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Autore: Nerys    30/01/2015    0 recensioni
Salve!!! Mi chiamo Nerys e questa oneshot è la prima
fanfiction che ho scritto. Avevo già provato a pubblicarla
con un altro account "Fre and Reira", ma poi l'avevo cancellata, quindi
non vi preoccupate sono sempre io.
Ora vi lascio ad un piccolo estratto.
***
Scossi la testa disperata e cominciai a correre alla cieca,
inoltrandomi nel parco davanti a me. Volevo solo scappare, non
importava dove sarei finita. Quelle voci dovevano smettere!
Tutto d'un tratto sentii il terreno sotto i miei piedi sparire e subito
dopo sprofondai nel nulla...
Genere: Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non posso più sognare…

Camminavo tranquilla per la strada, passando tra la gente senza che nessuno si accorgesse di me. Tutti avevano lo sguardo incollato ai loro cellullari, alcuni rispondevano a messaggi, altri digitavano alla rinfusa una serie confusa di numeri, mentre altri ancora parlavano ad alta voce in quel piccolo dispositivo.

Li osservai triste. Era davvero un peccato che più nessuno si curasse di ciò che lo circondava.

Attraversai la strada, sotto la spinta di un leggero venticello. Il fruscio del vento tra le foglie era una melodia fantastica e rilassante, riusciva sempre a permettermi di abbandonare per qualche istante i miei problemi. Una lacrima mi rigò il volto, distruggendo in poco meno di un secondo il mio umore.

Tutti i ricordi degli ultimi avvenimenti mi colpirono con una violenza improvvisa e devastante, tanto che per un attimo persi l’equilibrio, indietreggiai per riprendere il controllo sulle mie gambe, ma, senza accorgermene, finii in mezzo alla strada e quando me ne resi conto, era troppo tardi. Un’automobile stava correndo sull’asfalto dirigendosi proprio verso di me. Mi ghiacciai sul posto, incapace di muovere il più piccolo passo. Spaventata seguii con lo sguardo il tragitto della macchina avvicinarsi sempre di più a me e solo all’ultimo serrai gli occhi. Non volevo vedere il momento in cui tutto avrebbe avuto fine.

Una sferzata d’aria fredda mi colpì, ma mi ostinai a tenere chiusi gli occhi, tra qualche istante avrei ricevuto l’impatto con la macchina, le ossa si sarebbero incrinate e rotte ed avrei iniziato ad inaspare in attesa che quella scura presenza arrivasse a prendermi.

Passò un minuto ed alla fine mi arresi, aprendo finalmente gli occhi.

Non c’era più alcuna automobile. La strada era deserta, anche i pedoni erano tutti spariti.

Inarcai un sopracciglio confusa. Cosa stava succedendo? Com’era possibile che all’improvviso tutte le persone fossero svanite nel nulla senza lasciare alcuna traccia? Eppure era accaduto… Avevo chiuso un momento gli occhi per via della macchina e poi quando li avevo di nuovo aperti, tutti era scomparsi. Dov’era la folla di persone troppo prese dai loro cellulari per accorgersi di tutto il resto?

Leggeri e soffusi bisbigli cominciarono a vorticarmi in mente, aumentando in maniera lenta, ma costante, il volume, fino a trasformarsi in una vera e ripetitiva nenia. Non riuscivo a distinguere una parola dall’altra. Provai a coprirmi le orecchie nel disperato tentativo di farle smettere, quelle urla mi stavano spaccando i timpani, ma non servì a nulla quelle voci continuavano e continuavano a parlare in lingue diverse e modi differenti. Non riuscivo e non volevo capirle, nonostante non comprendessi il significato di quelle parole, sapevo che erano grida di dolore.

Scossi la testa disperata e cominciai a correre alla cieca, inoltrandomi nel parco davanti a me. Volevo solo scappare, non importava dove sarei finita. Quelle voci dovevano smettere!

Tutto d’un tratto sentii il terreno sotto i miei piedi sparire e subito dopo sprofondai nel nulla, spalancai gli occhi e mi ritrovai a fissare il buio, non riuscivo a vedere nient’altro. Le urla che prima mi opprimevano la testa vennero sostituite dal forte senso di vertigine, il cuore e i polmoni si fermarono in simultanea.

 

Spalancai gli occhi e mi tirai a sedere guardandomi attorno. Era notte inoltrata il cielo era scuro senza una nuvola, ma nemmeno le stelle si mostravano. Rimasi a fissarlo per un minuto con sguardo assente. Cosa stava succedendo? Dove mi trovavo? Chi ero? Volevo solo tornare a dormire perché mi ero svegliata?

L’erba umida mi convinse a spostare la mia attenzione dal cielo notturno. Solo in questo modo notai la veste che stavo indossando. Un lungo ed ingombrante abito rosso che sembrava uscito fuori da un’altra epoca, Medioevo forse… Non ne ero sicura e non mi interessava.

Osservando meglio ciò che mi circondava vidi delle lastre di pietra conficcate nel prato ed alcune incisioni sopra. Lapidi.

Mi trovavo in un cimitero?

E poi tutto si fece chiaro. Ricordai. Allora il mio tempo era finito.

«Amelia! Quanto tempo è passato? Sono così felice di rivederti!» canticchiò una voce alle mie spalle. Mi voltai e trovai un ragazzo seduto su di una lapide. Occhi gialli e capelli scuri ad incorniciare un volto fanciullesco e sorridente.

Amelia… Erano secoli che qualcuno non mi chiamava più in quel modo, quasi facevo fatica a capire che si riferisse a me. Gli sorrisi prima di alzarmi da terra ed avvicinarmi. Lui non fece una piega, si limitò a seguire i miei movimenti con lo sguardo baldanzoso.

«Amelia! Preferisci che ti chiamo Amelia o Lucrezia?! Sai, io preferisco Amelia è più melodico… Antico.» disse calcando particolarmente sull’ultimo nome.

Feci un respiro profondo. Lucrezia e Amelia… Ormai non ero più nessuna delle due, poco importava con quale nome mi avrebbe chiamata. Un sorriso accondiscendente fu la mia unica risposta.

La sua espressione si oscurò, diventando seria tutto d’un colpo. Gli occhi si fecero freddi e inespressivi e poi mi pose la fatidica domanda. «Andiamo?» anche la voce, prima giocosa ed allegra, divenne atona ed imperiosa.

Feci un piccolo inchino sollevando le gonne. «Non esistono terze opportunità.» affermai superandolo.

Ero stata fortunata durante la mia esistenza. Mi era stata data la possibilità di vivere una seconda vita, purtroppo nemmeno questa volta avevo avuto il mio happy ending. «Neh, Amelia… Cosa stavi sognando?» mi domandò tornando di nuovo al suo atteggiamento gioviale. Ancora mi chiedevo come fosse possibile che proprio lui riuscisse ad essere tanto allegro, quando era suo il compito di mettere fine alle nostre vite…

Lo sentii prendermi sotto braccio e camminarmi a fianco, «Niente… Gli spettri non sognano. Ricordano…» risposi.

Mi guardò incuriosito, ma restò in silenzio spostando la sua attenzione al paesaggio davanti a noi che cominciava a cadere a pezzi. Un’aria fredda e malinconica ci colpì in pieno, facendo svolazzare il suo mantello nero, mentre il suo volto tornò serio e freddo come pochi istanti prima.

Cambiava in modo piuttosto repentino il suo umore, ma, infondo, nessuno può capire davvero la Morte.

Con il mio sorriso migliore strinsi il suo braccio ed accelerai il passo.

Addio…

 


Amelia Castelvetro (509 – 517)

Figlia devota. Morta in una tragica fatalità avvenuta durante una passeggiata a cavallo.

 

Lucrezia Conti (1985 – 2010)

Figlia amata, deceduta a causa di un incidente automobilistico.



 

Angolo autrice:

Salve! Mi presento mi chiamo Nerys e questa è la prima one-shot che scrivo. L’avevo già pubblicata una volta con un altro account, ma poi l’avevo cancellata, quindi non vi stupite se vi sembra familiare. >.<

Nonostante questo spero vi piaccia. ^.^

Kiss,

Nerys X3

   
 
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