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Autore: Hydrogen96    30/01/2015    1 recensioni
Buongiorno viandante! Siediti comodo perché sto per raccontare gli orrori di Angmar che non sono mai stati narrati. La suddivisione in capitoli, in cui sono espressi alternativamente i punti di vista di Thranduil e del piccolo Legolas, è data dal fatto che la storia è nata da una role (quindi metà dei crediti vanno alla mia compagna che ha abilmente interpretato il piccolo elfo).
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Legolas, Thranduil
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Angmar Nightmare

 

 

Thranduil's POV

 

La battaglia nel Regno di Angmar era finita da poco tempo.
Gli elfi erano riusciti a cacciare il male dalle loro lande, combattendolo direttamente alla fonte.
Tra questi c'era Thranduil, il loro Re, che aveva combattuto valorosamente.
In quel momento stava cercando il piccolo Legolas, a passi veloci perlustrava il campo di battaglia disseminato di orchi e di Númenóreani Neri, morti.
Lo sguardo del Re era deturpato da tale orrore. Un quinto dell'esercito con cui era partito stava arrancando, per riprendere le forze. Il resto si perdeva tra i cadaveri.
Il campo era irrorato di sangue: rosso e nero, raccolto in piccole pozze o sparso.
Il cielo presto avrebbe pianto con loro, perché l'acqua purificatrice era forse l'unica soluzione per lavare via tutto quel male, quel dolore.
Avevano vinto, ma a caro prezzo, ed il Re degli Elfi se ne sarebbe reso conto in seguito.
«Legolas!» gridava, cercando di farsi sentire, anche se ormai non aveva più voce.
Doveva trovarlo, aveva promesso alla sua sposa che il piccolo sarebbe tornato a casa incolume, assieme a loro. Ma non aveva di certo potuto prevedere l'indescrivibile portata degli orrori di Angmar.
Dopo ore di ricerca, si sedette su un masso, controvoglia, obbligato dalla stanchezza incombente. I suoi piedi si erano fatti sempre più pesanti e meno inclini a dargli ascolto.
Un raggio di luce filtrò tra le nuvole, facendo brillare la sua armatura argentea. Sarebbe stata la migliore rappresentazione della perfezione elfica in battaglia, se non fosse stata ammaccata ed insanguinata. Il suo mantello era imbevuto di sangue nemico, e strappato per metà della sua lunghezza, ridotto ad uno straccio rovinato che pendeva dalle spalle del condottiero.
Chiuse gli occhi, cercando di alzarsi. La ferita alla gamba gli faceva male, ma doveva trovare il suo bambino. Il loro figlio.
Si girò dall'altro lato del masso su cui era stato seduto, per trovare la forza ma le pupille si ridussero a due fessure molto piccole, e sentì il sangue gelare quando il suo sguardo si posò ad un metro dal masso.
Ciò che vide fu la sua rovina. Accartocciato come una foglia autunnale, là giaceva il corpo della sua Regina. La pelle cerea di lei era ricoperta di tagli e graffi, un orrendo squarcio si apriva nell'armatura, in corrispondenza del cuore. Lo sguardo che un tempo era stato il più dolce, l'unico in grado di sciogliergli il cuore, ora glielo raggelava: le pupille perse nel vuoto, l'ombra dell'ultimo grido sulle labbra.

Corse da lei, cadendo in ginocchio. Delle lacrime scivolavano lungo la tempia, ormai asciutte. Si erano mescolate con il sangue, lungo la folta chioma e fino a terra.
Thranduil fu travolto dalla disperazione, tanto che non riuscì a pensare a niente di logico e razionale. Vicino a lei c'era un imponente orco, ed il pugnale della regina incastrato nel suo collo. Il corpo del nemico era più martoriato di quello di lei, tagli profondi emergevano sulla pelle grigio-nera, per terra c'erano spruzzi color pece che andavano unendosi alle scie del sangue puro della donna.

Aveva combattuto bene, ma a quale prezzo?
In quel momento Thranduil realizzò che affrontare l'immortalità da solo era stata la punizione per aver portato in battaglia anche la sua famiglia. Abbracciò forte il cadavere pallido. Anche da morta la sua bellezza risplendeva nel vuoto della desolazione. Il respiro dell'elfo si stava rompendo dai singhiozzi bloccati in gola. Un dolore che non riuscì più a trattenere. Gridò il nome della sua signora, e fu un grido tagliente e devastante, tanto che dalla bocca gli uscirono molti rivoli di sangue. Perse la voce, ma a che gli serviva se non poteva più accarezzarla con dolci parole al mattino? La prese in braccio, alzandosi molto faticosamente e la portò verso un luogo più asciutto, raccolse della legna per fare una pira, perché nessuna bara avrebbe osato nascondere la sua bellezza alla luce del sole, il Re degli Elfi avrebbe preferito spargerla per il mondo sotto forma di cenere argentea perché tutti godessero della sua impercettibile perfezione.
Distese il corpo di lei sulla piccola catasta di legna, gli tremavano le braccia. Non aveva la forza di farlo, di lasciare che il suo amore bruciasse. Quando accese il fuoco chiuse gli occhi, e li tenne chiusi finché esso iniziò a bruciare. Le lacrime trattenute troppo a lungo iniziavano a scorrere lungo il suo regale viso come fiumi in piena. Una piena di dolore, che accompagnava una leggera pioggerella.
Le gocce d'acqua, che cadendo dal cielo piangevano su tutti i morti, come il figlio di Oropher piangeva sulla sua amata.
In quel dolore delirante gli venne in mente la promessa, doveva trovare Legolas. Mentre il fuoco finiva di ardere, e combatteva per non farsi spegnere dalla pioggia, Thranduil iniziò a correre. Ferite o no, doveva trovare il bambino, anche a costo di passare l'intera esistenza a cercarlo.
Non aveva più la forza di parlare. Dentro di sé qualcosa si ruppe. Dentro di sé nere nuvole si stavano addensando, ed il sole piano piano stava diventando di ghiaccio.
Là dove il fuoco aveva bruciato ogni traccia della regina di Boscoverde il Grande, rimasero solo i gioielli della luce pallida, stellare, che ella aveva indossato. Erano stati il dono di nozze.

   
 
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