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Autore: Ily18    27/11/2008    0 recensioni
[Spoiler 4^serie!!!]La storia inizia nella 3^serie, Michael è rinchiuso a Sona e Lincoln gli da la notizia che Sara è morta.
Michael reagirà male alla notizia e prenderà una decisione drastica.
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lincoln Burrows, Michael Scofield | Coppie: Michael/Sara
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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A/N: Ecco il capitolo 2!! Meno male che in teoria dovevo postare in fretta!!! ahahahah
Ad ogni modo... Non vi annoio troppo con parole inutili, perchè non è proprio il caso, no? ahahah
Buona lettura! :)



Come promesso, qualche giorno più tardi, Michael e il suo gruppo riuscì ad evadere da Sona, pur con qualche difficoltà.
Anche questa volta aveva dovuto portare con sé gente che meritava di stare in prigione, ma il pensiero fisso di Michael era evadere, fare lo scambio e non avere più niente a che fare con la Compagnia. Certo, più avanti avrebbe cercato chi aveva fatto del male a Sara, ma non ora.

“La vendetta è un piatto che va consumato freddo.” Pensò. “Quando le acque si saranno calmate e la Compagnia penserà di essersi sbarazzata di me… Ecco quando la vendicherò.” Chiuse per un istante gli occhi e le immagini di lei gli passarono davanti. Gli riaprì velocemente, non poteva lasciarsi andare, non ora che il difficile arrivava.

Lo scambio avvenne nel museo di storia antica di Panama.
La Compagnia non ne era entusiasta, voleva che le cose andassero secondo i suoi piani. Non questa volta, non quando Michael Scofield è dall’altra parte del tavolo delle trattative.
Lo scambio avvenne all’interno del museo, ma una volta fuori, Susan diede inizio alla sparatoria. Michael sapeva che non sarebbe finita con baci e abbracci, ma non immaginava che avrebbero messo in pericolo centinaia di vite innocenti, solo per far fuori i due fratelli. Non pensava si sarebbero esposti così tanto.
Mentre Susan e il resto dei suoi scagnozzi cercavano di fuggire, Michael trovò vicino a sé una pistola. La raccolse e mirò.
La vedeva, di spalle, che correva. Un solo movimento dell’indice destro e avrebbe freddato Susan.
La guardò salire su un furgone blindato e partire.

“Non era il momento giusto.” Pensò.

Ora che era tutto finito, sapeva cosa doveva fare. Doveva tornare a Chicago, lì c’era qualcuno che doveva vedere.
Salutò distrattamente LJ e Lincoln -non gli erano mai piaciuti gli addii- e salì su una delle macchine che il fratello aveva procurato. Guardò per un’ultima volta fuori dal finestrino e, indossati gli occhiali da sole, partì.

Il viaggio in macchina da Panama a Chicago durò parecchi giorni, ma finalmente c’era riuscito. Era arrivato a destinazione.
Negli ultimi giorni gli era sembrato che qualcuno lo avesse seguito. Ogni persona che incontrava sembrava guardarlo in modo strano, quasi avesse capito chi in realtà si trovasse di fronte. Come biasimarlo, aveva passato gli ultimi mesi a guardarsi perennemente le spalle e ci sarebbe voluto un bel po’ prima che perdesse quell’abitudine.
Guardò un’ultima volta la targhetta sul portone del palazzo che si trovava di fronte e, dopo aver preso un respiro profondo, entrò.

“Buongiorno, ha un appuntamento?” Gli chiese la signorina dietro il bancone.

“Salve.” Rispose Michael, sperando che gli occhiali da sole che indossava gli permettessero di passare inosservato. Quella ragazza lo aveva già tradito una volta, non poteva rischiare che succedesse di nuovo, non ancora per lo meno. “A dire il vero no, ma vorrei vedere Bruce.”

“Lei è?” Chiese la signorina.

“Solo un vecchio amico.” Rispose Michael, abbozzando un sorriso che trasudava sicurezza.

La segretaria prese in mano la cornetta del telefono e schiacciò il numero corrispondente alla linea veloce che l’avrebbe messa in contatto col suo capo.
Bruce fu costretto ad uscire dal suo studio, per vedere chi fosse in realtà questo ‘vecchio amico’ così impaziente di vederlo.
Gli bastò vederlo di spalle, per riconoscerlo. Capì subito che quello era Michael Scofield.

Lo fece accomodare nel suo studio ed iniziò a cercare qualcosa all’interno dei cassetti della sua scrivania in mogano.

“Sapevo saresti tornato a Chicago, solo non pensavo così presto.” Disse, sempre intento a cercare.

“Bruce, c’è una cosa che deve sapere…” Disse serio Michael, mentre cercava di richiamare l’attenzione dell’anziano uomo.

“Parleremo più tardi.” Lo rassicurò, gesticolando leggermente. “Ora ci sono cose più importanti da fare.”

“Sul serio, Bruce, si segga. Ho bisogno di dirle una cosa…” Ripeté Michael, quasi spazientito dall’essere ignorato per colpa di un raccoglitore introvabile.

Sul serio Bruce non capiva quanto Michael avesse bisogno di parlargli? Non riusciva a leggergli in faccia quanto dolorosa fosse la notizia che doveva dargli? Dopotutto, lui aveva cresciuto Sara come una figlia mentre il padre era troppo impegnato a giocare a fare il politico, chi più di lui avrebbe meritato di scoprire la verità?

“No, Michael!” Sbottò di colpo Bruce, riportandolo alla realtà. “Ho promesso a Sara che se mai fossi tornato a Chicago, ti avrei aiutato. E Dio mi fulmini se non manterrò questa promessa!” Bloccò per un istante i suoi occhi con quelli di Michael, dopodiché poggiò sulla scrivania il raccoglitore che aveva finalmente trovato.

Michael sentì il sangue gelare al solo sentire il suo nome. Sara.
Aveva pensato a lui, a salvarlo, nonostante anche lei fosse in pericolo.
Lei aveva un piano per aiutarlo? Un piano per fargli iniziare una vita da zero?
Era tutto inutile, dato che ora quella nuova vita non la includeva.

“Il giorno stesso in cui è stata sollevata dalle accuse…” Bruce iniziò a spiegare. “Sara mi chiamò, dandomi le indicazioni che leggerai in questo file.” Glielo porse.

Michael lo lesse distrattamente. Parlava di città straniere e nuove identità, niente che gli interessasse realmente, dato che qualche ora più tardi si sarebbe consegnato alle autorità.

“Ecco, prendi questa.” Gli disse Bruce, porgendogli un rettangolo di plastica.

Michael lo guardò. Vide la sua foto e qualche dato anagrafico che non corrispondeva alla realtà. Era una carta d’identità falsa. Lesse il nome e gli occhi iniziarono a bruciargli per le lacrime che minacciavano di scendere impietose.

“Michael… Crane…” Lesse con un filo di voce, mentre si abbandonava sulla sedia dietro di lui. Si coprì gli occhi con una mano, mentre il ricordo di quel giorno gli riempiva la mente. Ricordava benissimo il primo giorno che lo aveva sentito.
Lui e Sara si sarebbero dovuti incontrare all’ospedale che lui le aveva indicato nella registrazione. Lei non avrebbe mai fatto in tempo a raggiungerlo, così chiamò l’ospedale e usò quel nome per rintracciarlo.

“Ho pensato suonasse meglio di origami.”

Michael alzò di scatto la testa e fissò il muro color crema di fronte a lui.
Non poteva essere. I ricordi di quella notte dovevano avergli fatto immaginare la sua voce, perché lei non poteva essere lì, viva.
Guardò Bruce e notò sulle sue labbra un sorriso. Come poteva essere così felice, quando lui piangeva nel ricordarla? Come poteva essere così insensibile?
Mentre Michael lo fissava con una punta d’ira, Bruce uscì dal suo studio, lasciandolo solo.
Michael lo seguì con lo sguardo, dopodiché tornò a guardare la carta d’identità.
Pur dandosi del pazzo, decise che doveva avere una risposta alla sua domanda. Doveva sapere se aveva sentito quelle parole nella sua testa, o se erano veramente uscite dalle sue labbra.
Guardò un’ultima volta la parola ‘Crane’ sulla carta, prese un respiro profondo e, girandosi lentamente, si disse: “Abbi fede…”



A/N: Bene, anche il capitolo 2 è stato archiviato... Ne manca solo uno per la conclusione della storia! :)
Sperando di non farvi aspettare troppo e di pubblicare il prossimo più in fretta.
Come sempre un grandissimo grazie a chi si ferma a leggere e un grazie ancora più grande a chi è così gentile da farmi sapere che ne pensa!
Alla prossima! :)
   
 
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