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Autore: coldfingergurl    31/01/2015    6 recensioni
Non ricordava il volto di quello schiavo, ricordava solamente i suoi occhi e tutta la paura che quel tipo aveva provato nello stare fermo in mezzo a una stanza piena. Non aveva avuto il coraggio di guardarlo in faccia per bene, per memorizzare le sue fattezze, mentre sperava che il padre non lo costringesse davvero a fargli del male.
Quel mondo non aveva mai rappresentato una persona come Minho, lui non si era mai sentito parte integrante di quella società malata e immorale e non aveva mai considerato un’altra persona indegna di rispetto.
[OnHo]
Genere: Angst, Generale, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Minho era riuscito a far ricoverare Jonghyun,  gli avevano detto che lo avrebbero tenuto solamente fino a quando la febbre non si sarebbe abbassata e dopodiché lo avrebbero rimandato nel "buco da cui era venuto". La sua collana d'oro era stata miracolosa, il medico che si stava prendendo cura di Jonghyun ne era rimasto talmente tanto affascinato che non aveva avuto il minimo dubbio nel ricoverare il più grande.
Era schifato da tutto quello, da come la gente povera si accoltellava alle spalle, da come non ci fosse aiuto tra persone che versavano nella stessa condizione... Non era così che doveva andare, lasciar morire qualcuno solamente perché aveva fatto una scelta di vita diversa, come quella di Jonghyun, era ingiusto. La corruzione era ingiusta. Credeva che certe cose accadessero solamente nel Nucleo, le persone ricche erano aride ed avide di natura e non si stupiva di tutto il marcio che girava attorno ai soldi, ma quei poveracci? 
Jonghyun faceva quello che poteva per vivere, non aveva avuto molta scelta quando aveva deciso di entrare a far parte del suo clan (l'altra opzione, oltre al morire di fame, era farsi vendere come schiavo) e come lui c'erano tante altre persone che non avevano potuto decidere della propria vita; era giusto lasciarle morire?

"Lasciami passare, un mio amico è ricoverato laggiù!"

La voce di Kibum lo distrasse dal treno dei propri pensieri e uscì dalla stanza di Jonghyun, dov'era stato fino a quel momento, per andare a vedere cosa stava succedendo.
Non aveva chiamato l'altro ragazzo, come faceva a sapere che Jonghyun era in ospedale? 
Avvicinandosi a lui e all'infermiera, sospirò cercando di mantenere la calma e di non far agitare ancora di più la ragazza - Kibum non sapeva proprio approcciare le persone -.

"Kibum, finalmente sei arrivato! Ho lasciato detto al medico di farti passare, ma evidentemente lo ha dimenticato."

L'infermiera aveva posato gli occhi su Minho, che di rimando le aveva sorriso malizioso, e poi si era spostata per far passare Kibum e scusarsi dicendo che non sapeva niente di quella storia e che il medico non aveva accennato a nulla di simile;  era sicuro che non avesse creduto a una sola singola parola di quello che aveva detto, semplicemente non voleva avere problemi con Kibum.

"Grazie..."

"Jonghyun sta dormendo, ha ancora la febbre alta ma il medico dice che si riprenderà presto."

Una volta arrivati nella stanza, Kibum corse immediatamente verso il letto di Jonghyun, afferrò una sedia e si mise accanto a lui sospirando piano.
Minho lo stava osservando con attenzione, non si fidava del tutto di lui e aveva la sensazione che la ferita che aveva messo al tappeto il coinquilino fosse a causa sua. 

"Mi dispiace tanto Jjong... Non avrei mai voluto coinvolgerti in quel casino."

Forse dovrei andarmene...
Non gli sembrava carino rimanere là ed ascoltare le confessioni di Kibum, era qualcosa di intimo tra loro ed era sicuro che Jonghyun non avrebbe voluto condividere quella storia con lui (non faceva parte del loro mondo, glielo diceva sempre, non avrebbe potuto capire le situazioni in cui si ritrovavano spesso i due criminali).
Aveva avuto ragione sul coinvolgimento di Kibum, però  il tono della sua voce era uscito disperato e pentito... Stava sbagliando a non fidarsi di lui?
Sembra davvero preoccupato per lui.

"Devo tornare a casa per controllare Roo, posso lasciarlo nelle tue mani?"

"S-sì... Mi dispiace non essere arrivato prima."

Minho scosse la testa prima di recuperare le sue cose e dare un'occhiata a Jonghyun: sembrava stare decisamente meglio rispetto a quando era stato ricoverato. Persino la sua ferita stava guarendo, gli cambiavano la fasciatura e lo medicavano tutti i giorni, costringerlo ad andare in ospedale ne era valsa la pena nonostante tutto.
Stringendo la spalla di Kibum in un gesto consolatorio e minaccioso allo stesso tempo, gli disse di non fare niente di stupido durante la sua assenza; lasciare Jonghyun
solo con lui lo faceva stare in ansia ma doveva sforzarsi per il bene del coinquilino, in fondo quei due erano amici.

Arrivò a casa ancora con il dubbio di aver sbagliato a lasciare Kibum da solo con Jonghyun, il pensiero che potesse fargli del male non lo aveva abbandonato e si stava sempre più pentendo di aver lasciato l'ospedale; se non avesse avuto la certezza che l'altro ragazzo fosse coinvolto nell'incidente che aveva avuto il coinquilino, Minho non avrebbe avuto nessun problema con lui.
Da quando si era attaccato così tanto a Jonghyun? Avevano parlato decentemente un paio di volte e adesso si ritrovava a preoccuparsi per la sua salute e per la sua vita, vivere con quella scimmia per cinque anni stava iniziando a dare i suoi frutti a quanto pareva.
Spero solo che l'amicizia conti ancora qualcosa per Kibum...
Jonghyun era talmente innamorato dell'altro ragazzo che non si sarebbe nemmeno difeso se avesse provato ad ucciderlo, avrebbe accettato il tutto come destino.
Quando aprì la porta di casa, non avevano bisogno di chiuderla perché tutti temevano Kim Jonghyun e non avrebbero mai osato entrare nella sua abitazione, notò Roo scodinzolare a qualcuno in cucina.
Chi diavolo era entrato? Sperava non qualche uomo che aveva un conto aperto con Jonghyun, in quel caso di Minho sarebbe rimasto ben poco.

"Chi... Chi c’è?"

Perché Jonghyun non aveva preso un cane più grande rispetto a Roo? Quella palla di pelo non avrebbe fatto paura nemmeno a un bambino di tre mesi, figurarsi a un uomo adulto!
Afferrando la prima cosa a disposizione in corridoio, una scarpa del coinquilino, si avvicinò alla cucina facendo segno al cane di stare zitta e di fare finta di niente (non che fosse tanto difficile, Roo non lo sopportava e non gli aveva mai fatto le feste in tutta la sua vita).

Andiamo, fatti sotto ladro!
Nonostante tutti quei pensieri coraggiosi e la sua arma di distruzione di massa, se la stava facendo sotto dalla paura: cosa avrebbe fatto se davanti ci fosse stato un membro di un clan?
Non poteva di certo sconfiggerlo con una scarpa puzzolente, anche se affogargli il viso su di essa non era affatto una cattiva idea.

Roo corse in cucina attirata da un fischio e Minho si ritrovò a maledire la cagnetta e la sua smania di coccole, non poteva fare la brava per una volta? Jonghyun le dava abbastanza affetto per evitare che lo ricercasse da estranei!
Doveva raccogliere quel poco coraggio che sapeva di avere ed andare a controllare chi diavolo era entrato in casa sua a quell'ora.

"Credevo non saresti più tornato."

"Jinki...?"

Lo schiavo era apparso dalla cucina, Roo in braccio e un sorriso stampato sulle labbra. Minho lo stava guardando con un'espressione idiota e confusa, non capiva proprio come mai Jinki fosse a casa sua.
Come aveva fatto a sapere dove abitava? Non glielo aveva di certo detto e di certo non lo aveva invitato nella sua catapecchia scordandoselo...

"Fa davvero freddo, non scherzavi quando hai detto che avresti potuto congelare."

"Cosa ci fai qua? Come hai fatto a trovarmi?"

"Ho chiesto in giro, mi sono ricordato il nome del tuo coinquilino e ho chiesto di voi due..."

Sospirando, Jinki lasciò andare Roo e tentò di abbozzare un sorriso verso Minho, che ancora lo guardava sconvolto.

"Volevo solo portarti una cosa e... Non credevo di poterti sconvolgere così tanto."

Minho scosse la testa alle parole dell'altro ragazzo, era rimasto talmente sorpreso che le sue azioni erano state prese nella maniera sbagliata. 
Era contento di vederlo, a dire il vero sperava che lo schiavo tentasse un'altra delle sue uscite dal Nucleo, solo che non si aspettava di trovarlo in casa sua senza motivo. Oltretutto con il ricovero di Jonghyun non aveva avuto tempo di tornare a casa e sistemare, quel poco che c'era da sistemare, quindi il tutto sembrava peggiore di quello che era a causa del caos.

"Scusa, è solo che non mi aspettavo di vederti a casa mia, è stata una settimana molto movimentata."

"Ho sentito dire che il tuo amico è in ospedale. La gente del quartiere sa tutto quello che gli accade o quasi, è una specie di star?"

Possiamo dire così...
Peccato che Jonghyun fosse famoso per l'appartenenza al suo clan e per la vita criminale che conduceva, se fosse stato una persona qualunque nessuno si sarebbe preoccupato di spettegolare su di lui.
In giro si dicevano tante cose di Jonghyun, all'inizio Minho aveva creduto ad ognuna di esse, aveva pensato che un fondo di verità ci fosse in tutte quelle storie, invece Jonghyun era sempre stato un semplice ragazzino che tentava di sopravvivere come meglio poteva; il coinquilino gli aveva confessato di aver ucciso delle persone, dei debitori, spiegandogli che l'omicidio faceva parte della strada che aveva intrapreso. 

"Mi hanno chiesto se volessi assumerlo come sicario... E' un killer professionista?"

"No, da quello che so si limita a spacciare."

E uccidere di tanto in tanto, ma quello era un particolare che poteva omettere.
Jinki lo aveva guardato con un'espressione quasi sconvolta, sicuramente gli avrebbe voluto chiedere se tutto quello gli andasse bene, se si trovasse d'accordo con quella vita criminale... Cosa avrebbe dovuto dargli come risposta? Non lo sapeva nemmeno lui! Più stava vicino a Jonghyun, più si rendeva conto di non avere la minima idea di come andassero realmente le cose in quei quartieri.
Minho aveva sempre basato la propria opinione sulle voci che giravano nel Nucleo, aveva creduto al padre che gli diceva di schiavi esperti nei quartieri a luci rosse, aveva creduto agli amici che tentavano di  fargli provare qualche nuova droga...
Per tutto quel tempo, e anche quello dopo essere stato cacciato di casa, aveva avuto paura costante di entrare in contatto con quella realtà diversa, con quella che sarebbe stata la sua nuova vita prima o poi.

"E' difficile campare qua, so che sei uno schiavo e che vivevi in un mercato, ma sei un purosangue e- lasciamo perdere, ok?"

"Perché lo difendi tanto? Hai detto che siete solamente amici ma sembri ossessionato con il giustificarlo."

Il tono dello schiavo era curioso, non lo stava giudicando né lo stava accusando di chissà cosa, semplicemente moriva dalla voglia di capire cosa passasse nella testa di Minho - un ex-ricco che accettava la scelta di uno spacciatore -.
Mettendosi seduto e facendo segno a Jinki di fare lo stesso, sospirò pensando a quello che ormai per lui era un amico; perché lo giustificava?
Perché non vedeva più l'immoralità della vita che conduceva?
E dire che fino a poco tempo prima non sopportava nemmeno di vedere la faccia da dinosauro di Jonghyun, cos'era cambiato in quel lasso di tempo?

"A volte vorrei dire tutto a Kibum, confessargli quello che provo per lui e proporgli di scappare insieme."

"Potresti farlo... Perché non lo fai?"

"Per sentirmi dire che sono un idiota e che dovrei usare la bocca per altro? A Kibum piace questa vita."


Il suo volto era parso così triste quel giorno, i suoi occhi gli avevano ricordato quelli di un cucciolo spaventato e Minho si era sentito male per lui. Aveva provato una morsa al cuore mentre Jonghyun parlava e gli confessava di quanto si sentisse stanco nel dover fingere di non essere condizionato dal comportamento di Kibum; quei sentimenti rischiavano di trascinarlo in un vortice di tristezza e di amarezza, lo avrebbero portato al baratro e non avrebbe saputo cosa fare per evitare di andare sempre più a fondo.
Quello poteva essere uno dei motivi per il quale Minho si stava affezionando al coinquilino.

"E' una persona molto sola, me ne sono accorto dopo cinque anni.
All'inizio non parlavamo spesso, non facevamo altro che infastidirci, ma in questi giorni Jonghyun si  è confidato con me e ho visto un lato diverso del suo carattere. So che quello che fa è sbagliato, ma cosa pretendi da qualcuno che ha sempre vissuto in questa parte di città? Lo avremmo fatto anche noi, Jinki."

Ne era convinto, se avesse avuto la sfortuna di non nascere nel Nucleo probabilmente si sarebbe immischiato in qualche affare losco, magari avrebbe puntato ad essere il migliore del suo clan essendo molto competitivo.
Jinki lo stava guardando annuendo lentamente, capiva davvero quello che voleva dire? Oppure lo stava assecondando come si faceva con i pazzi? Minho era davvero convinto di quello che stava dicendo, vivendo per tutti quegli anni in quel quartiere si era fatto un'idea ben precisa di come mai quei ragazzi avevano deciso di delinquere. 

"Probabilmente hai ragione... Dubito che le persone povere, anche gli schiavi come me, abbiano una scelta."

"Mi dispiace, anche per te. Tu non hai avuto nessuna scelta, nascere purosangue ti ha tolto ogni altra opzione..."

Posando gli occhi sull'altro ragazzo, che si era seduto accanto a lui sul divano, si accorse della sua espressione impassibile. Stava fissando un punto indefinito davanti a sé, gli occhi privati di qualsiasi emozione e di qualsiasi luce, sembrava una persona differente e il vederlo a quel modo lo stava spaventando.
Non sapeva cosa fare, non si era mai ritrovato in una situazione del genere, nessuno si era mai distanziato da lui mentre parlavano e Jinki sembrava essere perso nei propri pensieri e chissà che altro. 

"Jinki?"

Afferrando la mano dello schiavo, iniziò a scuoterla sperando che reagisse a quegli stimoli: si stava spaventando! 
Perché non riusciva ad ottenere la sua attenzione?
All'improvviso, così come era venuto, quell'attimo di distrazione finì e Jinki ritrasse la mano da sotto quella di Minho. Si alzò in piedi, gettando un'occhiata al padrone di casa, prima di sistemarsi i vestiti e riprendere a parlare.

"Devo andare adesso, incontriamoci alla taverna dove mi hai portato la prima volta... Tra una settimana, Minho."

"O-ok...?" 

Non era sicuro del perché stesse accettando quella specie di appuntamento, per quanto ne sapeva Jinki poteva benissimo essere in combutta con suo fratello, ma la voglia di passare del tempo con quello schiavo aveva avuto la meglio sulla parte ragionevole del suo cervello; sperava con tutto se stesso che quella non fosse una trappola, non voleva diventate lo schiavetto di Minseok o, peggio, di suo padre.

"Alla prossima settimana."

Jinki avvicinò il proprio volto pericolosamente al suo e il respiro di Minho si bloccò in gola nel notare quelle labbra carnose così vicine alle proprie. Fu un momento soltanto, un microscopico momento gli era servito per rendersi conto di quanto avrebbe voluto baciarlo. Lo aveva desiderato da quando lo aveva conosciuto, non ci aveva dato peso ovviamente ma in quel momento era tutto diverso: Jinki non lo trattava male e avevano appena organizzato un appuntamento.

Non c'era niente di sbagliato nel voler baciare una persona, specialmente bella come Jinki, allora perché qualcosa lo stava frenando?
Era il fatto che fosse uno schiavo, ne era sicuro, non avrebbe mai forzato se stesso su qualcuno, nemmeno su una persona abituata a venire usata, umiliata e torturata. No, non avrebbe mai potuto baciare Jinki.
Se lo facesse lui però...
In quel caso sarebbe tutto diverso.

"J-Jinki..."

La sua voce stava tremando, lo schiavo non si era allontanato nemmeno di un centimetro, sembrava averne addirittura guadagnati, mentre Minho rimaneva immobile a guardarsi attorno come un idiota.
Jinki gli accarezzò una guancia, passando il pollice lentamente su di essa, prima di rubargli un bacio casto e sparire tra le persone per strada: che diavolo era successo?

Si portò un dito alle labbra e, sospirando, si chiese cosa avesse spinto lo schiavo a baciarlo a quel modo. Non era stato uno di quei baci che ti sconvolgevano, non era stato un bacio appassionato o profondo, era stato un semplice bacio stampo ma aveva lasciato Minho perplesso e sconvolto; sapeva già che non avrebbe fatto altro che chiedersi come mai e perché Jinki si fosse comportato a quel modo, per una settimana non avrebbe fatto altro che riempirsi la testa di domande su domande, chissà se poi avrebbe ricevuto risposta ad una di esse (conoscendo l’altro ragazzo, per quel poco che era riuscito a carpire, non gli avrebbe mai detto nulla). 

“Cosa voleva rega-… Oh.”

Aveva notato una scatola appoggiata al tavolo della cucina, c’era un fiocco scarlatto nel mezzo e Minho abbozzò un sorriso avvicinandosi curioso: non riceveva un regalo da anni! 
Non aveva mai festeggiato il suo compleanno o una festività da quando si era unito ai poveracci della città, vedere quel piccolo pacco lo aveva  reso elettrizzato – in più era stato Jinki a portarlo, come poteva ignorare la gioia che provava a quel singolo pensiero? –
Scartò il pacco con poca delicatezza prima di allargare lo sguardo, gli occhi che si ingrandivano più del normale, incredulo a causa di quello che aveva trovato dentro quella scatola.
Il suo piumone, il suo bel piumone pesante, era davanti a lui in tutta la sua bellezza e calore: Jinki gliel’aveva portata rubandola da casa Choi. 
Quello schiavo adorava mettersi nei guai, era evidente, ma non avrebbe mai pensato che nelle sue ribellioni avrebbe fatto rientrare un dono tutto per lui. 

“Dovrò portarla in ospedale da Jonghyun, almeno fino a quando non si riprenderà dalla febbre.”

La settimana dopo avrebbe incontrato lo schiavo e lo avrebbe ringraziato per quello che aveva fatto per lui, per come si era ricordato di qualcosa che lo riguardava.
Perchè si sentiva così strano?
Si era per caso preso una cotta per quel ragazzo al servizio di suo fratello? 
Poteva essere un problema, un problema bello grosso.
   
 
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