50. Il nuovo anno
Varcando l'ingresso
alla sala da pranzo di Villa Hiwatari dopo il modo formale in cui
vennero annunciate dallo zelante William lei e la madre, la
nightblader si fermò il tempo di far spaziare meccanicamente lo
sguardo di smeraldo per l'ambiente, alla ricerca di una persona ben
precisa.
Era passato quasi
un mese dalla prima cena consumata tutti e quattro allo stesso tavolo
e, dopo quella serata, se n'erano susseguite altre, a volte a casa
loro, altre volte lì alla villa, oppure a cena da Kippei o in
qualche altro posto. Dopo circa quattro settimane da allora, Yukiko
aveva iniziato a considerare, suo malgrado, quel tipo di avvenimenti
come una inattesa costante della loro vita - una nuova normalità
- e l'idea, se doveva essere del tutto sincera con sé stessa, non
poteva dispiacerle davvero.
– Cerchi qualcuno?
Il suono di quella voce a pochissima distanza dal proprio orecchio
sinistro la fece sussultare in avanti, ruotando tanto rapidamente su
sé stessa da inciampare sulle proprie stesse scarpe. Non cadde; si
ritrovò invece stretta all'altro, un braccio di lui a reggerla ad
altezza della vita ed il proprio polso sinistro bloccato nella
stretta altrui, delicata e ferrea al contempo. Arrossendo
violentemente per l'imbarazzo e lo stupore, fissò due occhi dai
riflessi d'ametista tanto familiari quanto misteriosi, senza trovare
in essi alcun ché da rispondergli.
Il sorriso che aleggiava, appena accennato ma ben distinguibile,
sulle labbra del dranzerblader si accentuò, dandogli un'apparenza
del tutto soddisfatta che non fu sufficiente a privarlo del piacere
di stuzzicarla ancora un po', commentando a basso tono – Non te
l'aspettavi..
Yukiko si imbronciò imbarazzata, borbottando – Mi hai fatto
prendere un accidente. Secondo te?
Lui si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito prima di lasciarla
andare, dopo ovviamente essersi assicurato che lei riuscisse a
reggersi in piedi da sola. Punta nell'orgoglio, la moretta riacquistò
ben presto l'equilibrio e dopo essersi lisciata la gonna dell'abito
di lana che aveva scelto per la serata, sollevò lo sguardo sul
blader di fuoco, trovandolo intento a fare il finto tonto, con le
mani ficcate in tasca e quei suoi incredibili occhi scuri sollevati
in un punto imprecisato alla sua destra. Quel suo sorrisetto era
ancora lì, ovviamente, nonostante lui tentasse di contenerlo.
E la mora si ritrovò a sorridere di rimando, a discapito di tutto:
non sarebbe cambiato mai.
– Kei, Yukiko, venite a tavola – li raggiunse la voce di sua
madre, inducendoli a voltarsi entrambi verso l'ampio tavolo imbandito
per il cenone. Lei ed il padre di Kei li stavano aspettando in piedi
accanto alle rispettive sedie, uno più sorridente dell'altro, ed ai
due ragazzi non rimase altro da fare che annuire e prender posto
l'uno accanto all'altra.
Fu una cena di quattro portate principali, una di quelle che di
solito mettevano a dura prova lo stomaco della mora e che spingevano
Night a prenderla in giro per la quantità di cibo con cui riusciva
puntualmente a riempirlo, a discapito delle apparenze.. e Yukiko
sapeva bene che prima della fine di quella serata il suo bitpower non
avrebbe mancato neanche quell'occasione. In preda ad una rinnovata
sconsolazione che la indusse a sospirare mestamente, la ragazza trovò
ben presto un altro genere di pensieri a cui dedicare la propria
attenzione.
– Ti va di andare da qualche parte, dopo cena? – chiese al
dranzerblader.
Il diretto interessato inarcò un sopracciglio, ma un istante dopo
già stava annuendo con quella sua aria impassibile.
– Prima dovete aprire i vostri regali – intervenne Sakura,
inducendo la figlia a voltarsi verso di lei.
Giusto, i regali. Il suo non poteva di certo aspettare.
Ignorando lo scatto verso l'alto che fece anche l'altro sopracciglio
del suo ragazzo, la mora riprese a mangiare, improvvisamente
impaziente che giungesse e passasse oltre anche il momento del dolce.
Non vedeva l'ora di vedere la faccia che avrebbe assunto Kei quando
gli avesse consegnato il suo pacco e lui l'avrebbe aperto,
rivelandone il contenuto. La tensione le chiuse quasi la bocca dello
stomaco, ma l'atmosfera natalizia pareva aver contagiato persino
quell'enorme dimora, aiutandola a rilassarsi man mano che la
conversazione proseguiva leggera, una portata dopo l'altra.
Conversazione alla quale la ragazza non partecipò attivamente a
lungo, ritrovandosi a lasciar vagare la propria mente su ben altri
pensieri. Erano cambiate molte cose in quelle ultime settimane, a
partire dal suo personale rapporto con la signora Natsuki. Dopo
quella sera, Yukiko l'aveva presa da parte e le aveva parlato in
privato faccia a faccia, assicurandosi che lei capisse il suo punto
di vista e interessandosi per una volta di quello d'ella. Era la sua
unica madre, non aveva avuto alcuna possibilità di scelta ma non per
questo poteva cambiarla, quindi aveva deciso di prendere in mano la
situazione. Avevano parlato a lungo, per almeno un'ora e mezza di
orologio, e la mora aveva accettato di alzarsi per andare a letto
soltanto quando aveva avuto chiara percezione che si fosse venuta a
creare una sorta di intesa fra entrambe. Da quel momento in poi, le
cose erano sembrate andare in discesa, persino nei rapporti con il
signor Hiwatari, il quale si era dimostrato molto meno altero della
prima impressione che ella stessa ne aveva avuto.
Certo, le ci era voluto del tempo per abituarsi a tutto quello,
persino ora non era sicura di esserci riuscita completamente, ma le
cose sembravano procedere sulla buona strada ed era così riuscita a
rilassarsi un poco di più giorno per giorno. Certo, ogni tanto
qualche battutina su un possibile matrimonio saltava fuori, ma veniva
ben presto rinnegata o accantonata, fra le risate e gli sbuffi
infastiditi generali.
Quando finalmente cena e convenevoli terminarono, si spostarono nel
salotto vero e proprio, ed ormai la nightblader era arrivata a
credere di non potersi stupire più di niente, riguardo la
prestigiosa famiglia con cui aveva avuto a che fare negli ultimi
tempi; e invece si ritrovò a spalancare gli occhi verdi alla vista
dell'enorme albero di natale che sfiorava con la punta il soffitto,
nell'angolo fra la finestra ed il camino acceso, anch'esso piuttosto
ampio. Il calore e la luce delle fiamme proiettarono riflessi
danzanti davanti ai suoi occhi, sul pavimento rivestito di un
pregiato tappeto persiano ampio almeno metà dell'intera stanza.
Il signor Hiwatari, da perfetto padrone di casa, li invitò ad
accomodarsi sui divani appresso al camino ed attese che l'avessero
fatto tutti e tre, prima di tirare fuori il suo personale regalo per
la signora Natsuki. Prima che Yukiko potesse anche solo fare qualcosa
di più che chiedersi distrattamente cosa contenesse quella scatolina
grande a malapena un pugno e tutta infiocchettata, si ritrovò a
stringere fra le mani una busta color rosso sangue.
– Questo è da parte mia – le disse il ragazzo che le si era
seduto accanto un istante prima, senza guardarla direttamente.
Inarcando un sopracciglio, ne scrutò il volto rivolto verso la
finestra più vicina, prima di riabbassare lo sguardo su ciò che lui
le porgeva e sorridere lievemente fra sé e sé, prendendo
definitivamente in consegna la busta scarlatta. Rigirandosela fra le
mani, notò che da un lato recava scritto in kanji il suo nome, in un
inchiostro argenteo che le piacque per il contrasto con il colore più
vivo della carta. Non attese troppo tempo, cogliendo un vago
movimento con la coda dell'occhio: il suo blader di fuoco iniziava a
dare segni di irrequietezza in quella posa semi-svaccata - con una
gamba accavallata sull'altra e un braccio appoggiato allo schienale -
nell'attesa che lei aprisse il suo regalo, e la cosa la fece
sorridere maggiormente.
Strappò un lato del riquadro con attenzione per non rovinarne il
contenuto, cosa che le impiegò non più di un paio di secondi, ma
quando rivelò finalmente cosa essa contenesse il respiro le venne
meno ed avvertì il proprio cuore accelerare i battiti, mentre
spalancava sempre più le palpebre, attonita.
Non poteva crederci.
Alzò di scatto lo sguardo sul suo ragazzo, vedendolo già sfoggiare
uno dei suoi sorrisetti sghembi, allora tornò a guardare il suo
regalo e poi di nuovo Kei.
– Ommioddio.. – mormorò, prima che in volto le si delineasse un
sorriso tanto ampio che credette di sentire arrivarle alle orecchie.
Senza riuscire a frenarsi o ad esprimersi a voce, gli gettò le
braccia al collo, troppo emozionata ed entusiasta per pensare di
trattenersi, finendo per spalmarglisi addosso con uno slancio tale da
farlo aderire al bracciolo dietro la sua schiena. Eppure lui non
mancò di ricambiare il suo abbraccio, mentre soffocava sul nascere
uno scoppio d'ilarità in uno sbuffo.
– Ehi..
Presa dal momento, Yukiko si limitò a stringerlo, abbassando le
palpebre nel godersi quel contatto mentre dava sfogo a ciò che le si
agitava in petto – Grazie!
Questa volta lui non si trattenne dal ridacchiare, prima di chiederle
all'orecchio – Ti piace?
Lei si staccò da lui quel poco che le bastò per incrociarne di
nuovo lo sguardo dai riflessi di brace, esclamando tutto d'un fiato –
Sì, certo che sì! Ma come hai fatto a.. come sapevi..? –
l'agitazione che le serrava la bocca dello stomaco era tale, in quel
momento, da non permetterle di completare una sola delle domande che
voleva fargli, cosicché fu costretta a zittirsi, interrotta dalla
pronta risposta di lui, che ancora la guardava con quell'aria
sorniona stampava in volto.
– Ho i miei metodi – le rispose misteriosamente, con un riverbero
furbesco negli occhi scuri.
Un colpo di tosse da parte di sua madre la riportò alla realtà,
inducendola a sciogliere quell'abbraccio del tutto impulsivo per
tornare seduta composta - o quasi. Guardò ancora per un po' i due
biglietti del concerto di uno dei suoi gruppi preferiti, notandone la
data fissata per quella primavera, e quasi si dimenticò del passo
successivo. Per fortuna ci pensò il servizievole e sempre accorto
William a riportarla alla realtà, rivolgendole parola dopo un minuto
di rispettosa attesa.
– Volete che porti di qua il pacchetto?
Quella domanda la fece tornare al presente con un piccolo sobbalzo e,
sollevando lo sguardo sul maggiordomo, si affrettò ad alzarsi in
piedi – No no, ci penso io, grazie lo stesso – e rivolgendosi ora
al suo ragazzo gli sorrise, prima di avviarsi con passo svelto verso
la porta – Torno subito.
Appena fu di ritorno, Kei si ritrovò ad inarcare un sopracciglio nel
notarla trasportare fra le braccia un pacco che la nascondeva per
metà, date le dimensioni ragguardevoli. Sollevandosi in piedi
meccanicamente per andarle incontro tuttavia, non fece nemmeno in
tempo a fare più di un passo verso di lei che la mora, una falcata
dopo l'altra, aveva già attraversato quasi tutta la sala ed aveva
stampato in volto un sorriso tanto ampio che anche William senza i
suoi spessi occhiali l'avrebbe visto.
Perplesso, rimase pertanto in piedi al centro della sala, fra il
camino e le poltrone lì disposte, seguendo con lo sguardo la ragazza
fermarglisi di fronte con assoluta tranquillità, come se quel che
aveva fra le braccia non fosse un enorme pacco regalo infiocchettato
e foderato di carta regalo tipicamente natalizia.
– Questo è da parte mia – gli annunciò allegramente,
porgendoglielo.
Lui esitò un solo istante prima di liberarla di quell'ingombro e
quando ne sostenne il peso, capì immediatamente come avesse fatto
l'altra a muoversi con tanta sicurezza e rapidità nonostante fosse
stata gravata da quel carico: nonostante le apparenze infatti, questo
non era così pesante come la prima impressione gli aveva suggerito.
Sempre più perplesso ma ben attento a non lasciar trasparire il
proprio stato d'animo curioso e inquietato al tempo stesso, lo
appoggiò per terra e, appoggiando un ginocchio sul tappeto per
sostenersi, iniziò a togliere il nastro decorativo. Con la coda
dell'occhio registrò meccanicamente il fare di Yukiko, la quale gli
si inginocchiò accanto in assoluto silenzio, lasciandolo fare senza
intromettersi in alcun modo.
Il silenzio che in quella manciata di secondi calò nella sala, era a
malapena riempito dallo scoppiettare del fuoco alle sue spalle, i cui
schiocchi delle fiamme gli sfioravano a malapena le orecchie, messi
in secondo piano dal frusciare della carta regalo. Quando finalmente,
con ambo le mani, tolse il coperchio dalla sommità del pacco
squadrato, si pietrificò letteralmente nel fissare un dolcissimo
musetto peloso che, sul fondo della scatola, lo guardava a sua volta
con occhi vivaci di felino.
“Ma che ca..?”
– Meow..
Tesa come un
fuscello, Yukiko rimase immobile, lo sguardo di smeraldo puntato con
intensità sul dranzerblader per studiarne la reazione e non perdersi
alcun particolare della sua espressione. Fu così che fu spettatrice
di una rigidità tale, nei muscoli del ragazzo, da indurla a
trattenere il respiro ed iniziare a pregare silenziosamente in un
qualche cambiamento, su quel volto tanto serio quanto indecifrabile,
che mettesse a tacere il suo povero cuore impazzito.
Quando, pochi
secondi dopo, la situazione non ebbe alcun mutamento, la mora
credette che il cuore fosse sul punto di scoppiarle in petto
dall'agitazione e abbozzò un sorriso incerto, prendendo quindi
l'iniziativa.
– Ehm.. Kei? – mormorò in tono interrogativo, senza per questo
riuscire ad attirarne l'attenzione.
Merda.
Lo sapeva che avrebbe dovuto ripensarci, ma dopo aver avuto il chiaro
appoggio del signor Hiwatari aveva creduto di aver avuto l'intuizione
giusta nel pensare che lui sarebbe stato felice di tenere con sé
quel cucciolo che settimane prima avevano salvato dalla strada.
Avvertendo come una gelida morsa minacciarla di stritolarle il cuore,
si ritrovò ad affondare le dita affusolate nella morbida stoffa
della gonna, le mani poste in grembo, con sempre maggior energia,
arrivando quasi al punto di far sbiancare le nocche. La certezza di
aver preso un granchio grande come una casata le si insinuò maligna
nella mente, serrandole la gola a tal punto da costringerla a tentare
di deglutire una volta, prima di indurla a mordersi insistentemente
il labbro inferiore.
Gettando, in preda ad un panico crescente, un'occhiata fuggevole ai
loro genitori, li vide altrettanto silenziosi ed attenti a quanto
stava accadendo, così si ritrovò a tornare subito a fissare il suo
ragazzo, timorosa di perdersene anche la più infima reazione. Era
sul punto di provare a dire qualcos'altro quando, schiudendo
nuovamente le labbra, stavolta venne interrotta sul nascere dal
cucciolo stesso che, con un salto finì dritto dritto fra le braccia
del blader, facendo sussultare tutti i presenti.
Ed ogni tensione venne infranta, alleggerendole l'animo tanto
rapidamente da minacciare di stordirla.
Così, senza riuscire a raccapezzarsi, la giovane Natsuki si ritrovò
a fissare con occhi spalancati all'inverosimile il proprio ragazzo
non riuscire a ricomporsi mentre teneva la bestiola dal pelo
grigio-tigrato con ambo le mani e sollevata davanti al volto,
apparendole tanto impacciato come non lo aveva mai visto in
precedenza. Eppure, sotto quella strana incertezza che gli dava
un'aria più infantile del solito, Yukiko notò la presenza di
un'emozione che gli illuminava di riverberi lo sguardo dai riflessi
di brace e gli ammorbidiva leggermente i tratti del viso. Sembrava
non riuscire neanche a distogliere lo sguardo mentre il gattino, al
pari di lui, protendeva il musetto, annusando l'aria in sua direzione
ed arrivando a sfiorargli il mento con la punta del naso.
Quella scena, davanti agli occhi verdi della nightblader, apparve
tanto dolce da farla sciogliere come un cioccolatino al sole e colse
una nuova ondata di speranza nascerle nel petto ed affiorarle sino
alle labbra, inducendola a schiuderle ancora una volta in un nuovo
tentativo.
– Kei..?
Finalmente lo vide sollevare lo sguardo ad incrociare il suo ed in
esso lesse una serie di emozioni tanto intense da minacciare di
levarle ancora una volta il respiro. V'era stupore, incredulità,
quasi meraviglia avrebbe osato dire, in quell'iridi tanto attraenti,
cosa che la spinse a torturarsi il lembo dell'abito con ambo le mani,
dando voce alla fatidica domanda, avvampando in viso.
– Ti piace?
Il dranzerblader di fronte a lei sbatté un paio di volte le
palpebre, mentre sul suo viso ella fu sicura di distinguere un sempre
maggior rossore estenderglisi sino alle orecchie. Dovette attendere
un paio di secondi, il tempo al ragazzo di distogliere lo sguardo da
lei e tornare a fissare il gattino che ora stava tentando di
divincolarsi dalla sua presa, perché poi trovasse il coraggio di
muovere il capo. Il cenno d'assenso che gli vide donarle l'indusse a
schiudere le labbra in un nuovo quanto ampio sorriso mentre si
sentiva rinascere a quella conferma, tanto sollevata da rischiare di
abbandonarsi sul tappeto.
Gli piaceva.. gli piaceva davvero!
Al colmo della felicità non aggiunse altro, godendosi quell'insolito
ed insperato quadretto, osservando il ragazzo che, proprio come un
bambino, riappoggiava delicatamente il gattino per terra, il capo
reclinato verso il basso in modo da fargli pendere quelle sue ciocche
argentee davanti al viso ancora tinto di una vivace sfumatura
rossastra, seguendo ogni mossa della bestiola con lo sguardo.
– Tanti auguri – gli mormorò dolcemente.
E non riuscì più a smettere di sorridere.
Era fin troppo consapevole di aver gli sguardi di tutti addosso, ma
quando, ancora in preda ad uno stupore che non voleva abbandonarlo,
gli giunse la dolce voce della sua ragazza, tornò a sollevare lo
sguardo su di lei finendo per avvampare ancora di più in viso.
Aveva un sorriso dolcissimo, talmente bello da smorzargli il fiato e,
per un istante soltanto, si dimenticò del luogo e del momento.
Era assolutamente stupenda.
Un sentimento simile alla commozione gli scaldò il centro del petto,
al cui interno avvertiva distintamente il proprio cuore battere ad un
ritmo forsennato. Si sentì quasi scosso, colto da un tremito che gli
fece irrigidire i muscoli di schiena e spalle mentre si ritrovava,
per la terza volta da quando la conosceva, a pensare a quanto fosse
dannatamente fortunato ad averla incontrata.
Si ritrovò a sorridere fra sé e sé, prima di venir distratto
l'istante successivo dallo stesso micio che un mese e mezzo prima
aveva portato con lei al gattile, ritrovandolo intento ad attaccargli
giocosamente una fibbia dei pantaloni in jeans. Inarcando un
sopracciglio e ritornando a sentirsi alla stregua di un bambino
meravigliato, il dranzerblader non riuscì a trattenersi ed allungò
una mano per accarezzarlo.
La morbidezza del suo pelo sotto le dita gli trasmise una bella
sensazione, prima che la bestiola si rivoltasse sul dorso ed
accogliesse quel contatto inaspettato a zampate e morsetti. Il blader
di fuoco si ritrovò a giocarci senza neanche rendersene
effettivamente conto, rapito da quelle zampine morbide e graffianti
insieme, riflettendo con una parte della mente a quanto gli avrebbero
fatto comodo i suoi soliti guanti in pelle in quel particolare
momento.
Cavolo. A guardarsi da fuori probabilmente non si
sarebbe riconosciuto affatto, eppure era mosso da qualcosa più forte
di lui.
Non provava simili emozioni da quando aveva cinque anni.
Rammentando quell'età, ciò che era accaduto e che aveva contribuito
a creare la base di una serie di delusioni che erano state il
fondamento del suo carattere attuale, sollevò appena la mano
lasciando il cucciolo libero di rotolare su sé stesso e schizzare
via, sfuggendo a quell'avversario impossibile da battere per
rifugiarsi sotto il divano, alla ricerca della sua intraprendenza
momentaneamente andata perduta.
Allora Kei tornò a cercare con lo sguardo la nightblader,
ritrovandola nella stessa posizione in cui l'aveva lasciata, con un
sorriso sereno e divertito al tempo stesso ad illuminarle lo sguardo,
voltato a seguire la bestiola. Quando, l'istante dopo, tornò ad
incrociarne gli occhi di smeraldo, lui non perse altro tempo e,
seguendo l'impulso del momento, sollevò la mano destra per afferrare
una delle sue e tirarla verso di sé, finché ella non fu costretta
ad appoggiarsi a lui.
Ignorandone la sorpresa ed avvertendo una nuova ondata di calore
accendergli il viso, le passò un braccio dietro il fianco destro
mentre l'altro lo portò a cingerle la schiena ad altezza delle
spalle, in un abbraccio tanto impulsivo che lui per primo colse
distintamente il respiro d'ella venir meno, mentre tentava di
sorreggersi a lui con ambo le mani posategli sulle spalle.
Soltanto quando la sentì completamente su di sé, infilandole una
mano fra i capelli dietro la nuca e accostando il capo al suo
orecchio, schiuse le labbra.
– Grazie – le sussurrò dolcemente, tanto piano da rendere
comprensibile quella parola ed il tono terribilmente espressivo
soltanto a lei.
Gli
riusciva difficile esprimere certe cose, per di più se circondato da
altre persone, ma questa volta - vuoi per l'atmosfera, vuoi perché
era sempre e comunque lei - non era riuscito a frenarsi. Si godette
la sensazione di averla fra le braccia, calda e profumata, reale,
e si ritrovò a sorridere fra sé e sé, le scompigliate ciocche
argentee che gli proiettavano un'ombra sugli occhi e gli
solleticavano le palpebre.
Contò una decina di secondi, prima che la sua ragazza si ricordasse
di aver bisogno di respirare, e quando lo fece, la sua risposta gli
giunse tanto bassa quanto carica di sentimenti. Gli stessi che il
blader avvertiva agitarglisi in petto.
– A te..
Rimasero abbracciati una manciata di secondi ancora, giovando
entrambi di quel contatto reciproco, tanto rassicurante quanto
confortante, finché non vennero riportati bruscamente alla realtà
dalla voce del padrone di casa.
– Devi dargli un nome, figliolo – proruppe il suo vecchio, con un
tono bonario sfumato di una nota divertita, nell'alludere al
cucciolo.
Kei sollevò di scatto lo sguardo su suo padre, sciogliendo suo
malgrado quell'abbraccio e lasciando così modo alla sua ragazza di
fare altrettanto. Il presidente della Hiwatari aveva stampato in
volto un sorriso velato d'affetto seduto accanto alla madre di
Yukiko, la quale gli era appoggiata al fianco, con un suo braccio
intorno alle spalle ed un sorriso altrettanto morbido sulle labbra.
Un sorriso che Kei ritrovò sul volto della mora quando tornò a
cercarla con gli occhi scuri, seppur questo si allargò in
un'espressione incoraggiante quando lui inarcò un sopracciglio con
aria dubbiosa. Allora iniziò a pensare ad un nome adatto per quel
cosetto peloso, adocchiandolo dietro una gamba del divano,
intento a prendere giocosamente a zampate una nappina di stoffa.
Rassegnato a considerare seriamente la cosa e combattendo ancora la
ventata di imbarazzo per la situazione venutasi a creare, il
dranzerblader si soffermò a riflettere attentamente riguardo ad un
nome adatto. Gli ci volle una buona dose di impegno ed inventiva
prima di giungere ad una conclusione, ma quando annunciò la sua
decisione lo fece col solito tono serio e determinato di sempre,
tornando a scrutare i presenti.
– Kija.
Il sorriso di Yukiko fu sufficiente a fornirgli l'approvazione di
cui aveva bisogno.
Hilary si fermò davanti all'imponente ingresso alla tenuta dei
Kinomiya, sostando lì davanti una manciata di secondi ancora. Il
cancello in legno era spalancato e l'arcata nella quale era incassato
spiccava scura contro la luminosità proveniente dalle finestre della
casa dietro di esso. Voci e schiamazzi provenivano da oltre
quell'accesso privato e fra tutti ella distinse chiaramente Takao e
Daichi.. e quello non era forse Max? Dovevano esserci già tutti,
pensò stringendosi nel proprio cappotto di panno nero dal taglio
classico.
Per quell'occasione aveva messo più cura del solito nel vestirsi,
scegliendo una minigonna di jeans sotto la quale aveva indossato un
paio di leggins neri, lunghi sino ai polpacci e bordati in pizzo. Ad
avvolgerle dolcemente il busto aveva scelto un dolcevita in cachemire
color lilla, sotto il quale aveva una semplice canottiera nera, ma
più per abitudine che per il fatto di averne sentita realmente la
necessità.
A
dirla tutta, non sapeva nemmeno perché stavolta si fosse data tanta
pena davanti allo specchio. Insomma, aveva persino finito per
truccarsi un po', lei che a malapena si metteva la matita sotto gli
occhi! Ma ciò che la impensieriva e la innervosiva ancor di più era
l'effetto che le avevano fatto le allusioni di Yukiko. Sì, da quella
volta che era caduta dalla sedia, non era più riuscita a scacciare
completamente la malsana
idea suggeritale dalla mora stessa.
Scacciò quei pensieri dalla propria mente con un breve cenno del
capo in segno di diniego, rammentandosi che quella sera era lì per
divertirsi insieme ai suoi vecchi e nuovi amici e non per tormentarsi
con la visione di qualcosa che non sarebbe mai accaduto.
No.
Mai.
Fra
lei e Takao non ci sarebbe mai
stato nulla di più di una travagliata amicizia.
Imprecando contro sé stessa e l'improvviso quanto irrazionale peso
al centro del petto causatole da quel semplice pensiero, la moretta
si decise a farsi avanti, varcando così il cancello della tenuta del
suo ex compagno di scuola. Concentrandosi per indovinare in che parte
della casa fosse in atto la festa, non fu sorpresa di scoprire che il
dragoonblader aveva allestito il salotto che dava sul porticato con
un paio di bassi tavolini colmi di vassoi ricolmi di prelibatezze e
coperti da coperchi e/o carta stagnola, mentre il pavimento era
coperto da una marea di cuscini posti per far sedere comodamente gli
ospiti. Appena varcò la soglia scorrevole, i primi a notarla furono
Mao e Rei.
– Ehi, ciao Hilary!
– Hilary, finalmente sei arrivata! – proruppe la cinese,
sollevando ambo le mani verso il soffitto.
Anche tutti gli altri si volsero in sua direzione a quel punto, ma
fra tutti l'unico a cui la mora riuscì a dare importanza fu proprio
il padrone di casa. Appena incrociò lo sguardo di Takao, questo ebbe
lo stesso effetto di una scarica elettrica a basso voltaggio e per un
primo, interminabile istante, alla ragazza parve come se tutto il
resto del mondo scomparisse all'infuori di quegli occhi neri più
grandi e profondi del solito. Poi una voce la trasse da quella sorta
di trance.
– Ehi,
Hilary! How are you?
Sbattendo più volte le palpebre si volse verso l'origine di quella
voce e non si sorprese di vedere Max sbucare da dietro un paravento
con un DVD in mano, sorridente esattamente come lo ricordava.
– Bene. Sono contenta che sia riuscito a venire anche tu –
affermò sincera, facendo qualche passo avanti per trovare un posto
da rivendicare come proprio per il resto della serata. Nel mentre
salutò tutti, ovviamente, seppur piuttosto genericamente, mentre
faceva brevemente l'appello mentale dei presenti. Accanto a Mao
sedeva Yukiko, con la quale scambiò un sorriso prima di spostare lo
sguardo su Kei, dall'altro lato della moretta. Max, Takao e Daichi,
seguivano dal lato di Rei, cosicché i posti vuoti erano soltanto un
paio, segno che evidentemente non era ancora l'ultima.
– Sei in ritardo, ochetta – la interpellò, irritante come
sempre, quella scimmia di Daichi, inducendola a lanciargli
un'occhiataccia delle sue. Purtroppo la bertuccia non le fece il
favore di schiattare sul colpo, anzi, rincarò la dose – Cos'è?
Hai perso tempo nel cercare di farti bella? Perché se è così ti
informo che non ci sei riuscita granché..
*TONK*
Takao gli sferrò un pugno in testa abbastanza forte da fargli
nascere un bernoccolo in mezzo alla zazzera rossa e il ragazzino
malmenato si ritrovò a mugugnare di dolore, con ambo le mani sulla
testa chinata verso il pavimento. Pochi secondi dopo era già in
piedi.
– Takao, ma che ti ha preso?! Mi hai fatto male, accidenti a te!
Il dragoonblader in questione assunse la sua miglior aria
indifferente, incrociando addirittura le braccia sul petto, prima di
rispondergli – Dovresti fare più attenzione a quel che dici,
potresti finire per morderti la lingua da solo.
– Ma se sei stato tu a colpirmi!?
Quel battibecco andò avanti ancora per un po' sotto gli sguardi fra
l'esasperato ed il divertito dei presenti, ad eccezione di lei e Kei
ovviamente. Hilary non sapeva se essere irritata, lusingata o
imbarazzata e quando incrociò lo sguardo della mora e la vide
sorriderle con un'aria decisamente ambigua e carica di sottintesi,
optò per quest'ultima. Rossa come un peperone e preda di un'insolita
agitazione, decise di interessarsi un po' di chi le stava nelle
immediate vicinanze ed attaccò bottone con la blader cinese.
– Tuo fratello non è venuto, stavolta?
– No –
le rispose Mao con un modesto sorriso – C'erano alcune questioni al
villaggio di cui si è offerto di occuparsi.
– Certo
che voi due non cambierete mai – commentò una voce
familiare, in un tono fra il divertito e lo sconsolato.
Hilary,
al contempo degli altri, si voltò immediatamente verso l'ingresso,
spalancando gli occhi alla vista del ragazzo che era appena comparso
sotto il porticato da lei appena percorso poco prima. Del piccolo
Kenny, detto Prof K, non era
rimasto altro che l'abitudine
di tenersi gli occhiali sulla sommità della frangia e la statura
abbastanza modesta, sebbene si fosse alzato di un bel po' dai tempi
dei Bladebreakers. Il suo fisico s'era definito e le spalle s'erano
fatte un po' più larghe, evidenziate
dal completo in giacca e cravatta che si era messo, forse per
l'occasione o più probabilmente per l'abitudine,
ricordandole quanto avesse
sempre amato le camicie sin da bambino.
– Prof,
finalmente! Mancavi solo tu! – Lo accolse allegramente Takao –
Vieni, accomodati! Adesso possiamo dare davvero inizio ai
festeggiamenti!
A quell'esordio, Hilary ne
approfittò subito per prender in mano il proprio bicchiere.
Alla ricerca di un
po' d'aria, Yukiko uscì quatta quatta dalla saletta in cui era in
corso la festa, approfittando della momentanea confusione che vi
regnava ad opera di un certo biondino nippo-americano, il quale ci
era andato giù piuttosto pesante con gli alcolici. Avevano persino
tirato fuori una sorta di karaoke e Mao ed Hilary erano state le
prime a formare un duetto al microfono. Poi Daichi era seguito subito
dopo ed ora, mentre la mora faceva qualche passo lungo il pavimento
rialzato in legno che dava sul cortile interno, a giudicare dalla
voce quello che s'era fatto sotto non poteva essere altri che Takao.
Quando girò
l'angolo che dava sul fianco della casa, la nightblader giudicò di
aver trovato un posto adatto e si sedette, lasciando penzolare le
gambe oltre il bordo del portico. Sentiva la testa un po' più
leggera, effetto dovuto indubbiamente a quel che aveva bevuto, ma il
freddo della nottata stava lentamente facendo effetto, aiutandola a
ritrovare la lucidità necessaria a seguire il filo logico dei propri
pensieri.
Si ritrovò così
a sorridere fra sé e sé, ripensando al gruppo di persone che s'era
radunato di là, ai loro volti sorridenti ed agli schiamazzi.
Così erano quelli
i Bladebreakers..
Le sarebbe
piaciuto trascorrere l'adolescenza così, si disse, in mezzo ad un
gruppo tanto affiatato, ed il fatto di trovarcisi quella sera le
suscitava, ora che poteva rifletterci con tutta calma, una certa
incredulità.
Le piacevano quei
ragazzi. Le piaceva l'atmosfera che aveva notato crearsi in quella
stanza, a discapito della presenza di un'estranea. Sì, perché in
fin dei conti lei era un'estranea fra loro, una sorta di 'nuovo
acquisto' ancora da testare.. eppure avevano saputo essere tutti
quanti molto gentili ed amichevoli, persino il Prof K, che aveva
finalmente avuto l'opportunità di conoscere poche ore prima.
Si abbracciò il
busto, facendosi passare ambo le mani sulle braccia, iniziando ad
accusare le basse temperature e si rese conto che avrebbe fatto
meglio a recuperare qualcosa di più del semplice cappotto che aveva
indossato quella sera, ma non se la sentiva ancora di tornare dentro.
Ripercorrendo a
ritroso con la memoria gli ultimi tempi, si rese conto che erano
cambiate molte cose in brevissimo poco tempo.. abbastanza da
chiedersi come lei stessa potesse essere la stessa ragazza di sei
mesi prima. Sollevando le ginocchia al petto, si abbracciò le gambe
e lasciò vagare lo sguardo di smeraldo sul piccolo spazio erboso che
divideva la casa al muro di cinta intonacato di bianco.
Le cose dovevano
essere cambiate anche per i Bladebreakers, lo sapeva. Ormai non erano
più ragazzini, compagni di squadra, che passavano le estati insieme
per partecipare a tornei ed eventi sul Beyblade. Max si era
trasferito in America, Rei era tornato al suo villaggio e si era
costruito una vita lì con Mao, il Prof K a quanto aveva capito era
stato assunto da un'importante azienda internazionale di software per
computer, e Kei.. be', Kei ora era il suo ragazzo e si stava
rimboccando le maniche anche lui.
Eppure, tutti loro
erano riusciti a conservare la loro bella amicizia, a discapito di
tutto, anche del passare del tempo. Forse, per quanto alcune cose
possano cambiare, certi legami tendono ad essere più forti di
qualunque cambiamento, sia esso passato, presente e futuro. Svuotando
i polmoni in un profondo sospiro che si tramutò in una nuvoletta di
candido fiato, Yukiko si ritrovò a paragonare ciò che aveva appreso
essere capitato un po' a tutti a ciò che era successo a lei, al
cambiamento ancora in atto nella sua stessa vita, e per la prima
volta avvertì in fondo al cuore una scintilla di chiaro ottimismo
riguardo al domani.
– Non è un po' freddo per te, qui fuori? – le giunse inattesa
una voce ben nota.
La mora, riscuotendosi dai propri pensieri, sollevò rapidamente il
viso, ruotando il capo verso la propria spalla destra, senza stupirsi
troppo nell'incrociare due iridi dagli insoliti riflessi d'ametista.
Sorrise al suo dranzerblader, osservandolo prendere posto accanto a
lei senza abbandonare per questo il sorrisetto sghembo che sfoggiava
sin dal principio. La sua vicinanza la indusse istintivamente a far
di nuovo scivolare le gambe oltre il bordo del porticato per ruotar
un poco il busto verso di lui, donandogli tutta la sua attenzione
nonostante egli non la pretendesse in alcun modo. Se ne stava in
quella sua posa rilassata a fissare oltre la sommità del muro di
cinta, sorreggendosi con ambo le braccia tese dietro la schiena, i
palmi posati al parquet e le gambe incrociate.
– Avevo bisogno di un paio di minuti di tranquillità, mi stava
girando la testa.
Il ragazzo dai capelli bicolori le sfoggiò un'occhiata fra il
divertito ed il malizioso – Sappiamo entrambi che non reggi molto
l'alcol.
Yukiko ridacchiò, sentendo i rimasugli del suo buon umore
riaccendersi come braci che venivano riattizzate, pronte a divampare
al minimo pretesto. Rammentava quell'uscita in Russia con i
Demolition Boys, seppur il ricordo avesse di per sé contorni vaghi e
qualche lacuna. Sapeva che non era riuscita a tornare a casa con le
proprie gambe però e questo era di per sé un motivo sufficiente per
farle accusare una punta di imbarazzo. Eppure doveva ammettere di
essersi divertita anche in quell'occasione.
– E tu? Come mai sei qui fuori al freddo?
– Ho solo pensato di controllare come stessi, visto che non tornavi
– le disse, con una noncuranza da premio oscar mentre teneva lo
sguardo puntato verso il cielo. Per essere una serata di fine
Dicembre, la volta era priva di stelle e di una tonalità scura e
lattiginosa al tempo stesso, a causa dell'inquinamento luminoso che
si rifletteva sulle nubi piuttosto basse – A che stavi pensando?
– Un po' a tutto – gli rispose con un accenno di sorriso lei,
deviando il proprio sguardo su un punto indefinito del cortile – A
quanto sono fortunata ultimamente, credo..
Kei inarcò un sopracciglio a quelle parole – Quindi tu sei tipo da
sbornia triste? – la prese fintamente in giro – Eppure l'altra
volta non hai fatto altro che ridere fino alle lacrime.
Lei per ripicca gli sferrò un pugnetto subito sotto l'attaccatura
della spalla, con l'unico risultato di farlo sghignazzare e finire
per ridacchiare a propria volta, mentre controbatteva – Non sono da
sbornia triste! E soprattutto, non sono ancora così ubriaca, mio
caro Hiwatari.
– Allora credo che aspetterò con ansia quel momento, carissima la
mia Natsuki – le rispose lui a tono.
La nightblader si ritrovò a sorridergli di rimando con una tale
spontaneità che un po' le venne il dubbio di essere già sulla buona
strada, ma non fece parola al riguardo.
– Potrei sorprenderti.. – lo avvertì invece sorniona, prima che
lui le scoccasse un'occhiata in tralice. Il suo sorriso, tuttavia,
ora aveva una sfumatura più morbida, quasi dolce, come furono
morbide le parole che le mormorò di rimando, senza guardarla
direttamente.
– Lo fai già tutti i giorni..
E come ogni volta che il suo blader se ne usciva con una frase del
genere, il suo cuore ebbe un sussulto nel petto, smorzandole il
respiro mentre sollevò una mano sino a sfiorare quel punto. Alla
sorpresa iniziale, seguì subito una commozione che ravvivò i
profondi sentimenti che covava nel proprio cuore e che la spinsero a
tirare di nuovo su ambo le gambe. Senza una parola, si spostò dietro
al ragazzo dai capelli d'argento, con l'unico scopo di cingerlo in un
abbraccio che la vide appoggiargli delicatamente le braccia sulle
spalle mentre aderiva col busto alla sua schiena, leggermente
sollevata in ginocchio per poter così accostare il volto al suo,
guancia contro guancia. Soltanto quando poté cogliere l'odore della
sua pelle e ne avvertì il calore del corpo, si lasciò sfuggire un
lievissimo sospiro da innamorata.
– Cosa che non riesce difficile nemmeno a te.. – gli mormorò,
sorridendo fra sé e sé mentre alla mente le tornavano svariati
ricordi relativi a quel tipo di situazioni – ..specialmente quella
volta in cui ho trovato il tuo CD sulla scrivania – continuò,
scegliendo di rivangare l'accaduto. Ancora se ne sentiva meravigliata
e sorpresa ed ormai non era più tempo di nascondergli nulla, così
aggiunse – Sai, ho copiato il file su un altro CD, insieme ad altre
canzoni, e l'ho inserito in macchina. Così ogni tanto salti fuori
tu...
Lo sentì esternare uno sbuffetto divertito, cosa che la spinse ad
attendere una qualche risposta, ma prima egli sollevò una mano dal
pavimento per posarla sull'avambraccio di lei ripiegato di fronte al
suo petto, accarezzandolo delicatamente dal gomito al polso. Quel
gesto, oltre a trasmetterle una certa dolcezza, la rilassò, cosicché
quando Kei le rispose ci mise un attimo a tornare sulla sua stessa
lunghezza d'onda.
– Da una maniaca del karaoke come te invece, non ho ancora ricevuto
nulla di simile – la punzecchiò, seppur mantenendo un tono basso e
confidenziale.
La prima reazione di Yukiko fu la perplessità, che le fece sbatter
un paio di volte le palpebre nel vuoto, prima di realizzare quanto
appena le era stato detto. Elaborando quella strana lamentela, non
poté in alcun modo dargli torto e la prima cosa a cui pensò era che
si trovava in una spiacevole condizione di svantaggio. Se non fosse
stata così di buon umore, né avesse bevuto abbastanza da
sciogliersi fino a quel modo, probabilmente non le sarebbe passato
nemmeno per l'anticamera del cervello di fare una cosa simile. Ed
invece, quando schiuse nuovamente le labbra, lo fece senza alcun
tentennamento, rievocando la melodia che accompagnava le
strofe che puntualmente le affiorarono alla mente.
– A drop of blood..
Le spalle del dranzerblader si tesero un po' sotto le sue esili
braccia, e quella carezza cessò di essere, la mano di lui ferma
nell'incavo del suo gomito.
– A flood of anger for old times – proseguì lei,
mantenendo un tono contenuto, vista la vicinanza – Hunger. Save
me.. One world depending on me. I have the force in me. The truth
will be revealed..
Cantò solo per lui, nella notte altrimenti quieta di quell'ultimo
giorno dell'anno, e per tutto il tempo il cuore non volle smettere di
batterle all'impazzata, facendole quasi tremare la voce nel passare
alla seconda ed ultima strofa del ritornello.
– Higher. Faster.. I am the fuel to set you free – gli
sfiorò l'orecchio destro con le labbra, prima di concludere
dolcemente – I am your destiny.
Dopo un istante di silenzio, lui si voltò a guardarla dritto negli
occhi e lei, come tutte le volte precedenti, vi si smarrì dentro,
poco prima che lui le posasse la mano destra sulla guancia e
l'attirasse a sé, depositandole un altrettanto dolce bacio sulle
labbra.
Takao si diede dello scemo. Era incappato in quella situazione per
caso e, una volta gettata la prima occhiata, non era riuscito a far a
meno di restare ad assistere a quello scambio di effusioni,
nonostante si sentisse in tutto e per tutto alla stregua di un ladro
o, peggio, un guardone. Per questo sussultò sul posto quando la voce
di lei lo chiamò.
– Takao, che stai facendo?
Col cuore che gli perse un colpo, il dragoonblader si voltò di
scatto su sé stesso, ritrovandosi la moretta ad un passo da lui che
lo guardava con una delle sue espressioni inquisitorie e le mani
poggiate sui fianchi. Agì d'impulso, con come unico pensiero quello
di non farsi scoprire, e la agguantò per un braccio, dandole uno
strattone in avanti che la fece perdere l'equilibrio. Fu lesto a
lasciarla andare per prenderla al volo con il medesimo braccio,
mentre l'altra mano le tappò la bocca per impedirle di emettere
anche il più piccolo suono di protesta, appiattendosi contro la
parete di casa propria.
Teso come un fuscello, strinse a sé il corpo di lei, usando la sua
forza per tenerla ferma e buona, lì con lui.
– Ssht.. non farti sentire – le sussurrò, preda di un'agitazione
che non riuscì a mitigare in alcun modo, specie se aveva lei stretta
al petto a quel modo.
Hilary sollevò i suoi bellissimi occhi color cioccolato su di lui,
dovendo reclinare il capo per riuscire a farlo, in quanto ormai il
moro la superava in altezza di una spanna buona, e quando lo fece lui
si ritrovò a sfoggiarle un sorriso contrito e nervoso al tempo
stesso. Lo avrebbe ucciso, lo sapeva, ma non era nulla al confronto
di quel che gli avrebbe fatto Kei se lo avesse scoperto a spiare lui
e la sua ragazza.
In realtà, come già accennato poc'anzi, non era stata sua
intenzione farlo ma, uscito per andare al bagno, al ritorno aveva
sentito delle voci e non era riuscito a soffocare la curiosità; così
si era trovato a sbirciare da dietro l'angolo formato dal portico che
affacciava sul giardino, favorito dalla mancanza di luminosità
artificiale di quell'ala dell'edificio.
Alle orecchie gli giunse la voce di Yukiko e lui, riemergendo dai
propri pensieri, tornò a concentrarsi su quanto si stavano dicendo,
finendo per spalancare gli occhi scuri. Lei stava cantando e la
sorpresa, unita alla mancanza di movimento della ragazza che teneva
ancora stretta a sé, lo indusse a lasciar scivolare sul suo braccio
la mano che prima le teneva premuta sulla sua bocca. Allo stesso
tempo si sporse oltre l'intelaiatura in legno della trave di sostegno
del muro, gettando un'altra occhiata verso i due piccioncini.
– ..ma che stiamo facendo? – il sussurro concitato di Hilary lo
spinse ad abbassare lo sguardo di nuovo su di lei, anch'essa piegata
in avanti a seguire il suo movimento ed in volto un'espressione tanto
tesa quanto buffa. I suoi occhi brillavano nella notte come gemme
preziose cariche di contrarietà – ..non dovremmo stare qui!
Oddio. Il fatto che lei avesse parlato al plurale gli fece un
effetto indescrivibile e, per questo, si ritrovò più teso di prima
nel distogliere lo sguardo da lei per rivolgerlo alla coppietta, come
se fossero diventati la sua scusa per non restare imbambolato a
guardarla.
Non le rispose nemmeno, non fidandosi del proprio cervello, men che
meno quando c'era lei nei paraggi.
Il solo fatto di averla premuta contro di sé stava già mettendo a
dura prova il suo autocontrollo.
Silenzio. Kei e Yukiko si stavano baciando e la fioca luce
proveniente dai lampioni sulla strada contribuì a donare a quel
quadretto un'atmosfera terribilmente suggestiva. Per qualche motivo,
il moro si ritrovò ad arrossire, cosa che lo mise in difficoltà
quando, un momento più tardi, avvertì Hilary serrare la presa sulla
sua maglietta, artigliandogli la stoffa con le sue dita affusolate e
perfette.
Abbassando lo sguardo di nuovo su di lei, la vide intenta a fissare a
sua volta la coppia, in volto un'espressione tanto combattuta quanto
imbarazzata che lo incuriosì un poco, prima di venir distratto
ancora una volta da lei. Aveva due mani così piccole e
delicate.. e ciglia lunghe, che non facevano che aumentare il fascino
che aveva su di lui quello sguardo sempre attento e carico di
intelligenza.
Hilary era sempre stata più intelligente di lui, sin dai tempi della
scuola e, sebbene allora non avessero fatto altro che punzecchiarsi
per tutto il tempo, con il passare degli anni s'era accorto che per
lui la moretta era lentamente diventata una presenza insostituibile.
Di più, gli era diventata necessaria.
Quando aveva iniziato a sognare di averla per sé, all'inizio ne era
rimasto scioccato e spaventato insieme, ma poi aveva finito per
accarezzare seriamente l'idea nella propria mente, finché non era
diventato un pensiero tanto seducente quanto portatore di un tormento
che Takao non aveva mai conosciuto prima.
Lei era stata il suo primo amore. Sentimento che non aveva fatto
altro che rafforzarsi nel suo petto con il passare degli anni,
presentando il conto ogni ora del giorno e della notte. Persino ora
avvertiva il proprio desiderio alla stregua di un bisogno fisico, un
impulso che gli partiva dal centro del petto e gli colmava gli arti
sino alla punta dei capelli neri.
– Dovremmo proprio andare – mormorò in un soffio nervoso Hilary,
cercando di convincerlo e traendolo dai propri masochistici pensieri.
Tornando in sé, il dragoonblader annuì, sciogliendo svogliatamente
la presa intorno alla vita di lei per permetterle di riacquistare da
sé il proprio equilibrio e camminare a ritroso, così come fece lui,
per i primi due metri. Quindi, sempre in punta di piedi, si voltarono
e, facendo più silenzio possibile - cigolii del legno permettendo -
tornarono entrambi verso la festa.
Camminando lungo il portico tuttavia, di nuovo il moro si ritrovò a
osservare la figuretta della sua amica d'infanzia, la quale gli
procedeva avanti di un paio di passi, ripensando a ciò a cui aveva
assistito. Non avrebbe mai immaginato che il freddo e scostante Kei
fosse capace di dimostrazioni d'affetto e, se non l'avesse visto coi
propri occhi, non avrebbe potuto crederci ugualmente. Eppure era
stato tanto in gamba da aver trovato la forza di costruirsi qualcosa,
e per farlo doveva necessariamente aver rischiato qualcos'altro.
Ancora una volta il dranzerblader aveva dimostrato di essere un passo
avanti a lui, che non riusciva a star in compagnia della ragazza che
gli piaceva senza che i nervi minacciassero di saltargli tutti d'un
colpo.
Quella stessa ragazza all'improvviso si fermò, inducendolo a far
altrettanto mentre inarcava un sopracciglio. Stava per domandarle
qualcosa quando lei, lo sguardo puntato verso il giardino, schiuse le
labbra.
– Nevica.. – mormorò, meravigliata.
Sorpreso, Takao si volse a sua volta a guardare il proprio cortile ed
il cielo che si stagliava oltre le mura di cinta dello stesso,
individuando nell'aria turbinare sottilissimi fiocchi di neve. Rimase
a fissare quello spettacolo per una manciata di secondi, durante la
quale riuscì a svuotare la mente delle ansie e dei pensieri che lo
avevano colto in quegli ultimi minuti, cosicché quando la sua
moretta si strinse un po' di più nel cappotto ed il suo fiato si
disperse nella notte in una nuvoletta candida, il movimento captato
con la coda dell'occhio lo spinse a tornare a guardarla con
un'intensità dovuta ai suoi stessi sentimenti.
Hilary parve accorgersi del suo sguardo, perché si voltò ad
incrociarlo e quando ciò accadde, le labbra le si schiusero e gli
occhi le si spalancarono su quel viso a forma di cuore che avrebbe
riconosciuto fra mille. L'aria fra loro venne attraversata da una
scarica elettrica, esattamente come quando lei era arrivata quella
sera ed i loro sguardi s'erano incrociati la prima volta.
Il cuore di Takao prese a pompare con più energia all'interno del
suo petto, mentre il ragazzo lottava con sé stesso ed il forte
impulso di stringerla a sé ancora una volta, lì ed ora. Avrebbe
dato qualsiasi cosa per poter assaggiare quelle labbra apparentemente
morbide, sentire le sue mani sul proprio petto, fra i propri
capelli.. sapeva che in quel momento avrebbe anche venduto la propria
anima, per sapere come fosse il suo sapore.
Merda.
Sarebbe impazzito, lo sapeva. Non poteva continuare così; non poteva
continuare a nasconderle i propri sentimenti, non ce la faceva più.
Doveva dirglielo e l'improvvisa atmosfera che s'era venuta a creare
lo spinse a farsi avanti di un passo, sovrastandola ancora una volta.
– Hilary, io.. devo dirti una cosa.
– Che cosa? – la sua voce gli suonò quasi incerta, così come
distinse nella penombra una nuova improvvisa tensione sul volto di
lei. Cedendo all'impulso di mitigare quell'ansia, cercò di prenderle
una mano per racchiuderla fra le proprie, senza per questo far venire
meno il contatto visivo che s'era instaurato.
– Ecco.. – era il momento giusto, se lo sentiva, ma l'emozione
gli bloccò le parole in gola, facendolo tentennare.
– Sì?
Era attenta, concentrata su di lui ed il blader ci riprovò.
– Hilary, io..
– Ecco dove vi eravate cacciati!! – quell'esclamazione lo
interruppe, facendoli trasalire entrambi, e Takao lasciò
istintivamente la mano di lei per voltarsi di scatto verso la fonte
di quella voce, inquadrando il volto sorridente di Max che si stava
avvicinando loro dalla direzione opposta – Su sbrigatevi, è quasi
mezzanotte! Sapete dove sono finiti Kei e Yukiko? Ah, eccoli!
La coppia, che voltò in quel momento l'angolo, si fermò un attimo a
fissarli con una certa sorpresa, prima di avvicinarsi con passo
tranquillo. Non sembravano affatto diversi dal solito, Kei con le
mani in tasca e la sua solita aria indifferente, mentre Yukiko gli
procedeva accanto con.. aspettate un momento.. ma quella era la
sciarpa di lui!
– Forza, rientriamo per il brindisi! – li esortò vivacemente il
nippo-americano, facendo dietrofront.
La sua occasione ormai sfumata, Takao sospirò prima di seguire il
gruppetto, ma poco prima di varcare la soglia scorrevole del salotto
allungò ancora una volta una mano, trattenendo momentaneamente
Hilary per il polso. Aveva preso la sua decisione.
– A fine serata aspettami qui fuori..
Non le disse altro e, con la luminosità più spiccata proveniente
dalla stanza adiacente, gli parve di distinguere una nota di rossore
più accesa sulle sue guance, prima che lei annuisse con un semplice
cenno del capo. Allora lui la anticipò dentro, sfoggiando il suo
abituale sorriso gioviale e, scusandosi per l'attesa, prese uno dei
bicchieri da champagne già provvidenzialmente riempiti, procedendo
mentalmente con il suo personale conto alla rovescia del tempo che lo
separava dal momento in cui avrebbe messo in gioco sé stesso e i
propri sentimenti.
– BUON ANNO!! – esclamarono tutti in coro, alzando i
bicchieri da champagne per quel brindisi.
Il vetro tintinnò soave più volte, prima che la moretta potesse
finalmente mandare giù quasi tutto d'un fiato il contenuto del
proprio flute.
Che cos'era appena successo fuori da lì, pochi minuti prima?
Hilary non ebbe la minima idea di come spiegare a sé stessa ed al
proprio orgoglio quello che aveva sentito nascere in fondo al cuore..
qualcosa di molto simile ad un'accorata speranza. Lanciando
un'occhiata di sottecchi a Takao rimase a spiarlo, pensierosa,
continuando a sorseggiare il contenuto del proprio bicchiere con
noncuranza studiata. Era davvero cresciuto, almeno fisicamente.
Quando lui l'aveva premuta contro di sé in uno dei suoi gesti
impulsivi, se n'era finalmente resa pienamente conto: era diventato
piuttosto alto, tanto da sovrastarla di tutta la testa. Al ricordo di
quelle forti braccia strette intorno al busto, la ragazza dovette
fare uno sforzo per non farsi prendere da pensieri fin troppo spinti
per i suoi canoni.
Non poteva proprio pensare a certe cose di lui.. non poteva!
Era pur sempre di Takao di cui stava parlando, no?
Peccato che, già al suo quarto flute di champagne, avvertì la
propria mente ormai libera di sfrecciare a briglia sciolta, tanto che
non poté in alcun modo non soffermarsi su quell'eventualità e,
attraverso il vetro del bicchiere colmo di liquore frizzantino, si
soffermò a studiarlo sovrappensiero.
Chissà come sarebbe stato avere quel tipo di relazione con
lui? Sentire quelle mani grandi e forti che le accarezzavano
dolcemente la pelle della schiena, il collo, il viso.. come sarebbero
state le sue labbra sulle proprie? Sapeva fin troppo bene che la
caratteristica principale del dragoonblader era l'impulsività.
Sarebbe stato passionale con lei? Come sarebbe stato se l'avesse
baciata con trasporto, con tanta irruenza da darle l'impressione di
volerla divorare?
Oh, merda!
Preda di un'improvvisa quanto torrida ventata di calore, Hilary
distolse lo sguardo e l'attenzione dal giovane uomo che le aveva
innescato in pochi istanti quel genere di emozioni assolutamente
incoerenti, mordendosi il labbro nell'inquadrare un punto a caso
della stanza. Dovette chiudere strettamente gli occhi, combattendo
contro la sensazione di vuoto che le imbottiva le tempie per cercare
di ricordarsi che era proprio di Takao che stava fantasticando.
Insomma.. Takao!
Quel tentativo tuttavia venne reso vano l'istante successivo, perché
pareva proprio che il suo cervello avesse fin troppo ben presente di
chi stesse fantasticando. L'immagine di quegli occhi scuri che la
guardavano con un misto di adorazione e desiderio, ripescata
dall'ultimo ricordo che era stato caratterizzato dall'impressione di
un lungo momento fra loro, l'assalì a tradimento, inducendola a
spalancare di nuovo le palpebre sul tavolo senza fiato.
Oh, merda..
– Hilary, ti senti bene? – la voce di Mao la trasse dai suoi
pensieri, vivace ma con una nota di preoccupazione.
– Sto bene – rispose meccanicamente, svuotando il flute che si
era fatta riempire poco prima con tanta prontezza di nuovo champagne.
Sul tavolo erano presenti già tre bottiglie, di cui due vuote, segno
che forse stava esagerando.. e non era l'unica ad essersi tuffata
nell'alcol. Spostando per riflesso lo sguardo sull'altra coppia lì
presente, non poté non sgranare gli occhi nocciola quando li
inquadrò nel proprio campo visivo.
– R-ragazzi! Insomma, trovatevi una stanza! – balbettò al colmo
dell'imbarazzo un Professor K piuttosto agitato.
Daichi si era acceso come una lampadina, riuscendo ad eguagliare il
colore di suoi capelli fiammanti, mentre Takao e Max, l'uno con un
braccio sulle spalle dell'altro, alzarono i calici per brindare alla
felicità dei due, fra le risatine di Mao e l'aria impacciata di Rei.
Il motivo di tanto sconcerto, che fece avvampare persino Hilary con
lo stesso effetto che avrebbe avuto un getto di benzina sul fuoco,
era uno solo: Kei, seduto come poc'anzi a gambe incrociate, era
intento a racchiudere fra le sue braccia il più esile corpo della
sua ragazza, la quale gli era praticamente spalmata addosso di
traverso, con una mano dritta sulla sua patta dei pantaloni e le
labbra incollate a quelle di lui come se fossero due ventose.
La castana era talmente spiazzata che, quando l'istante successivo i
due si staccarono per rivolgere uno sguardo a loro, ebbe la
tentazione di seppellirsi viva per l'imbarazzo dovuto a quella scena.
Una scena molto simile a quelle che si era involontariamente
immaginata sino a un istante prima.
Il dranzerblader a quell'interruzione, nel rivolgere un'occhiata di
fuoco ai presenti, le sembrò in tutto e per tutto il vecchio Kei,
tanto che non ebbe alcun dubbio su ciò che la sua espressione
seccata e scostante volesse comunicare. Immaginandosi per un momento
l'eventuale risposta celata in quell'iridi, Hilary non ebbe nessuna
difficoltà a focalizzarne nella propria mente persino il tono:
“Fanculo, fatevi un po' i cazzi vostri!”
La risatina della nightblader, natale in gola nello stesso momento in
cui anch'ella spostò un secondo lo sguardo lucido su di loro, non
lasciò alcun dubbio: era ubriaca. Eppure, restando appesa al collo
dell'argenteo, nascose il suo viso contro la stoffa bianca della
sciarpa di lui - precedentemente restituita e già allentata
malamente sulle sue spalle - mentre si lasciava sfuggire, in un
mormorio divertito ed un po' roco.
– Credo che sia meglio fare come hanno detto.. perché non ho
ancora finito con te..
Hilary, che era praticamente seduta di fronte a loro, ebbe un
sussulto quando vide Kei richiudere gli occhi con un'espressione più
che eloquente e stringere con una certa prepotenza le gambe di lei
sopra la stoffa dei jeans, finite chissà come già mezze accavallate
alle sue.
Fu Takao ad alzarsi in piedi per primo, per fare gli onori di casa.
– Bene, direi che vi accompagno di sopra – esclamò, più allegro
di quanto sarebbe stato consono alla situazione.
Max, il solito entusiastico biondino di sempre, lo appoggiò in
pieno, levando ancora una volta il suo calice in vetro verso i due.
– Yeah! Fatti onore, Kei!
Hilary suo malgrado si ritrovò a ridacchiare, spaesata e incredula,
mentre di fronte ai suoi occhi il caos regnò sovrano per un paio di
minuti ancora dopo che il dranzerblader e la sua compagna furono
spariti oltre la porta, fra quella bertuccia di Daichi, che cercava
di darsi un contegno, ed il Professor K, che era già partito in
quarta a biasimare certi atteggiamenti, tanto che persino la moretta
si spazientì, per nulla desiderosa di simili discorsi da bacchettoni
in quel momento. Era una festa, per la miseria!
– Ma si può sapere che c'è di male? – lo interruppe Mao ad un
certo punto, prima di avvinghiarsi al braccio di Rei, il quale
sussultò e diventò paonazzo in viso – Si sa', chi non fa certe
cose a Capodanno, non le fa tutto l'anno! E poi, siamo qui per
divertirci, vero mio piccolo tigrotto?!
Ok, forse aveva bevuto un po' anche lei, perché adesso, con gli
occhi d'ambra lucidi, guardava il cinese come se volesse mangiarselo
solo con lo sguardo. Lo stesso che rese il diplomatico capovillaggio
della Tribù della Tigre Bianca, più simile ad un piccolo topolino
messo con le spalle al muro, che ad un leader carismatico. La rosa ne
approfittò per affondargli le mani fra i capelli neri,
strusciandoglisi contro come una gatta in cerca di attenzioni.
– Mao ha ragione – si scoprì a dire Hilary, che non ci vedeva
nulla di male in quanto stava accadendo. Anzi, l'aver trovato anche
un pretesto per sfogare parte del proprio risentimento, derivante
alla confusione che sentiva agitarla dall'interno da un pezzo, la
spinse a sostenere le proprie parole con veemenza ed un sorrisetto
privo di ilarità – E poi non hai anche tu una ragazza? Che c'è?
Col fatto che è una relazione a distanza non scopate abbastanza?
Il Prof K sembrò sbiancare all'improvviso, prima di tornare più
rosso di prima, quasi livido. Lo stupore generale fece ammutolire
tutti, giusto in tempo perché il giovane informatico esplodesse in
una sequela di balbettii e rimostranze a metà, il cui filo logico le
sfuggì, facendogliele apparire del tutto disconnesse l'una
dall'altra.
Max e Daichi tentarono di riappacificare gli animi, con lo scarso
contributo di Rei, il quale era all'improvviso troppo distratto dalla
sua compagna per partecipare come avrebbe voluto alla cosa, e Hilary
ben presto perse interesse, agguantando un calice di champagne ancora
mezzo pieno a caso, priva della voglia persino di riempirsi di nuovo
il proprio.
Sorseggiandolo con una certa compostezza che era solo di facciata, il
suo corpo reagì prima di lei al rumore di passi che anticipò il
ritorno di Takao e quando lui sbucò di nuovo sulla soglia della
sala, ella si scoprì sia tesa che sollevata insieme. Lo vide
sfregarsi con un dito la punta del naso, in volto un'espressione fra
il soddisfatto e l'imbarazzato, mentre prendeva di nuovo posto al
tavolo e posava i suoi occhi su di esso, prima di accigliarsi.
– Ma dov'è il mio bicchiere?
Quella domanda la fece irrigidire, mentre strinse la presa su quello
che si era procurata pochi secondi prima, ancora accostato alle
labbra. L'espressione indagatoria di Takao li squadrò uno a uno per
poco più di mezzo secondo a testa.
– Ve lo siete fregato eh? Ma tu guarda, uno non può alzarsi un
attimo che gli rubano persino lo champagne – si lamentò
imbronciato, appoggiando un gomito al tavolino ed al contempo
sorreggendosi con la medesima mano il capo.
– Ehm.. – Rei, piuttosto impacciato e momentaneamente impedito
dalle effusioni della sua gattina, attirò l'attenzione dell'amico
con un sorrisetto che la castana non gli aveva mai visto – ..credo
che si sia fatto piuttosto tardi ormai, Takao. Se non ti spiace,
anche noi ci ritiriamo..
– Yes! – si aggiunse Max, stirandosi con le braccia verso l'alto,
in volto un'espressione sorniona – Anche io credo che cercherò di
dormire: penso che lo champagne stia iniziando ad entrarmi troppo
bene in circolo.
Si alzò in piedi, seguito subito dal Professor K, il quale affermò
che era anche per lui tempo di tornare a casa. Seguirono i
ringraziamenti per la festa, ancora auguri per il nuovo anno e
convenevoli vari, che spinsero persino la castana a tentare di
alzarsi in piedi. Appena ci provò tuttavia avvertì la testa girare
e, portandosi una mano alla tempia, desiderò intensamente una nuova
boccata d'aria fresca.
– Ehi, Hilary. Che hai, non stai bene? – le domandò a bruciapelo
Takao.
– L'ochetta avrà sicuramente bevuto troppo – la sbeffeggiò
senza pietà Daichi, facendola irrigidire e lanciargli un'occhiata
malevola.
– Non è vero! – esclamò contrariata, seppur consapevole che in
realtà era proprio quello il problema – Fatti gli affaracci tuoi,
stupida bertuccia!
Gli altri si misero in mezzo, interrompendo il diverbio sul nascere e
la ragazza non si stupì troppo dei rimproveri che Takao fece al
ragazzino dai capelli rossi. Così ebbero modo di procedere coi
saluti e poco dopo Hilary uscì per ultima sotto il portico, proprio
dietro il dragoonblader, il quale prima di accompagnare i suoi ospiti
nelle rispettive stanze - tutti tranne il Prof K, che come lei
avrebbe dormito a casa propria - si fermò un istante, voltandosi a
guardarla con espressione talmente seria da farla bloccare sul posto.
– Aspettami un minuto, prima di andare: c'è ancora una cosa di cui
vorrei parlarti – le ricordò.
Sussultando intimamente, Hilary annuì, prima di salutare tutti con
un “Buonanotte” generale, poco prima che sparissero lungo
il corridoio più interno della casa, quello che dalle scale portava
al piano superiore.
Rimasta sola, la moretta si lasciò sfuggire un sospiro che si
tramutò in una nuvoletta di candido fiato appena lasciò le sue
labbra, avvertendo quella familiare agitazione pervaderla di nuovo da
capo a piedi. Essa, insieme al freddo della notte, contribuì a farla
tornare abbastanza lucida da portarla a chiedersi, con una certa
ansia, di cosa volesse dirle di così importante il dragoonblader.
Ai lati del proprio campo visivo, furono i fiocchi di neve che
volavano silenziosi nell'aria della notte a rammentarle di quando,
più di un'ora prima, avesse vissuto un momento tanto intenso quanto
particolare. Non le era mai capitato e, preda di un improvviso
impulso, ci rimuginò su nel tentativo di districare il garbuglio di
emozioni che le pesava sul petto, smorzandole il respiro.
Non aveva mai provato qualcosa di simile incrociando gli occhi di
qualcuno, non aveva mai sentito una connessione simile con un
ragazzo, né era stata colta dalla stessa quantità di brividi in
tutto il corpo solo per questo. Il solo pensiero le fece tornare un
principio di pelle d'oca, tanto che si ritrovò ad arrossire mentre
la consapevolezza di aver posato le labbra sullo stesso bordo di
vetro che aveva visto attaccarvisi anche quelle del dragoonblader le
diffondeva un brivido torbido sottopelle.
Ossignore.
Si rese conto di tremare come una foglia quando, facendo un passo a
lato, si appoggiò ad una delle colonne squadrate che sostenevano il
porticato e, facendo spaziare gli occhi castani per il giardino sul
punto di venir coperto da un soffice velo candido, sollevò per
riflesso una mano verso il proprio cuore, avvertendone il battito
convulso sotto le dita.
Era lui. Era Takao che le faceva quell'effetto.
Con gli occhi lucidi spalancati, si chiese se non avesse bevuto
davvero troppo quella sera, ma dopo un istante parve dissentire. Non
poteva essere un effetto dell'alcol, doveva essere qualcosa di più,
qualcosa che fin'ora aveva sempre ignorato fermamente e la cui
presenza aveva iniziato a rifiorire soltanto dopo quella
conversazione avuta con la giovane Natsuki.
Si sentì una stupida per come stava affrontando la cosa; per quanto
quella verità la sconvolgesse e la attirasse al tempo stesso. Nel
silenzio infranto solo dal debole eco proveniente dai piani
superiori, Hilary si tormentò una ciocca di capelli scuri,
mordendosi con insistenza il labbro inferiore.
Lei e Takao.
Quel pensiero le si affacciò alla mente, ancora in parte sfuggente a
causa dello champagne, talmente allettante ed intriso di un fascino
masochistico che, per un istante, si perse a fantasticare al
riguardo. Solo un istante, perché quello successivo si ricordò
perfettamente ciò che invece era la realtà, ciò che l'attendeva
subito oltre il confine delle proprie fantasie.
Come si era già detta quella sera, fra lei e Takao non ci sarebbe
stata altro che una travagliata amicizia.
Ma allora, di cosa voleva parlare assolutamente il dragoonblader,
prima che lei tornasse a casa?
Takao, scendendo le scale dopo un quarto d'ora dal momento in cui le
aveva salite l'ultima volta, si ficcò le mani in tasca
nell'appoggiare la suola delle ciabatte di nuovo sul pavimento in
legno del corridoio. Covando un'ansia che non rammentava di aver mai
provato se non in occasioni particolari, quando sbucò da dietro
l'angolo del porticato, si fermò sgranando un poco gli occhi scuri
sull'immagine che gli si prospettò agli occhi.
A pochi metri la figura di Hilary, profilata a lui con lo sguardo
perso sulla miriade di fiocchi di neve che cadevano silenziosamente
dal cielo notturno, se ne stava appoggiata ad una colonna di
sostegno, le braccia esili a stringersi quel suo cappotto scuro
addosso. La particolare luce indiretta dei lampioni che illuminavano
la strada oltre il muro di cinta le conferiva l'impressione di
un'ombra i cui tratti risplendevano come argento vivo su quel volto
pallido.
E lui non riuscì a far a meno di trovarla bellissima, ancora una
volta.
Non seppe quantificare di preciso il tempo che rimase impalato a
fissarla senza dire una parola, ma quando lei si volse a guardarlo,
accortasi della sua presenza, sembrò irrigidirsi appena, spalancando
i suoi profondi occhi nocciola con uno stupore che si affrettò a
smorzare con un paio di battiti di ciglia.
– Oh, eccoti. Ero sul punto di andarmene, pensando che te ne fossi
dimenticato, Takao – quella sua voce con una punta di acidità lo
aiutò a tornare presente a sé stesso, facendogli al contempo
inarcare un sopracciglio con aria contrariata.
– No, certo che no – affermò con una punta di risentimento,
muovendo qualche passo in sua direzione.
Lei si scostò dal suo appoggiò senza per questo sembrare meno
rigida nei movimenti – Bene, meglio così – affermò, negandogli
la visione di quelle due perle scure. Un attimo dopo, il tempo a lui
di limitare la distanza fra loro ad un metro scarso, che lei parve
riscuotersi e fare un passo indietro – Be', sarà meglio che vada..
– disse all'improvviso, come in preda ad una strana irrequietezza,
già sul punto di voltarsi.
Quel comportamento prese alla sprovvista il dragoonblader, che era
stato convinto fino a un attimo prima di averle fatto chiaramente
capire di aver qualcosa di importante da dirle. Eppure, il
comportamento della sua ex compagna di scuola lasciava presupporre il
contrario, così si ritrovò a seguirla meccanicamente verso
l'ingresso.
– Ehi, ma.. – tentò di dire seppur troppo sorpreso per riuscire
a fare qualcos'altro, prima che lei si fermasse per tentare di
infilarsi le scarpe.
– È stata una bella serata. Mi sono divertita – affermò quella,
senza dargli la minima attenzione mentre si sistemava gli stivaletti
uno ad uno sui polpacci – Per una volta hai avuto una buona idea,
ad organizzare questa rimpatriata..
– Hilary, aspetta – cercò di interromperla Takao, confuso e
incredulo. Lei gli scoccò un'occhiata, voltandosi finalmente a
guardarlo.
– Scusami, ma devo proprio andare – lo disse con tono talmente
impersonale da fargli gelare il sangue nelle vene, non fosse stato
per il riverbero che lui le distinse nello sguardo subito prima che
lei scendesse il gradino del portico e si avviasse.
Non riuscendo ad accettare quello svolgersi degli eventi tanto
assurdo quanto inaspettato, Takao fece lo stesso senza riflettere,
ritrovandosi ad affondare la suola delle pantofole in stoffa sul
leggero strato di neve appena depositatosi sul selciato del suo
vialetto.
– Hilary – la chiamò di nuovo per nome, decidendosi a bruciare
la poca distanza che lo separava da lei con un paio di ampie falcate.
Raggiuntala, allungò una mano verso il suo polso destro, facendola
così fermare e voltare di nuovo verso di lui – Aspetta – ripeté
con più convinzione ed un tono più basso, corrucciandosi in viso di
fronte a quella che gli diede la stessa sensazione di un tentativo di
fuga quando riuscì ad incrociarne di nuovo gli occhi scuri.
La moretta sembrò sussultare appena, ma lui rinsaldò la presa sul
suo polso, deciso più che mai a trattenerla nonostante l'espressione
contrariata e quasi impaurita di lei. Sì, lo scorcio che ebbe del
suo viso gli diede proprio quell'impressione, cosa che gli fece
digrignare i denti, non riuscendo a capire. Perché ora lei sembrava
non voler far altro che correre via da lui, dopo averlo aspettato
pazientemente sino a quel momento?
– Takao – il suo nome le sgorgò dalle labbra più simile ad un
sospiro che ad una vera e propria parola, vagamente tremulo, cosa che
gli fece nascere un brivido che, prepotente, gli salì lungo la spina
dorsale rizzandogli i capelli sulla nuca.
L'improvviso desiderio gli divampò dentro come un incendio,
facendogli sperare ardentemente di poter sentire ancora una volta la
voce di lei chiamarlo per nome a quel modo, e dovette farsi forza per
darsi una controllata. Si costrinse a sbattere le palpebre più
volte, mitigando quell'effetto improvviso che gli faceva averla così
vicina, ma non rinunciò a lasciarla andare per questo, anzi: fece
addirittura un nuovo passo avanti, quasi a contatto con il suo corpo
più minuto, senza scostare mai gli occhi scuri dai suoi, sempre più
sgranati e scuri.
Deglutì, prima di trovare di nuovo la propria voce, seppur più roca
del normale – Hilary, c'è una cosa di cui volevo parlarti da un
po'..
Hilary avvertì le gambe farsi di gelatina mentre la voce di lui le
sfiorava le orecchie con quel timbro così roco e sensuale,
trasformando il suo nome in una sinfonia colma di una promessa da una
sfumatura torbida quanto calda. Si sentì arrossire terribilmente, ma
non riuscì in alcun modo a deviare il proprio sguardo da quello di
lui, vicino in quel momento quanto non lo era mai stato prima, eppure
ancora troppo lontano per la sua parte irrazionale, tanto da causarle
un capogiro. Si ritrovò fra le sue braccia il momento seguente,
sorretta dalle stesse ed aggrappataglisi di rimando senza più alcuna
riserva alla maglietta.
Quello scemo.. era uscito sotto la neve in ciabatte e maglietta di
cotone a manica lunga, eppure non sembrava curarsene minimamente.
– Ehi, stai bene? – le domandò con una nota di preoccupazione il
dragoonblader, senza per questo modificare quel tono più basso e
roco.
Hilary deglutì, avvertendo il lieve spostamento d'aria sulla pelle
del viso prodotto dal respiro altrui – Sì.. sì, sto bene.. –
mormorò, più confusa che mai.
Da quando Takao le faceva quell'effetto? Da quando aveva iniziato a
pensare al suo abbraccio come a qualcosa di cui non poter più fare a
meno?
– Hilary, io.. – mormorò di nuovo lui, schiudendo le labbra.
La moretta non riuscì ad impedire al proprio sguardo di abbassarsi
su queste, il volto di lui tanto vicino che riuscì a distinguerne
senza problemi un paio di piccoli solchi sulle stesse. Doveva
essersele morse poco prima, cosa che la indusse a fare altrettanto,
trattenendo il labbro inferiore sotto gli incisivi per una manciata
di secondi di silenzio, finché lei non tornò a cercarne lo sguardo
colore dell'ebano più puro.
– Sì..? – chiese, in un sussurro soltanto, esitante. Stava
perdendosi in quegli occhi, lo sapeva, ma non poteva farci niente.
Sentendosene risucchiata, non riuscì a distogliere più lo sguardo
né a trovare una sola ragione per resistere alla profonda attrazione
che provava in quel momento. Il cervello ormai in tilt, completamente
vuoto, non le diede alcun motivo per tirarsi indietro e lei si
ritrovò ad avvicinare lentamente il volto al suo.
E Takao sembrava essere altrettanto in difficoltà, con quell'aria
vagamente corrucciata, come se tentasse di concentrarsi su qualcosa.
Ricordava di avergli già visto quell'espressione quando, ai tempi
della scuola, lei cercava di dargli ripetizioni di matematica.
Eppure, all'epoca non aveva avuto quello sguardo così magnetico,
così profondo.
– Io... – ritentò lui suo malgrado, in un soffio che le si
riversò tiepido sulle labbra socchiuse.
Lei reclinò un poco il capo verso destra, abbassando sempre più le
palpebre. Ormai era così vicino che poteva percepirne il calore
della pelle.
– ...sì..? – mormorò in un soffio tanto flebile da non sentirlo
lei stessa.
Trattenne meccanicamente il respiro quando avvertì le sue labbra
sfiorarla e l'istante dopo il suo sapore le inondò la bocca come
un'onda voluttuosa accostata ad un nuovo sospiro che svuotò i
polmoni di lui, ed Hilary avvertì una nuova ondata di vertigini
assalirla, alimentando una serie di brividi di caldo e freddo insieme
che le fecero venire la pelle d'oca. Si ritrovò a ricambiare quel
bacio con trasporto, cercandone la lingua con la propria,
avvertendone il sapore di champagne mischiarsi a quello di lui in un
connubio che le diede alla testa, così come le diede alla testa la
sensazione del proprio corpo stretto al suo petto.
Le sue mani furono sulla sua schiena, premendola contro di lui al
pari del profondo trasporto con cui la stava baciando, trascinandola
alla deriva delle emozioni che quel contatto le stava scatenando sin
nella parte più recondita di lei. Si sorprese a sospirare di
sollievo, a gemere mentre gli si avvinghiava addosso, facendo passare
le braccia sopra le sue spalle e affondandogli le dita nei capelli
neri. La consistenza setosa delle sue ciocche ribelli le piacque.
Takao aveva sempre avuto dei bei capelli, nonostante la piega
tendenzialmente indisciplinata, lucidi e lisci, scuri quanto i suoi
occhi.
Le labbra di lui, inizialmente fresche, ora la cercavano roventi,
smorzandole il respiro, a tal punto che, quando finalmente egli si
staccò da lei, avevano entrambi il fiatone. Tremando, Hilary ne
cercò immediatamente lo sguardo senza per questo allentare la presa
dietro al suo collo, non lasciandolo allontanare più di una decina
di centimetri dal proprio volto. Incrociandone nuovamente gli occhi
neri, li trovò esattamente dove si aspettava che fossero: persi nei
suoi; tanto scuri quanto liquidi, colmi di un sentimento che ella
stessa avvertì al centro del petto, ma al quale non osò dare un
nome. Ora per lei c'erano solo quegli occhi.. c'era solo lui.
– Takao..
– Resta con me stanotte.
Quella richiesta le smorzò di nuovo il respiro, facendole serrar la
presa sulla stoffa della sua maglietta nell'illusione di star per
perdere l'equilibrio. La stretta di quelle sue braccia era la
promessa di non farla cadere, la silenziosa rassicurazione di una
presenza protettiva e possessiva al contempo. E Hilary comprese di
non aver atteso nient'altro.. di non aver atteso nessun altro.
Anni di silenziosa ed inconsapevole attesa, per trovarsi a vivere
quel semplice momento di estasi.
Quando gli diede la sua risposta, le labbra morbide e sottili del
moro calarono una seconda volta sulle sue.
– Sono carini, non trovi?
La domanda della nightblader lo fece voltare a osservarla,
ritrovandola al proprio fianco con un quieto sorriso a delinearle le
labbra, illuminata dall'unica fonte di luce che trapelava dalla
finestra alla quale erano entrambi affacciati. Kei, appoggiato con
una spalla all'intelaiatura in legno, abbozzò un vago sorrisetto,
tornando ad osservare la scena che si prospettava loro da
quell'angolazione, proprio al limitare del cortile d'ingresso a casa
Kinomiya.
– Non gli do' più di una settimana.
Yukiko gli donò un pugnetto stizzoso sul braccio, esclamando a tono
moderato – Ma che cattivo!
Sopprimendo un moto d'ilarità sul nascere, il dranzerblader si voltò
a guardare di nuovo la sua donna, il cui riverbero dello sguardo non
venne minimamente intaccato dall'espressione vagamente imbronciata di
lei. I suoi occhi verdi, alla fioca luce proveniente dalle luminarie
dell'esterno, sembravano brillare di luce propria.
– Dovresti fare il tifo per il tuo amico – tentò di nuovo lei.
Sbuffò, prima di scrollar le spalle e sciogliere la posa conserta
delle braccia. Perdendo del tutto interesse per la situazione amorosa
del suo ex capitano, Kei attirò la mora a sé, avvertendo le sue
mani posarglisi meccanicamente sul torace, fresche e delicate. Un
istante dopo era di nuovo perso a baciarla, ritrovando il proprio
sapore su quelle labbra morbide e già gonfie di baci.
Era accaduto tutto in così breve tempo che il blader di fuoco si era
ritrovato senza fiato poco dopo l'essersi chiuso nella loro stanza lì
con lei. Priva di qualsiasi freno inibitore grazie all'alcol, la sua
compagna aveva fatto la prima mossa, cosa che lo aveva piacevolmente
sorpreso ed avevano faticato ad arrivare al letto, preda di una
passione che gli era divampata in corpo tanto rapida quanto
inarrestabile.
Ed ora a stento s'era riallacciato i jeans, la sua maglietta finita
chissà dove, mentre a lei nemmeno aveva sfilato il maglione di lana
blu che le faceva da vestito, con un ampio scollo a barca che le
lasciava scoperte le esili spalle. Aveva ancora le guance dipinte di
un allegro rossore, dettaglio che la rese terribilmente seducente
sotto i suoi occhi scuri. Si ritrovò a sfiorarne una con il pollice,
appoggiandole il palmo destro sulla linea delicata della mascella
quando si staccò dolcemente da lei, perdendosi in quel mare verde
smeraldo così incredibilmente magnetico e conturbante.
– Ti amo..
Il sorriso le distese le labbra in un'espressione morbida, prima di
rispondergli con lo stesso tono confidenziale – ..anche io.
La baciò di nuovo, cingendola con un braccio dietro la schiena
mentre l'altra mano permaneva sulla sua guancia morbida. Lei per
contro gli si appoggiò completamente contro, sollevando ambo le mani
per farle scivolare fra i suoi capelli scuri dietro la nuca e
trattenersi lì, come ad invitarlo a non smettere più. E lui lo
fece, si spinse più a fondo nella sua bocca, prima di ritrarsi e
farsi inseguire dalla lingua vellutata di lei, in un gioco che ormai
avevano testato ed affinato a più riprese negli ultimi tre mesi. Un
gioco che gli riaccese acuti brividi d'eccitazione e gli rammentò
che lei non aveva altro addosso se non quell'abito di lana.
Stava giusto chiedendosi se non si fosse malauguratamente rimessa le
mutandine, sul punto di far scendere una mano a controllare, quando
lei si staccò da lui quel poco che le concesse per guardarlo negli
occhi un'altra volta. Col fiato già più rapido di poco prima, Kei
ne incrociò per l'ennesima volta gli occhi luminosi ed il lieve
sorriso di lei lo indusse a piegare un angolo delle proprie labbra
verso l'alto.
– La mia vita è cambiata totalmente – gli disse lei, dolcemente,
sfiorandogli una guancia con il lieve tocco della punta delle dita
della mano destra, inducendolo ad inarcare un sopracciglio in attesa
che si spiegasse. Non lo fece attendere a lungo – ..e sei stato tu
a farlo, quando sei entrato a farne parte.
Kei si lasciò sfuggire uno sbuffetto a labbra serrate mentre
abbassava le palpebre, il tempo necessario affinché i molteplici
pensieri e ricordi che lo assalirono si traducessero in una risposta
da darle. Allora, ritrovandosi a carezzarle suo malgrado la schiena
con movimenti leggeri e costanti al contempo, tornò a cercarne
l'iridi ancora una volta.
– Quando ho incrociato il tuo sguardo per la prima volta, non
potevo immaginare quanto esso avrebbe significato per me.. – lasciò
che il proprio sorriso sghembo gli si accentuasse in volto – ..ma
in qualche modo avevo già compreso di essere spacciato.
Era vero. Col senno di poi, non gli era del tutto impossibile
ammettere che quei suoi occhi erano ciò che a primo impatto lo
avevano colpito di più, così limpidi e diretti. Per una frazione di
secondo iniziale c'era stato qualcosa in quegli occhi che lo aveva
attratto, e soltanto adesso che si sentiva totalmente in pace con sé
stesso riusciva ad ammetterlo.
Soltanto adesso sentiva di poter finalmente rilassarsi e godersi il
suo presente, senza dover lottare per raggiungere qualcosa che
rischiava di perdere di vista durante il tragitto; senza più
nascondersi dietro un muro di indifferenza, per tenere lontani coloro
che gli erano intorno.
Lei gli faceva un effetto unico, persino in quel momento, entrambi
persi l'uno negli occhi dell'altra.
Lo faceva sentire libero.
Si baciarono ancora una volta, dapprima dolcemente, mentre quel
semplice contatto gli infuse al centro del petto una sensazione di
sollievo misto a completezza che ormai aveva imparato a distinguere
ed apprezzare. Perché solo lei riusciva a farlo sentire a quel
modo.. solo lei riusciva a farlo sentire speciale.
Lasciando che quel bacio si evolvesse ancora, passando ad un livello
più coinvolgente per entrambi, il blader colse l'accendersi del
proprio desiderio e non fece nulla per nasconderlo, ma lo assecondò,
prendendosi tutta la dovuta calma questa volta. Stringendosela
contro, la sentì aderire con le sue forme morbide contro il suo
petto, il suo basso ventre che premeva ad altezza del suo inguine ed
ambo le gambe nude di lei fra le sue, sulla stoffa dei jeans blu.
Gli piaceva stringersela contro a quel modo.
Gli piaceva il modo in cui giocava coi suoi capelli.
Gli piaceva affondare fra le sue labbra morbide e cogliere il suo
odore.
Ma, ancor di più, amava il trovarsela fra le braccia al
risveglio la mattina, con quei suoi capelli dalle punte colorate
tutti sparsi fra il cuscino e la sua spalla, ed il suo braccio
appoggiato sul suo ventre. Fra tutte, quell'ultima era una delle cose
a cui, sapeva, non avrebbe più potuto assolutamente rinunciare.
Spostandosi dalla finestra la sollevò letteralmente di peso,
afferrandola con ambo le mani sotto le natiche, conducendola a
ritroso sino al letto già in parte disfatto per farla distendere sul
materasso e sfilarle da sopra la testa quel vestito. Una volta che la
mora giacque, nuda nella penombra della stanza, distesa sotto di lui,
il dranzerblader rimase suo malgrado a guardarla per una manciata di
secondi, riempiendosi gli occhi di ogni curva, ogni linea, ogni
dettaglio della sua pelle chiara. Conosceva quel corpo, così come
aveva imparato a conoscere la ragazza a cui apparteneva, ed il fatto
che fosse proprio la sua nightblader a donarsi a lui a quel modo gli
fece nascere un nuovo piccolo sorriso sulle labbra, mentre veniva
assalito da una nuova constatazione.
Era come aveva detto lei: le loro vite erano cambiate, avevano preso
un'altra strada, intrecciandosi l'una all'altra nel procedere nella
stessa direzione. Avevano finito per influenzarsi l'un l'altra,
innescando una serie di cambiamenti che altrimenti non avrebbero mai
avuto luogo; cambiamenti che erano tutt'ora in atto, persino in
quell'istante, mentre lui, puntellando il materasso sui gomiti, si
perdeva nuovamente nell'iridi lucide e piene di promesse di lei.
Calando a baciarla, con una parte di sé non poté non ammettere a sé
stesso che quel continuo cambiamento era inevitabile, ma non se ne
preoccupò affatto.. perché, con lei al suo fianco, non v'era nulla
che potesse spaventarlo, al mondo.
Perché aveva lei. E lei aveva lui.
Devotamente ed incondizionatamente.
...FINE!
[ANGOLO AUTRICE]
Non ci credo... non ci credo che questo giorno è veramente arrivato!
L'ultimo capitolo. Questo è proprio l'ultimo e la lunghezza non è una cosa casuale. Non potevo d'altronde lasciarvi con due righe e spero che ne sia valsa la pena per voi, di arrivare fin qui!
Questa è la prima ff che mi viene fuori così lunga e spero di aver fatto un buon lavoro.. ma ovviamente lascio a voi l'ultima parola ^_^
Ne approfitto per ringraziarvi tutti per avermi seguito fino alla fine, sia coloro che hanno aggiunto la storia fra le preferite, sia fra le seguite. Siete stati di gran sostegno, non sapete quanto, per questa piccola cosa e sono contenta di non aver perso nessuno di voi per strada <3
E grazie mille al sostegno attivo di Obsidian_butterfly, Lady Silmeria, Little_astrid,, Kuroi Namida, Keyra e Lucyvanplet93. Davvero grazie di cuore.
Spero di poter contare su di voi per il mio prossimo lavoretto.. sì, ho in cantiere una nuova storia.. ma non vi anticipo nulla di più di questo.. ah, e sto lavorando anche ad una one-shot nel caso sentiate la mancanza di Kei e Yuki <3 ahah sì, avete letto bene. Mi piaceva l'idea e credo che finirò per pubblicarla, se mi viene bene.
Quindi non è con un addio che vi saluto, ma un semplice arrivederci!
Alla prossima ragazze e ancora grazie mille!!
baci
Kaiy-chan
P.S. Vi lascio uno schizzo fatto da me di Yukiko <3 spero che vi piaccia.. [click!]
Ah, e quasi dimenticavo: questa è la canzone da cui è tratto il ritornello cantato da Yuki: *click!*