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Autore: roxy92    29/01/2015    2 recensioni
Una serie di misteriosi delitti si stava verificando in diverse aree della Francia. Nessuno sembrava prestarci troppa attenzione: erano vittime invisibili, figli del popolo. Il segno di artigli di un poderoso animale e la sinistra fama di un mostro che si avvicinava a Parigi scandivano i giorni che separavano le uccisioni, perpetrate nelle notti di luna piena.
"Si parla di un lupo mannaro, Oscar."
L'algido comandante ascoltò preoccupata i fatti che Andrè riportava. Si portò il calice di vino alle labbra e ne bevve un sorso. Alla luce del fuoco nel camino, quel liquido parve vischioso come sangue che zampilla da una ferita.
Deglutì a fatica a quel pensiero. Chissà perchè, quando aveva quelle sensazioni, aveva sempre addosso gli occhi di quella nuova cameriera sorda e muta, accolta per pietà.
Chi aveva detto che le sensazioni a pelle nascondono sempre un fondo di verità? Forse, perchè la luna brillava già piena nel cielo scuro e non si sapeva quale misfatto avrebbe illuminato quella notte.
NB: L'OOC è messo solo per sicurezza. E' una delle mie prime fic, abbiate pietà :)
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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La voce di misteriosi delitti si spandeva in fretta per città e villaggi, portandosi appresso il sentore dell'ombra e la superstizione delle donne che si facevano il segno della croce a sentir nominare il demonio. Un cicaleccio morboso si era sparso per bettole, vicoli e mercati. Una nuova vittima in una notte di luna. Una ragazzetta sbranata, come se fosse stata assalita da un branco di bestie feroci. Le prime uccisioni si erano verificate in aperta campagna e sembravano in tutto e per tutto opera di un branco di lupi o cani rinselvatichiti. Poi, pian piano, l'assassino aveva cominciato ad avvicinarsi ai villaggi, ad entrarci dentro, come una malattia silenziosa. Colpiva e divorava, lasciando brandelli di carne e sangue, ma era quieto, troppo per degli animali. Cauto e perfetto, una mente calcolatrice, troppo raffinata per appartenere al popolo, anche se era solo tra loro che colpiva. Prostitute, contadini non erano abbastanza importanti. Quando però l'orrore aveva cominciato a bussare alle porte di Parigi, qualcosa era scattato. Un'attenzione diversa veniva richiesta alle truppe a guardia della città. Si parlava di una nuova vittima assalita nei pressi di una villa nobiliare.

Allora, era scattato il panico. La fama del lupo mannaro si era sparsa addirittura in qualche salotto, anche se, purtroppo, del mostro o branco di bestie non si aveva la men che minima notizia certa.

Fu in quel periodo strano ed agitato che una povera donna era venuta a chiedere grazia presso casa de Jarjayes, per una sua cara nipote infelice.

Angelique aveva lineamenti di porcellana e capelli come la notte, occhi scuri come la tempesta che doveva averle portato via il comprendonio, quand'era piccola.

La vecchia aveva notato Nanny al mercato e aveva pensato bene di aiutare quella sventurata che gli era stata affidata dalla sorte come meglio poteva.

“La mia cara nipotina è sorda e muta. Ha la mente di una bambina, povera anima. Però è anche robusta e servizievole. Può svolgere qualsiasi faccenda, quasi fosse un uomo. Basta farglielo capire, così.”

La vecchia aveva girato la testa coperta di stracci verso la giovane donna, puntando le sue iridi d'avvoltoio nello sguardo pacato dell'altra.

“Saluta la signora.”

Spiegò l'anziana, indicando con un cenno l'altra.

Angelique si alzò in piedi da seduta che era e Nanny potè meravigliarsi di quanto fosse alta. Le parve pari a suo nipote, certo più di Oscar. Vide la gigantessa inginocchiarsi lentamente e chinare il capo, in una profonda riverenza. Ne notò il portamento solenne, i gesti misurati. Non poteva appartenere al popolo, nonostante gli stracci che aveva indosso.

“Non provare a farmi passare da sciocca: da dove viene questa fanciulla? Qual è la sua storia?”

La vecchia sospirò.

“E va bene: viene da nord, discende da un'antica famiglia nobiliare. La piccola era stata affidata ad uno zio, qui a Parigi, l'unico parente ancora in vita. Io ero a servizio da loro. Il vecchio è morto l'altro ieri. Mi ha pregato di occuparmi di lei ma, davvero, non saprei da dove iniziare. Non ho i mezzi neppure per me stessa.”

Poi aveva poggiato le mani sulle spalle della gigantessa.

“Però puoi sempre lavorare per mangiare, giusto Angelique?”

La giovane aveva annuito e si era alzata lentamente.

“E' educata e servizievole. Certo non potrete trattarla peggio di come la faceva campare suo zio.”

Nanny impallidì, immaginando chissà quali odiose violenze su quell'infelice che aveva l'aria di un angelo smarrito.

“Non fraintendete: voglio dire che la faceva sgobbare peggio di un somaro e le ha fatto assaggiare spesso la frusta. In quella famiglia era così. Non le hanno mai usato violenza. Ci mancherebbe. Suo zio era alquanto eccentrinco ma pure un brav'uomo.”

La saggia governante aveva annuito. Le aveva lasciate con la promessa di fare del suo meglio.

Era stato così che la gigantessa era entrata a far parte del fornito stuolo dei servitori di casa de Jarjayes.

 

 

Angelique era a servizio da loro ormai da diverso tempo. Nessuno metteva in dubbio che sapesse lavorare: oltre alla stazza di un uomo, diverse volte aveva dimostrato di averne anche la forza. Nello spaccare la legna, sollevare pesi, tirare un pugno a chi cercava di infastidirla. Se Oscar fosse stata un tipo che prestava attenzione alle chiacchiere dei servi, avrebbe potuto esserci concorrenza, perché erano due ormai le donne che si comportavano in parte da uomini in quella casa.

Il generale aveva sorriso della cosa e, appreso che la sventurata discendeva da una famiglia nobiliare decaduta, aveva scherzato sul fatto che gli sarebbe piaciuto conoscere il capostipite di quella dinastia, che di certo sarebbe stato molto incline al suo modo di pensare circa l'educazione dei figli.

Fu in quell'occasione che venne in mente ad Oscar il dubbio che la serva fosse meno sciocca di quanto sembrasse: notò chiaramente il viso della cameriera rabbuiarsi e l'ombra di lacrime trattenute. Una frazione di secondo, ma per un generale abituato a sorvegliare un esercito e pronto a bloccare ogni diserzione sul nascere era bastato.

L'aveva attesa dopo cena, lungo il corridoio che conduceva agli alloggi della servitù. Oscar si era messa in mezzo, con l'intenzione di bloccarle il passaggio. Voleva parlare.

Gli occhi scuri dell'altra le parvero brillare come onice dalle screziature blu nel buio dell'ambiente. Angelique, immobile, restava in attesa di un suo ordine, un cenno su cosa fare.

“Qual è la storia della tua famiglia? Perchè le parole di mio padre ti hanno turbata tanto?”

Quelle frasi sciolsero la catena che ancorava le lacrime alle ciglia scure. Oscar vide le labbra rosate dell'altra dischiudersi un paio di volte senza emettere alcun suono. Denti bianchissimi spuntarono dalla bocca delicata e, con un leggero brivido, Oscar notò che parevano affilati.

Angelique scosse il capo e si portò l'indice alle labbra, a mimare un segreto che doveva restare tale.

La bionda, che ora poteva osservarla meglio senza distrazioni esterne, osservò pure le diverse cicatrici sulla parte scoperta delle braccia dell'altra, sicuramente vecchie di parecchi anni, oltre alla forma appuntita delle unghie delle mani. Deglutì e, non seppe dire il motivo, ebbe paura. Gentile, augurò la buona notte alla domestica, prima di prendere la stanza della propria camera da letto.

Era tardi. Ad illuminare il suo percorso lungo i corridoi di palazzo de Jarjayes solo i candelieri alle pareti e la luce tenue dell'astro lunare che, pieno e beffardo, la salutava con dita di nubi spettrali alla finestra.

 

  
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