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Autore: Touch the sound    30/01/2015    4 recensioni
Dei lunghi capelli neri su quella pelle così pallida, i suoi occhi erano chiari e belli. Gli occhi azzurri gli erano sempre piaciuti.
[Chris-Ricky]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capotolo 7-When worlds collide.
Chris rientrò in casa con i capelli e i vestiti completamente bagnati. Aveva bestemmiato per tutta la strada del ritorno. Perchè doveva piovere proprio mentre lui tornava a casa?
«Chris, ho preparato la cena» disse Betsy comparendo dal salone.
«Va bene, mi do una sistemata e vengo, Jonathan come sta?» le chiese dirigendosi verso il bagno e cominciando a spogliarsi.
«Guarda la tv in cucina, sono andata a prenderlo da Rose mezz'ora fa»
«Okay»
Si chiuse in bagno e cercò di farsi una doccia, si asciugò i capelli e andò ad a vestirsi in camera sua. Quando entrò in cucina vide qualcuno di troppo.
«Che ci fai qui, Trevor?» chiese mentre si sedeva proprio accanto a lui.
«Ciao, fuggitivo» disse il ragazzo addentando un pezzo di pane.
«Non ti fa piacere avermi un pò qui?» gli chiese dopo aver mandato giù il boccone.
«Non se mangi il pane che compro per loro» disse facendo cenno ai suoi fratelli. Betsy lo ringraziò ad alta voce mentre gli serviva la cena.
«Grazie» le disse Chris cominciando a mangiare. 
Consumarono la cena velocemente e quando ebbero finito, Chris chiese a Betsy di aiutare lei Jonathan e la ragazza, senza lamentarsi, si alzò e accompagnò suo fratello a prepararsi per la notte.
«Sul serio lavi i piatti?» chiese Trevor accendendosi una sigaretta.
«Betsy ha un mare di pregi, ma è disordinata, se non pulisco io il disordine ci manda a dormire sotto i ponti» rispose Chris mettendo i piatti nel lavandino.
«Perchè oggi mi hai detto di non venire?» gli chiese.
«Non avevo trovato ancora niente» rispose Trevor allungando le gambe sulla sedia accanto alla sua.
«Vuoi dire che adesso ce l'hai qualcosa?»
«Sì, ho un lavoretto tranquillo, non ti metto nei guai... duecento da rollare entro venerdì»
Chris si fermò un attimo a pensare. Duecento canne per venerdì erano tante, soprattutto perchè venerdì era fra tre giorni.
«L'erba?» chiese cercando di non pensare alle due notti in bianco che avrebbe dovuto affrontare.
«Ce l'ho a casa, la vado a prendere?»
Chris annuì e Trevor si alzò. Senza dire niente uscì di casa e Chris si mise sul serio a lavare i piatti. 

«Ottantaquattro» mormorò Chris. Trevor, che se ne stava seduto accanto a lui, segnava su un foglio il numero che gli veniva dettato.
«Chris sono quasi le due, perchè non ci addormentiamo?»
Chris lo guardò male.
«Pausa caffè?»
«Okay»
Si alzarono dal divano e Chris costrinse l'altro a preparare il caffè visto che era stato proprio lui a proporlo.
«Sei stanco?» gli chiese Trevor.
«Sì, ma mi servono i soldi, per quelli non sono mai stanco» disse accendendosi l'ennesima sigaretta. Ne aveva fumate parecchie, un paio di pacchetti da venti, probabilmente.
«Ti ho visto oggi con... quello lì» disse Trevor dando la tazza di caffè a Chris che, non sapendo bene cosa dirgli, fece finta di niente.
«Ti piace?» chiese l'altro ricevendo un no secco da Chris.
«Però ci esci e, giuro, sembra che sputi miele, arcobaleni e cuoricini»
«Perchè non ti fai gli affari tuoi?»
«Chrissy, non ti arrabbiare con me» cantilenò Trevor con una vocina sottile, quasi da bambino. Chris sospirò. Non voleva parlare di Ricky e non perchè volesse tenergli nascosto qualcosa. Era sempre stato parecchio riservato, su tutto, quindi non si sentiva a suo agio a parlare di cose che gli riguardavano.
«Comunque, ti capisco se ci esci, ci uscirei anche io»
«Perchè? Non mi sembra il tuo tipo»
«Intendi che è troppo poco attivo per me?»
Chris rise annuendo e Trevor gli diede un pugno sulla spalla.
«Non mi prendere in giro» disse fingendosi offeso.
«In ogni caso, no, non è per quello, è perchè se uscissi con lui potrei permettermi le Marlboro invece che le sigarette di contrabbando»
Chris bevve un pò di caffè ritornando nel sul divano.
«Che intendi?» gli chiese.
«Come che intendo?»
«Sì, che vuoi dire?»
Trevor sembrò voler dire qualcosa, ma poi scoppiò a ridere. Chris si sentì preso in giro, ma aspettò che smettesse e che poi lo vide sedersi accanto a lui e posargli una mano sulla spalla.
«Davvero non lo sai?»
«Cosa?»
«Dannazione, Chris, tu esci con Richard Olson e non lo sai nemmeno?» chiese Trevor rubandogli la sigaretta e portandosela alle labbra. Chris cercò con tutto se stesso di capire il motivo delle parole di Trevor, di capire se quel nome potesse ricordargli qualcosa, ma non gli veniva in mente nulla.
«Okay, okay, ti do un indizio» disse Trevor lasciando uscire il fumo dalla bocca mentre parlava.
«Ospedale»
Passarono un paio di minuti colmi di silenzio. La mente di Chris vagava fra quelle parole. Gli stava venendo il mal di testa.
«Non capisco»
«Hai presente quell'enorme villa in centro? Quella nel quartiere dei ricchi?»
Chris annuì.
«Ecco, chi ci vive in quella casa?»
«Ehm... gente ricca, presumo»
«Sforzati, lo sai chi ci abita»
Chris sbuffò e mandò giù tutto il caffè che era rimasto.
«Che ne so, Trevor, io... l'ospedale... ci abita il primario della clinica lì»
Trevor gli fece un applauso.
«Sì, ma questo cosa c'entra con Ricky?»
«Dottor Patrick Olson, medico e primario modello, tutti dovrebbero prendere esempio da persone così dedite al lavoro» gli rispose.
«Così tanto da non accorgersi nemmeno che il proprio figlio sta con un poveraccio come noi» finì cambiando tono, diventando serio.
Chris si sentì come svenire, gli girava la testa e sentiva le mani tremargli. Come diavolo era possibile che quel ragazzo fosse figlio di quell'uomo? Non gli era mai passato per la mente di poter avere a che fare con il figlio di una persona così importante e ricca.
«Io e lui non stiamo insieme» disse Chris bruscamente riprendendosi la sigaretta e portando la tazza in cucina.
«Che c'è ora? Perchè ti incazzi?»
«Non mi incazzo» rispose secco Chris inspirando quando più fumo possibile, tanto da sentirsi la gola bruciare. Trattenne un conato quando espirò tutto il fumo.
«Invece sì... trovi impossibile che uno con così tanti soldi si avvicini a te? Ti sembra impossibile che Ricky ti rivolga anche solo la parola?»
Chris si voltò e lo vide in piedi, appoggiato allo stipite della porta. Con quelle due domande gli aveva davvero fatto saltare i nervi, ma non gli urlò contro perchè c'era del vero in quelle parole. Che cavolo ci faceva uno come Richard Olson con un ragazzo come Christopher Cerulli?
«E pensare che gli ho offerto il pranzo» disse ad un certo punto ridendo. 
«Davvero?»
«Sì, e lui ha fatto storie, voleva pagare... la prossima volta glielo lascio fare»
Trevor scosse la testa.
«Nah, non lo farai, sei un gentiluomo tu»
Chris pensò subito che quel ragazzo lo conoscesse fin troppo bene. Perchè, in effetti, era vero: non avrebbe mai permesso a Ricky di pagare qualcosa al suo posto. Forse era una strana fissazione, o forse era davvero un gentiluomo.
«Sai, vado a casa sua domani sera» disse riemergendo dal suo piccolo mondo.
«Cazzo, sei serio? Ti porta già a casa? Oddio, vuole presentarti ai suoi genit-»
«Ehi, ehi, ehi... no, è il compleanno di suo padre e per vari motivi i suoi amici non possono andarci e quindi l'ha chiesto a me»
Trevor si morse il labbro inferiore.
«Non voglio nemmeno sapere quello che stai pensando, io mi rimetto a lavoro» disse Chris ritornando nel salone seguito da Trevor subito dopo.
«Quante ne erano?» chiese Chris.
«Novantaquattro?»
«Se, ti piacerebbe... ottantaquattro» disse Chris con tono scherzoso. I numeri -ma anche la memoria in generale- non erano proprio il forte di Trevor.
«Sai cos'è? È che a me serve una pausa»
«Ne è appena finita una che è durata anche troppo» commentò Chris.
«Non intendevo una pausa caffè» sussurrò Trevor avvicinandosi sempre di più all'altro ragazzo.
«Io intendevo una pausa pompino» disse sbrigandosi ad inginocchiarsi davanti a Chris che, pur volendosi concentrare sul lavoro che doveva fare, non riuscì proprio a dirgli di no.

«Svegliati» mormorò Chris con la voce impastata dal sonno e gli occhi socchiusi. Trevor, riverso completamente su di lui, emise un sottile mugolio che assomigliava tanto alle fusa di un gatto.
«Dai, mi devo alzare»
«È ancora presto»
Chris afferrò il cellulare dal tavolino e guardò l'ora: 05:30.
«Per me è tardi, spostati» disse spingendolo contro la spalliera del divano e mettendosi a sedere. Nell'aria si sentiva puzza di erba, sesso e sigarette spente malamente nei due posaceneri stracolmi di mozziconi. Non gli piaceva. Niente gli andava a genio in quella situazione; l'erba sparsa sul tavolino, tutto quel fumo che sembrava aver impregnato ogni superficie di quella stanza e anche le sue mani e i capelli, lui e Trevor completamente nudi. Il solo pensiero di essersi lasciato andare così tanto gli diede il voltastomaco. Ma non ci pensò nemmeno prima di accendersi una sigaretta.
«Non ti ho mai visto fumare tanto» commentò Trevor improvvisamente riemerso dal mondo dei sogni.
«Già, che schifo» mormorò Chris. Continuò a fumare tranquillamente e si diresse verso il bagno solo dopo aver finito. Trevor lo seguì sbadigliando e lamentandosi a bassa voce perchè Chris l'aveva svegliato troppo presto.
«Perchè ti svegli così presto?» chiese osservando Chris che gli dava le spalle e faceva pipì.
«Vado a correre» rispose nervosamente e dopo qualche secondo sbuffò.
«E smettila di guardarmi, non riesco a pisciare»
Trevor rise per poi mettersi davanti allo specchio e sciacquarsi il viso. 
«Posso venire con te?» 
«Starai zitto?» chiese Chris prima di dagli una risposta positiva.
«Certo»
Chris tirò lo sciacquone e prese un grande respiro.
«Metti a posto quello schifo, lo portiamo a casa tua prima di andare, non voglio che lo veda nessuno» disse. Trevor annuì e fece come gli aveva chiesto l'altro ragazzo. Chris si lavò i denti e poi andò in camera sua a vestirsi. Mentre si infilava i pantaloni vide sua sorella alzarsi.
«Buongiorno» sussurrò per non svegliare Jonathan. Lei alzò appena una mano e scomparve oltre la porta. Completamente vestito e pronto per la corsa, Chris tornò in cucina.
«Chris, per favore, spiegami che cosa cazzo ci fa questa roba qui» disse Betsy non appena vide suo fratello varcare la soglia. Gli occhi di Chris si sbarrarono vedendo i sacchetto pieno d'erba nelle mani di sua sorella.
«Ehm... quella è-»
«È mia» intervenne Trevor sentendo subito lo sguardo accusatorio di Betsy e quello sollevato di Chris addosso. La ragazza lasciò cadere il sacchetto sul tavolo e trascinò letteralmente suo fratello nella stanza più lontana dalla cucina, il bagno.
«Allora?» gli chiese incrociando le braccia. Quel tono accusatorio fece rabbrividire Chris. Poteva pur sembrare strano, ma quella ragazzina di soli dodici anni aveva un potere su di lui, era in grado di metterlo in riga, di fargli cambiare idea e umore con una parola o un'occhiata particolare.
«Che vuoi sapere?» chiese timoroso.
«Che diavolo... Okay, Chris, in cucina c'è un sacchetto di plastica pieno d'erba che il tuo amico Trevor cretino McKinley dice di aver portato qui, ma io ho i miei dubbi» spiegò lei pacatamente, ma senza mai perdere quel tono di superiorità.
«Dimmi la verità» continuò senza spostare lo sguardo dal viso di Chris. Voleva percepirne ogni minimo movimento per poter essere sicura che non le stesse mentendo.
«Betsy, io... ecco, ved-»
«La verità» insistette la ragazza. Chris sospirò e per un istante pensò di raccontarle tutta la verità.
«A Trevor servivano soldi e quella roba è davvero sua, io l'ho solo aiutato» disse Chris. A Betsy sembrò sincero, aveva un tono così rassicurante che non riuscì a non credergli.
«Chris, tu non c'entri niente con quelle cose, vero?»
Il ragazzo represse l'impulso di parlare, meno diceva e meglio era per lui. Scosse semplicemente la testa.
«D'accordo, ma non metterti nei guai» sussurrò la ragazza.
«Io e Jonathan abbiamo bisogno di te»
Quelle parole lo travolsero completamente, lo colpirono con violenza facendogli temere di aver sbagliato a non dirle la verità. Betsy meritava molto più che una spudorata bugia. E si sentiva uno schifo per aver guardato dritto nei suoi occhi e essere stato in grado di mentire senza esitazione.
Abbassò lo sguardo per qualche istante. Non era da lui non trovare qualche parola da dire anche solo per rassicurarla e farle dimenticare di quella storia.
«Torna a letto» le disse con un tono quasi disperato, come se la stesse pregando di liberarlo da quella situazione che cominciava a stargli stretta. La ragazza andò via senza dire niente a suo fratello che, da tutta quella situazione per lui molto complessa e un pò imbarazzante, aveva realizzato solo quanto fosse importante per i suoi fratelli.
«Se l'è bevuta?» 
Chris sobbalzò voltandosi verso la porta dove Trevor era fermo a guardarlo chissà da quando.
«Sì» rispose bruscamente Chris.
«Perchè ti incazzi?»
«Non mi piace mentire a mia sorella» disse passandogli accanto.
«E allora perchè non le hai detto la verità?» gli chiese Trevor seguendolo.
«Perchè ha solo dodici anni» sbottò Chris voltandosi.
«Ha un padre che non c'è mai, una madre depressa e un fratello malato, non credo ci sia bisogno di dirle che Michael viene qui per rubare i soldi che io guadagno»
Trevor fece vagare lo sguardo in giro sentendosi in imbarazzo. Ogni tanto Chris poteva sembrare anche più disperato di lui che aveva una madre morta da sei anni e un padre drogato e parecchio incazzato col mondo che preferiva i suoi pusher a lui.
«Andiamo» disse Chris distraendolo.
«L'erba?»
«Non importa più, lasciala qui»
Trevor seguì Chris in un silenzio religioso. Ogni tanto lo guardava, ma Chris teneva lo sguardo dritto sulla strada. Glielo si leggeva sul viso che era turbato, forse per la bugia che aveva detto o forse per tutta la situazione in cui si trovava.
Arrivati al campo da calcio Chris cominciò a correre e Trevor fece davvero fatica a stargli dietro, tanto che dopo tre giri del campo dovette fermarsi.
«Già stanco?» gli chiese Chris lasciandoselo alle spalle.
«Sì, cazzo, sono fuori forma» si lamentò Trevor cercando di riprendere fiato. Il cuore gli sta quasi per uscire dal petto, poteva davvero sentirlo battere sotto ogni lembo di pelle. Gli veniva da vomitare.
«Tu come fai?» gli chiese poi, ma Chris non rispose, emise solo una piccola risata e continuò a correre. Ogni minuto la forza nelle gambe aumentava e gli dava la spinta per andare sempre più veloce, più veloce anche dei suoi pensieri che si stavano dileguando lentamente. 
Trevor rimase in mezzo al campo, sdraiato, con gli occhi chiusi. Si rilassò ascoltando il rumore dei passi feroci e instancabili di Chris che somigliavano a prepotenti frustate su quel terreno umido.
Chris ogni tanto lanciava uno sguardo a Trevor che per un'ora intera se ne stette con una mano tesa sul petto. Gli sembrò davvero strano, se lo ricordava più agile e soprattutto instancabile e iperattivo. 
«Sei ancora vivo?» gli chiese fermandosi di colpo. 
«Io sì, tu invece?»
Chris non trovò la forza per rispondergli, continuò solo ad ansimare pesantemente, con le mani sui fianchi, gli occhi rivolti al cielo e l'espressione contratta. Fece un giro del campo camminando lentamente. Le gambe non se le sentiva più, i piedi gli bruciavano come se stesse camminando sui carboni ardenti, ma infondo era quella la sensazione che desiderava provare. C'era da precisare che non gli piaceva per niente, ma la sua mente si rilassava quando tutto ciò a cui doveva pensare erano le gambe doloranti, il respiro irregolare e il sudore che gli bagnava la schiena.
«Andiamo» disse dopo un pò avviandosi, ma non sentì Trevor alle sue spalle allora si voltò e lui era ancora sdraiato.
«Trevor, andiamocene» lo sgridò come si sgridano i bambini capricciosi. Il ragazzo però se ne stava ancora lì, senza aprire gli occhi, senza dare segni di vita.
«Dai, non fare il cretino» disse avvicinandosi a lui.
«Guarda che non mi sono cagato addosso nemmeno quando quel bastardo mi ha puntato una pistola in faccia per colpa tua, non pensare di potermi spaventare e alza il culo» lo minacciò citandogli prima uno dei tanti casini in cui si era trovato per colpa sua. Ma quando vide che nonostante ciò lui non si degnava nemmeno di fargli un cenno, si inginocchiò accanto a lui e non appena gli afferrò il viso con una mano per scuoterlo un pò, Trevor aprì gli occhi sobbalzando.
«Ma che cazzo stavi facendo?» gli chiese Chris incredulo, ma dallo sguardo dell'altro capì che non era solo uno scherzo. Gli sembrò un pò spaesato e forse anche un pò impaurito.
«Che ci facciamo qui?»
Chris si accigliò a quella domanda, ma non gli sembrò tanto strano, forse si era addormentato e non ricordava bene come era arrivato lì.
«Siamo venuti a correre... cioè, io correvo e tu dormivi»
Trevor lo guardò con occhi vitrei che sembravano osservare ogni scena con distacco.
«Okay»
«Okay?» chiese Chris stranito. Trevor non disse più nulla, si alzò e cominciò a camminare con la testa bassa.  Chris decise di lasciar stare, forse gli avrebbe chiesto qualcosa dopo, o forse no.

Era difronte ad uno specchio rettangolare con una spessa tenda bordeaux alle spalle. Si stava osservando già da un paio di minuti senza trovare il coraggio di uscire dal camerino e farsi vedere da Ricky. Indossava una giacca con revers in satin e collo a lancia, dei pantaloni con una banda laterale in seta, una camicia bianca plissettata sul davanti e col collo diplomatico e, in fine, delle Oxford allacciate elegantemente. 
Si concentrò un attimo su come tutto quel tessuto si adattasse alla sua figura senza fare pieghe. La giacca aderiva perfettamente su spalle e fianchi, i pantaloni fasciavano le sue lunghe gambe e ricadevano sulle scarpe con una precisione millimetrica, mentre la camicia gli circondava il collo senza stringere e i polsini si intravedevano oltre le maniche della giacca di appena un centimetro. Il pensiero di poter essere scambiato per James Bond -o il suo apprendista- gli attraversò la mente e sorrise, nonostante si sentisse teso e anche un pò imbarazzato.
La morbida e incuriosita voce di Ricky dall'altro lato della tenda lo distrasse.
«Ho una cosa per te»
Chris si chiese cos'altro doveva aspettarsi.
«Posso?» chiese Ricky aprendo di poco la tenda. L'immagine di Chris in quell'abito era perfetta, tanto da lasciarlo senza parole, a bocca aperta e con gli occhi che balzavano su e giù su quel corpo davanti al suo.
Chris si schiarì la voce e Ricky abbassò lo sguardo con fare nervoso.
«Ero... ero venuto per darti questo» disse mostrandogli un papillon.
«Perchè non una cravatta?» chiese Chris un pò contrariato.
«Anche a me piace di più la cravatta, ma sullo smoking ci va questo» rispose l'altro ragazzo tendendogli il papillon. Chris lo prese controvoglia e cercò di legarselo intorno al collo, ma proprio non ci riusciva. Suo nonno gli aveva insegnato a fare il nodo alla cravatta ed era in grado di farlo anche ad occhi chiusi, ma non gli aveva mai fatto vedere come si mettesse un papillon.
«È che non vorrei che mi scambiassero per un cameriere»
Ricky scoppiò a ridere e si avvicinò a Chris chiedendogli il permesso di aiutarlo solo con lo sguardo. L'altro si arrese e lasciò fare a Ricky che si dimostrò molto abile nonostante gli tremassero le mani.
«Non sembrerai un cameriere» mormorò.
«Loro avranno giacche rosse e guanti bianchi»
Chris si zittì. Gli sembrava surreale quello che stava vivendo. Probabilmente i lacci di quelle scarpe che aveva ai piedi costavano molto più di tutto quello che lui aveva nel suo guardaroba, ma a Ricky sembrava non fare alcun effetto.
«Fatto» disse Ricky soddisfatto del suo lavoro. Chris si guardò di nuovo allo specchio e dovette ammettere che non era poi così male. 
«Continuo a preferire la cravatta» disse.
«Dai, ti sta da Dio»
Chris sorrise, poi però si voltò verso Ricky e lo guardò con serietà.
«Adesso però posso cercare qualcosa per stasera?»
Quella domanda lasciò Ricky un pò perplesso.
«Perchè? Pensavo che questo ti piacesse» disse un pò sconsolato. Non voleva vedergli niente di diverso addosso. Era perfetto.
«Sì, mi piace, ma... Ricky, io non...» 
Abbassò lo sguardo sentendosi in imbarazzo. Non poteva assolutamente permetterselo.
«Non preoccuparti, provvedo a tutto io, tu devi solo dirmi se ti piace»
«Sì, mi piace, ma non posso»
Ricky lo guardò confuso. Non avevano parlato di chi avrebbe pagato, ma visto che aveva deciso tutto lui gli sembrava il minimo non fargli spendere nemmeno un centesimo.
«Chris, ti prego, fallo per me»
«Io... mi dispiace, ma davvero non... Ricky, mettiti nei miei panni, non posso» 
«Sì che puoi, anzi, devi»
Chris scosse la testa  e Ricky sospirò. 
«Senti, forse è meglio se lasciamo stare» disse Chris togliendosi la giacca.
«Non voglio lasciar stare, voglio che prendi questi maledetti vestiti e li metti stasera»
Chris lo guardò aggrottando la fronte. Quella voce improvvisamente stridula e prepotente di Ricky lo fece innervosire non poco.
«Lo sai il problema qual è? È che voi ricchi siete abituati ad avere sempre tutto quello che volete, ma non è tutto così facile... io non posso semplicemente far finta che tu non spenderai un mare di soldi per comprarmi questa roba, forse nel tuo mondo è normale perchè tanto ci pensa papà, ma nel mio mondo, quello reale, le cose vanno diversamente» disse duramente. Ricky sembrò intristirsi di colpo. In realtà sapeva benissimo che quelle parole erano la pura verità, ma non immaginava che gli sarebbe capitato di sentirsele dire.
Ricky si sentì in dovere di dire qualcosa, non potevano starsene lì in silenzio.
«Mi dispiace, non volevo offenderti» disse.
«Sai, non mi infastidisce il fatto che tu mi abbia sputato in faccia ciò che pensi, quello che fa incazzare è che tu fai di tutta l'erba un fascio e sbagli di grosso» terminò fissando Chris negli occhi.
«Che dovrei fare? Far finta di niente?»
«Sì, Chris, sì»
Chris si sedette su uno sgabello in legno scuro che stava proprio accanto allo specchio. Non sapeva che fare. Accettare significava dover lasciare che qualcuno pagasse un sacco di soldi per dei vestiti che probabilmente non avrebbe più rimesso, rifiutare comportava litigare con Ricky. E nonostante non volesse per niente lasciargli fare una cosa simile, la paura stava sovrastando l'orgoglio. Ancora non riusciva a capire perchè quel ragazzino, in così poco tempo, si era insinuato nella sua testa e gli stava facendo dubitare di ogni cosa, anche dei principi morali che si era imposto per vivere una vita serena. Forse erano i suoi occhi, che avevano lo stesso colore di tutte le cose più belle, a mostrargli altri punti di vista.

Chris avrebbe dato di tutto pur di vedere la sua stessa espressione nel momento in cui si era trovato in casa di Ricky. Non aveva mai visto nulla di simile. La casa, già abbastanza sfarzosa di suo, era adornata da fiori bianchi e rossi, tavole apparecchiate con forchette, coltelli e cucchiai in cui ci si poteva riflettere e bicchieri di cristallo. Ad ogni passo gli sembrava di sentire una fragranza diversa invadergli le narici. Era come se quei profumi volessero accompagnare ogni ospite nel percorso dalla porta d'ingresso alle diverse stanze della casa; un vero e proprio viaggio di odori, insomma. 
Ricky gli mostrò casa sua con disinvoltura, ma Chris si sentiva sempre più piccolo ed insignificante difronte all'imponenza di archi e colonne tinete di avorio con decori in marmo, e alla bellezza delle tende che si abbinavano perfettamente all'ambiente.
Di tanto in tanto guardava Ricky e, se non fosse stato per quel suo modo così naturale di destregiarsi per i corridoi, non avrebbe mai detto che potesse abitare lì. Capelli lunghi, tatuaggi, pantaloni strappati, felpe e trucco intorno agli occhi facevano da contrasto con quell'ambiente così candido e dall'aspetto quasi regale.
Chris seguì l'altro ragazzo fino alla sua camera da letto. Si sforzò di non mostrare il suo stupore. Era semplicemente una stanza da sogno, quello che attirò la sua attenzione fu il letto: grande, con coperte bianche e parecchi cuscini; sembrava morbido, accogliente, caldo e comodo. 
«Chris, io vorrei farmi una doccia, ti dispiace se vado un attimo?» gli chiese Ricky.
«Ehm, okay, vai pure»
Ricky scomparve nella cabina armadio uscendo poi, con appoggiati all'avambraccio destro, dei pantaloni e una camicia.
«Torno subito, tu accomodati, fa come se fossi a casa tua»
A Chris venne spontaneo annuire e sorridere, ma quando Ricky chiuse la porta del bagno, sbuffò. E quando mai quella poteva assomigliare a casa sua?
Lasciò cadere sul letto il suo smoking chiuso nel copriabiti nero, in stoffa e con in nome del negozio stampato in rosso sul davanti. Si avvicinò alla libreria in legno che brulicava di libri, DVD, CD e giornali di varia natura. Il suo sguardo captò quasi tutti i titoli dei libri posizionati in verticale. Ne prese uno a caso. L'amore ai tempi del colera, diceva la copertina. Ne aveva già sentito parlare e conosceva la trama, ma la voglia di leggerne almeno qualche riga fu troppo forte. Si curò di comprendere davvero quelle parole. Non gli piaceva essere ignorante in qualche campo, tentava sempre di imparare qualcosa di nuovo. 
Il tempo passò velocemente e dopo circa quindici minuti qualcos'altro catturò la sua attenzione: voci, tante voci provenienti dal giardino. Si affacciò alla finestra e vide uomini in divisa, alcune rosse -quelle a cui aveva accennato Ricky-, altre bianche. Questi ultimi trasportavano grossi scatoloni. Sul lato del vialetto c'era una donna con indosso una vestaglia con stampa a fiori, i capelli avvolti intorno a grandi bigodini e una sigaretta nella mano sinistra. Dettava ordini come un ufficiale delle SS. 
Ricky uscì dal bagno e si accorse che Chris non si era reso conto della sua presenza, allora decise di avvicinarsi un pò di più per capire cosa stesse attirando così tanto la sua attenzione.
«Quella è mia madre» disse. Chris si voltò di scatto. Aveva indossato la camicia bianca e i pantaloni, teneva i capelli legati, era completamente struccato ed emanava un profumo quasi inebriante. Era bello.
«Se vuoi, puoi tenerlo, io l'ho già letto»
«Non so, non avrei nemmeno tempo di leggerlo» disse Chris riponendo il libro al suo posto.
«Come vuoi... puoi cominciare a vestirti, fra poco arriveranno gli invitati»
Chris si avvicinò al letto e osservò qualche secondo Ricky che si infilava delle scarpe molto simili alle sue.
«Ricky, potrei andare un attimo in bagno?»
Ricky gli sorrise.
«Chris, non devi chiedere il permesso anche per respirare» disse avvicinandosi alla cabina armadio.
«Rilassati... fatti una doccia» concluse lanciandogli un paio di boxer che lui afferrò al volo.
«No, non c'è bis-»
«Gli asciugamani sono nel mobile in alto» disse Ricky ignorando le lamentele di Chris che abbassò lo sguardo e annuendo si avvicinò al bagno. Quando si trovò sotto quel potente, ma allo stesso tempo dolce getto d'acqua calda, si sentì come rinato. A casa sua era già tanto se l'acqua bastava per tutti. E non potevano nemmeno avere pretese, che fosse gelida, bollente, tanta o poca, dovevano accontentarsi. Si sentiva come sbattuto in un posto bellissimo ma che non era suo, a cui probabilmente non avrebbe mai potuto appartenere.
Uscì dalla doccia e si asciugò, indossò i boxer e si sciacquò il viso per eliminare ogni residuo di trucco. Prima che potesse uscire, sentì Ricky bussare e chiedergli se poteva entrare. Lui gli aprì. Ricky tentò di dire qualcosa, ma preferì stare zitto, sapeva che qualsiasi cosa avesse detto, avrebbe balbettato. Trovarsi Chris a pochi centimetri, con addosso solo un paio di boxer neri e i capelli bagnati, gli stava facendo un certo effetto.
Entrò in bagno e prese una piastra per capelli. Mentre cercava di domare quella chioma corvina, non poteva fare a meno di guardare Chris che, nell'altra stanza, si vestiva. Non capiva se lo facesse lentamente o se fosse lui a vedere quella scena a rallentatore. Gli sembrò una specie di spogliarello all'inverso, ma comunque sexy all'inverosimile. 
Quando si accorse che forse stava esagerando e che, per il troppo guardarlo, si era deconcentrato bruciandosi praticamente tutti i capelli, decise che era arrivato il momento di riprendersi da quello stato di trance.
«Chris, vieni qui, ho un'idea» 
Il ragazzo raggiunse Ricky in bagno, incuriosito.
«Ti do una sistemata ai capelli»
«Perchè? Così non vanno bene?» chiese passandosi una mano nel ciuffo ancora umido.
«No, dai, fammi provare... al massimo li risciacqui e li lasci così»
Chris si fidò di Ricky e alla fine si guardò allo specchio, gli aveva tirato tutti i capelli indietro con il gel. Non li aveva mai portati così e si sorprese quando pensò che non erano poi così male.

La festa era cominciata già da perecchio, avevano cenato e bevuto e la serata stava continuando fra chiacchiere di circostanza e risate varie. Chris aveva conosciuto i genitori di Ricky che l'avevano accolto bene, gli sembravano gentili. Non si era nemmeno sentito troppo a disagio durante la cena, nonostante tutti gli invitati fossero fin troppo altezzosi e con la puzza sotto al naso per i suoi gusti. Erano persone molto eleganti, non solo nel modo di vestire, ma anche in quello di comportarsi. Gli uomini se ne stavano ben stretti nelle loro giacche costose e le donne sfoggiavano braccia e decolleté. Erano tutte molto belle, ma una lo colpì particolarmente. Indossava un lungo abito nero, con dei drappeggi sul seno e che scendeva morbido sui fianchi, si stringeva in vita grazie ad una cintura ricca di cristalli, questi si ripetevano anche intorno al collo e le illuminavano il viso, le braccia erano completamente nude. Delle morbide onde le ricadevano sulle spalle e due piccole trecce partivano dalle tempie e si incontravano dietro la testa, unite solo da un piccolo ma raffinato fermacapelli. Sembrava una Dea, una Dea di nome Jane. Quando era arrivata, accompagnata da un uomo molto più grande di lei, il padre di Ricky e sua madre gliel'avevano presentata ed entrambi avevano finto di non conoscersi, per tutta la cena erano stati seduti a pochi posti di distanza e spesso i loro occhi si erano incrociati.
«Non l'avevo capito» disse una voce alle sue spalle. Era la sua voce.
«Cosa?» chiese Chris continuando a guardare fuori dall'enorme finestra che affacciava su una piscina ovale, mentre stringeva un bicchiere con dentro dello champagne. Lui non beveva nemmeno così tanto, infatti ce l'aveva in mano da circa mezz'ora.
«Che il Ricky con cui uscivi era quel Ricky, ma soprattutto che ti piacessero quelli con le tasche piene di soldi» 
Chris si voltò verso di lei.
«E io non avevo capito che ti piacesse succhiare il cazzo ai vecchi con le tasche piene di soldi» disse sorridendo beffardo. 
«Senti, lui mi ha solo chiesto di accompagnarlo e io avevo voglia di uscire»
«Quindi non glielo succhi?»
«Qualche volta» ammise lei.
«Ma con lui non lo faccio perchè mi piace, ce l'ha pure piccolo» disse lasciando Chris senza parole per qualche secondo. Non capiva perchè una ragazza tanto bella come lei, perdesse tempo dietro ad un vecchio che stava con lei solo per mostrarla, come un qualsiasi oggetto prezioso.
«La verità è che tu credi sia bello venire a feste come queste, ma quello stronzo ti sfrutta e tu non dovresti accontentarti di così poco, meriti di più» disse allontanandosi dalla ragazza, ma lei lo raggiunse.
«Cosa?»
«Qualcuno che ti voglia veramente»
Jane capì che quel commento non fosse stato buttato lì tanto per dare una risposta alla sua domanda, capì che quello era un pensiero più profondo, ma decise di far finta di nulla, decise di prenderla con superficialità.
«E tu? Mi vuoi?» gli chiese in un sussurro. Chris la guardò ed era così bella, i suoi occhi gli stavano comunicando qualcosa che lui non riuscì ad ignorare.
«Jane, ti rendi conto che qui non si può, vero?»
«Mmh... no» disse, e avvicinandosi ancora di più al ragazzo, gli tolse il bicchiere dalle mani.  
«Io mi sto già bagnando» terminò per poi mandare giù tutto lo champagne in un solo sorso. Lasciò il bicchiere sul vassoio di un cameriere che passava accanto a loro e gli voltò le spalle. Proseguì per qualche metro nell'ampio salone. Il rumore delle sue scarpe che battevano sul parquet echeggiava nella testa di Chris attenuando tutti i rumori intorno. Il suo sguardo seguiva quella figura che si allontanava sinuosa, il suo vestito oscillava e sfiorava il pavimento ad ogni suo passo. 
La ragazza voltò il viso verso di lui, aveva uno sguardo eloquente e un sorriso malizioso, tanto che il ragazzo non riuscì a resistere alla tentazione. Si guardò intorno e vide che Ricky era impegnato ad annoiarsi con i suoi genitori; da circa un quarto d'ora l'avevano sequestrato e Chris era rimasto solo, il suo pensiero era corso ai suoi fratelli più volte. Si sentiva in colpa per averli lasciati da soli mentre lui era in quella casa enorme, con cibo in abbondanza e bevande di ogni genere.
Prese un grande respiro e seguì Jane che lo condusse al piano superiore, svoltarono a destra e proseguirono lungo il corridoio. La ragazza scelse una stanza a caso ed entrò.
«Ma guarda, è una camera da letto» squittì Jane tutta emozionata. Chris sorrise chiudendo la porta alle sue spalle. Le si avvicinò e la prese per i fianchi affondando il viso nella sua folta chioma dorata. Sorrise quando giunse alla conclusione che anche i suoi capelli lo eccitavano. 
La ragazza cominciò a camminare nel momento in cui sentì le labbra di Chris sfiorarle il collo. Il ragazzo la seguì senza staccarsi da lei. Quando arrivarono al letto, le mani di Chris si affrettarono a tirare su il tessuto morbido e liscio del vestito di Jane. La spinse sul materasso e le abbassò le mutandine nere. Fra di loro c'era una regola: se non avevano tempo, si andava direttamente al dunque saltando i preliminari. Infatti, la ragazza, dopo aver sentito appena la zip dei pantaloni di Chris abbassarsi, strinse forte il piumone bianco su cui poggiava anche il suo viso e la sua pancia piatta ed emise un piccolo gemito di impazienza. Qualche secondo dopo entrambi erano già completamente coinvolti in quell'atto così piacevole e soddisfacente.  

La festa era finita da circa mezz'ora e tutti gli ivitati avevano lasciato la casa. Ricky aveva trascinato Chris in camera sua non appena l'ultimo ospite aveva messo piede fuori casa.
Se ne stava seduto sul suo letto, aveva già messo un paio di pantaloni della tuta e una maglietta nera a meniche lunghe. Con le spalle appoggiate alla testiera imbottita del letto, osservava Chris mentre indossava i suoi jeans stretti.
«Com'è stato?» gli chiese improvvisamente, atono e con un'espressione seria che però Chris non vide.
«È stato divertente, ma mi devi insegnare quale forchetta si usa per il pesce, quale per la carne e soprattutto perchè ce n'è una per ogni portata» 
Ricky sorrise mentre Chris si toglieva la giacca e la camicia.
«Non intendevo la festa, intendevo farsi una ragazza appena conosciuta»
Chris si bloccò, solo dopo aver guardato l'altro ragazzo con un certo disagio riuscì ad infilarsi la maglietta. Era stato attento a non farsi vedere, come se n'era accorto?
«Ricky, io n-»
«Dimmi la verità» intervenne l'altro. Non voleva sentire scuse, voleva solo sapere cos'era successo. 
Chris si sedette accanto a lui e parlò senza riuscire a reggere il suo sguardo per più di qualche secondo.
«Non l'avevo appena conosciuta, io e Jane siamo... amici»
«Amici?»
Il respiro di Chris continuava ad essere irregolare contro il suo volere. Perchè tutte quelle domande? Perchè gli importava tanto? Il suo modo di parlare non faceva pensare ad un amico curioso, piuttosto ricordava un fidanzato geloso.
«Andiamo a letto insieme da sei o sette mesi, ma non stiamo insieme, ci vediamo ogni tanto»
«Quindi siete scopamici» disse Ricky che aveva il viso contratto, di chi non vuole mostrare quanta rabbia sta covando.
«Che ti importa se io vado a letto con una mia amica?» gli chiese l'altro ragazzo con tono calmo. Non voleva farlo sbraitare, nè era arrabbiato, tentava solo di spronarlo a tirare fuori quello che pensava.
«Niente... assolutamente niente, ma saresti tanto gentile da scopartela fuori da casa mia?»
«Okay, senti, mi dispiace, ma sai com'è...»
«No» sussurrò Ricky.
«Non lo so e non lo voglio sapere»
Chris lo guardò accigliandosi e, dopo una breve pausa di silenzio, fece un sorriso sghemo mentre si girava verso di lui per poterlo guardare meglio.
«Ricky, non che voglia farmi i cazzi tuoi, ma... per caso sei vergine?» gli chiese. Il viso di Ricky sembrò andare in fiamme, ma fortunatamente uno squillo lo salvò da quella situazione imbarazzante. Chris si affrettò a cercare il suo cellulare, che era poggiato sulla scrivania, e rispose velocemente non appena lesse il numero di casa sua sullo schermo. In un attimo sentì il mondo crollargli addosso, non riusciva a capire cosa stesse succedendo, sentiva solo la voce di sua sorella spezzata dal pianto e dalla preoccupazione che gli chiedeva disperatamente aiuto. Cercò di calmarla, ma fu tutto inutile e la ragazza non riusciva a spiegargli il motivo di quella chiamata. Però, appena sentì Betsy pronunciare il nome di suo fratello, perse un battito. Non ci pensò due volte prima di dirle che sarebbe corso da lei e che doveva solo stare calma.
Ricky, nel frattempo, osservava quella scena con evidente preoccupazione nello sguardo. Quando vide Chris riagganciare si alzò e seguì i veloci movimenti che compiva per mettersi le scarpe e poi la giacca di pelle.
«Chris, che è successo?» gli chiese, ma il ragazzo continuava a dire qualcosa sottovoce. Non ci avrebbe giurato, ma gli sembravano bestemmie.
«Devo andare, ci sentiamo» disse Chris mentre usciva dalla camera di Ricky che lo rincorse fino alle scale.
«Chris, aspetta... va tutto bene?» gli chiese con tono inquieto, ma Chris fece finta di non sentire, corse fuori lasciandoselo alle spalle. 




Rieccomi dopo taaanto tempo, mi dispiace non aver postato prima. In ogni caso spero che questo capitolo vi piaccia e vi annuncio che nel prossimo capitolo, probabilmente, succederà qualcosa che sarà sul serio di vostro gradimento...
Ora me ne starò in un angolino ad ascoltare musica e a deprimermi perchè Danny Worsnop ha lasciato gli Asking Alexandria (band preferita della sottoscritta), quindi non vedo l'ora di leggere qualche recensione così almeno mi riprendo un pò.
Baci!

 
  
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