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Autore: Amantide    30/01/2015    4 recensioni
Una FF ambientata tra il secondo e il terzo libro, in cui Annabeth e Percy saranno alle prese con qualcosa di più insidioso dei soliti mostri con cui li abbiamo visti combattere... i loro sentimenti.
Come se questo non bastasse a complicare la situazione ci sarà la profezia che l'Oracolo ha pronunciato per Annabeth tanti anni prima. La perseveranza di Annabeth e il coraggio di Percy li porteranno alla ricerca della verità che si rivelerà assai diversa da come se la immaginavano.
Dal testo:
"Mia madre ha fatto centro. Il problema è che non è mia mamma ad avere una cotta per Annabeth, sono io. E io, nonostante le nostre avventure insieme, non penso di aver mai fatto colpo su di lei."
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Percy/Annabeth
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolo dell'autrice: Ciao lettori! Il nuovo capitolo è finalmente pronto e io non vedo l'ora di farvelo leggere perchè, come scoprirete tra poco, è un capitolo chiave. Mi aspetto un sacco di commenti perchè non ci credo che quando finirete di leggerlo non avrete nulla da dire. :-) Forza ragazzi, leggete e commentate perchè io non sto più nella pelle!!! Sono troppo curiosa di conoscere la vostra opinione! Concludo ringraizandovi perchè siete veramente fantastici, state seguendo la storia in molti e io spero che diventerete sempre di più! Buona lettura!





 
Combatto con una montagna


 

La mattina seguente apro gli occhi infastidito dai raggi di sole che filtrano dalle chiome degli alberi inondandomi il viso di luce. Mi rigiro nel sacco a pelo ancora disorientato e mi accorgo che Annabeth non è più al mio fianco. Il pensiero che le sia accaduto qualcosa mi assale di colpo così scatto in piedi sguainando Vortice come se mi aspettassi di doverla difendere da un altro mostro. Resto in piedi a scrutare la foresta che mi circonda stringendo saldamente la mia fedele arma.
“Non perdi tempo eh?” La voce di Annabeth giunge inaspettata alle mie spalle. “Sei già pronto a salvare il mondo!”
“Ehi!” Dico sollevato di vederla tutta intera. “Come ti senti?”
“Io molto meglio… tu invece? Hai una faccia strana e impugni una spada di prima mattina…”
Richiudo vortice e le sorrido. “Si, sto bene, ho solo sentito un rumore nella foresta.” Mento con disinvoltura perché la verità è che mi vergogno di ammettere che ero in pensiero per lei. Certe volte so essere peggio di mia madre.
Le vado in contro per accertarmi delle sue condizioni e, perché no, anche per rimediare un bacio. Mentre cammino, vedo un’ombra oscurare il sole. Blackjack atterra con eleganza al mio fianco, il mantello lucido e il portamento altero.
“Eccomi capo! Avevo bisogno di sgranchire un po’ le ali, ma adesso sono pronto a partire!”
“Ciao bello! Raduniamo le cose e si parte! Ti faccio un fischio appena siamo pronti!”
“Blackjack è pronto a partire!” Dico rivolto ad Annabeth che non può prendere parte alle nostre conversazioni telepatiche.
“L’avevo intuito! Sei tu quello che non è pronto!”
Ci scambiamo un sorriso e insieme cominciamo a radunare i nostri averi. Dieci minuti più tardi siamo in groppa al nostro pegaso pronti ad affrontare un nuovo viaggio. Blackjack spiega le ali e fiuta il vento in cerca delle correnti d’aria favorevoli, il mantello più lucente che mai nella prima luce del mattino. Annabeth si prepara al decollo cingendomi i fianchi ed io mi sento percorrere dal consueto brivido che solo lei sa provocarmi.
Dopo tre ore di volo, Blackjack inizia a planare e finalmente scorgo i contorni di una piccola isola. Per essere la terra che ha visto nascere Afrodite, vista dall’alto, non è proprio il massimo della bellezza.
“Ci siamo!” Esclama Annabeth osservando la spuma del mare che s’infrange contro le alte scogliere occidentali.
“Avanti Blackjack! Ancora un ultimo sforzo, amico! Portaci giù!”
Il pegaso ubbidisce e si getta in picchiata tra le nuvole per poi atterrare in cima alla scogliera sollevando una fitta nube di polvere.
Smontiamo dal pegaso e cominciamo a perlustrare la zona mentre Blackjack ne approfitta per riposarsi dopo il lungo volo.
“Bene” commento guardandomi intorno un po’ spaesato “e adesso da dove cominciamo?”
“Qualcosa mi dice che la conchiglia di Afrodite sarà difficile da recuperare…” Annabeth sembra riflettere ad alta voce.
“Fantastico.” Commento con così scarso entusiasmo da non riuscire nemmeno ad attirare l’attenzione di Annabeth.
Intanto lei continua a passeggiare lungo la costa come un segugio che cerca di stanare la sua preda. Decido di non interrompere le sue riflessioni e comincio a perlustrare la zona anch’io.
Percorro la costa nella direzione opposta a quella in cui si è diretta Annabeth e, dopo una decina di minuti, m’imbatto in qualcosa che attira la mia attenzione. A pochi metri di distanza intravedo un irto sentiero che s’inerpica sulla parte più alta e scoscesa della scogliera.
Chiamo Annabeth a gran voce e poco dopo, lei e Blackjack mi raggiungono col fiato corto.
“Che succede?”
“Credo di sapere dove dobbiamo andare!” Non so spiegarlo con precisione, ma è come se avessi un presentimento. Tutto d’un tratto so esattamente che quello è il posto giusto dove andare, come se emanasse una luce particolare, una luce dalla quale sono immensamente attratto.
Annabeth è al mio fianco ammutolita e scruta la vetta che si staglia davanti a noi indecisa sul da farsi.
“Ne sei certo, Percy?” Chiede titubante, gli occhi ancora rivolti verso la cima.
“Più che certo!”
Ci incamminiamo lungo il sentiero una dietro l’altro e avanziamo verso la vetta senza fermarci. Non ho idea di cosa ci aspetti alla fine della salita, ma sono certo che qualsiasi cosa troveremo lassù darà un senso alla nostra missione. Annabeth mi segue senza dire una parola, non ha la minima idea di cosa dovremo affrontare, ma è evidente che si fida di me.
Raggiunta la cima veniamo investiti da una raffica di vento così forte da renderci quasi impossibile proseguire ad occhi aperti.
Annabeth si ripara alle mie spalle, il vento sta alzando una fastidiosa nube di polvere ed entrambi cominciamo a tossire.
Poi, come se Eolo avesse improvvisamente deciso di lasciarci stare, il vento cessa di botto e noi rimaniamo in piedi ad osservare le particelle di polvere turbinare nell’aria e depositarsi a terra.
Quando finalmente la nube si è diradata e l’aria è tornata limpida e respirabile, ne approfitto per guardarmi in torno. Mi basta una breve occhiata per riconoscere quel luogo e sentire la terra mancarmi sotto i piedi.
“Che succede?” Devo essere sbiancato talmente tanto che Annabeth ha capito che c’è qualcosa che non va.
Sospiro cercando di prendere tempo, ho una brutta sensazione e non so da che parte cominciare a spiegarmi.
“Annabeth, vattene!” Dico sapendo fin troppo bene che lei non mi avrebbe mai dato retta.
Lei si volta e comincia a guardarsi intorno guardinga, la mano destra pronta a sfoderare il suo coltello.
“Ma cosa succede?” Chiede confusa.
“Blackjack! Porta Annabeth lontano da qui!” Dico con voce ferma, il cuore che batte all’impazzata.
Vedo Blackjack avvicinarsi ad Annabeth pronto ad eseguire i miei ordini, ma lei non ha nessuna intenzione di abbandonare quel luogo.
“Blackjack, fermo dove sei!” Ordina con un tono che non ammette repliche. “Percy, vuoi spiegarmi cosa sta succedendo?”
“Annabeth, questo posto è pericoloso!”
“Come fai a saperlo?” Chiede senza smettere di perlustrare la zona con lo sguardo.
“Perché sono già stato qui!” Dico cercando di mascherare ogni timore.
“Come sarebbe sei già stato qui?”
“In sogno…” Non riesco a finire la frase perché le immagini del sogno si ripresentano al mio cospetto più reali che mai, riconosco perfettamente la scogliera e la cosa che mi preoccupa più di tutte è che nel mio sogno Annabeth piangeva.
“Percy, cosa hai visto in sogno?”
“Ho visto te, sulla cima di questa montagna… l’immagine era sfocata, ma sono certo che si trattava di questo luogo, e tu… tu eri in lacrime…”
Annabeth mi ascolta in silenzio, la mano destra ancora stretta sul coltello e le bionde ciocche che danzano mosse dal vento.
“Annabeth, io sono preoccupato dalla profezia e ho paura che ti possa accadere qualcosa a causa mia. Ti prego, lascia che Blackjack ti riporti giù. Cercherò io la conchiglia di Afrodite. Non voglio rischiare che il mio sogno si avveri.”
Lei sembra riflettere sulle mie parole, finalmente abbandona l’idea di sfoderare il coltello e mi stringe le mani. Guarda Blackjack e trae un profondo respiro.
“Ehi amico! Hai sentito gli ordini del capo?” Domanda rivolta al pegaso che stranamente sembra riuscire a comprendere le sue parole.
Blackjack si avvicina ed io aiuto Annabeth a salirgli in groppa. In quel momento la terra comincia a tremare accompagnata da un rumore sordo. Io e Annabeth ci scambiamo un’occhiata interrogativa, poi veniamo sorpresi da una seconda scossa, molto più intensa della precedente, che sbilancia Blackjack e fa cadere Annabeth tra le mie braccia.
La sostengo aiutandola a riacquistare l’equilibrio ma è tutto inutile perché adesso la terra trema senza sosta e anch’io fatico a reggermi in piedi. Finiamo malamente a terra mentre la montagna emette dei rumori assordanti che sembrano provenire dall’interno.
Vedo le rocce intorno a noi sgretolarsi come se fossero fatte di pastafrolla. Blackjack è in preda al panico. I suoi zoccoli perdono di aderenza sul terreno che vibra, e lui è così terrorizzato da non riuscire nemmeno a prendere il volo.
Incrocio lo sguardo di Annabeth sperando che abbia una risposta logica a questo imprevisto, ma lei sembra confusa e spaventata.
“Annabeth, cosa sta succedendo?” Domando schivando una roccia in caduta libera dal versante.
“Non ne ho idea… sembra un terremoto!”
“O peggio…” Commento osservando più attentamente la montagna che sta per rilevare la sua vera natura.
Annabeth si volta e insieme vediamo un’enorme figura umanoide emergere dalla roccia mandandola letteralmente in frantumi. È uno spettacolo talmente agghiacciante da essere quasi indescrivibile.
“Per tutti gli Dei!” Esclama Annabeth incapace di staccare gli occhi da quell’enorme figura. “Quello è Crio!”
“Crio?” Domando mentre una nuova scossa mi travolge facendomi cadere di schiena.
“Stai giù!” Mi ordina Annabeth muovendosi a quattro zampe verso di me.
“Crio è uno dei Titani! Percy… fino ad oggi ci siamo preoccupati solo di Crono ma, a quanto pare, non l’unico ad essere riemerso dal Tartaro.”
“Dannazione! Credevo che avessimo più tempo!” Commento sperando di farmi venire in mente un piano.
“Crono è il più forte dei Titani e per questo ha bisogno di più tempo per rigenerarsi, ma i suoi fratelli a quanto pare sono già tornati in vita e questo significa che presto anche Crono sarà nuovamente in possesso dei suoi poteri.” Spiega Annabeth in un sussurro, il che è assurdo perché, con tutto il putiferio che ci circonda, avrebbe anche potuto gridare che tanto l’avrei sentita solo io.
Crio è quasi completamente emerso dalla montagna, ormai riesco a distinguere perfettamente i suoi rozzi contorni. È alto quasi sei metri, la testa è sproporzionata rispetto al corpo ed è dotata di enormi corna ricurve, come quelle di un ariete. Il corpo sembra ricoperto di uno strato di roccia così spesso da renderlo apparentemente invulnerabile, e gli arti sono muniti di lunghissimi artigli affilati come lame che scintillano minacciosi alla luce del sole. Nel complesso diciamo che non è uno che vorresti incontrare sulla tua strada.
“Percy…” La voce di Annabeth è talmente colma di paura che stento a riconoscerla. “Credi che il tuo sogno stia per avverarsi?”
Le sue parole mi giungono come una pugnalata ed è in quel momento che capisco che sarei disposto a fare qualsiasi cosa pur di proteggerla. Un attimo dopo la montagna esplode definitivamente permettendo al titano di emergere completamente dalla roccia. Vedo pezzi di pietra saltare in aria generando una pioggia di frammenti litici che si schiantano al suolo creando una miriade di piccoli crateri, e noto con orrore che uno di questi ha colpito violentemente un’ala di Blackjack. Il pegaso crolla a terra sfinito dal dolore e io sento la rabbia montarmi dentro come mai prima di allora. Finalmente trovo la forza di rispondere ad Annabeth: “No lo so, ma una cosa è certa… non glielo permetterò!” Così dicendo sguaino la spada e mi rimetto in piedi deciso ad attirare l’attenzione del titano.
“Percy!” Annabeth cerca di fermarmi trattenendomi per un braccio. Conoscendola, avrebbe sicuramente preferito ideare una strategia per attaccarlo, ma la vista di Blackjack a terra mi ha reso troppo furioso per mettermi a tavolino a studiare un piano efficace.
Corro verso di lui schivando pietre e calcinacci. Spero che Annabeth se ne stia al riparo, ma la conosco troppo bene per credere che lo farà veramente. Butto l’occhio alle mie spalle e non mi sorprendo di vederla correre ad un paio di metri da me, armata di coltello e carica come una bomba ad orologeria.
Il titano si sta avvicinando alla costa ed io continuo a correre nella speranza di riuscire a farlo fuori prima che Annabeth debba intervenire. Dentro di me qualcosa mi dice che è una pazzia ma non ho altra scelta, non posso permettere al mio sogno di avverarsi.
Sono alle spalle di Crio e studio la sua schiena coriacea nella speranza di trovare un punto debole.
“Guarda!” Esclama Annabeth indicando un punto alla base del collo che sembra essere più vulnerabile del resto. Quasi come se il titano l’avesse sentita, si volta e ci guarda torvo. È talmente ripugnante da essere quasi difficile da guardare.
“Hai un piano di riserva?” Domando ostentando una sicurezza che in realtà non ho per niente.
“Si… scappiamo!”
Per essere un piano ideato da una figlia di Atena non mi sembra un granché, ma decido di non lamentarmi. Corriamo nella direzione opposta ma la strada ci viene immediatamente sbarrata dal titano che con un balzo ci sorpassa bloccando l’unica via di fuga facendo tremare violentemente il terreno.
Adesso siamo proprio nei guai. Siamo circondati da pareti rocciose, l’unica via di salvezza è ostacolata da un titano e alle nostre spalle c’è uno strapiombo di circa duecento metri d’altezza. Vi sembrerà assurdo, ma credo che Crio adesso stia ridendo di noi.
“Questo non l’avevo previsto.” Dico mascherando la paura che sta crescendo a dismisura dentro di me.
“Già… non l’avevo previsto nemmeno io!”
“Quindi che si fa?”
“Se usassi il mio cappellino, potrei provare a passargli in mezzo alle gambe e a distrarlo in modo che si volti… a quel punto tu potresti scappare!” Propone con gli occhi che le brillano colmi d’astuzia.
“Adesso si che ti riconosco! Mi sembra un ottimo piano!” Le faccio l’occhiolino e lei arrossisce vistosamente.
Sarebbe tutto perfetto se solo avessimo agito subito invece di stare lì a farci le moine. Crio scaglia un pugno sul terreno così forte da farci cadere. Rotoliamo a terra mangiando la polvere e appena riesco a riaprire gli occhi vedo un’enorme crepa dipartirsi dal punto in cui il pugno del titano ha sfiorato il terreno. Un attimo dopo sento la roccia sotto i miei piedi spaccarsi di netto e cominciare a precipitare nel vuoto. I miei riflessi mi consentono di afferrare Annabeth per un polso mentre con la mano destra riesco ad aggrapparmi ad una sorta di liana che pende da un albero mezzo sradicato dal terreno. Se prima eravamo nei guai, adesso siamo nei guai fino al collo.
Annabeth penzola nel vuoto, so di essere la sua unica possibilità di salvezza, ma ho la sensazione che mi si stia spaccando una spalla. Come se questo non bastasse, l’altro braccio, quello che ci ha impedito di precipitare nel vuoto, è arrotolato intorno ad una sorta di fune che mi sta scarnificando il braccio. Sento la carne dell’avambraccio lacerarsi a causa dell’attrito mentre un bruciore diffuso mi assale tutto il braccio. Questa situazione mi ricorda terribilmente quella che pochi giorni prima abbiamo vissuto al campo, quando i figli di Ares hanno fatto saltare il ponte del percorso ad ostacoli. L’unica differenza è che sotto di noi non c’è la sabbia del campo di allenamento e un esercito di satiri anziani pronti a rimetterci in sesto, c’è una caduta di duecento metri e poi il mare.
Vedo gli occhi lucidi di Annabeth che mi fissano infestati dal panico. Poi le lacrime cominciano a sgorgare copiose e capisco che non sono riuscito nel mio intento, il mio sogno si sta avverando ed io non so più cosa fare per impedirlo.
Cerco un appiglio per i piedi sperando di trovare la forza di issarmi verso l’alto ma fatico a fare anche solo il minimo movimento.
Come un idiota, spreco le mie uniche energie per imprecare in greco antico ed è in quel momento che Annabeth mi chiama.
“P-Percy…” La sua voce è rotta dal pianto ed io ho paura di ascoltare quello che ha da dire. “Percy devi lasciarmi andare…”
“Che cosa?! No, io non ti lascerò mai… piuttosto cadremo insieme.”
“No!” Protesta lei in un tono che non ammette repliche. “Tu non puoi farlo! Non capisci…” Annabeth piange a dirotto e io non so se mi faccia più male vederla in quelle condizioni o il braccio che sanguina copiosamente. Sono talmente sconvolto da non riuscire a proferire parola.
“Perché non posso farlo?!”
“Perché tu non puoi morire oggi!” Esclama con rabbia singhiozzando. Io la guardo sbigottito mentre sento la rabbia crescere dentro di me. “E per quale ragione tu invece potresti morire oggi?!” Ringhio in risposta mentre sento le lacrime invadermi gli occhi.
“Perché io non sono destinata a salvare l’Olimpo. Se tu muori oggi sarà stato tutto inutile.” Mi dice sforzandosi di sorridere. Quell’immagine mi spezza il cuore perché so che ha ragione. Mi perdo nei suoi occhi, adesso Annabeth non piange più, sembra perfettamente consapevole di quanto debba accadere. Sono io a non essere per niente pronto. Voglio trovare una soluzione, so che non sarò mai capace di mollare la presa.
“Percy, lasciami andare e uccidi Crio.”
Improvvisamente un barlume di speranza mi pervade. Le possibilità di salvarla sono minime ma io devo tentare.
“Annabeth, guardami!” Lei solleva lo sguardo nel momento in cui la liana comincia a cedere.
“Percy, non c’è più tempo, devi lasciarmi andare adesso, o non riuscirai a salvarti!”
“Annabeth, ascoltami… se sopravvivi alla caduta e raggiungi il mare viva, io posso salvarti!”
Annabeth mi fissa incredula, come se per un attimo considerasse la possibilità di sopravvivere. Poi sposta lo sguardo verso il basso, dove il mare si è fatto burrascoso e le onde s’infrangono con insistenza sulla costa rocciosa.
“Percy, saranno più di duecento metri…” Dice con voce spezzata. “Non ho possibilità di farcela.”
“E invece si che ce l’hai! So che ce la farai Annabeth.” Mentre parlo, sento la fune sgretolarsi nella mia mano e capisco di non avere più tempo. Ancora pochi istanti e sarà troppo tardi. Devo decidermi a lasciare Annabeth.
“Annabeth, fidati di me!” Ci scambiamo un’ultima occhiata e, con il cuore che mi urla di non farlo, lascio andare la presa. Sento la pelle delle sue mani accarezzare la mia mentre lei comincia la caduta verso il basso. Non ho il coraggio di continuare a guardare, devo risalire per uccidere Crio e poi concentrarmi sul mare per salvare Annabeth.
Con un colpo di reni risalgo la scogliera tenendomi alla liana quasi distrutta. Appena in cima impugno vortice e mi lancio all’attacco del titano.
  
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