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Autore: bsidelouis    30/01/2015    2 recensioni
Louis è il proprietario di un piccolo negozio di dischi situato nel centro di Londra. Vive da solo, in una casa fin troppo vuota; un letto troppo freddo e grande, per una persona. L'unica cosa che gli sta veramente a cuore è quel posto che definisce "casa", in mezzo ai vecchi cd impolverati.
Harry è un ragazzo riservato, restio ad aprire il suo cuore ad uno sconosciuto qualsiasi che vuole soltanto amarlo, prendersi cura di lui. "Al cuore non si comanda" diceva qualcuno e, purtroppo, aveva ragione. I suoi sentimenti sarebbero sempre prevalsi sulla buona volontà di star fuori da tutto quello.
Harry e Louis all'inizio non sembrano destinati a stare insieme, un amore troppo forte da reggere.
Eppure, alla fine dei conti, amare è una scelta. Harry ha preso la sua, Louis farà quella giusta?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! Scrivere questa os mi è piaciuto molto e l'idea mi era subito sembrata carina, per questo ora vi ritrovate a subirmi un'altra volta. Spero sia di vostro gradimento, mi farebbe molto piacere se lasciaste anche una recensione per farmi sapere cosa ne pensate. Accetto anche le critiche! 
Buona lettura.
Un bacio, Anna.


 

I know we're lost but soon we'll be found

 

 

Solo quando le ginocchia iniziarono a fargli male, Louis decise di alzarsi dalla scomoda posizione in cui era, anche se a malincuore. Quella mattina il fattorino gli aveva consegnato un pacco in cartone, leggermente rovinato sugli angoli per il viaggio, senza mittente. Impaziente lo aveva aperto ed era rimasto a bocca aperta per il contenuto. Dischi in vinile praticamente introvabili, che lui però cercava da anni. Louis, infatti, era proprietario di un negozio di dischi situato in un vicolo nel centro di Londra. Adorava passare il tempo chiuso in quelle quattro mura, ascoltando i suoi amati dischi senza mai stancarsi. C'erano canzoni che oramai aveva sentito centinaia e centinaia di volte, eppure non smettevano mai di regalargli emozioni nuove. Era stato molto fortunato: dopo aver lasciato la scuola, troppo presto secondo sua madre, era riuscito a realizzare il suo sogno e, quindi, a fare quello che gli piaceva. Quando qualcuno aveva bisogno di un consiglio lui non esitava a mostrarsi gentile e premuroso, cercando di dare il suo meglio per ogni cliente. Metteva passione in tutto quello che riguardava quel posto, anche le pulizie che gli toccavano ogni sera. Attaccava il suo pezzo preferito ma – anziché pulire – finiva tutte le volte per ballare tra le file di cassettiere in legno. Per quel motivo si riprometteva tutte le volte di non mettere quella canzone ma, per quanto ci provasse, non riusciva a resistere. Era come se lo chiamasse con voce suadente, e chi rinuncerebbe? Di sicuro non Louis, che anche quella sera spazzava per terra non curante del fatto di star peggiorando la situazione. Infatti, poco prima di chiudere il negozio per tornarsene a casa, si girò per guardare se tutto era in ordine. Sospirò notando come, passando la scopa poco prima, avesse solo alzato la polvere. La mattina seguente gli toccava alzarsi prima per rendere minimamente più presentabile quel luogo che chiamava “casa”. Il suo appartamento poco lontano dal negozio non riusciva a definirlo tale, anche perché il tempo che spendeva al suo interno era poco. Gli metteva tristezza anche se aveva cercato di personalizzarlo il più possibile appendendo quadri, vecchie fotografie, disponendo i suoi libri preferiti sugli scaffali. Continuava a pensare fosse troppo vuoto, troppo silenzioso. Forse era dovuto al fatto che viveva completamente solo in una casa fin troppo grande per un'unica persona. A volte gli capitava di chiudere gli occhi e sentire la risata cristallina del suo ex ragazzo, Zayn, che rimbombava sulle pareti per poi entrargli in testa così violentemente da fargli male. Quando ripensava a lui finiva sempre per uscire di casa sbattendo la porta, qualsiasi ora fosse. Aveva preso in considerazione l'idea di cambiare appartamento più e più volte, ma troppi ricordi lo tenevano ancorato in quel posto. Con la testa che gli scoppiava e gli occhi che pizzicavano per il pianto che, ancora una volta, lo avrebbe accompagnato come una ninna nanna, abbandonò il suo corpo nelle braccia di Morfeo.

Alzarsi la mattina seguente era risultato più difficile del previsto; ogni angolo del suo corpo lo supplicava di rimanere ancora qualche ora nel comodo letto di casa sua – sempre troppo freddo per i gusti di Louis – a riposare. Non ricordava nemmeno più l'ultima volta in cui si era alzato volontariamente, senza la sua odiosa sveglia. Una bella vacanza, in quel preciso istante, non gli sembrava una cattiva idea. Ma chi avrebbe badato al negozio mentre lui sarebbe rimasto a casa? Non poteva semplicemente chiudere per qualche giorno, doveva rimanere aperto per ogni esigenza dei clienti. Era talmente abituato a vedere delle profonde occhiaie sotto i suoi occhietti azzurri, che nemmeno quella mattina se ne preoccupò più di tanto. Si buttò un po' d'acqua gelata sul viso per svegliarsi definitivamente e, dopo aver indossato le prime cose trovate nell'armadio disordinato, uscì sbattendosi la porta alle spalle.
Appena arrivato in negozio si preoccupò di alzare tutte le serrande e, dopo aver tolto lo strato di polvere che si era posato la sera prima, girò il cartello appeso alla porta mettendo in vista la scritta “Open”. Prese un bel respirò e andò a sedersi sulla sedia, ormai sgualcita dal tempo, dietro al bancone. Si stava annoiando parecchio ed era consapevole che di clienti non ne avrebbe visti prima delle nove, quindi decise di recarsi cinque minuti alla caffetteria di fronte al suo negozio. Uscì senza premurarsi di portare con sé la giacca di pelle che in quel momento giaceva a terra malamente. Quel giorno, per sua fortuna, un leggero sole primaverile splendeva nel cielo Londinese sempre coperto da nuvole; un venticello gli spostava i capelli in viso, scompigliandoli più di quanto già non fossero prima. Leggermente irritato per la svogliatezza con cui gli aveva parlato il cameriere, tornò dietro il suo amato bancone in legno scuro.
Durante il corso della mattina non si presentarono molti clienti, alcuni erano entrati solo per curiosare, come la maggior parte faceva. Lavorare in quel negozio non fruttava molto guadagno a Louis, che riusciva a malapena a pagare le bollette e l'affitto; infatti la madre gli prestava i soldi per quello dell'appartamento, e gli faceva la spesa quando ne aveva bisogno. La sua era sempre stata una famiglia benestante e non aveva mai esitato ad aiutarlo ogni qual volta avesse avuto bisogno. Anche se Louis affermava di riuscire a gestire tutto da solo, in fondo sapeva che da solo non sarebbe andato molto lontano.
La porta suonò, segno che un cliente era appena entrato. Alzò repentinamente lo sguardo dal libro che stava rileggendo per la millesima volta – doveva decidersi a comprarne uno nuovo – e gli sorrise gentilmente esclamando un “Buongiorno” a cui non vi fu risposta. Louis si sporse leggermente dal bancone su cui era appoggiato e notò che il ragazzo portava delle cuffiette. Sapendo quanto fosse fastidioso essere disturbato mentre si ascoltava della musica, lo lasciò perdere. Se avesse avuto bisogno si sarebbe avvicinato lui.
Senza nemmeno accorgersene, Louis stava fissando il ragazzo che rovistava tra le file di dischi. Notò come dei bellissimi boccoli color cioccolato gli ricadevano sul viso; la pelle bianchissima e le labbra rosse e carnose, leggermente socchiuse; era molto alto, probabilmente dieci centimetri più di lui. Portava degli skinny jeans neri – troppo stretti per i suoi gusti – con una maglia nera. Per coprirsi dal leggero vento che soffiava nelle vie di Londra quella mattina, indossava una camicia a quadri rossa e nera; per finire degli orribili stivaletti in pelle beige. Louis preferiva mille volte le Vans che anche quel giorno fasciavano i suoi piccoli piedi. Doveva confessare che era davvero un bel ragazzo, in quel negozio non ne aveva mai visti. I clienti non scendevano mai sotto i trent'anni d'età, quindi era molto stupito.
Solo quando si accorse che il riccio lo stava guardando a sua volta, arrossì violentemente e abbassò lo sguardo sul suo libro. Cercò in tutti i modi di mettere insieme le parole scritte in quelle vecchie pagine ormai ingiallite, ma ogni tentativo sembrò vano.
“Emh” tossì leggermente per schiarirsi la voce “potresti aiutarmi?” disse con tono fermo, guardando Louis e sorridendo appena quest'ultimo alzò lo sguardo concedendogli piena attenzione.
“Certo, sono qui apposta” gli donò un sorriso timido prima di “Dimmi tutto” terminare alzandosi dalla scomoda sedia su cui era seduto da ormai troppo tempo.
“Vorrei comprare un nuovo disco da aggiungere alla mia collezione” rispose abbassando lo sguardo incerto.
“Che genere ti piace ascoltare? Hai qualche cantante o gruppo preferito?” gli chiese quindi Louis, cercando di concentrarsi sul cliente e non sui suoi bellissimi occhi verdi.
“In realtà nulla di particolare. Mi piace scoprire nuovi generi ogni volta” sussurrò, sembrava quasi restio a parlare di sé stesso. Louis restò qualche secondo di troppo ad osservarlo prima di alzarsi per cercare qualcosa di adatto a quel ragazzo.
Sfogliò copertine su copertine, titoli su titoli, prima di trovare il disco prescelto. Sorridente e soddisfatto si avvicinò nuovamente al riccio. Quando Louis gli porse il cd ancora ricoperto dalla sua plastica protettiva, sembrò destarsi da chissà quale pensiero.
“Questo è uno dei miei dischi preferiti in assoluto, te lo consiglio. Mi farebbe piacere se poi mi dicessi cosa ne pensi. E poi potrei sempre consigliartene degli altri” esclamò il liscio sorridendo pienamente. L'altro annuì leggermente osservando la copertina dell'oggetto poggiato sul bancone. “In a perfect world” dei Kodaline. Louis amava ogni singola canzone di quell'album, passava giornate intere ad ascoltarlo e sperava che anche lui l'avrebbe apprezzato.
“Va bene, lo prendo” disse dopo qualche minuto di un silenzio – se così si poteva definire visto che alla radio suonavano le note di “Soon we'll be found” di Sia – che a Louis parve assordante. Il ragazzo sorrise stancamente e mise i soldi sul piattino vicino alla cassa. Allungò la mano per prendere il sacchetto in cui Louis aveva messo il cd con lo scontrino all'interno; le loro dita si sfiorarono. Entrambi ritrassero velocemente le mani: Louis imbarazzato e il riccio spaventato. Per questo salutò e si affrettò ad uscire da quel posto che gli stava facendo mancare l'aria.
“Comunque io sono Louis” urlò il liscio da dietro quel bancone che, negli ultimi minuti, era stato solo d'ingombro.
“Harry” esclamò il riccio ormai già in strada.
E per il resto della giornata non fece altro che pensare ad Harry e ai suoi occhi verde scuro che l'avevano incantato.

Per le tre settimane successive aveva rivisto Harry tutti i mercoledì pomeriggio, ed ogni volta gli aveva regalato un po' di se stesso consigliandogli i suoi cd preferiti. A lui sembravano piacere molto visto che, tutte le volte che Louis gli chiedeva cosa ne pensasse, sorrideva con un bambino.
Il liscio aveva imparato a riconoscere i comportamenti di Harry in ogni occasione. Quando era nervoso, per esempio, si passava una mano nei capelli; ma la cosa che più adorava di quel riccio erano le fossette che si formavano ad ogni sorriso rivolto a lui. Avrebbe tanto voluto riempirle con la punta delle sue dita, giusto per vedere cosa si provasse, ma non aveva mai avuto il coraggio di farlo.
Per tre settimane, tutti i mercoledì pomeriggio aveva visto Harry; tutti tranne quello. Infatti quel giorno non si era fatto vedere. Ogni volta che la porta suonava, Louis alzava lo sguardo sperando di vedere il riccio di fronte a lui. Aveva anche chiuso il negozio dopo, a malincuore.
Ci aveva sperato fino alla fine, vederlo lo faceva stare bene e il loro rapporto si stava rafforzando. Parlavano della loro vita privata, dicevano quello che pensavano senza paure o vergogne.
E Louis piano piano sentiva che quello che gli faceva provare Harry non somigliava minimamente ad un'amicizia. Quando quel giorno non si era presentato, infatti, si era sentito male; un peso sul petto lo aveva accompagnato fino a casa.
Con il passare dei giorni percepiva che Harry lo stava portando sempre più a fondo, insieme a lui, eppure non aveva paura. Perché anche il burrone più buio e profondo sembrava il paradiso se stava accanto a lui.

Altre settimane passarono e del riccio non aveva avuto più notizie. Ci stava ancora male ma doveva concentrarsi sul piccolo spettacolo che metteva in atto quel venerdì sera. Per arrotondare un po' le scarse vendite del negozio, faceva una sorta di concerto ogni ultimo giorno del mese. Louis amava comporre canzoni dove raccontava quello che gli accadeva; sua madre gli diceva spesso che i suoi testi erano come poesia. Lui aveva sempre creduto di non cantare così male, e dagli applausi che riceveva tutte le volte, se n'era convinto ancora di più.
Quella volta stava lavorando ad una canzone molto personale, più di quanto fossero mai state quelle precedenti. Voleva parlare di Harry e dei suoi occhi; di come, volta per volta, si era innamorato di un particolare nuovo che lo caratterizzava.
Dopo molte crisi di nervi, fogli accartocciati, caffè presi per restare sveglio alle tre di notte; aveva finito di comporre e non gli sembrava tanto male. Non riassumeva nemmeno una millesima parte di quello che voleva dire, ma era già qualcosa. Così la provò e riprovò nei giorni successivi, voleva eseguirla alla perfezione per Harry, anche se lui non l'avrebbe mai sentita.
Quando ci pensò nuovamente, quella sera, sentì una dolorosa fitta al petto. Non si era più fatto vedere da un momento all'altro, senza dargli spiegazioni. In quel preciso istante avrebbe voluto soltanto prenderlo a pugni sul petto prima di finirci sopra a piangere. Gli aveva fottuto il cervello, la vita, il cuore. L'aveva portato a fondo per poi lasciarlo da solo, nonostante avesse bisogno di lui.

Era venerdì sera e Louis era più ansioso del solito – il che non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione – e non riusciva a stare fermo un secondo. Continuava a camminare per la stanza, avanti e indietro, in continuazione. Ad un certo punto arrivò a pensare che, se avesse continuato, avrebbe corroso il pavimento e sarebbe caduto sotto terra.
Alle 21:00 in punto salì sul piccolo palchetto improvvisato proprio davanti all'ingresso del suo negozio. Una ventina di persone applaudiva e sorrideva, qualche passante incuriosito si avvicinava lentamente. Non era molta gente ma a Louis bastava, lui era contento nonostante tutto.
Prese un bel respiro, si sedette su uno sgabello e iniziò a suonare le prime note della fatidica canzone. Proclamare a quelle persone i sentimenti che provava per Harry era un'emozione forte, che lo costrinse a chiudere gli occhi.
 

...I won’t give up on us
Even if the skies get rough
I’m giving you all my love
I’m still looking up...”



***

 

E mentre Louis dava tutto sé stesso su quel palco, non si accorse di due occhietti verdi che lo osservavano da lontano. Harry, infatti, era andato ad ascoltarlo e in quel momento stava malamente appoggiato al lampione sul lato opposto della strada. Con gli occhi leggermente arrossati per un pianto imminente e i brividi sulla pelle, non riusciva ad imporre al suo corpo di muoversi di lì. Voleva andarsene, lasciar perdere Louis e tutto quello che c'entrava con lui. Dalla prima volta in cui l'aveva visto, dietro quel bancone immensamente grande rispetto al suo corpicino piccolo, aveva sentito qualcosa; come se in quel momento tutto fosse stato al posto giusto, nel momento giusto.
Ogni persona possiede solo metà cuore, come un pezzo di un puzzle che ha un'unica possibile combinazione. Harry aveva sentito come se, dopo qualche tentativo vano, i loro cuori erano combaciati alla perfezione.
E a lui non era mai capitato, non era mai stato così bene con qualcuno. Amava passare il tempo con Louis a parlare di musica, dei loro artisti preferiti. Ad Harry piaceva molto discutere, stare al centro della conversazione; ma in quei momenti, poteva giurare, stava zitto per ascoltare Louis, anche se magari diceva cose di cui avevano già parlato.
Louis aprì gli occhi e, come se avesse sentito la presenza di Harry, li puntò in quelli del riccio mentre intonava:
 

...When I look into your eyes
It’s like watching the night sky
Or a beautiful sunrise...”

 

 

Il discorso che stavano facendo con quello sguardo era in una lingua che capivano solo loro, tra tutti i presenti. Qualche signore più anziano sorrise notando quanta passione e amore ci stesse mettendo Louis in quelle parole, che prima erano solo delle scritte su un foglio bianco. Harry sentì come se ogni singola lettera stesse marchiando il suo cuore a vita.
E in quel preciso istante Louis consegnò le chiavi della sua vita in mano ad Harry, che preso di sorpresa e incapace di donarsi ancora totalmente, scappò via nuovamente lasciando il liscio ancora più solo e vuoto di prima.

Senza una meta, sfrecciava con il suo vecchio skate per le vie di Londra in quella notte ancora troppo fredda per essere primavera inoltrata. Nelle cuffie risuonavano le note di una canzone del suo gruppo preferito, gli Arctic Monkeys. Era successo tutto troppo in fretta e lui non era decisamente pronto a concedere tutto sé stesso all'altro, anche se sapeva fosse la cosa giusta da fare. “Al cuore non si comanda” diceva qualcuno e, purtroppo, aveva ragione. Non poteva comandare il suo cuore, tanto meno i suoi sentimenti.
Al solo pensiero dello sguardo deluso e ferito di Louis, solo su quel palco, ormai vuoto da ogni cosa perché donata ad Harry, gli mancò il fiato e si dovette fermare sulla prima panchina.
Ma il riccio non sapeva che Louis, nonostante gli avesse dato tutto quello che possedeva, si sentiva pieno. Pieno di vita, emozioni, gioia, felicità. Insomma, si sentiva pieno di Harry e gli andava bene così.
Si portò le mani sul viso e rimase in quella posizione per qualche minuto. Poi la riproduzione casuale scelse il momento giusto per far partire quella canzone. La voce di Sia gli risuonava nelle orecchie; cantava ma Harry non riusciva ad ascoltarla. Se non avesse avuto le dita leggermente appoggiate sulle guance, non si sarebbe accorto che stava piangendo. Calde e bagnate, le lacrime gli stavano rigando il volto. Involontariamente pensò a quanto forte volesse Louis accanto a lui in quel momento, su quella panchina con la vernice scrostata per via della ruggine, in una notte troppo fredda per un corpo solo. Senza smettere di piangere un secondo riprese lo skate in mano e camminò verso casa.
Aveva iniziato a pensare a loro due insieme, come una coppia e non come due corpi distinti e separati. Era deciso ad andare da Louis e chiarire tutto, dirgli cosa provava e passare il resto dei suoi giorni con lui. Si stava pure chiedendo da quando era diventato così sdolcinato e romantico, al solo pensiero sorrise.
Durante il tragitto verso il suo appartamento aveva pensato a lungo su come fare per farsi perdonare per tutto, senza esagerare. Non voleva assolutamente sembrare superficiale. L'idea gli venne nel momento in cui ascoltò per la quarta volta di seguito la loro canzone. Strappò un pezzo di carta malamente e prese la prima biro che gli capitò sotto mano.
Non sapeva se si sarebbe fatto vedere l'indomani pomeriggio, non poteva fare altro che sperare. In fondo, però, in qualche lontano meandro del suo cuore, sentiva tutto sarebbe andato per il meglio. Così, leggermente più sollevato, si addormentò nel suo letto che, come mai prima di quel momento, gli sembrava troppo grande e freddo per una persona sola.


 

***
 

 

Quella mattina si era svegliato ancora più svogliatamente del solito e i clienti erano stati pochi quindi, per la maggior parte del tempo, aveva letto il libro che gli aveva regalato Harry. Avevano fatto un patto, qualche settimana prima: Louis gli consigliava i dischi e lui, in cambio, dei bei libri da leggere. Le storie gli erano piaciute molto, alcune lo avevano anche fatto emozionare.
Stava per terminare nuovamente il libro che teneva tra le mani quando notò il buio che si era impossessato delle strade Londinesi. Erano le 21, avrebbe dovuto chiudere mezz'ora prima ma, troppo preso dal racconto, non si era reso conto del tempo che passava. Sospirando si alzò dallo sgabello improvvisato su cui era seduto – visto che la sedia precedente lo aveva lasciato con il sedere per terra qualche giorno prima – e raccolse tutta la sua roba. Si accertò di aver spento tutte le luci e chiuse la porta dietro di sé. Tirando la maniglia per controllare se fosse chiusa bene, notò un piccolo foglietto di carta bloccato sotto di essa. Incuriosito lo aprì e si guardò intorno subito dopo averlo letto.


Domani, ore 17, alla caffetteria di fronte al tuo negozio. È importante.

              -H x                                
 

Harry era stato lì non molto prima e non poteva essere andato lontano. Louis, infatti, non aveva notato la massa di capelli ricci che spuntava dall'angolo opposto della strada. Si strinse nella giacca troppo grande per il suo piccolo corpicino e sorridendo tornò a casa.
Pensandoci bene non sapeva come reagire. Sarebbe dovuto andare o avrebbe dovuto lasciarlo soffrire come aveva fatto lui? Per quanto volesse scegliere la seconda opzione, sapeva benissimo che il suo cuore sarebbe prevalso sul cervello.

Proprio per questo, il giorno seguente, aveva chiuso il negozio prima – come non aveva mai fatto – ed era andato davanti alla fatidica caffetteria alle 16:59. Prese un bel respiro: da lì a poco avrebbe rivisto Harry dopo un mese e dieci giorni che non lo faceva. Pensava che il suo cuore fosse sul punto di esplodere per quanto forte stesse battendo nel suo petto, quasi gli faceva male.
Appena Louis varcò quella porta, dietro la quale c'era un Harry più sorridente che mai ad aspettarlo, pensò seriamente di essere in paradiso, di essere morto. Ma non si sarebbe mai aspettato quello che successe dopo.
Louis corse tra le braccia aperte di Harry, ci si tuffò dentro con l'intenzione di non uscirne più. Si sentì nel posto giusto al momento giusto. Erano abbracciati malamente, tutti attorcigliati e in una posizione che poteva sembrare scomoda; ma per loro era tutto il contrario. I loro cuori finalmente si erano ricongiunti, dopo essersi scontrati tante volte, dopo essersi feriti a vicenda.
Tutto intorno a loro si era fermato, sì, fino a quando alla radio partì la loro canzone, quella che c'era alla radio nel negozio di Louis quando si erano visti la prima volta. Il liscio guardò Harry a metà tra lo stupito e il confuso. L'aveva sentita anche lui? Gli vennero le lacrime agli occhi per le troppe emozioni che stava provando.
“Potrai mai perdonarmi?” gli chiese Harry sottovoce nell'orecchio. Louis rabbrividì nel sentire il fiato caldo dell'altro sfiorargli il collo.
“Ci vorrà un po' di tempo” rispose Louis sospirando consapevole che in realtà il suo cuore l'aveva già fatto.
“Tutta la vita va bene?” disse dopo qualche minuto Harry appoggiando la sua fronte su quella del ragazzo di fronte a lui. La differenza di altezza era ancora più accentuata e la cosa fece sorridere entrambi.
Louis non riuscì più a trattenersi e si impossessò di quelle labbra che desiderava dal primo giorno che le aveva viste. Le succhiò, le morse come a voler cancellare la traccia di chiunque altro le avesse baciate prima di lui. Quel bacio fu uno scambio di emozioni e sentimenti che fecero tremare il cuore ad Harry per quanto fossero forti, il quale si allontanò leggermente da Louis anche se a malincuore. Gli sorrise pienamente, con fossette in vista e tutto il resto, prima di sussurrargli “Per amare qualcuno bisogna decidere se rinunciare a tutto quello che si ha per donarlo all'altro, vedere il suo lato peggiore e restare; o vivere una vita avendo tutte le cose che una normale persona potrebbe mai desiderare ma stare solo con sé stesso. Io ho fatto la mia scelta, e tu?”.
 

Let's not fight I'm tired can't we just sleep tonight
Don't turn away it's just there's nothing left here to say
Turn around I know we're lost but soon we'll be found

(Soon We'll Be Found – Sia)

   
 
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