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Autore: ermete    26/01/2015    5 recensioni
Questa sarà una raccolta di diversi tipi di flash fic: le prime 3 sono reaction-fic alla terza stagione, mentre le altre saranno storielle scemine ispiratemi da gif e fanart varie. Sarà spessissimo presente il tema degli animali (Sherlock gatto per la maggiore XD). Accetto eventuali prompt! Nel capitolo 1 sposterò l'indice :3
Note: johnlock e tomcroft forever
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Ciao bimbe! Questa cosa doveva essere una flashina su un cane e non chiedetemi come è uscito sta roba °_° infatti credo rimedierò presto con quella del cane XD ma è che ormai ero a buon punto senza aver MAI usato un dialogo e a quel punto è diventato un esperimento per me, per vedere se riuscivo a scrivere qualcosa senza dialoghi (Sì, me, lo so che è strano XD). Il risultato è gnegne, ma spero di rimediare presto! Grazie a chi continua a seguirmi nonostante le assenze :3 BACIO!!!





 

A study in touch



La prima volta che Sherlock si è accorto di avere il bisogno di un qualsiasi tipo di contatto fisico che andasse oltre il menare le mani, è stata quando per la prima volta dopo due anni trascorsi in solitudine, ha rivisto Mycroft, in Serbia: erano saliti assieme sull’aereo che li avrebbe riportati a Londra, ma, non essendo soli, non osò alcun tipo di interazione che non andasse oltre un continuo ed ininterrotto sguardo con cui aveva iniziato a studiarlo. Aveva anche sentito un morso allo stomaco nel doversi trattenere anche dal solo sfiorarlo, fisicamente frustrato dal non poter assolvere a quel bisogno.

Bisogno che aveva poi soddisfatto, grazie anche allo stesso Mycroft che, leggermente disorientato dalle continue occhiate del fratello, aveva poi intuito la natura di quello sguardo e dopo aver ordinato ai suoi uomini di lasciarli soli, aveva semplicemente allargato le braccia, offrendosi per uno studio più ravvicinato.

Sherlock si era allora avvicinato guardingo, ancora diffidente del fatto di provare quell’assurdo bisogno, e aveva alzato le lunghe e magre dita sul viso del fratello: si era anche avvicinato, molto lentamente, inalando a piene narici un profumo diverso dal tabacco mediorientale, dalla sporcizia e dall’odore ferriginoso del sangue. Si era leggermente appoggiato al petto di Mycroft e aveva fatto il pieno del pregiato aroma della sua costosa acqua di colonia e si era fatto cullare prima dalla morbidezza del tessuto dei suoi vestiti di sartoria, poi dal leggero abbraccio che il fratello stesso gli aveva offerto, chiudendogli le braccia attorno a spalle e schiena.

Mycroft non si era preoccupato di sostenerlo fino a che ne avesse avuto bisogno e si accordarono tacitamente di non parlare di quell’episodio mai nella vita, con nessuno che non fosse se stesso, nei giardini privati dei propri edifici mentali.

*

Sherlock non aveva certamente reagito, dunque, quando John lo picchiò la prima sera che lo aveva rivisto, incassando pugni e testate che non avevano soddisfatto il suo nuovo bisogno neanche per sbaglio.

Non si era poi scostato dall’abbraccio di Lestrade, per la tensione sincera che aveva sentito provenire dalle sue braccia.

Anche Molly, la signora Hudson e persino Anderson lo avevano abbracciato. Non era stato spiacevole, ma nulla a confronto con la scarica che gli aveva dato il contatto con suo fratello e l’idea, solo l’idea, di poter essere abbracciato da John.

Si chiedeva se quel momento sarebbe mai avvenuto.

*

Avvenne, in effetti, ma fu durante il matrimonio di John. Non che quell’abbraccio non fosse sincero, ma Sherlock era così di malumore, quel giorno, che l’unica volta che il suo John l’aveva abbracciato, non aveva neanche ricambiato.

*

Janine, poi, l’aveva abbracciato. Eccome. L’aveva fatto più volte e cercando sempre di sfociare in qualcosa di più intimo.

Ma Sherlock rabbrividiva tutte le volte e doveva scappare con qualche scusa prima che la cosa fosse troppo evidente.

Le donne, sicuramente, non erano la sua area.

*

Poi era successo di tutto: la scoperta del passato di Mary e la faccenda di Magnussen, l’esilio rischiato da Sherlock e la ricomparsa del presunto Moriarty, la finta gravidanza e l’annullamento del matrimonio. Tutto il meno di un anno, ma alla fine ciò che contava veramente era il risultato: Mary chiusa in un carcere di massima sicurezza, ciò che rimaneva di Moriarty sconfitto del tutto e, soprattutto, John e Sherlock di nuovo assieme a Baker Street.

E il bisogno di Sherlock che cresceva sempre di più.

*

Ora, Sherlock osserva John ogni qual volta l’altro sia distratto o addirittura addormentato. Lo osserva e spera di alimentare a sufficienza il bisogno che ha di lui e che non riesce in alcun modo ad esternare. Ha paura di farlo: ora le cose vanno così bene tra loro che non vorrebbe rischiare di rovinare tutto per il bisogno di toccarlo.

Prova piccoli tocchi fintamente fortuiti e siccome John sembra non badarci o non prendersela, continua a sfiorarlo quando può, con attenzione, senza mai svelare ad alta voce questa sua necessità.

A volte il desiderio è così grande che si ritrova a sperare che John si faccia un pochino male -non tanto, ma se fosse impossibilitato ad usare le mani per qualche giorno, magari lui potrebbe aiutarlo, ma poi si pente di quel pensiero, si sente in colpa di aver anche solo pensato a John infortunato solo per riuscire ad aiutarlo fisicamente nelle sue faccende personali. Tipo vestirlo, sporgliarlo, sbarbarlo, lavarlo.

Tra loro va tutto bene e la loro amicizia è più salda che mai, ma a volte Sherlock vorrebbe solo alzarsi ed abbracciare John per la durata di un giorno, di un mese, di un anno, di un’intera vita.

*

Una volta, durante un caso che vedeva coinvolta un’agenzia di gigolò ed escort, Sherlock decide di provare un esperimento: tra i tanti ragazzi ed uomini disponibili sul catalogo e presenti ad indagini concluse, sceglie quello che fisicamente sembra piacergli maggiormente. Sceglie un uomo sulla quarantina, capelli e occhi chiari, fisico asciutto ma non perfetto, un bel sorriso.

John li osserva da lontano e non capisce perché Sherlock si stia trattenendo sulla scena del crimine così a lungo a caso concluso e rimane a bocca aperta quando vede il gigolò abbracciarlo e reclinare il capo alla ricerca del giusto incastro per poterlo baciare. E rimane ancor più di stucco quando vede Sherlock non fermare in alcun modo quell’approccio.

Sherlock sente il proprio corpo reagire correttamente dal punto di visto fisiologico, sente una quanto meno leggera scarica elettrica attraversargli la schiena e le narici riempirsi di un buon profumo. Ma il suo cervello non sembra voler collaborare e coinvolgersi in quel tentativo di soddisfacimento della propria pulsione. Decide di permettere a quell’uomo di baciarlo per vedere se, una volta superato quel confine, la cosa possa funzionare, ma si sente trascinare via da John, prima che le loro labbra si sfiorino.

John lo infila in un taxi urlando qualcosa circa la deontologia professionale che gli vieterebbe di provarci con qualsiasi persona coinvolta in un caso a cui sono correlati e lui evita di rispondere, pensando all’esito del proprio esperimento.

A quanto pare, affinché il contatto fisico possa definirsi soddisfacente, si richiede che con l’altra persona sussista un legame affettivo. Osserva John di sottecchi mentre lo sente ancora sbraitare su quanto accaduto prima.

*

Un giorno, poi, non riesce più a resistere: John è chino sul lavandino intento a pulire la verdura che poi metterà a cuocere e Sherlock non sa neanche bene come, ma si ritrova in piedi alle sue spalle, dieci centimetri a separare il suo torace dalla schiena dell’altro.

John è distratto, quindi si accorge dell’arrivo di Sherlock solo quando vede una lunga e riccioluta ombra sovrapporsi alla propria proiettata sulle mattonelle della cucina. Sta per voltarsi e chiedergli se abbia bisogno di qualcosa quando si irrigidisce nel sentire il respiro di Sherlock accarezzargli il retro del collo.

Entrambi sono rigidi, ambedue per motivi diversi, ma Sherlock non riesce più a fermarsi, non ora che c’è così vicino. Si china, infatti, e infila le braccia sotto quelle di John circondandolo appena: appoggia poi il profilo sinistro sulla tempia destra dell’altro e inspira a lungo, ad occhi chiusi e labbra leggermente aperte.

John mima inconsapevolmente i suoi movimenti, chiudendo gli occhi e schiudendo la bocca e se pochi istanti prima era teso, ora si rilassa sotto quel tocco tanto delicato quanto palesemente ricercato. E lo cerca a sua volta, sovrapponendo le proprie mani a quelle di Sherlock e strusciando il profilo contro quello dell’altro.

Sherlock non riesce a reprimere un mugolio di piacere: ecco la scarica elettrica, ed è bella forte. E, inoltre, John non si sta allontanando, nota. Anzi, lo sente voltarsi nel proprio abbraccio e cercare in silenzio il suo viso, sia con le mani che con le labbra appena protese in avanti. Sherlock allora gli ferma il viso con le mani -un altro punto di contatto- e lo esplora lentamente, toccandolo fugacemente eppur con tutto se stesso: gli strofina piano le guance con i pollici e sfiora tutto il resto con la punta del naso e delle labbra, assaporando e alimentando quel bisogno che lo stava ormai scavando da dentro.

John si lascia studiare con tutta la lentezza che Sherlock pretende: hanno aspettato così tanto tempo, così tanti anni, che sarà qualche minuto in più?

Sherlock inspira a lungo il dolce profumo di John, memorizzandolo nota per nota e riapre gli occhi nei brevissimi istanti precedenti il bacio, per poi richiuderli languidamente quando le loro labbra si incontrano in un puro istante di estasi.

L’amore, poi, lo fanno lentamente, calmi come la goccia d’acqua che scava la pietra, perché di bruciare come il fuoco, avranno tutto il tempo del mondo, davanti a loro.

Non usano neanche parole, ma sguardi e sorrisi, perché dopo averne passate così tante, basta un leggero inarcare di labbra per creare la confusione più dolce e un leggero strizzare d’occhi per concordare o dissentire ad un’altrettanto tacita domanda.

Si studiano le reciproche cicatrici ed è quello l’unico momento in cui vorrebbero squarciare quel velo di quiete per urlare al mondo Come hai osato ferire la creatura più bella che questa Terra vedrà mai? Urlano stringendo l’uno la pelle dell’altro, sorridendo per consolare l’altro delle proprie stesse ferite, baciando reciprocamente via dal viso della persona più importante al mondo la certezza che non ci sarà più niente capace di ferirli.

Si toccano, perché ora non glielo vieta più nessuno e quel bisogno incessante che raschiava Sherlock da dentro fino a quasi torturarlo, ora non è altro che un’azione normale, una di quelle che non annoia e che non è mai scontata: è la consapevolezza di poter sfiorare la persona che si ama con la stessa libertà con cui si tocca se stessi, conoscendone i limiti, impostando i ritmi e possedendo le chiavi per aprire tutte le porte.

   
 
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