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Autore: Stars Trail    27/01/2015    7 recensioni
Kageyama sbatte gli occhi diverse volte, incredulo.
“... puoi ripetere?”
[OiKage]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Tobio Kageyama, Tooru Oikawa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Scritta per nanodayolooo e per il COW-T, prompt: QUALCOSA DI PRESTATO -Un fandom, o una ship, che "appartiene" a una persona che conosci, ma non a te.
Il prompt del nanondayolooo è: Haikyuu: OiKage | Kageyama non sa come reagire quando Oikawa gli chiede di dormire con lui.

Kageyama sbatte gli occhi diverse volte, incredulo.
“... puoi ripetere?”
C’è lo spiffero che viene dalla porta semiaperta che gli accarezza il collo, protetto per il resto dal corpo di Oikawa che gli sta davanti. Il sorriso sul volto di Tooru si accentua, si allarga, e Tobio non capisce perché quella mano ruvida di calli stia prendendo la sua e la stia accarezzando sul dorso - non capisce perché non senta la voglia irrefrenabile di allontanarla e non farsi toccare. Oikawa non lo guarda, mentre dischiude le labbra e prende di nuovo fiato: preferisce osservare le sue dita che si muovono e segnano le mani lasciando una scia che, da bianca che viene, torna rossa di freddo.
“Ti ho chiesto,” e si ferma, come a voler aggiungere al tutto più drammaticità di quella richiesta, “se vuoi restare a dormire da me, stasera.”
Silenzio. Il resto della squadra ha lasciato la palestra già da una buona decina di minuti, ormai. Kageyama non è molto felice di essere stato trattenuto, ma adesso il suo stomaco si sta stringendo in un modo nuovo, che non capisce se sia fastidioso o piacevole, e in realtà la voglia di ritrarre la mano con uno scatto sta rapidamente prendendo possesso del suo braccio. Non sa come riesca a lasciarla comunque lì, tra quelle di Oikawa.
“... non credo di aver-”
“Hai capito benissimo.”
I vetri si scuotono appena per una folata di vento improvvisa. Al momento, Kageyama ha perso tutta la sua baldanza, probabilmente risucchiata dal sorriso di Tooru che lui non ha il coraggio di guardare direttamente.
“Io non so se sia-”
“Non ho cattive intenzioni, se hai paura di questo,” dice, interrompendolo ancora una volta. “Io, te, una partita a Mario Kart. Possiamo prendere da mangiare tornando a casa. Lo abbiamo già fatto, una volta. Non vedo quale sia il problema nel farlo ancora, Tobio-chan.”
Sente un nodo formarsi lentamente all’altezza dello stomaco. In un’altra situazione avrebbe risposto immediatamente, lo avrebbe rifiutato con la stessa secchezza con cui ha rifiutato ogni suo invito nel corso degli anni. Ma adesso le sue dita si muovono circolari contro il palmo della sua mano, lente ed ipnotiche, e lui non riesce a non incespicare sulle sue stesse parole, a non sentirsi tirato verso l’altro da una corda immaginaria che parte dal suo ombelico.
“Oikawa-san, non-”
“Ti insegnerò a battere. Ti insegnerò, se vieni.”
Tobio solleva lo sguardo appena, quel poco che gli basta a vedere con poca chiarezza il labbro inferiore. La bocca gli si secca appena, deve deglutire un paio di volte, prima di riuscire a dire qualcosa, due parole che gli costano una fatica disumana.
“... va bene.”
Sbaglia, ad alzare il viso mentre chiude la frase. Sbaglia perché il sorriso di Oikawa non è più quello di pochi istanti prima. È dolce, appena incrinato, e terribilmente triste.

Giocano per tutta la sera, con le mani unte di pollo fritto e il viso sporco di un riso troppo oleoso. Seduti sul pavimento, i piedi sotto un kotatsu che fa fatica a scaldarsi, passano così tante ore a battersi a vicenda che non si rendono nemmeno conto dell’ora tarda. Oltre la grande vetrata dietro la televisione, la pioggia fitta rende confusa la luce dei lampioni che danno sulla strada e piega i rami più deboli degli alberi. Non sarà una notte granché tranquilla.
Non lo sarebbe stata comunque.
Tobio non ha staccato per un istante gli occhi dal televisore, volutamente troppo concentrato sul suo go kart blu per non pensare più del necessario a dove sia, o con chi sia. Ogni tanto è stato tentato di volgere lo sguardo verso Oikawa, semplicemente per colpa di una risata così cristallina da attrarlo naturalmente - ma per fortuna è riuscito a non cascarci.
Basta il fantasma delle sue dita sulla mano a sconbussolargli la testa.
Tooru sbadiglia nello stesso momento in cui lui si sfrega un occhio, ed entrambi sembrano improvvisamente essere consci del tempo che hanno passato seduti sul pavimento, del dolore acuto che si irradia dal coccige e lungo i lombi. Oikawa è il primo ad alzarsi, e Tobio si fa fregare perché gli viene spontaneo sollevare la testa per seguire i suoi movimenti. Quando l’altro aggancia il suo sguardo, sorridendogli stanco, Tobio sa che non può fare altro che restare lì imbambolato a fissarlo, e accettare la sua mano quando gliela porge per aiutarlo ad alzarsi.
“Credo sia meglio andare a letto,” esclama, e non c’è malizia, non c’è nulla di quello che Kageyama si sarebbe aspettato condividendo uno spazio così ristretto con il suo ex compagno di squadra. Si fa sollevare, e Tobio sente il dolore al sedere acuirsi per un momento, prima di svanire in un cumulo di piccoli brividi che rendono la zona insensibile. “Tu fai pure con comodo, intanto preparo il letto.”
Tobio annuisce, e il nodo allo stomaco si stringe di più.

Non è più come quando andavano alle medie, e quell’unica volta in cui Tooru lo aveva invitato a casa sua era stato lui, alla fine, a dormire sul futon.
Il letto di Oikawa profuma di pulito, di lenzuola appena cambiate; è caldo e accogliente, ma Tobio non si sente soddisfatto. Sotto la sua sagoma è chiaramente distinguibile quella di Oikawa, che anziché essere sul suo letto ora dorme ai suoi piedi, raggomitolato come un riccio sotto una montagna di coperte.
Sono andati a letto due ore prima, e lui è ancora lì con gli occhi sbarrati che non riesce a prendere sotto nemmeno pregando tutti gli dei che conosce. Non sa se sia colpa dell’aver evitato Oikawa con lo sguardo per tutto il giorno, ma adesso la sua schiena è una calamita, la sua nuca coperta dai capelli spettinati un posto accogliente dove struscerebbe il naso. Sospira, richiudendosi in se stesso, abbracciandosi la pancia per tenersi caldo, per contenere la sensazione che si porta dietro da quel pomeriggio.
Sente Oikawa muoversi, lo strusciare delle coperte che per un momento gli fa trattenere il fiato. Teme di sentire la sua voce, ma poi il rumore cessa, e tutto torna silenzioso come prima.
Per troppo poco.
“Perché non stai dormendo?”
Tobio sente il freddo abbracciargli le braccia e congelargli lo stomaco. L’aria si blocca di nuovo a metà strada tra la bocca e i polmoni, e fa male, cercare di far finta di essere addormentato e ignorare le sue parole quando l’altro sa benissimo che lui è sveglio.
“Tobio-chan, lo so che sei sveglio,” mormora a voce bassa, come se non volesse disturbare nessuno - come se ci fosse qualcuno da disturbare, in quella casa vuota.
“Mi sono solo svegliato un momento, Oikawa-san. Non preoccuparti.”
Tooru ride. Si muove ancora, ma non è solo un leggero strusciare. Tobio salta quando sente una mano bollente prendere la sua e stringerla. “Non prendermi in giro, Tobio-chan. Ti conosco, sai.”
Il pollice di Oikawa preme contro il palmo della sua mano. Di nuovo, come quel pomeriggio, si muove in cerchi concentrici e lo scalda, lo tranquillizza, o forse lo agita, non ne ha idea. “Perché non riesci a dormire?”
Non sa come rispondere. Ci prova, apre persino la bocca. Ma poi esce solo uno sbuffo e rinuncia, perché non vuole mettersi in ridicolo. Al momento pensa soltanto che vorrebbe vedere la mano di Tooru stringere la sua, e allo stesso tempo si imbarazza del suo stesso pensiero.
“Mi fai spazio?”
Di nuovo, Tobio non risponde; ma dà le spalle all’altro, spingendosi vicino alla parete su cui poggia il letto, rispondendo tacitamente alla richiesta dell’altro. Il materasso scricchiola sotto il peso dell’altro, ma suona più come il saluto a una persona cara, piuttosto che come una protesta. Tooru non lascia la sua mano, se non quando si è sistemato per bene sul letto, e poggia il naso contro la sua spalla respirando a pieni polmoni.
“Ti disturba?”
“Cosa?”
“Che io sia così vicino.”
Alla domanda segue il silenzio, e al silenzio segue la risata di Oikawa sulla sua pelle che scuote via il freddo, e ridona calore al suo corpo. “Sei così silenzioso oggi, Tobio-chan. Non che tu sia mai stata una persona particolarmente loquace, ma…” Tobio si irrigidisce appena, quando sente la mano di Oikawa muoversi sul bordo dei pantaloni. Sfila la maglia del pigiama, e poi ci si intrufola sotto, sfiorando coi polpastrelli caldi la sua pancia che trema, tanto gli batte il cuore. “Sono io, che ti faccio questo effetto?”
“Non dire idiozie, Oikawa-san.”
Kageyama non sa se essere infastidito dalla continua risata dell’altro. Non sa se interpretarla come uno sbeffeggio o come semplice, innocente ilarità, specie se continua ad avvertire una nota di tristezza che non è ancora andata via, nonostante lui sia lì, nonostante abbia accettato di passare la notte in quella casa, nonostante non gli abbia impedito con un calcio di entrare nel letto. L’aria che riempie i polmoni fugge rapida dalle sue narici, mentre i suoi sensi sono concentrati su quelle tre dita che si muovono attorno al suo ombelico e gli sciolgono lo stomaco.
“Scherzavo, Tobio-chan, scherzavo. Non te la prendere.”
E lui non se la prende, figuriamoci, non è quello il problema. È la sensazione di essere attratto da lui senza speranze che gli riempie la testa di pensieri superflui e terribilmente dannosi. Si morde il labbro, socchiude gli occhi, ma se ne pente subito perché isolarsi visivamente, per quanto la differenza sia effimera, intensifica la sua percezione di quelle dita sul suo corpo.
“Sono felice che tu sia venuto,” bisbiglia Oikawa, e a Kageyama viene da dargli una gomitata nello stomaco, perché sembra una bugia, sembra una frase detta tanto per tranquillizzarlo - ha lo stesso sapore amaro del sorriso che gli ha rivolto nel pomeriggio, quel sorriso che-
Oh.
“Oikawa-san,” mormora, mentre cerca la mano dell’altro sopra la maglia del suo pigiama. “non l’ho fatto perché mi hai promesso di insegnarmi a battere, di venire.”
“Non penserai davvero che io ti creda?”
E per quanto le sue parole suonino incredule alle sue orecchie, Tobio avverte già la differenza. Sente il timore di Tooru sciogliersi assieme al suo nodo allo stomaco. “Non mi interessa cosa tu creda, ma è così.”
“D’accordo, allora spiegami, perché sei venuto?”
“... non lo so,” e la sua risposta è terribilmente sincera, “non ne ho davvero idea.”
“La accetterò per quella che è.” Le labbra di Oikawa si posano sulla pelle scoperta della sua spalla, prima che il suo naso l’accarezzi. “Ora puoi smettere di tormentarti e dormire.”
Obbedisce, almeno sulla prima. Fa fatica ad eseguire il secondo ordine, specie quando la mano dell’altro non si è ancora fermata e naviga per la sua pancia. Chiude gli occhi, sentendosi ancora spaventato dalla sensazione intensa di quella mano su di lui, ma si sforza di lasciarsi andare, rilassandosi contro il petto di Tooru, respirando con quanta più calma possibile.
Alla fine, addormentarsi gli viene più facile di quel che pensava.

   
 
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