Non
posso più sognare…
Camminavo
tranquilla per la strada, passando tra la gente senza che nessuno si
accorgesse
di me. Tutti avevano lo sguardo incollato ai loro cellullari, alcuni
rispondevano a messaggi, altri digitavano alla rinfusa una serie
confusa di
numeri, mentre altri ancora parlavano ad alta voce in quel piccolo
dispositivo.
Li osservai
triste. Era davvero un peccato che più nessuno si curasse di
ciò che lo
circondava.
Attraversai la
strada, sotto la spinta di un leggero venticello. Il fruscio del vento
tra le
foglie era una melodia fantastica e rilassante, riusciva sempre a
permettermi
di abbandonare per qualche istante i miei problemi. Una lacrima mi
rigò il
volto, distruggendo in poco meno di un secondo il mio umore.
Tutti i ricordi
degli ultimi avvenimenti mi colpirono con una violenza improvvisa e
devastante,
tanto che per un attimo persi l’equilibrio, indietreggiai per
riprendere il
controllo sulle mie gambe, ma, senza accorgermene, finii in mezzo alla
strada e
quando me ne resi conto, era troppo tardi. Un’automobile
stava correndo
sull’asfalto dirigendosi proprio verso di me. Mi ghiacciai
sul posto, incapace
di muovere il più piccolo passo. Spaventata seguii con lo
sguardo il tragitto
della macchina avvicinarsi sempre di più a me e solo
all’ultimo serrai gli
occhi. Non volevo vedere il momento in cui tutto avrebbe avuto fine.
Una sferzata
d’aria fredda mi colpì, ma mi ostinai a tenere
chiusi gli occhi, tra qualche
istante avrei ricevuto l’impatto con la macchina, le ossa si
sarebbero
incrinate e rotte ed avrei iniziato ad inaspare in attesa che quella
scura
presenza arrivasse a prendermi.
Passò un minuto
ed alla fine mi arresi, aprendo finalmente gli occhi.
Non c’era
più
alcuna automobile. La strada era deserta, anche i pedoni erano tutti
spariti.
Inarcai un
sopracciglio confusa. Cosa stava succedendo? Com’era
possibile che all’improvviso
tutte le persone fossero svanite nel nulla senza lasciare alcuna
traccia?
Eppure era accaduto… Avevo chiuso un momento gli occhi per
via della macchina e
poi quando li avevo di nuovo aperti, tutti era scomparsi.
Dov’era la folla di
persone troppo prese dai loro cellulari per accorgersi di tutto il
resto?
Leggeri e
soffusi bisbigli cominciarono a vorticarmi in mente, aumentando in
maniera
lenta, ma costante, il volume, fino a trasformarsi in una vera e
ripetitiva
nenia. Non riuscivo a distinguere una parola dall’altra.
Provai a coprirmi le
orecchie nel disperato tentativo di farle smettere, quelle urla mi
stavano
spaccando i timpani, ma non servì a nulla quelle voci
continuavano e
continuavano a parlare in lingue diverse e modi differenti. Non
riuscivo e non
volevo capirle, nonostante non comprendessi il significato di quelle
parole,
sapevo che erano grida di dolore.
Scossi la testa
disperata e cominciai a correre alla cieca, inoltrandomi nel parco
davanti a me.
Volevo solo scappare, non importava dove sarei finita. Quelle voci
dovevano
smettere!
Tutto d’un
tratto sentii il terreno sotto i miei piedi sparire e subito dopo
sprofondai
nel nulla, spalancai gli occhi e mi ritrovai a fissare il buio, non
riuscivo a
vedere nient’altro. Le urla che prima mi opprimevano la testa
vennero
sostituite dal forte senso di vertigine, il cuore e i polmoni si
fermarono in
simultanea.
Spalancai gli
occhi e mi tirai a sedere guardandomi attorno. Era notte inoltrata il
cielo era
scuro senza una nuvola, ma nemmeno le stelle si mostravano. Rimasi a
fissarlo
per un minuto con sguardo assente. Cosa stava succedendo? Dove mi
trovavo? Chi
ero? Volevo solo tornare a dormire perché mi ero svegliata?
L’erba umida mi
convinse a spostare la mia attenzione dal cielo notturno. Solo in
questo modo
notai la veste che stavo indossando. Un lungo ed ingombrante abito
rosso che
sembrava uscito fuori da un’altra epoca, Medioevo
forse… Non ne ero sicura e
non mi interessava.
Osservando
meglio ciò che mi circondava vidi delle lastre di pietra
conficcate nel prato
ed alcune incisioni sopra. Lapidi.
Mi trovavo in
un cimitero?
E poi tutto si
fece chiaro. Ricordai. Allora il mio tempo era finito.
«Amelia! Quanto
tempo è passato? Sono così felice di
rivederti!» canticchiò una voce alle mie
spalle. Mi voltai e trovai un ragazzo seduto su di una lapide. Occhi
gialli e
capelli scuri ad incorniciare un volto fanciullesco e sorridente.
Amelia… Erano
secoli che qualcuno non mi chiamava più in quel modo, quasi
facevo fatica a
capire che si riferisse a me. Gli sorrisi prima di alzarmi da terra ed
avvicinarmi. Lui non fece una piega, si limitò a seguire i
miei movimenti con
lo sguardo baldanzoso.
«Amelia!
Preferisci che ti chiamo Amelia o Lucrezia?! Sai, io preferisco Amelia
è più
melodico… Antico.» disse calcando particolarmente
sull’ultimo nome.
Feci un respiro
profondo. Lucrezia e Amelia… Ormai non ero più
nessuna delle due, poco
importava con quale nome mi avrebbe chiamata. Un sorriso
accondiscendente fu la
mia unica risposta.
La sua
espressione si oscurò, diventando seria tutto d’un
colpo. Gli occhi si fecero
freddi e inespressivi e poi mi pose la fatidica domanda.
«Andiamo?» anche la
voce, prima giocosa ed allegra, divenne atona ed imperiosa.
Feci un piccolo
inchino sollevando le gonne. «Non esistono terze
opportunità.» affermai
superandolo.
Ero stata
fortunata durante la mia esistenza. Mi era stata data la
possibilità di vivere
una seconda vita, purtroppo nemmeno questa volta avevo avuto il mio
happy
ending. «Neh, Amelia… Cosa stavi
sognando?» mi domandò tornando di nuovo al suo
atteggiamento gioviale. Ancora mi chiedevo come fosse possibile che
proprio lui
riuscisse ad essere tanto allegro, quando era suo il compito di mettere
fine
alle nostre vite…
Lo sentii
prendermi sotto braccio e camminarmi a fianco,
«Niente… Gli spettri non
sognano. Ricordano…» risposi.
Mi guardò
incuriosito, ma restò in silenzio spostando la sua
attenzione al paesaggio
davanti a noi che cominciava a cadere a pezzi. Un’aria fredda
e malinconica ci
colpì in pieno, facendo svolazzare il suo mantello nero,
mentre il suo volto
tornò serio e freddo come pochi istanti prima.
Cambiava in
modo piuttosto repentino il suo umore, ma, infondo, nessuno
può capire davvero
la Morte.
Con il mio
sorriso migliore strinsi il suo braccio ed accelerai il passo.
Addio…
Amelia
Castelvetro (509 – 517)
Figlia
devota.
Morta in una tragica fatalità avvenuta durante una
passeggiata a cavallo.
Lucrezia
Conti
(1985 – 2010)
Figlia amata, deceduta
a causa di un incidente automobilistico.
Angolo
autrice:
Salve!
Mi presento
mi chiamo Nerys e questa è la prima one-shot che scrivo.
L’avevo già pubblicata
una volta con un altro account, ma poi l’avevo cancellata,
quindi non vi
stupite se vi sembra familiare. >.<
Nonostante
questo
spero vi piaccia. ^.^
Kiss,
Nerys
X3