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Autore: Fakir    26/01/2015    1 recensioni
Che ne è stato dei valorosi Gold Saints sigillati nella statua del Tempio di Artemide? Athena dopo essere tornata al Santuario, riuscirà, da sola, a proteggere l'umanità nonostante abbia nuovamente emesso un ordine di non intervento per i suoi cinque Bronze Saints? perchè le difese del Santuario sono allertate nonostante sia tornata la pace? e suprattutto gli uomini sono solo giocattoli... nelle mani degli Dei? Questa storia è collacata temporalmente un anno dopo del Tenkai-hen e tiene conto dell'intera vicenda di Saint Seiya, dalla GW alla corsa alle 12 case, la battaglia ad Asgard, la guerra Santa contro Poseidon e Hades, lo scontro nell'Elisio, i 4 OAV, il manga Saint Seiya G, Shou ad alcune informazione tratte da LC. Non considera la serie Omega, LOS, romanzi, Side Story e, per ora, ND enon ancora conclusosi.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Pegasus Seiya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Quello che stava succedendo era assurdo, non avevo neanche mai osato sognare qualcosa di simile e continuavo a chiedermi chi fosse il giovane incontrato nella steppa ghiacciata qualche giorno fa. Non volevo nemmeno considerare l'ipotesi che si trattasse del mio maestro e amico Camus dell' Acquario.

 

Tempo fa ero caduto in un crudele inganno che aveva fatto leva su questo mio inconsapevole desiderio. Fu un'esperienza molto dolorosa che non intendevo ripetere, per me stesso e per onorare la memoria di Camus che avrebbe avuto vergogna di me se mi fossi fatto ingannare una seconda volta.

Eppure c'era qualcosa in lui, che lo rendeva talmente vero... non riuscivo per quanto me lo imponessi, con tutto me stesso, ad ignorare tante, troppe sfumature che rendevano questo ragazzo profondamente identico al mio amato maestro... non sapevo cosa fare, non lo sapevo proprio.

 

Non riuscivo a darmi pace, tormentato da questi dubbio e così, mentre il giovane sconosciuto continuava il suo sonno irrequieto steso nel mio letto, io caddi in un torpore senza sogni con il capo appoggiato al tavolo della cucina.

 

Mi svegliò la dolce sensazione di mani calde che mi posavano una coperta sulle spalle, alzai gli occhi e caddi nelle profondità di uno sguardo blu come la notte.

 

“Perdonami non volevo svegliarti...” sussurrò lui, distogliendo lo sguardo.

“Ma fa troppo freddo perché tu possa dormire così...” proseguì con un sospiro.

 

“Grazie...” risposi con la voce che mi usciva a fatica.

 

Mi chiesi sinceramente chi fosse quel giovane. Nei suoi occhi... nella sua voce... c'era qualcosa di struggente.

Seguii con lo sguardo i suoi movimenti mentre, allontanatosi da me, si avvicinava alla stufa per ravvivare il fuoco.

Sentivo le lacrime salirmi agli occhi e dovetti lottare con tutta la mia volontà per ricacciarle.

Non riuscivo a distogliere lo sguardo dalla sua schiena.

I capelli lucidi brillarono, come la seta alla fioca luce dell'alba, quando le sue spalle furono lievemente scosse da un brivido... mi sentii un nodo alla bocca dello stomaco e dovetti tornare a lottare con le lacrime. Inevitabilmente pensavo a Camus, a quanto inutile fosse il mio tentativo di cacciare il suo ricordo dalla mia mente, a quanto straziante fosse ancora per me il vuoto lasciato dalla sua perdita, a quanto profondo fosse il desiderio di poterlo incontrare, ancora una volta.

D'un tratto una violenta folata di vento scosse i vetri della finestra, sussultai, il giovane davanti a me si alzò per avvicinarsi al vetro e guardare fuori le distese di neve inondarsi d'oro sotto i primi raggi dell'aurora.

 

“Fra breve sorgerà il sole...” sussurrò.

Le sue spalle furono nuovamente scosse dai brividi.

La neve che, al di la del vetro, luccicava come polvere di diamanti richiamò alla mia memoria la polvere di stelle, nella quale il mio adorato maestro era volato per sempre tra le luci del firmamento diventandone parte.

Sentii la mia volontà cedere e le lacrime, che ero riuscito a ricacciare fino a quel momento, cominciarono a scendermi calde sulle guance ed ora non potevo fare più nulla per evitarlo.

 

Accortosene, il mio misterioso ospite si allontanò dalla finestra, volgendosi verso di me, si fermò qualche istante fissandomi in uno stano modo, poi con un gesto deciso mi asciugò le guance chiedendomi

 

“perché... piangi?”

 

Distolsi lo sguardo, mi sentivo vulnerabile ma risposi comunque.

 

“Pensavo ad una persona, una persona che veglia su di me dall'alto dei cieli”.

 

lo senti respirare... fu un respiro calcolato, lento e profondo, come se volesse controllare un'emozione troppo intensa...

 

“Deve' essere una pena insopportabile, per questa persona, vegliare su di te da un luogo... tanto lontano, troppo lontano per poterti raggiungere”.

 

Sentii la sua voce incrinarsi finché non divenne un sussurro appena percettibile.

Osservai il suo profilo nel tentativo di comprendere quali pensieri albergassero nella sua mente. I suoi occhi spaziavano nuovamente oltre il verto, persi nel cielo dorato dell'alba. Fissavano l'orizzonte quasi a non voler mostrare alcuna emozione ma erano adombrati da una dolce e rassegnata tristezza, la stessa dolce e rassegnata tristezza che vidi negli occhi del mio maestro quando, di fronte al suo tentativo di rendermi abbastanza forte da sopravvivere al mio tragico destino, delusi le sue aspettative cadendo in battaglia proprio per sua stessa mano. Abbassai lo sguardo e non risposi.

Per un lungo interminabile momento rimase solo il silenzio tra noi... un silenzio colmo di cose non dette, di sentimenti mai svelati, di affetto mal celato...

“Sai...” la sua voce dolce spezzò il silenzio. “Non mi hai ancora detto come ti chiami...”

 

“Io...” risposi “...mi chiamo Hyoga...”

 

“...Hyoga...” lo sentii sussurrare quasi tra se.

 

La sua voce...

 

Possibile che fosse davvero lui?

 

Sussultammo entrambi quando qualcuno bussò alla porta infrangendo la magia di quel momento.

Mi allontanai e a malincuore andai ad aprire trovandomi davanti un viso familiare quanto mai inaspettato.

 

   
 
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