbie, ma devo andare. Jacob è stato un piacere conoscerti, ci vediamo." rivolse un veloce sorriso a entrambi, dirigendosi di corsa fuori dal bar.
Non fece nemmeno in tempo a farsi delle ipotesi su cosa fosse successo, che vide la macchina di Calum fermarsi davanti a lei. Saltò su e senza che lei chiedesse nulla Calum cominciò a parlare.

"Sai che Ashton lavora, no?" le chiese, senza distogliere lo sguardo dalla strada.
"Si, più o meno. Vai avanti Cal."
"Due lavori che sono parecchio discutibili e se non fosse una questione importante, non sarei io a dirti queste cose Hal. Per il semplice fatto che ho promesso ad Ashton di non parlare delle sue cose con altre persone, ma ora ho bisogno del tuo aiuto. Soprattutto Ashton, ne ha bisogno." Calum le rivolse una veloce occhiata e Haley annuì, anche se un po' confusa. "Ashton partecipa ad alcuni incontri."
"Che genere.. di incontri?"
"Hal, incontri. Fa a pugni per soldi." disse Calum, stringendo la presa sul volante.
"Cose illegali, quindi." Haley abbassò lo sguardo sulla sua borsa, e prese a giocarci distrattamente. Sapeva che Ashton facesse qualcosa di illegale per guadagnarsi dei soldi, ma continuava a sperare che non fosse niente di che. La cosa peggiore è che da quanto le aveva detto Calum, lui avesse due lavori. E se il primo era quello, non le piaceva pensare a quale sarebbe potuto essere il secondo. "E io? Cosa c'entro? Che dovrei fare?"
"Questa sera Ashton ha un incontro con un ex detenuto. E' un tipo pericolo e non è famoso per la sua bontà, sai. Devi convincere Ashton a non combattere Haley, o potrebbe farsi davvero male questa volta."
"Che dovrei dirgli? Non mi darebbe ascolto, Cal." ammise Haley, puntando lo sguardo sul cielo ora buio e coperto di nuvole.
"Provaci Hal, potrebbe darti ascolto. Vieni con me." Calum spense la macchina e Haley si guardava intorno. Erano davanti ad un vicolo buio e non c'erano molte macchine. Scese dal veicolo e subitò affiancò il moro.
"Non mollarmi la mano e non allontanarti da me, okay? Non è un bel posto." le disse, prendendola per mano. Entrarono nel vicolo stretto, alla fine di esso Haley vide un'insegna al neon che si illuminava ad intermittenza. Calum aprì la pesante porta di ferro e l'odore di fumo e alcol li investì in pieno, facendoli inorridire.
"Che razza di posto è questo?" sussurrò Haley, stringendo la presa sul braccio dell'amico.
"Un posto che quel cretino deve smettere di frequentare, o lo faccio fuori io." rispose Calum, mentre cercava di farsi strada tra gli uomini ubriachi che riempivano il posto. La scarsa luce nel posto rendeva difficile spostarsi e Haley si affidò completamente al moro. Diede uno sguardo nell'ampio locale e vide parecchi uomini già ubriachi e radunati intorno a quello che sarebbe dovuto essere il ring. Sentì un brivido salire lungo la schiena e al solo pensiero che quelle persone erano lì per vedere e scommettere soldi su altri essere umani, inorridì.


Entrarono in un piccolo corridoio, sempre buio ma completamente vuoto e meno impestato da quell'odore disgustoso.
"Ok, ci siamo." disse piano Calum, piazzandosi di fronte a lei. "Vedi quella porta alla fine del corridoio, sulla destra?" le chiese.
"Si, ma Cal.. non credo sia una buona idea. Io vorrei davvero aiutarlo, ma non prenderà bene questa storia e io non voglio che.." Haley s'interruppe. Quello che stava dicendo le sembrava ridicolo, perchè da rovinare non c'era niente. "Cal, sarà un casino."
"Hal, dobbiamo aiutarlo. Solo non posso, okay? Ho bisogno di te. E anche se non sembra, anche se non lo dimostra e non vuole ammetterlo nemmeno a se stesso, anche lui ha bisogno di te." Haley annuì impercettibilmente, e Calum la strinse in un veloce abbraccio.
"Vai. Sono qui, se comincia ad urlare entro." disse scherzando, ma Haley sperò che se solo avesse sentito davvero Ashton urlare lui sarebbe entrato. Aveva la sensazione che non l'avrebbe presa bene, e aveva tutte le ragioni per pensarlo.
Si trascinò con passo lento fino alla fine del corridoio, fermandosi poi davanti la porta chiusa. Sospirò poggiando una mano sulla maniglia, per poi rivolgere uno sguardo a Calum che la osservava.
Tornò a guardare la porta e esitante la aprì.
"Jack, ti ho detto che non voglio essere disturbato prima dell'incontro e non ho cambiato idea." Ashton era rivolto verso la parete, e Haley pensò di poter chiudere la porta e andare via. Non l'aveva ancora vista, tanto. Ma non lo fece. Entrò nella piccola stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
"Ashton" disse così piano che pensò non l'avesse sentita. Ma Ashton si girò di scatto, con gli occhi sgranati e una mano non ancora completamente fasciata a mezz'aria.




__________Spazio autrice_________

Ciao ragazze :)
Ecco il capitolo, scusate ancora per il tirardo. Spero vi piaccia.
Ho riletto il testo, ma potrebbe essermi fuggito qualche errore di distrazione quindi mi scuso in anticipo.
A presto
Baci,
Giada
  
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