Non sapeva da quanto tempo non parlava con qualcuno, troppo ormai.

Il silenzio era opprimente, troppo carico di ricordi, di rumori di lame e di gemiti di dolore di chi esalava l’ultimo respiro, abbandonando finalmente quell’inferno che si era creato.

La Quarta Guerra ormai era finita, la pace doveva regnare sovrana, la gente doveva mettere insieme i pezzi della propria vita e cercare di andare avanti, ingnorando il dolore della guerra come meglio poteva.

Anche lei, Temari Sabaku No, avrebbe dovuto in qualche modo tornare a vivere anche se non era facile.

Appena vent’anni e aveva già visto morire troppe persone, troppo sangue innocente che aveva macchiato quella nuda terra ormai deserta, dove la vita non avrebbe potuto più sbocciare, perché l’odio e la distruzione l’avevano reso arida, sterile, come in quel momento era il suo cuore.

Alla fine non era rimasta nella quarta divisione insieme al fratello, le sue doti di stratega, seconde solo a quelle di Shikamaru Nara, e il suo carattere forte era servito a non scoraggiare i suoi compagni di squadra, a non far gettare la spugna a molti,a salvare delle vite innocenti.

Aveva vagliato tutte le divisioni, lei. Fino a quel fatidico giorno in cui la sua vita cambiò per sempre.

Si trovava nella Prima Divisione, durante un attacco di Gedo Mazo. La fine del conflitto era ancora lontana, ma una piccola speranza si accendeva negl’animi degli shinobi dell’alleanza. Forse sentivano che qualcosa stava cambiando, che Naruto sarebbe riuscito a distruggere l’Akatsuki una volta per tutte.

Lei stava combattendo alla stregua delle sue forze, quando notò che una lingua di fuoco stava per colpire a morte il capitano della divisione, Darui, dalla terra delle Rocce. Senza pensarci due volta, si lanciò contro l’uomo, gettandolo a terra, salvandogli la vita a discapito della sua: infatti non era riuscita ad evitare completamente il fuoco, ustionandosi gravemente la parte destra del corpo.

La testa sembrava andarle a fuoco, mentre gli arti non le rispondevano più.

La giovane kunoichi urlò come mai aveva fatto a prima, il dolore era così intenso che in un paio di minuti i suoni si fecero più ovattati, le grida più lontane, i colori divennero sbiaditi e confusi, mentre la coscienza cadeva lentamente nell’incoscienza.

L’ultima cosa che vide furono le braccia di Darui, poi tutto fu buio.

La kunoichi si risvegliò molto tempo dopo, nell’infermeria del campo. Si sentiva molto debole, gli arti più pesanti del solito e la parte destra del corpo sembrava non riuscire proprio a muoverla.

Darui, ogni giorno, le andava a fare visita, nella speranza che quella coraggiosa ragazza si svegliasse. Le aveva salvato la vita e questo non poteva certo dimenticarlo. Rabbrividì al ricordo di quell’episodio, al terrore che quella ragazzina non ce la facesse. Il giovane della Roccia non si perdonò mai il fatto di aver abassato la guarda e il fatto che per salvare lui, la vita di un’altra era stata rovinata.

“Non muoverti, peggiorerai solo le cose”.

Temari cercò di inquadrare il suo interlocutore. Aveva capito di aver un’occhio bendato, quando notò una macchia scura sul lato destro della faccia. Tentò di alzarsi dalla barella, ma ogni tentativo fu inutile; le faceva male solamente respirare, figuriamoci alzarsi.

“C-cos-sa ...?” Pronunciare quella parola le era costato molto; le labbra le facevano male e la voce non ne voleva sapere di uscire.

Darui le fece segno di restarsene in silenzio,già la sua situazione era critica così e non serviva certo che lei la complicasse ancor di più la sua situazione.

Temari si sentiva tanto stanca, voleva dormire eppure voleva sapere che cosa le era successo, perché le faceva male tutto.

“Dormi, ci sarà tempo per le spiegazioni” Disse con voce scura l’uomo.

La ragazza non se lo fece ripetere due volte e, cullata dalla dolce brezza notturna cadde in un sonno profondo e senza sogni.

“Onorevole Kazekage, vostra sorella è stata ferita durante la battaglia contro Gedo Mazo, ha riportato ....”

Un sommesso vociferare giunse alle orecchie di Temari, ridestandola del tutto. Erano passati alcuni giorni dall’incontro con Darui e lei si era stufata di starsene a letto tutto il giorno. Fuori c’era una guerra che continuava inesorabile e lei non poteva di certo fermarsi.

Non saranno certo delle bende a tenermi rinchiusa qui dentro.

A fatica riuscì a mettersi seduta, ma quando provò ad appoggiare la gamba destra sul quel telo che faceda da pavimento alla tenda ecco che una fitta di dolore la costrinse ad aggrapparsi alla barella per non scivolare a terra. Temari non riusciva ad appoggiare il peso sulla gamba martoriata, ma non si perse d’animo e con molta fatica riuscì a raggiungere il tavolo a qualche spanna da dove era sdraiata prima. Senza mai mollare la presa sul tavolo decise di togliersi il bendaggio alla nuca, per darsi una rinfrescata con l’acqua della bacinella.

Quando anche l’ultima benda scivolò a terra, per un momento la ragazza vide il suo riflesso sullo specchio d’acqua e semplicemente urlò.

Urlò con tutto il fiato che aveva in gola, Temari, alla vista di quel riflesso che, ne era sicura, non le apparteneva.