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Autore: Adeia Di Elferas    27/01/2015    5 recensioni
Si tratta di una storia vera, quindi non dovete leggerci nulla di apologetico o di accusatorio. Si tratta solo di una storia vera che conosco e che ho deciso di mettere nero su bianco.
Un giovane uomo torna a casa dalla famiglia alla fine di una giornata molto particolare, senza sapere come le pieghe della Storia influiranno sulla sua vita e su quella dei suoi cari.
Genere: Generale, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Novecento/Dittature
- Questa storia fa parte della serie 'Prima, durante e dopo il il suono delle bombe'
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~~ La pioggia batteva con forza sulla strada sterrata, facendo schizzare fango ovunque.
 Mario stava correndo a casa, tenendo alto il bavero della giacca, per proteggersi dal vento. Aveva la bocca completamente secca e il cuore batteva tanto forte, nel suo petto, che era certo non sarebbe arrivato in fondo alla strada.
 E invece ci arrivò.
 Bussò con forza alla porta, perchè non aveva la lucidità necessaria per cercare la chiave nella tasca.
 Sua moglie gli aprì subito, accogliendolo in casa con un abbraccio.
 “Sei qui...” fece lei, reprimendo le lacrime. La figlia, di nemmeno dieci anni, era già in camicia da notte e fissava i genitori con gli occhi aperti e confusi.
 “Andrà tutto bene.” le disse piano Mario, avvicinandosi per abbracciarla. La bambina si lasciò stringere, ma aveva notato qualcosa di troppo strano nell'uomo: “Cosa succede?” chiese, preoccupata.
 Mario si sforzò di sorriderle, ma non le rispose. Si alzò e si rivolse alla moglie: “Ascolta, Angela... Stanno restrellando tutti, se mi trovano in casa la tessera, siamo morti. Tutti e tre.”
 Angela si morse il labbro. Era una donna alta, resa snella dalla guerra ed interessante dall'ingegno che aveva dovuto sviluppare per necessità. Mario l'aveva amata sempre, ma mai come in quel momento in cui sapeva che l'avrebbe persa.
 Essere la moglie di una camicia nera non era stato facile, negli ultimi tempi ed ora, con l'Armistizio, lo era meno che mai.
 “Cosa fanno a quelli che rastrellano?” chiese Angela, cominciando a ragionare sul da farsi.
 Mario scosse il capo. Allora Angela disse alla figlia: “Elena, vai un momento in cucina a prendermi ago, filo e un pezzo di stoffa? Quella bianca, che ti piace tanto...”
 La bambina annuì e corse verso la cucina.
 “Li prendono e li portano in piazza. Se sono solo camicie nere o familiari di camicie nere, li fucilano. Altrimenti, se secondo loro hai fatto qualcosa di peggio...” Mario deglutì, perchè quello che aveva visto ancora lo faceva star male. “Cosa?” lo incalzò Angela.
 Mario si fece forza: sua moglie doveva sapere quel che rischiavano. Sospirò: “Li ho visto mentre ne seppellivano uno vivo.”
 Angela parve scossa, ma in modo moderato, come la sua mente razionale le impedisse di perdere il controllo. Sollevò le sopracciglia: “Bene. Comunque immagino che a noi al massimo spetterebbe un colpo di fucile.” Mario annuì, poco rassicurato da quella prospettiva.
 “Dove sono adesso?” chiese piano Angela. “Hanno fatto tutta Fidenza, dai loro dieci minuti e passeranno a Fiorenzuola...”
 “Elena, hai trovato il filo?” chiese improvvisamente e con una nuova urgenza Angela. La bambina rispose, incerta: “Forse...”
 Al che la madre andò da lei in cucina, pre darle una mano ed accelerare i tempi.
 La moglie e la figlia erano sparite in cucina da almeno un quarto d'ora, quando qualcuno bussò alla porta.
 Mario non rispose, paralizzato dalla paura. I colpi si fecero più insistenti e una voce annunciò: “Sono il compagno Mattia! Ci sono fascisti qui?” e poi delle risate galvanizzate e folli fecero eco alle sue spalle.
 Poi le risate cessarono e i colpi ripresero: “Sappiamo che c'è in casa qualcuno! Aprite!”
 “Arrivo... Un momento...” disse Mario, avanzando lentamente verso l'uscio.
 Chiuse un istante gli occhi e poi aprì la porta: “Sì?” chiese, con la voce rotta per via della gola secca.
 Non si era ancora tolto la giacca. I partigiani che erano arrivati a bussare alla sua porta lo notarono subito: “Che, hai freddo, compagno?”
 Mario si tolse subito la giacca fradicia: “No. No... Ero solo uscito un attimo...” “A fare cosa?” chiese quello che si era presentato come Mattia.
 Deglutendo, Mario cominciò a farfugliare una risposta, ma per fortuna arrivò Angela in suo soccorso, tenendo in braccio Elena: “Cosa succede?” domandò, fingendosi molto sorpresa.
 Gli uomini, dieci in tutto, che erano entrati in casa la fissarono a lungo, poi il capo, Mattia, disse: “Bene. Cercate.”
 “Cercate cosa?” chiese, ingenuamente, Mario. Per farlo tacere, Mario gli diede un forte colpo col calcio del fucile, all'altezza dello stomaco.
 Elena cominciò a piangere in silenzio, mentre Mario si accasciava, tenendosi alla parete. Mattia grido: “Cerchiamo la tua tessera! Cane di un fascista!” “Non ce l'ho, la tessera!” ululò Mario, mentre un secondo colpo lo prendeva all'altezza del petto.
 “Pure bugiardo sei?!” gli sputò contro Mattia: “Sei un carabiniere! Vuoi dirci che ti lasciavano la divisa, se non facevi la tessera?”
 e il calcio del fucile si alzò una terza volta, ma prima che si abbassasse, Angela intervenì: “Cercatela pure, la tessera. Non la troverete perchè non c'è.”
 Mattia la guardò divertito: “Mettete sottosopra la casa.” ordinò e tutti quelli che lo seguivano cominciarono a rovesciare cassetti, gettare in terra piatti, tazze, bicchieri, aprirono con un coltello il materasso del letto matrimoniale e cercarono in mezzo alla lana, poi fecero lo stesso con quello della bambina ed infine divellero la porta della piccola dispensa ed aprirono quei cinque o sei pacchetti che ancora c'erano, spargendo il poco cibo ovunque.
 “Non c'è niente?” chiese Mattia, con gli occhi fuori dalle orbite.
 “Io ve l'avevo detto.” disse Angela, che si era avvicinata al marito, che restava seduto in terra per il dolore.
 “Perquisiteli.” ordinò Mattia. Due presero Mario e due Angela e tanto cercarono e tanto strapparono che li lasciarono praticamente nudi.
 Nessuno calcolò la bambina, che si era messa a piangere in un angolo, tra i batuffoli di lana usciti dai materassi e due lenzuola squarciate in mille pezzi.
 “Ne hai di camicie nere, eh?” chiese Mattia, mentre uno dei suoi gliene portava tre. “Sono un carabiniere. Sono della divisa...” si schermì Mario. Mattia non poté ridire nulla.
 “Va bene. Non c'è.” concluse Mattia, non potendo fare altrimenti, visto il numero di testimoni: “Ma vi teniamo d'occhio, voi due.”
 Così dicendo, Mattia fece segno a tutti i suoi di seguirlo: “Avanti, popolo! Stasera si va a caccia di sporchi fascisti!” ed ululando sparò due colpi nel cielo carco di pioggia.
 Quando la porta fu chiusa, Angela e Mario aspettarono che i passi e le voci fossero molto lontani, prima di muoversi o parlare.
 Alla fine rimase solo il rumore della pioggia che scrosciava e del vento che faceva tremare le imposte.
 Quando furono abbastanza certi di non essere più in pericolo imminente, Angela recuperò il marito e lo fece sedere su quel che restava del letto.
 Mario si massaggiò il petto e poi guardò la figlia: “Elena, vieni... Tutto è finito. Siamo salvi, vieni...”
 La bambina alzò gli occhi e corse dai genitori, che la strinsero forte per qualche minuto.
 “Dov'è la tessera? Non l'ho distrutta...” disse piano Mario, senza capire. Lui era un carabiniere, fino al giorno prima dell'Armistizio, la tessera gli era servita. Non l'aveva distrutta né nascosta... Stava nel primo cassetto della cucina, come avevano fatto a non trovarla?
 Senza dire nulla, Angela sollevò il rivolto della camicia da notte della picccola Elena. A livello del pancino vuoto della piccola, c'era qualcosa di strano.
 Mario vi appoggiò indice e medio: “L'hai cucita nella sua camicia da notte?” chiese, esterrefatto.
 “Ho solo sperato che non controllassero anche una bambina di otto anni.” fece lei, alzando le spalle: “Ho pensato che... Non avrebbero immaginato un nascondiglio simile.”
 Mario le prese il volto tra le mani e la baciò con lentezza: “Mi hai salvato la vita il giorno stesso in cui ci siamo conosciuti, ed ora hai salvato tutti noi.”
 “Vedi che serve avere una moglie che sa cucire?” fece lei, uscendone con una risata tirata che tradiva il panico che l'aveva pervasa fino a qualche minuto prima.
 “Senza di te, io non sarei qui...” riprese Mario, abbracciandola sotto gli occhi della figlia, che si stavano asciugando, finalmente.
 “Non saresti qui, in questa stanza messa all'aria, su un materasso distrutto, con indosso poco più che qualche straccio da gettare?” chiese Angela, reprimendo un'altra risata.
 Mario la guardò a lungo, perdendosi nella luce dei suoi occhi: “Da oggi la nostra vita ricomincia.” le promise.
   
 
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