Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Segui la storia  |       
Autore: Happy_Pumpkin    28/11/2008    1 recensioni
Amava la sua fidanzata.
Ma ancora non sapeva su di lei cose veramente insignificanti... non era umana, lavorava in compagnia di un licantropo e non solo... quella sera, senza nemmeno saperlo, avrebbe detto addio alla sua vita perfetta per ritrovarsi scaraventato in un insieme di avventure, di segreti e di personaggi fuori dal comune.
Follia allo stato puro.
Genere: Romantico, Dark, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sono la tua donna ideale, piacere.


Davvero fantastico. Imperdibile.
Ray guardò con un certo orgoglio la splendida ragazza con cui aveva avuto la fortuna, imprevista a dire il vero, di trascorrere la serata.
Un appuntamento galante, svolto in modo impeccabile: eccellente ristorante francese, musica raffinata, una bottiglia di vino che gli sarebbe costata un salasso.

E le chiacchiere.
Deliziose chiacchiere a base di argomenti culturalmente impegnati.

Lo ammetteva, lui era un tipo semplice, alla mano per certi aspetti. Ma aveva delle regole ben rigide in fatto di ragazze: per lo meno piacenti, non eccessivamente noiose ma soprattutto... dovevano avere le sinapsi ben collegate. Intelligenza.
L'ingrediente, la miscela segreta, per creare la donna perfetta.
E quella ragazza, capelli color nocciola, occhi di un azzurro ghiaccio, parlata sciolta e sorrisi brillanti, corrispondeva in pieno ai suoi canoni.
Se la poteva permettere: anche lui soddisfaceva in pieno tutti quei punti indispensabili per una buona relazione tra umani.
Talasia. Un nome così musicale, dal retrogusto antico... se ne era innamorato fin dall'inizio.

Sospirò con evidente compiacimento, sperando che la sbadataggine di cui a volte si macchiava non emergesse perché con una ragazza intelligente la semplice bellezza, che lui usava indiscriminatamente come arma, non avrebbe funzionato.
Ah... la Cecenia... i problemi in Afghanistan... tutti quegli argomenti, pronunciati da quella bocca sottile con un velo di rossetto, sembravano incredibilmente seducenti.
“Per quanto riguarda...”

Squillò il cellulare. Oh, l'inno alla gioia di Beethoven.
Non era il suo.

Calò il silenzio tra i due. Ray, con un leggero sorrisetto, scrutò la sua fantastica ragazza distendersi in un sorriso imbarazzato.

“Scusa, rispondo un attimo.”

Fai pure cara. Prenditi tutto il tempo del mondo, io mi sazierò contemplandoti.
Non glielo disse ma evidentemente recepì il messaggio perché prese il cellulare da una borsetta nera, molto sobria, e lo avvicinò all'orecchio.
“Pronto?” la sentì dire.

Ray Nethew non avrebbe mai saputo l'argomento della conversazione, chi ci fosse dall'altro capo del telefono e tanto meno il perché la sua compagna di serata lo stesse fissando con un sorriso irrigidito sul volto pallido.

Sorrideva per non urlare. Per non ribaltare il maledetto tavolo e imprecare contro la maledetta sfortuna che, una volta che tutto andava per il verso giusto, si metteva contro di lei.

“Si, cosa c'è?” chiese ancora, sperando di non aver scambiato il suo respiro roco per un altro.
“Muoviti sanguisuga se non vuoi raccogliere la mia pelliccia per strada.”

Perfetto. La sua serata era ufficialmente rovinata.
“Davvero mancano ancora dei moduli da compilare? E' indispensabile? Si...”

Prima che il suo interlocutore potesse aggiungere qualcos'altro richiuse il cellulare fissando un istante Ray, capelli color paglia, riccioli scombinati tenuti domati da un taglio corto e occhi verdi.
Lui la guardava a sua volta, con una certa aspettativa.
“Ehm... la mia segretaria.”

Ray non aveva il super udito e non poteva aver sentito la voce profonda, sicuramente di un uomo, con cui la sua ragazza parlava.
“Devi andar via?” chiese quasi in un filo di voce.

Talasia annuì con evidente rammarico: “Si... mi spiace, davvero! Ma i moduli, sono urgenti e... mi ucciderà se non vado.”

Si alzò in piedi, il vestito nero coi tacchi alti di un'eleganza che non stonava, quasi discreta, i capelli che ondeggiavano inquieti ai suoi movimenti rapidi.
Come se dalla compilazione di quelle carte dipendesse il destino del mondo...
Talasia gli schioccò un bacio sulla guancia per poi allontanarsi passando tra i vari tavoli riccamente imbanditi, mentre la gente la guardava un po' stupita per quella che ai loro occhi sembrava una fuga in piena regola.

Ray sospirò, appoggiando una mano sulla guancia e facendo ondeggiare il bicchiere contenente il vino che gli costava almeno un quarto del suo stipendio d'agente.
Un cameriere gli si avvicinò con due piatti contenenti una raffinata mousse ai funghi per poi arrestarsi e guardarlo esitante:
“Devo far ritornare indietro il piatto monsieur?”

Ray alzò lo sguardo, un po' perso, e con un gesto annoiato della mano rispose:
“No, lascia il mio. Mangerò da solo.”
Che tristezza. Le ragazze e intelligenti tendevano troppo spesso a fuggire.

*°*°*°*

Percorse i primi metri per strada con i tacchi saldamente ancorati ai piedi ma ben presto divennero troppo scomodi. Quando sarebbe giunto il momento di combattere sarebbero stati un peso inutile.
Si arrampicò con velocità su di un muro, sperando che nessuno passasse di lì in quel momento, giungendo sui vari tetti anonimi e piuttosto squallidi del quartiere immediatamente confinante con la zona nella quale avevano cenato.

Compì un lungo salto per passare all'edificio vicino e rapidamente si tolse le scarpe lanciandole in aria. Qualcuno le avrebbe trovate e, posto che calzasse la sua stessa misura, sarebbe stata una persona felice.

Quel maledetto cane. Gliel'avrebbe pagata. Avrebbe pestato a sangue lui e quei disgraziati che avevano rovinato la sua cena perfetta, con un uomo indubbiamente affascinante.
Aveva faticato tanto per arrivare fino a li: non stringere forte i bicchieri o si spaccano, cerca di mangiare quelle robe inutili che troverai davanti al tuo naso, non vomitare per i troppi odori tutti mischiati insieme.
Il tutto racchiuso in un solo, unico, comando: sii raffinata.

Piccolo particolare: lei non lo era affatto.
Doveva sforzarsi di sorridere a modo, di accavallare le gambe con stile, di non sfondare la mascella a Ray quando lo salutava castamente.

Perché, in tutti i suoi seicentoventotto anni di vita, aveva sempre e solo dovuto sopravvivere. Lottare, combattere e resistere. Per poter camminare ancora, per poter anche solo parlare.
Quindi non aveva avuto il tempo per abbandonarsi al miglioramento della propria persona e delle relazioni con gli umani, umani che fino a qualche secolo fa erano molto più furbi dei giorni attuali.
Sapevano riconoscere un mostro a chilometri di distanza.

Eppure era fondamentalmente buona, percui la sua esistenza era cambiata per il meglio nell'ultimo secolo. Anche perché la gente era meno credulona e perché aveva trovato uno scopo nella vita, un compromesso piuttosto intrigante: proteggere quegli umani che l'avrebbero scannata se solo avessero visto i suoi denti rilucenti mordere qualcuno.
Ma andava bene anche così.
Lei e i suoi “colleghi” fermavano criminali pluriricercati e gente della loro stessa specie, in cambio di questi servigi di giustizia, potevano favorire del loro sangue.
O meglio, lei sola poteva usufruire del loro sangue. Gli altri suoi compagni non ne avevano bisogno, fatta eccezione per un certo pulcioso di sua conoscenza che aveva più che altro necessità di carne... lui e le sue storie sulla caccia, sulle prede...

Palle. Bastava sopravvivere, anche se non lo si faceva con stile.

Sollevò leggermente il viso, puntandolo verso il cielo notturno, macchiato da tante stelle e alle narici le giunse un odore di umido e allo stesso tempo di foresta che avrebbe riconosciuto tra mille.

Kain.

Il licantropo esiliato dal branco, colui che detestava gli umani sopra ogni altra cosa. E che pure li aiutava.
Ma lo faceva per lei.
E di questo ne era grata, anche se la interrompeva nella sua tranquilla serata da umana.

Aumentò il passo, arrivando praticamente a volare talmente erano brevi le pause da un salto all'altro, e giunse seguendo l'odore presso un capannone abbandonato nelle vicinanze della zona portuale. L'odore di pesce, di salsedine, che spesso nel centro della città era coperto dal gas delle macchine, le pervenne alle narici più forte ma non abbastanza da coprire quello di Kain, indelebile nella sua mente.

Scese con grazia, ignorando l'asfalto che si era dissestato nel punto in cui era atterrata, e corse con passo silenzioso fino a non giungere presso l'entrata dell'edificio, dalle pareti di qualcosa di simile all'alluminio. Troppo leggere e fragili.
Vide poco lontano da lì, presso un'anonima porta sopraelevata grazie a due scalini erosi dal passaggio, due uomini.
Classici tipi criminali. Aria scrutatrice, capelli tirati indietro, sigaretta al seguito e, fatto ben più preoccupante, due pistole.
Forse delle Colt.

Non le importava.

Avanzò di qualche passo, finché la sua figura sinuosa non venne parzialmente rischiarata da un lampione solitario.
Sarebbe stato stupido farsi vedere apertamente da quei due gorilla se lei fosse stata un'indifesa umana.
Ma lei non era indifesa né tanto meno umana.

Uno dei tizi, dopo aver sorriso all'altro, le si avvicinò tenendo la pistola come se fosse un giocattolo.
“Ehi bella ti conviene girare a largo da qui. Non è un posto che si addice ad una signorina... se vuoi però puoi passare più tardi che ci andiamo a divertire insieme.”

Talasia sorrise. Nel modo più innocente e beato possibile.
Poi mosse i piedi, facendoli strusciare contro l'asfalto nero.
L'uomo abbassò distrattamente lo sguardo e notò che era scalza. Quella tizia doveva essere davvero fuori di testa... quando rialzò gli occhi esclamò con una punta di sadica ironia:
“Ma che caz...”

In quel preciso istante ricevette nelle parti più intime e delicate un calcio talmente poderoso che lo fece scivolare contro il terreno per un paio di metri.
Talasia, l'innocente Talasia, lo aveva colpito con una velocità tale da fargli rendere conto solo ed esclusivamente del dolore che lo avrebbe fatto essere uomo a tutti gli effetti per ben poco tempo ancora.

“Mi spiace ma mi sto già divertendo.” ribatté con una smorfia

L'altro compagno aveva guardato allibito la scena senza poter fare nulla per fermare quella ragazza, i cui movimenti erano stati troppo rapidi persino per capire quando avesse iniziato a muoversi.
E infine la vide sopraggiungere, come galleggiando, parzialmente accarezzata dall'oscurità.

L'unica sua difesa era la pistola: carica e nelle sue mani, sebbene tremanti.
Suvvia, aveva visto di peggio nel mondo.
Quella tizia poteva essere forzuta quanto un lottatore di wrestling ma le pallottole, le sacrosante pallottole, erano inarrestabili.
Perforavano e colpivano con micidiale precisione... peccato, era davvero troppo bella per finire traforata.

Portando l'indice sul grilletto lo premette senza esitare e sparò.
Poco rinculo dell'arma, l'odore della polvere da sparo e il proiettile rapido che aveva perforato in pieno il petto della giovane la quale aveva abbassato gli occhi, portandosi le mani sulla ferita.

Passarono alcuni istanti di assoluta immobilità e silenzio, rotta soltanto dal rumore delle onde e delle macchine che protestavano in lontananza a colpi di clacson.
Nient'altro.
Infine Talasia rialzò lo sguardo, fissando con evidente astio l'insignificante ometto che aveva osato spararle.

L'ometto citato abbassò confuso l'arma: quella tizia, pur avendola centrata in pieno, forse addirittura aveva sfiorato il cuore, ancora parlava... non era stramazzata a terra.
Peggio: la sentì sospirare.

Un sospiro secco, annoiato.

Gli disse con voce ad un passo dall'ira, come se si stesse contenendo per non urlare:
“Tu... tu mi hai rovinato il vestito... nuovo!”

Cosa?! Quella doveva essere morta e si preoccupa del vestito bucato?!

E poi, con ancora la pallottola in corpo, la vide avanzare prima lentamente, poi sempre più veloce. Pochi metri ancora e l'avrebbe raggiunto.
Passi, respiri, istanti... divorati dalla rapidità.

Sparò ancora, non sapeva quante volte... il caricatore era capiente. Ma ogni volta invano.
I proiettili la colpivano ma era come se fosse stata un puntaspilli... senza dolore e, peggio ancora, senza un filo di sangue che le uscisse dalla pelle quasi diafana.

E infine arrivò.
I loro visi, così diversi e dalle emozioni contrapposte, furono a qualche millimetro l'uno dall'altro.
Sentì il suo respiro freddo, vide gli occhi di un azzurro surreale, come se stesse specchiandosi in una pozza d'acqua troppo limpida, e i denti...
Le labbra semidischiuse mostravano una fila di denti bianchi come se fossero stati d'avorio puro e dei canini chiaramente appuntiti.

“Morto.” disse lei.

Sollevò con un gesto sicuro il gomito e lo colpì nell'incavo tra il collo e la spalla. Sentì un clack netto di ossa rotte e l'uomo le cadde ai piedi afflosciandosi come un palloncino svuotato dall'aria.
Lo scavalcò senza troppi complimenti facendo strusciare l'orlo del vestito rilucente sul cadavere con gli occhi ancora spalancati per lo stupore.

Dette una manata senza controllarsi troppo nella forza, scaraventando la porta che le impediva fastidiosamente l'accesso ad un capannone che, stando alla chiamata di Kain, doveva pullulare di malavitosi.
E in effetti c'erano.
Tutti lì riuniti in cerchio, fucili e fucili d'assalto in braccio, radunati attorno a qualcuno che sentì ringhiare.

Si erano voltati, in un moto solo, verso di lei puntando contro le armi ma non ancora sparando per  via della penombra nella quale era parzialmente nascosta.
“Mi sono persa qualcosa?”

Sentì la sua voce, profonda ed ironica, risponderle:
“Solo qualche pallottola in più ma... recupererai presto. Diamoci una mossa.”

Sempre così impaziente e frettoloso. Le rovinava l'entrata di scena.
“Pazienza... mi rifarò.”

Si piegò a terra per darsi uno slancio e quando si librò in aria qualcuno particolarmente coraggioso o stupido, a seconda dei punti di vista, le lanciò contro una raffica di mitragliatrice che nemmeno la sfiorò. La sua velocità nel muoversi era stata tale da deviare la direzione di quella carica, troppo imprecisa e rapida, affinché potesse sperare di colpirla.

Prima che atterrasse però Kain aveva già pensato di sfruttare la momentanea distrazione in cui era caduto il gruppo per attivarsi e colpire con poderosi pugni chi avesse la sfortuna di stargli vicino.
Mentre era intento ad afferrare un tizio piuttosto molesto, che aveva tutta l'aria di volergli sparare, non mancò di osservare Talasia che combatteva contro quei nemici sicuramente agguerriti ma non al suo livello.

Si muoveva con un'armonia talmente intensa da risultare affascinante, aggraziata in ogni spostamento... persino i suoi lunghi capelli castani sembravano muoversi in sintonia con lei, ondeggiando e rilucendo alla luce dell'unica lampada che illuminava quel cupo magazzino.
Lampada che volteggiava per i colpi ricevuti da quel combattimento quasi silenzioso, interrotto da spari e urla, così che il fiotto di luce ondeggiava rendendo la scena surreale.
L'unica colonna sonora erano i tintinnii, simili a campanelle, delle pallottole che venivano rigettate dal suo corpo eterno ed immutabile.

Finché non la sentì dire:
“Trasformati Kain, così ce li leviamo di mezzo una volta per tutte.”

Sorrise in un ghigno. Non se lo sarebbe fatto ripetere.
Dover nascondere la sua natura era complicato, lo era persino vivere in una città caotica come quella. Ma il piacere che provava nel potersi trasformare e finalmente sentire la paura farsi strada tra i suoi nemici, lo ricompensava ampiamente.
Si rannicchiò a terra e in pochi secondi il suo corpo venne ricoperto da folti peli di un color mogano, vicini al castano ramato dei suoi capelli.
Sentì il sangue scorrergli più veloce, il viso stendersi e allungarsi, gli occhi farsi più sensibili alla luce.
Si scrollò il mantello con un gesto pratico assistendo con estrema soddisfazione all'autentico terrore che si era impossessato di quei miseri mortali.

Molti avevano lasciato cadere le armi urlando, correndo con disperazione per cercare una via d'uscita. Kain non l'avrebbe permesso, non dopo che lo avevano visto trasformato e al pieno dei suoi poteri.

Talasia era veloce ma Kain lo era di più. Era una scia indistinguibile che viaggiava nell'aria lasciando dietro di sé solo uno spostamento simile al vento.
Raggiunse i fuggitivi prima che potessero anche solo sperare di avvicinarsi alla porta e saltò loro addosso ringhiando, braccandoli con le zampe dalle unghie affilate come coltelli.
Non li uccise, non li morse.
Gli umani gli facevano senso, per non parlare della loro carne filacciosa... niente di sostanzioso, persino le ossa erano troppo piccole.
Ma bastò un colpo ben assestato per stenderli e assicurarsi che avrebbero dormito per parecchio tempo... o almeno fino a quando Talasia non gli avesse morsi.

Quando si girò la sua collega aveva compiuto l'opera, sistemando i pochi superstiti.
Erano tutti stesi a terra, chi morto chi vivo, mentre la lampada ondeggiava ancora rivelando solo a tratti alternati la figura immobile di Talasia come se fosse stato il trucco di un prestigiatore.
Con uno scrollo mentre camminava a quattro zampe le si avvicinò contemplando lo spettacolo delle loro azioni.

“Abbiamo fatto un lavoro eccellente... questa volta né Itamar né quei pignoli della Difesa avranno nulla da ribattere.” sogghignò.
Talasia sospirò, guardando amareggiata il suo vestito da sera ridotto ad un colabrodo e macchiato di sangue... uno dei pochi che avesse mai posseduto e con la ghiotta occasione di usarlo.

“Suppongo di si.” si limitò a rispondere lanciando con noncuranza un calcio ad un R4 privo di caricatore, che si disintegrò in aria come se fosse stato un giocattolo per bambini.
Kain rise, una risata piuttosto roca visto l'aspetto animale che in quel momento aveva, e commentò sarcastico:
“Ti sei divertita con il tuo fidanzato umano?”

La ragazza gli lanciò uno sguardo di puro odio ribattendo:
“Mi sarei divertita se tu, maledetto cane pulcioso, non mi avessi interrotta per i tuoi capricci.”
Kain fece finta di offendersi, quando in realtà si divertiva come un matto nel provocarla, e ribatté:
“Oh avanti, volevo solo proporti una serata più entusiasmante rispetto a quella che ti avrebbe offerto la mezzasega che tu hai il coraggio di chiamare uomo.”

“Oh beh – replicò con una scrollata di spalle – grazie per avermi pensato.”

“Di nulla, quando vuoi.” concluse lui scuotendosi con grazia il pelo folto per togliere la polvere che tendeva ad insidiarsi sulla cute.
“Dai, ritorna umano, così ce ne andiamo di qui. Devo morderne qualcuno prima che diventino troppo freddi.”
Il licantropo sospirò, stiracchiandosi con pigrizia, per poi chiedere mentre la vide avvicinarsi ad un uomo ancora agonizzante:
“Il sangue freddo non va bene lo stesso?”

Si voltò un istante verso di lui rispondendo con studiata cortesia: “Mai mangiata la minestra gelata? Beh, l'effetto è quello e a me non piace.”
Lui non disse niente, limitandosi a borbottare quando la vide chinarsi: “Mah, i vampiri... tutti uguali... altezzosi, pretenziosi e irascibili... ancora mi chiedo perché debba seguire lei e quegli altri.”

Dandogli le spalle Talasia sorrise, sentendolo mugugnare, ma qualsiasi cosa Kain avesse detto sapeva che entrambi erano legati in un modo o nell'altro da un destino ben più grande, che ben presto inevitabilmente avrebbe fatto loro visita.
Ma, nel momento in cui appoggiò i canini su quel collo che si affannava alla ricerca d'ossigeno, sentì un movimento di piedi... una singola, sciocca, persona.

Un aprirsi di porte, qualche passo incerto verso di loro, e infine una voce tremante che  tristemente riconobbe:
“Mani in alto. FBI.”

Alzò lo sguardo.
I loro occhi si incrociarono, come già era successo quella sera.
Ma questa volta nei suoi non c'era compiacimento, contemplazione o amore... solo paura, una fottutissima paura.

Si alzò in piedi mentre l'arma puntata contro di lei seguiva con cautela i suoi movimenti:
“Ray...” ebbe solo la forza di mormorare.

Kain emise un ringhio squadrando quell'umano di bell'aspetto ma dal respiro mozzato, le labbra violacee e il cuore... ah si... sentiva quel battito frenetico e accelerato.
Stava per avere un infarto.

Ray non riusciva a tenere in mano la pistola.
Aveva davanti ai suoi occhi qualcosa di troppo scioccante: una ventina di corpi distesi sul terreno sporco, un gigantesco lupo dall'aspetto minaccioso e la sua ragazza... la sua perfetta, timida, educata ragazza... con la bocca sporca di sangue e il vestito lacero.
Nell'aria odore di morte e sangue.

Ebbe solo la forza di mormorare, faticando a districare le parole:
“Che... che accidenti succede?”




Vorrei sinceramente che commentaste questa storia. E' inutile che la porti avanti se a nessuno piace, quindi sforzatevi di scrivere almeno una riga, sia in positivo che in negativo.
Spero che il rating giallo sia sufficiente ^_^''
Un bacio!

The next one: Joker

   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: Happy_Pumpkin