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Autore: Slendyenne    28/01/2015    0 recensioni
Mya è una ragazza fortunata, sì, perché trovare degli amici non è semplice per lei, soprattutto in una piccola cittadina come Forks. Eppure Adam e Douglas l'adoravano così com'era. Anche suo fratello le voleva bene, lei forse lo sapeva in fondo. Ciò che non sapeva era chi dovesse amare lei, poiché non credeva di poterlo fare più di quanto fosse riuscita ad amare il padre, scomparso sei anni prima. Le cose da quel momento si erano completamente sconvolte e nemmeno lei era certa di come il corso della sua vita fosse cambiato ma, ciò di cui lei era completamente all'oscuro, era che tutti effettivamente conoscevano parte della sua infanzia tranne lei stessa. Eppure persino loro non si sarebbero mai aspettati di come le proprie esistenze sarebbero potute esser stravolte da quella ragazza della quale sapevano tutto del passato e niente della sua attuale realtà; ma si concluderà in bene, o in male?
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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''I didn't wnt to be the one to forget
I thouught of everything I've never regret
A little time with you is't all that I get
That's all we need because it's all we can take

One thing I never see the same when you're 'round
I don’t believe in him — his lips on the ground
I wanna take you to that place in the Roche
But no one gives us any time anymore
He ask me once if I’d look in on his dog
You made an offer for it, then you ran off
I got this picture of us kids in my head
And all I hear is the last thing that you said

'I listened to your problems
Now listen to mine'
I didn't want to anymore, oh oh ohh

And we will never be alone again
Cause it doesn't happen every day
Kinda counted on you being a friend
Can I give it up or give it away

Now I thought about what I wanna say
But I never really know where to go
So I chained myself to a friend
Cause I know it unlocks like a door''


Chapter One Instant Crush

Il sole era alto da ormai metà mattina. Lei era sveglia già da molto prima. Probabilmente, non aveva nemmeno chiuso occhio.

Non appena la sveglia rintoccò le 10.00, si girò verso il comodino e si decise ad aprire quel suo maledetto diario.

''28.02.95.

Caro diario,

oggi non mi va di raccontarti nulla.,, fu tutto ciò che ebbe la forza di scrivere.

Quella era la data di scomparsa di suo padre, la data dove ogni suono di campanello che si sentiva in quella casa era l'ennesima persona a cui facevi compassione e veniva a darti le proprie condoglianze. Per cosa poi, si chiedeva? Suo padre era scomparso, non morto. Non le importava se erano passati ormai sei anni, suo padre non poteva essere morto. Ed anche se lo fosse stato, non erano loro le persone in grado di giudicarlo. Era la quinta persona che arrivava, ma non era una di quelle che Mya e sua madre si aspettavano. Il campanello seguì una sequenza: due trilli brevi,seguiti da uno più duraturo. Quello per lei era un segno, che lui era qui. Saltò giù dal letto inciampando nella coperta abbandonata al suolo per le varie acrobazie che aveva intrapreso quella notte, corse di fretta le scale per poi scivolare definitivamente sull'ultimo gradino, sotto la faccia sorpresa della madre che aveva già posato la propria mano sulla maniglia della porta e l'aveva aperta;

Mya aveva gli occhi stretti e le mani in avanti per pararsi dalla caduta, ma due braccia furono lì pronte a salvarla. Erano le sue braccia preferite e non avrebbe voluto essere altrove in quel momento, se non con Douglas. Sua madre osservò le due figure vicinissime e fece una smorfia senza preoccuparsi di nascondere il suo disprezzo. Non era solo una visita inaspettata per lei, ma anche una delle più sgradite. Douglas McCall non era magari un ragazzo modello, ma il bene che voleva a Mya era abbastanza ed anche più del necessario per dimostrare che non le avrebbe mai fatto del male. La ragazza, conoscendo la propria madre, cercò di condurlo subito verso le scale, ma Renée la precedette invitandolo a bere qualcosa e lui, che voleva provare a farsi vedere sotto una luce diversa, accettava sempre, invano.

Dopo una serie di domande, Renée cominciò ad esagerare e Mya che ne aveva fin sopra i capelli prese sottobraccio Douglas trascinandolo fino al pianerottolo del piano superiore, lanciando alla madre un'ultima occhiataccia dall'alto.

Il ragazzo, quando Mya entrò in camera, era già sdraiato sul letto con le gambe a penzoloni e le braccia appoggiate sotto la testa mentre teneva gli occhi chiusi.

Non la sentì arrivare ma si aspettava di tutto da quella ragazza. Richiuse la porta alle sue spalle e con aria irritata pronunciò il nome del ragazzo con tono marcato.

''Douglas McCall, cosa ci fai qui?''

Lui sogghignò con indifferenza senza muovere un muscolo e rispose senza preoccuparsi.

''Sono venuto a salvarti.''

Quelle parole rimbombarono nella testa di Mya e si senti come oltrepassare dai ricordi, ma erano sfocati, era come un dejavu ma non riusciva a metterlo a fuoco. Non ci pensò più di tanto visto che era ormai un'abitudine, quindi si avvicinò al letto e si sdraiò accanto a Douglas e si rannicchiò sul suo petto mentre lui prontamente la avvolse fra le sue braccia.

''Perché mamma mi esclude da questo? Perché non me ne parla?''

Douglas non le rispose e si limitò ad accarezzarle i capelli ed a coccolarla finché non si addormentò. Douglas la prese delicatamente in braccio e le rimboccò le coperte prima di darle un leggero bacio sulla fronte scostandole una ciocca di capelli dal viso, sussurrdando: ''Non posso dirtelo, Maya. Mi dispiace.'' e con aria rattristata se ne andò.

Al risveglio Mya si trovò con la testa sul suo cuscino e sotto le coperte rimboccate. La prima cosa che notò fu il biglietto contrassegnato da un cuore rosso appoggiato alla sua lampada e lo prese leggendolo a bassa voce.

''Maya, sono là. Ti aspetto.''

Maya era il soprannome che Douglas stesso le aveva dato perché chiunque la facesse arrabbiare non sarebbe mai uscito vivo dalle sue grinfie, era proprio come l'apocalisse predetta dai Maya; ciò che nessun'altro sapeva era che Douglas in quest'ultima vi trovava un lato misterioso che lo affascinava, ed era quello il vero motivo per cui la chiamava in quel modo.

Lei sapeva già dov'era, e sapeva che ci sarebbe andata.

Si alzò e stiracchiandosi un po' controllò l'orario. Non sapeva esattamente quanto tempo aveva dormito, ma le aveva fatto sicuramente bene.

Andò davanti al lavandino del suo bagno e si sciacquò il viso fissando il proprio riflesso nello specchio, distogliendo lo sguardo poco dopo per evitare di vedere le occhiaie procurategliele dalla sua notte insonne. Aprì le ante dell'armadio e osservò i suoi vestiti. Non era una ragazza con gusti particolari, piuttosto semplici a dire il vero, non rimaneva ore davanti a due vestiti per sceglierne poi un terzo da indossare per uscire. In base alla giornata, a come si sentiva, lei si vestiva, facendo rispecchiare la sua anima. Lei sapeva d'essere un libro aperto per Douglas, perché lui queste cose le notava. Dopo essersi preparata andò in bagno e da un astuccio un po' mal ridotto tirò fuori un po' di fondotinta per nascondere bene le occhiaie e cercò di darsi un po' di colore, odiava il suo colorito troppo pallido, ma odiava anche truccarsi troppo, così aggiunse solo un filo di matita sulle palpebre e dopo aver messo il necessario nella borsetta uscì chiudendo la camera a chiave e nascondendola appositamente in una piastrella che lei stessa aveva rotto, l'importante era che mamma non la notasse, non che scoprisse che fosse distrutta. Uscì di casa e non saluto nemmeno Renée. Suo fratello, Jackson non era in casa, ma anche se gli davano fastidio quei comportamenti, lei sapeva non avrebbe detto nulla. Non lo faceva più dalla scomparsa del loro padre.

Camminò fino all'incrocio più vicino e mandò un messaggio a Doug.

''28.02.95.

13.19

Sei da solo?''

Dopo averlo inviato si sentì stupida, iniziò a preoccuparsi di ciò a cui poteva pensare Douglas con quel messaggio. Era un po' paranoica, ma sapeva cosa comportavano fra di loro i fraintendimenti. Passarono alcuni minuti nei quali Mya si riuscì a sedere su un muretto piuttosto alto per lei e furono anni nella sua testa.

''28.02.95.

13.26

Tranquilla, Adam è con me.''

Non sapeva se essere felice della sua risposta o meno, se esserlo perché erano assieme o no. Adam per Douglas era un migliore amico e un rivale, anche se solo lui lo credeva, poichè Adam non faceva assolutamente nulla. Era il loro migliore amico, e lei non poteva non dare spazi ad entrambi. Non voleva temere l'ennesimo litigio per una cosa finta.

Si incamminò in un sentiero nel bosco e camminare la fece rilassare un po'. Ascoltò un po' di musica, così si mise il cellulare in tasca ed accese il suo mangiacassette portatile facendosi passare le cuffiette dall'interno della giacca fin sotto il maglione.

Quando arrivò, vide Doug e Adam che osservavano un enorme foglio colorato d'azzurro sul retro. Adam stava spiegando alcune cose ad un Douglas tra lo scocciato e l'entusiasta, un misto un po' assurdo, ma tipico di lui.

''Hey ragazzi.'' li salutò, forse un po' troppo ad alta voce visto che aveva ancora le cuffie, e probabilmente non l'avevano sentita poiché sobbalzarono mentre Adam correva da lei lasciando il grosso progetto nelle mani di Doug.

La abbracciò apposta facendola voltare verso la stradina dalla quale era arrivata per non farle vedere Douglas che dopo un cenno corse a nascondere il foglio dal retro azzurro. Dopo di che la salutò a sua volta.

''Ciao, Mya.'' ridacchiò perché già immaginava avrebbe capito tutto.

''Ciao anche a te, Adam. So che Douglas non c'è più, puoi anche lasciarmi ora.'' ridacchiò a sua volta. ''So anche che non credi veramente funzionerà.''

Adam rinforzò la stretta perché voleva davvero abbracciarla per poi mollare la presa per osservarla e risponderle con tono di resa. '''Okay, lo ammetto. Ma resisteremo finché possibile.'' sorrise, ma non solo per le sue parole.

La guardò e nella sua mente pensò che fosse bellissima.

Era vestita con un maglione colorato con toni sfumati,sul pastello; per contrasto indossava sopra una felpa pesante nera dove risaltavano le sue ciocche viola e blu mischiate al suo biondo naturale.Sul collo si intravedeva una collana con sopra una lettera giapponese, ''Koe'', ovvero voce, perché lei amava tutto ciò che la riguardava: la voce di chi parla, di chi si fa capire, di chi crea una promessa, di chi canta, di chi sussurra. Lei era così, e le andava bene. Il suo completo si concludeva con delle calze nere,alte fin sopra il ginocchio interrotte da due strisce bianche vicino all'orlo,ricoperte da un collant trasparente e degli scarponi rovinati di un beige scuro che s'intonasse con il colore della sua borsa che portava su una spalla, piena di spille,scritte e di ricordi.

La voce di Mya lo riportò alla realtà e le sorrise voltandosi, e portandosi una mano ai capelli, si scrollò quei pensieri di dosso.

Douglas tornò da un posto che Mya non conosceva, e forse nemmeno Adam. Si sedette su una delle sedie attorno al tavolo che avevano portato loro lì e con voce chiara e decisa, quasi come un'imposizione, si rivolse ad Adam.

''Non dovevi andare a perlustrare la zona C?''

Adam capì dal suo tono irritato che voleva solo che si levasse di mezzo, ma quella sarebbe l'ultima cosa che avrebbe fatto, conoscendolo.

''Perché non ci vai tu? In fondo non dovrebbe essere il mio turno.''

''Sei troppo preciso per fare un'eccezione?''

''E tu sei troppo spaventato dai cervi per avere il coraggio di prenderti le tue responsabilità?''

Doug rimase con lo sguardo basso pensando all'incontro di qualche giorno prima.

Mya e Douglas erano amici da tanto tempo; da quando lei era venuta a vivere a Forks,era stata la prima ed unica persona con cui aveva stretto dei rapporti saldi. Adam arrivò solo dopo aver iniziato a frequentare la Beacon Hill High School. Ad inizio scuola, per pagare i fondi degli studi, le loro famiglie avevano cominciato, così come tutte in quella piccola cittadina, giorno e notte a fare turni extra a lavoro, ad avere problemi di salute e non potersi permettere le cure. Così, vedendo che la situazione non poteva continuare in quel modo, cercarono almeno di loro iniziativa di fare qualcosa, cominciando per esempio ad aiutare in mensa anche se per pochi spicci, però per lo meno stando dietro al bancone ed avendo le chiavi della cucina, avrebbero potuto rubare qualche scatolone di ogni tipo di cibo: pasta, carne, e le cose principali. Quando li scoprirono,non ne furono sorpresi,furono cacciati ed un bidello fu messo come guardia. Per loro fu un duro colpo, finché un giorno Mya a scuola raccontò a Douglas come suo padre gli aveva insegnato ad usare un fucile e che avrebbe potuto insegnarlo anche a lui così sarebbero potuti andare a caccia e cavarsela meglio. Adam li ascoltò senza resistere dall'intromettersi. Era nuovo e trovò le persone giuste con cui stare per la fortuna di tutti e tre; confessò che suo padre aveva un porto d'armi e poteva convincerlo a comprargliene, l'unica cosa che mancava a tutti, del resto,erano i soldi. Così trovarono diversi lavori per un mese finché non racimolarono abbastanza denaro per comprarli. Adam promise che glieli avrebbe procurati e così fece, e quando tornò coi tre fucili, Duog e Mya capirono che era parte di loro e lo fecero rimanere. Costruirono nei mesi seguenti in mezzo al bosco una capanna su un albero, ben costruita e bella spaziosa, si impegnarono tanto ma nessun altro ne sapeva nulla se non il fratello di Mya, ne avevano i sospetti, ma in fondo non era un pericolo.

Douglas ripensò al cervo ripetutamente prima di poter abbandonare quel pensiero,per poi di alzarsi e rivolgersi contro Adam.

''Non sei abbastanza maschio per fare il tuo dovere? Preferisci preparare cosa da femminuccia?''

Mya replicò. ''Cosa vorresti dire? Se sei qua è anche grazie a noi.'' Mya diventò ansiosa.

''Lascialo perdere Adam.'' e detto questo salì sull'albero raggiungendo la casetta.

Si lasciò cadere nel letto e cominciò a piangere silenziosamente, lo aveva previsto, aveva già capito quale sarebbe stata la sua reazione,era solo che non voleva vederlo, e non aveva potuto evitarlo. Ai passi,che pesanti sulla scaletta di legno provocavano degli scricchiolii,Mya si sedette di scatto e si asciugò le guance arrossate.

''Cos'è successo?'' chiese gentilmente Adam sedendosi sul bordo del letto.

''Uno stupido messaggio.''

''Mi riguarda?''

''Sai com'è fatto Doug, è solo esagerato.''

''Esageratamente esagerato.''

''Già.''

Adam continuò ad osservarla imbambolato,mentre lei tratteneva i singhiozzi con il capo chino. Allungò una mano verso il suo viso e con due dita le accarezzò il mento per farglielo alzare così da poterla guardare e sorrise.

Gli occhi di Mya divennero brillanti. Quei due ragazzi erano uno la parte ribelle e l'altro la parte docile di lei. Guardò il sorriso di Adam e poi lo fissò negli occhi. Vide un colore misto al mare ed al cielo, e non poté che perdersi. Era davvero bello, l'aveva sempre detto a sé stessa ma non l'aveva mai visto così chiaramente. Lui la strinse a sé per i fianchi e lei allacciandogli le braccia al collo si avvicinò troppo, si sfiorarono coi respiri. Entrambi si scrutavano dentro e creavano nuovi colori coi loro occhi, così diversi e così simili. Mya socchiuse gli occhi perché quelli del ragazzo la stavano svuotando e coinvolgendo allo stesso tempo e questo non le faceva tanto bene quanto male. Adam si avvicinò e quando lei li riaprì se lo trovò ancora più vicino, questa volta a sfiorarsi furono i loro nasi e poi le oro labbra finché per ultime si scontrarono con decisione le loro lingue. Si strinsero più forte l'uno all'altra, non perché provassero un sentimento reciproco, ma perché ne avevano bisogno, avevano bisogno di congiungersi, erano tutti parti di sé stessi ed a volte le parti simili avevano bisogno di tornare ad esserne una sola, per curare le ferite che nessun altro può curare. Avevano solo bisogno di nascondersi e di ritrovarsi. Mya era confusa, non capiva cosa stava facendo, sapeva di doverlo fare e basta, per lei quanto per Adam, avrebbe dato tutto per loro due, ed ora lo stava facendo. Si staccarono e Adam si scusò. Mya dolcemente gli posò un dito sulla bocca ancora umida e lui assecondò il suo volere.

Si alzò e scese con sveltezza dirigendosi verso Douglas per salutarlo però lui con il suo tono scorbutico la ignorò. ''Cos'è sei andato a farti consolare dalla tua amichetta del cuore?'' lo provocò nuovamente.

Adam s'irritò e non resistette più.

''Qual è il tuo problema amico? Vuoi sentirti più maschio, più uomo? Sei geloso, vuoi Mya tutta per te? Allora invece che insultarmi e fare in modo di darle un modo per odiarmi, perché non trovi un modo per avvantaggiarti?''

Adam era in piedi di fianco a lui. Douglas si alzò e mettendosi davanti a lui,respirò profondamente per poi sganciargli un cazzotto in pieni viso. Adam lo bloccò troppo tardi e lo spinse, cominciarono ad azzuffarsi fino a finire per terra uno sopra all'altro, come due cani rabbiosi. Adam non era un attaccalite ma se veniva provocato poteva essere peggio di Douglas,che nonostante fosse molto più esile e meno robusto dell'altro,aveva forza da vendere.

Iniziarono a prendersi a pugni,susseguiti da insulti vari. Intanto Mya urlava e veniva ignorata al tempo stesso.

''Smettetela!'' urlò più forte, con le lacrime agli occhi, i pugni contratti e le braccia tese. Guardava negli occhi Adam e non riusciva a dire nulla, tanto meno guardando Douglas, ma pensava a tante cose. I due si bloccarono ad osservarla per pochi istanti, prima che se ne andasse. Corse più che poteva, corse nel bosco su strade che non aveva mai percorso, si perse, ebbe paura ma non si fermò, non finché non fu sicura d'averli seminati. Si sedette su un tronco d'albero abbattuto. Ansimava per la corsa movimentata e non era ancora completamente certa di essere sola. Il respiro affannoso non le permetteva di sentire con chiarezza i rumori che la circondavano. Si calmò pian piano accertatasi finalmente che nessuno la seguisse più. Si guardò intorno ed in un punto più buio del bosco come d'impulso mise le mani nella sua borsa, fino a quando:

''Aspetta..?'' la borsa non c'era, e con uno sbuffò le tornò in mente di averla appoggiata sul letto della casetta. Mise le mani in tasca in preda all'ansia che svanì all'istante non appena riuscì a tirare fuori dalla sua tasca il cellulare. Non si sentiva comunque al sicuro, era in un posto sconosciuto ma allo stesso tempo riusciva a percorrere la strada come se la conoscesse a memoria,come quando canti una canzone che sai, la sai talmente bene, conosci le parole come se l'avessi scritta tu e la canti anche se pensi a tutt'altro. Si avvicinò a degli alberi,alberi che le ricordavano la sensazione di paura che provava da piccola quando lei e suo fratello stavano fino a sera alla quercia;quella quercia. Da quanto non ci pensava? Perché non riusciva a vedere quel ricordo? Eppure lei lo stava sentendo.

Il cuore cominciò a batterle sempre più forte rimbombando dappertutto e le sembrava di non udire alcun suono; le servivano le pastiglie, quelle per quando aveva un attacco improvviso di panico, quelli dovuti ai ricordi. Ancora non capiva.

Doveva respirare, ora aveva letteralmente paura, era sola, nessuno poteva aiutarla, nessuno l'avrebbe trovata. "Le pastiglie" .non riusciva a pensare a nulla.

Arrancò camminando verso qualcosa di indefinito, dei colori. Si avvicinò, e vide una scaletta, una di quelle fatte da funi, usata anche per la loro casa sull'albero, solo più piccola e meno resistente, quasi fosse stata messa apposta per dei bambini. Ma dei bambini in quel posto,come avrebbero potuto trovarsi li?

Ai suoi occhi ill posto le sembrava abbandonato,ma qualcosa nella sua mente le diceva che c'era qualcuno che la aspettava là in alto, così salì.

Si aggrappò alla corda della scala,ormai rovinata dal tempo e dalle dimenticanze della mente che al tocco delle mani di Mya sembravano risanarsi dai ricordi del suo cuore.

La corda sfilacciata riuscì a mantenere a malapena il peso della ragazza e ad ogni passo il legno delle scale scricchiolava rumorosamente.

L'interno della casetta era buio, ormai la sera era calata e l'unica cosa in grado di rischiarare il luogo era il suo cellulare. Estraendolo dalla tasca fece cadere le cuffie a terra; si chinò a raccoglierle ed illuminando il pavimento, scorse una luce brillare da qualche parte a fianco a lei. Le raccolse e si avvicinò allo strano bagliore proveniente dall'occhio di un pupazzo,l'unico occhio che a quanto pare,esso possedeva,essendo che l'altro era stato rimpiazzato da una leggera cucitura,probabilmente a causa della perdita dell'occhio stesso. Esso era posizionato sotto ad un lettino,presente nella stanza: era molto piccolo,aveva due cuscini ed era estremamente impolverato. Slacciò la giacca e aprendola rovistò nelle tasche interne: non appena estrasse il suo mangiacassette portatile si infilò le cuffie nelle orecchie e le canzoni di una cassetta casuale partirono. Accese la torcia e scrutò meglio l'interno: sulle pareti erano attaccati dei disegni fatti probabilmente da bambini, i colori usati erano appoggiati sparsi su un tavolino logorato da chissà quale animale; c'erano un mucchio di cose vecchie come giocattoli e molti altri disegni impilati,ma rovinati dall'umidità.

Strinse l'orsacchiotto nella sua mano quando <> stava cominciando. Le note della canzone si infiltrarono nelle profondità della mente di Mya ed a quel punto ricordò, ed avvicinandosi ad uno dei disegni,lesse due nomi: Mya e Jackson.

Indietreggiò stravolta, inciampando in un panno bagnato,cadendo sul lettino che emise un rumore piuttosto sinistro ma Mya non lo sentì a causa della musica ad alto volume, mentre Icleymer,il pupazzo regalatole dal padre quando compì 4 anni,subiva inerme la stretta della ragazza.

*''Vieni qui piccola.''

''Arrivo papà!''

''Chiama anche Jackson, piccola.''

''Certo papà!''

.

.

.

''Dicci papà.''

''Papà, è per il mio regalo?''

''Mh mh.'' annuì il signore inginocchiato in un prato di fronte ai due bambini. ''Tieni, è per te.''

''Wow, un orsetto! Grazie papà, è il più bello di tutti, non è vero?''

''Come te, Mini.''

''Papà, perché mi hai chiamato?''

''Ascoltatemi.'' disse l'uomo stringendoli a sé. ''Mya, tu stai crescendo e voglio che voi siate forti, per voi stessi e per la mamma. Siete coraggiosi, dovete proteggervi l'un l'altra, come vi ho sempre insegnato, d'accordo?''

''D'accordo papà.'' dissero all'unisono i due ragazzini.

''Tu Jake devi difenderle, d'accordo?''

''Papà, e Icleymer chi lo difende?'' chiese la piccina mentre il fratello annuiva serio.

''Chi è Icleymer?''

''L'orsetto.''

''Oh beh, penso che lui si fidi di te.'' le fece un occhiolino e poi abbracciandoli gli sussurrò all'orecchio con un debole sorriso stampato sul viso un ''Vi voglio bene.''*


 

Mya passò tante, troppe immagini nei suoi pensieri, troppe da poter ricollegare per poterle comprendere. In pochi secondi si ritrovò sdraiata su quel letto sul quale non si sdraiava da tempo, non sapendo nemmeno come poterci ritornare. Stringeva fra le braccia tremanti il peluche e piangeva, il viso rigato da lacrime. Piangeva perché non ricordava suo padre, non si era più ricordata di quanto avesse sofferto Jackson, di quanto erano vicini prima. Prima di tutto quello.

Mya aveva gli occhi chiusi tentando di trattenere le lacrime, mentre delle luci iniziavano a risplendere sotto alla grossa quercia. Il motore di una Jeep si sentiva scoppiettare da metri di distanza, ma lei non poteva udirlo.

Jackson stava correndo fra quegli alberi che lo guardavano malinconici, i lunghi ed appuntiti rami sembravano indicarlo con aria prepotente come lo stessero accusando, cercava di evitare le loro ombre e la sensazione cupa di inquietudine che gli trasmettevano,che i riflessi della luna non facevano altro che accentuare.

Corse finché non arrivò alla quercia, alla loro casa.

Salì seguendo le tracce delle scarpe della sorella sul terreno fangoso e la vide. Sapeva sarebbe riuscita a ritrovare quel posto prima o poi, lo sentiva e aveva già il suo incubo in testa pronto ad iniziare, ma questa volta per davvero. Erano stati troppo a lungo sull'orlo del loro dormiveglia. La vide, rannicchiata, sconvolta, piangente in quel letto che la cullava come fossero le forti braccia protettive del padre che ben presto si sostituirono con quelle de fratello che la coccolavano facendola tranquillizzare.Benché non fosse agitata, aveva gli occhi spalancati e ripeteva sotto voce le ultime parole della canzone che pian piano andava a sfumare le ultime note, finché non si stoppò e rimasero nel silenzio delle orme delle loro memorie,ora aperte più che mai come ferite di coltello mai cicatrizzate.

Mya sentì il calore ormai dimenticato di suo fratello e delle sue attenzioni, del suo respiro, dei suoi baci sui capelli e del suono della sua voce che le ripeteva d'esserci, quando lei sapeva benissimo non sarebbero state una promessa dopo che addormentatasi fra le coperte dei loro momenti felici, della loro infanzia, si risvegliò fra quelle della sua infelice realtà e della loro vita ingiusta.


 

Questa cosa orribile, che fa veramente impazzire: che se siete accanto a un altro, e gli guardate gli occhi [...] potete figurarvi come un mendico davanti ad una porta in cui non potrà mai entrare: chi vi entra, non sarete mai voi, col vostro mondo dentro, come lo vedete e lo toccate; ma uno ignoto a voi, come quell'altro nel suo mondo impenetrabile vi vede e vi tocca.

(Luigi Pirandello, da Enrico IV)

 




Buonsalve a tutti gente, eccomi qua col primo capitolo! Non ho voluto lasciare commenti nel prologo per evitare di togliergli quel ''senso intrigante'' (o almeno, spero abbia dato quest'impressione a chi l'ha letto!). Detto questo, spero anche vi abbia incuriosito e vi abbia lasciato quel pizzico di interesse che vi spingerà a seguire il resto della storia. Mi raccomando recensite, aspetto qualsiasi tipo di commento, soprattutto quelli di critica per consigli e ispirazioni, di certo è sempre bello ricevere dei complimenti, ma sono anche utili i giudizi per migliorare e non vedo l'ora di leggerne (tanti!).
So che, forse, pubblicare come primo esperimento un'intera storia è un'enorme incognita ed un grosso rischio, ma tentare non nuoce. Ps. Per le foto abbiate pietà sono alle prime armi, ci metto tutto il cuore.
Finisco di annoiarvi, grazie comunque per le visualizzazioni ed il sostegno, enjoy!

obf, Slendye.
 


 

   
 
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