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Autore: Iamsparks    26/01/2015    1 recensioni
Cecilia Mill è una sedicenne inglese, ha una migliore amica e un potere soprannaturale: riesce a vedere il futuro tramite i sogni che fa di notte.
La sua vita prende una svolta quando in una mite sera d'autunno si sveglia all'improvviso nel sonno, cosa che non le capita quasi mai. Il motivo, ai suoi occhi, è terrificante: non ha sognato. Ma presto capirà che la ragione di questo anomalo avvenimento è la vicinanza di due ragazzi, Brad e Tristan che, seppure in modi differenti, la inviteranno a lasciare il mondo astratto dei sogni.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bradley Simpson, Nuovo personaggio, Tristan Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Shock


Mentre le dita di Brad si muovevano veloci e con precisione sulla tastiera decisi di osservarlo: dietro le palpebre, gli occhi si muovevano da sinistra a destra, quasi come stesse leggendo uno spartito e il suo corpo si piegava avanti e indietro a ritmo di musica. Durante le parti più delicate del brano Brad si irrigidiva e le sue spalle si alzavano leggermente, in quelle più veloci gli si leggeva un senso di libertà nel sorriso. Anche i suoi piedi pigiavano i pedali e lui usava soprattutto quello di destra, che serve a prolungare i suoni delle note: in questo modo “River flows in you” riecheggiava nella stanza creando un'atmosfera magica e di surreale bellezza.
Ero così persa nei miei pensieri da capire che Brad aveva finito di suonare la canzone solamente quando lui stesso si girò verso di me e mi scoccò una di quelle sue dolci occhiate.
“Allora, ti è piaciuto?” chiese lui guardandomi con esitazione.
“Riesco solo a farti i miei complimenti” gli risposi prima di mandare giù tutto il bicchiere di succo.
Bradley allora si alzò dal seggiolino e si mise a sedere sul divano di fianco a me.
“Posso chiederti il perché di questa scelta?”.
Come rispondergli che il pezzo mi ricordava tutti i momenti della mia infanzia? Le giornate trascorse in serenità all'aperto, le risate, il divertimento, la spensieratezza. La canzone per me aveva un che di nostalgico ma alla stesso tempo mi affascinava. Ecco, sì, questo era il termine adatto.
“Mi affascina.” gli risposi senza alzare lo sguardo, tenendolo nel vuoto davanti a me.
Mi sentivo osservata, come il giorno prima sul balcone; capii che indubbiamente era stato lui a guardarmi.
“Dimmi un pò” azzardai con curiosità. “Ieri mi stavi spiando dalla finestra?”
Mi pentii di averglielo chiesto: fu lui ad abbassare gli occhi, arrossì e si riaccomodò sul divano di almeno cinque centimetri più distante.
“Ehm..ecco..non ti avevo mai vista e mi chiedevo chi eri”.
Tra noi due c'era ora una spessa parete di imbarazzo. Brad si mise una mano tra i capelli con un gesto nervoso, io mi morsi l'unghia del pollice, pensando velocemente a come uscire da quella brutta situazione che si era formata. Quand'ecco che il campanello di casa suonò.
“Dev'essere mia mamma” mi affrettai a dire e con uno scatto atletico (di cui io stessa mi impressionai) mi alzai dal comodo divano e mi diressi alla porta principale. Poi mi ricordai di non averlo neanche ringraziato, e mi voltai all'improvviso per rimediare.
Bradley mi venne letteralmente addosso. Cavolo, non mi ero accorta che mi aveva seguita!
Per non farmi male, Brad aveva cercato di bloccarsi ma d'istinto aveva portato le braccia avanti, che finirono sul mio petto. Per un attimo il mio cuore smise di battere per lo stupore e per quel gesto.
Ci guardammo dritti negli occhi; i miei sgranati e i suoi quasi spaventati.
Ritrasse immediatamente le braccia, allungandole sui fianchi e chiudendo le mani a pugno.
“Scusa non l'ho fatto apposta” gli uscì tutto d'un fiato.
Dire che la mia faccia era in fiamme non rende l'idea. Mi sentii scendere una lacrima per la vergogna. E poi un'altra.
Abbassai lo sguardo, incapace di guardare ancora quegli occhi, mi girai e uscii dalla sua casa.
Dopo aver trovato l'uscio accostato della mia porta (segno evidente che era stata proprio mia madre Alice a venirmi a cercare), mi precipitai in camera mia e mi buttai a peso morto sul letto.
Preso il cuscino, me lo schiacciai sulla faccia: era ovvio che Bradley non mi aveva toccato le tette di sua spontanea volontà, ma mi sentivo presa in giro e umiliata.
Non so bene il motivo. Lo avevo trovato così carino e bravo ma adesso, per causa mia, il suo pensiero non mi faceva stare a mio agio.
A pranzo sia mamma che papà notarono il mio strano atteggiamento e David commentò con “Piccola, hai fatto bene a stare a casa da scuola oggi: si vede che hai una brutta cera”.
Dopo aver mangiato chiamai Daisy per chiederle i compiti. Dopo averli segnati sul diario mi decisi a svolgerli e prima di aver concluso con lo studio per il giorno dopo vennero le diciotto.
Volevo stare da sola per pensare e camera mia non faceva al caso: il pensiero di essere vicina a Bradley mi stringeva lo stomaco.
Per evitare poi un attacco di claustrofobia, scelsi di mettermi una giacca di jeans sopra al maglione e di scendere al parco per fare una passeggiata.
Sotto a casa mia si trova infatti il “River Park”, che deve il suo nome al fiume che scorre sul lato ad est e prosegue poi nel mezzo della cittadina di Rushwick.
Passeggiare era una tra le cose che più mi piace fare: è rilassante, sto a contatto con le altre persone e mi da modo di riflettere.
Fatto un chilometro e dopo essermi stancata di vedere correre i jogger, mi sedetti su una panchina appartata.
Cosa dovevo fare ora? Brad mi aveva toccata, ma non di sua spontanea volontà. Potevo fidarmi di lui? Non ne ero sicura. Per me chi era lui? Un semplice sconosciuto, anche se avevo intenzione di conoscerlo meglio.
Aspetta un attimo, Cecilia. Brad non è uno sconosciuto: ti piace. Hai una cotta per lui.
La consapevolezza prendeva spazio nella mia mente e si faceva più chiaro il motivo di questa mia reazione: sì, Bradley mi piaceva.
Una folata di vento mi fece rannicchiare su me stessa, misi le mani nelle tasche della giacchetta e strinsi le braccia al petto. Era evidente ormai che l'inverno sarebbe arrivato in due, tre settimane al massimo; e a me dispiaceva, erano così belli gli alberi che si coloravano! Non volevo vedere solo rami spogli.
Mentre stavo pensando ai pro e ai contro del cambio di stagione, un ragazzo si sedette di fianco a me. All'inizio non ci feci molto caso, fino a quando non vidi le sue scarpe: Vans leopardate.
Mi trattenni a stento dal ridergli in faccia. Dove credeva di andare in giro con quei cosi ai piedi?
Poi l' ilarità venne sostituita dalla tensione. Mi ricordai che l'unico ragazzo ad indossare quelle scarpe in tutta Rushwick era Tristan Evans, il popolare della scuola, quello dell'ultimo anno, il “figo” per le ragazze, rispettato, bramato e invidiato da tutti e da tutte.
Il mio cuore accelerò i battiti e feci fatica a deglutire. Ma che ci faceva Evans qua, In questo parco poco frequentato dalla gente “cool”? Per un attimo pensai si fosse perso.
Gli lanciai un'occhiatina di sfuggita.
Tristan indossava un cappello grigio sopra i capelli pettinati all'indietro, una giacca di pelle che lasciava aperta mostrando una camicia rossa a scacchi, che finiva nei jeans neri aderenti, stretti alla vita da una cintura nera.
Dal modo con cui si era quasi sdraiato sulla panchina lasciava pensare che la trovasse comoda; le gambe erano allungate e con il piede sinistro teneva il ritmo di una canzone che stava canticchiando. La mano destra era nella tasca della giacca, con quella sinistra teneva il cellulare, che ora stava fissando.
Sospirai. Da vicino Evans era ancora più bello. Le uniche volte che avevo potuto vederlo erano state esclusivamente all'interno della scuola, durante la mensa. Il suo tavolo veniva frequentato solamente dai suoi amici, altrettanto carini e intelligenti. Perché, come se la bellezza non bastasse, Tristan aveva avuto anche la fortuna di nascere con un buon cervello: ogni anno aveva vinto una borsa di studio per passare le estati all'estero.
“Scusa?”.
Feci un salto dallo spavento. Era stato Evans a parlare? Nel dubbio feci finta di niente.
“Ehi, tu..scusa?”.
Panico. Mi girai leggermente a guardarlo. Mi stava chiamando?
Ne ebbi la certezza quando mi trovai ad osservare due occhi azzurri, che ora mi stavano studiando con circospezione.
“S-s-sì?” gli risposi. Avevo bisogno di due cose: ossigeno e una telecamera. Il primo per scampare ad un attacco asmatico e la seconda per filmare questa scena totalmente fuori dal comune.
“Sei della zona?”.
“Certo”.
“Allora mi sapresti indicare dove si trova il negozio sportivo? Ho provato a cercarlo con Google Maps ma non riesco a trovarlo.” mi chiese Tristan con fare gentile.
Stavo vivendo un sogno ad occhi aperti?
Allora Evans era esattamente come tutti lo descrivevano. La sua voce era bassa, non parlava troppo velocemente ed emanava tranquillità. Gli occhi, poi, ricordavano il cielo invernale.
“Sì, ecco, devi proseguire sulla strada dietro di me, così arrivi vicino alla pasticceria. Là devi girare a sinistra e trovi il negozio.”
Lui mi guardò stupito.
“Ah, ma allora è qua vicino.” constatò con aria pensosa. “Va bene, grazie”.
E dopo avermi rivolto un sorriso si alzò e se ne andò nella direzione che gli avevo indicato.
Mi accorsi che le mie mani erano diventate gelide e che il mio cuore stava ancora battendo all'impazzata nel mio petto. Lo guardai andarsene e sospirai fortemente dal naso.
Mi scoprii felice di quell'incontro inaspettato. Se la giornata non era partita bene, stava per concludersi meravigliosamente.
Decisi di tornare a casa, anche perché sentivo davvero freddo. Salita le tre rampe di scale e trovandomi di fronte alla mia porta, non potei che esitare sentendo una melodia giungere dall'appartamento alle mie spalle. “Spero solo che le cose si mettano a posto, Brad” pensai prima di girare la chiave.
Dopo aver cenato mi feci una doccia e a letto proseguii la lettura di un libro.
Verso le dieci spensi le luci e mi misi a dormire.
Sognai che io ero a scuola, precisamente nella mia classe, quando un signore fece irruzione nella stanza, allarmando i presenti di un incendio. Dopo essersi messi in fila, vidi i miei compagni dirigersi sotto l'ordine del professore di spagnolo verso l'uscita più vicina. Ma io ero rimasta in fondo alla fila e nessuno se ne era accorto. Provai un senso di dovere verso un qualcosa che a me era sconosciuto, nel sogno mi vidi indecisa.
La mattina mi svegliai ansiosa. Ero già all'occorrente di ciò che sarebbe successo tra qualche ora.
Però mi preoccupava un dettaglio: perché nella mia visione ero stata così titubante?
Cosa o chi mi aveva fermata?




Ciao a tutti/e :)
In questo capitolo assistiamo ad un altro breve dialogo tra Cecilia e l'amato vicino Brad. Dopo che Bradley “saluta” malamente Cecilia (povero, non è neanche colpa sua), questa non vuole più vederlo. Rifugiatasi nel parco, luogo che ama per rilassarsi e pensare, incontra per la prima volta
Tristan Evans, il ragazzo più desiderato della scuola. Tornata a casa e dopo essersi addormentata, assiste ad uno dei suoi sogni premonitori, che la vede protagonista dopo lo scoppio di un incendio.
Finito il riassunto, vi ringrazio per la lettura. Un grazie particolare a lovingthedrummers , martina_montanaro2 , luct99 per le recensioni.
Vi invito come sempre a recensire perché voglio sapere cosa ne pensate, se avete da darmi vari consigli fate pure, scrivetemi tutto quello che più desiderate.
Se Daydream vi piace, vi invito a metterla nelle storie preferite/seguite così saprò se vale la pena continuarla.
Un abbraccio,

A xx

 

  
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