Capitolo
XVIII
Nothing Else Matters
Hanamichi
era seduto su una panca della palestra usata solitamente dal Kainan, a braccia
conserte e un visino imbronciato come sempre. Delle voci provenivano dagli
spogliatoi e sperò vivamente che quella scimmia saltante di Kiyota si muovesse
a uscire. Voleva dirgliene due sul conto della sua Hicchan, che gli andasse o
no. Ovviamente, questo lei non lo sapeva. Altrimenti non si sarebbe trovato lì
ma legato e imbavagliato a una sedia e chiuso a chiave nello sgabuzzino.
Quando
Kiyota lo vide alzò perplesso un sopracciglio. «Ehi, guarda che gli allenamenti
son finiti un quarto d’ora fa».
Il
rosso saltò sulla panca. «E a me che frega? Mica son venuto qui per spiarvi!
Non ne ho bisogno!».
«E
allora che cavolo ci fai qui, scimmia?».
Hanamichi
si mise una mano sul fianco e l’altra la usò per additare il moro. «Perché devo
parlarti!».
Nobunaga
lo guardò, sempre più perplesso. «Sentiamo».
«Si
tratta di Hicchan», disse, osservando con attenzione l’altro. «Vieni, andiamo a
farci un giro».
Kiyota
arrossì lievemente. Di che diavolo voleva parlargli quella scimmia rossa di un
Sakuragi? Sapeva che fosse geloso della sua adorata sorellina, ma non pensava
sarebbe arrivato a tanto!
Uscirono
all’aria aperta, camminando attorno alle palestre del complesso sportivo.
«Allora?
Che vuoi?».
Hanamichi,
mani nelle tasche dei suoi jeans preferiti, si bloccò, poggiandosi su un
muretto lì vicino. «Che intenzioni hai con Hicchan?».
«Che…
che intenzioni ho?», ripeté Kiyota, innervosendosi. Già, che intenzioni aveva
con Hime? Era successo tutto troppo in fretta… tutto d’improvviso. Eppure era
sicuro di essere interessato, o meglio incuriosito della
ragazza da molto prima. L’aveva conosciuta come un terremoto, orgogliosa, fiera
e decisamente rompiscatole. Proprio come lui. Poi quel ritiro e tutto era
cambiato. Ora la vedeva indifesa, la vedeva timida e impacciata. E gli
sorrideva. Sorrisi bellissimi, solo per lui. Il fatto che se la sognasse la
notte significava qualcosa? Il fatto che non facesse altro se non mangiarsela
con gli occhi era preoccupante o tutto nella norma? «Io… non lo so».
«Come
“non lo so”?!», esclamò il rosso,
mostrandogli un pugno. «Azzardati a fare qualche cazzata e ti lego in un
binario con un treno in arrivo, hai capito?!».
Kiyota
sospirò, abbassando lo sguardo. «Mi piace. E anche tanto», mormorò, calciando
una pietra davanti a se. «Solo che… non so dove andremo a finire così. Insomma,
non abbiamo mai parlato in quel senso… è la prima volta che mi
sento così felice e confuso nello stesso tempo!».
Hanamichi
abbassò il pugno, rilassandosi. «Sai, Nobu-Scimmia? Un po’ ti capisco», disse,
tristemente. «Anche io sto passando un momento strano… mi piace una ragazza. La
sorella del Gorilla, per intenderci. Ma lei è completamente persa per quel
volpino di Rukawa. Lui non la calcola di striscio e a me fa immensamente
piacere, ma… non so, anche questa mattina mi ha telefonato e ha chiesto di lui.
Credo che a lungo andare mi accontenterò solo della sua amicizia, anche se non
potrò fare a meno di vederla come la ragazza di cui mi sono innamorato. Poi
chissà, magari un giorno capirà la mia genialità e si innamorerà perdutamente
di me! Ahaha!».
L’altro
lo guardò sorpreso. Non pensava che Hanamichi Sakuragi fosse uno che si lasciasse
andare a confidenze. E tanto meno mai avrebbe pensato che uno come lui potesse
arrendersi contro uno come Rukawa. Accidenti a quel volpino, era sempre in
mezzo a fare la prima donna! «Ma scusa, hai intenzione di tirarti
indietro?», gli chiese, stupito.
Il
rosso sospirò. «Ho paura che mi respinga. Hicchan dice che dovrei mettere da
parte il mio timore e provarci», fece spallucce, abbassando lo sguardo. «E dice
anche che Haruko-san è un pochino addormentata, se non vede a tre palmi di naso».
«Beh,
se sta dietro a un reperto ghiacciato come Rukawa, allora non ha tutti i torti».
L’occhiata
che gli riservò Hanamichi lo fece zittire immediatamente. Ma il rossino sapeva
benissimo che i due avevano ragione, dopotutto. Haruko lo considerava
unicamente un amico, forse uno dei migliori. Un amico, nient’altro.
Nobunaga
guardò l’altro mentre gli si avvicinava e sentì una mano grande sulla sua
spalla. «Ti dico solo una cosa, Kiyota: non farla soffrire o te la vedrai con
me. Non sto scherzando, ora».
La
scimmietta sorrise, spavalda. «Tranquillo, Sakuragi! Non lo sai che sono il
miglior fidanzato del mondo? Ahaha!».
«Fida-che?!»,
esclamò l’altro con gli occhi fuori dalle orbite. «Oi! Che non ti salti in
mente di toccarla, pervertito! Al massimo dopo che vi sposate, ma è anche
troppo presto!».
«Troppo
presto per cosa?», chiese una voce femminile alle loro spalle. Entrambi
gelarono, temendo che avesse sentito tutta la conversazione.
«Hic…
Hicchan!», fece Hanamichi, con un sorriso incerto. «È troppo presto per… per
cantare vittoria! Sì, proprio così! Queste schiappe del Kainan credono di aver
il Campionato Nazionale in mano! Ahaha! Poveri illusi!».
«Checcosa?! Semmai voi dovreste allenarvi dieci volte quanto
noi solo per passare il primo turno!», ribatté l’altro.
Hime
si grattò la fronte. «Sì, sì, siete dei bravissimi entrambi».
La
guardarono perplessi per poi scoppiare a ridere nervosamente.
«Beh!»,
esclamò il rosso, avvicinandosi balzante alla sorella. «Vado a rompere le
scatole a Mitchi e Ryo-chan! Magari andiamo in cerca di ragazze! Ahaha! Ci vediamo più tardi!». E se ne andò, non prima di
aver dato un bacino alla sua Hicchan.
I
due, rimasti soli, si guardarono un attimo.
«Che
si fa?», chiese Kiyota, camminando verso di lei. Sorrise nel vederla mettersi
un dito sulle labbra, pensosa. «C’è una gelateria in paese… sai, vicino a quel
negozio di caramelle…», continuò lui, fermandosi a pochi passi dalla ragazza.
Gli
occhi nocciola di Hime guizzarono allegri. «Tu mi leggi nel pensiero, per
caso?».
Nobunaga
rise, ficcando le mani nelle tasche della tuta. «Allora, andiamo?».
Hime
annuì, intimamente felice di passare un po’ di tempo in compagnia della
scimmietta del Kainan. Le piaceva, le piaceva da matti! Averlo accanto, con
ancora i capelli bagnati dalla doccia e scompigliati più del solito e un forte
profumo di bagnoschiuma al muschio, era troppo anche per lei. Lo osservò con la
coda dell’occhio, incantata: il naso dritto; le sopracciglia un po’ troppo grandi,
ma così carine su di lui; gli occhi blu ironici e delle volte prepotenti;
quelle labbra… Kami, le labbra!
Si
mordicchiò le sue, concentrandosi sul paesaggio. Ripensò al discorso con
Hanamichi, quel pomeriggio. In effetti, che razza di rapporto avevano ora? Non
sapeva neanche come dovesse comportarsi con lui. Voleva prenderlo sotto
braccio, in quel momento; voleva sentire il calore del suo corpo contro il suo.
Eppure c’era qualcosa che la bloccava. Imbarazzo? Sì e anche tanto.
«Ehi,
tutto bene?», le fece, risvegliandola da quei pensieri scomodi. «Sei
silenziosa. E non è da te!».
Hime
sorrise, chinando il capo. «Niente di preoccupante, solo un po’ pensierosa».
Kiyota
abbassò lo sguardo su di lei. «E dimmi, che ti impensierisce?», le disse,
cingendole le spalle con un braccio. Rise quando la vide arrossire
furiosamente.
Dopo
un momento di panico totale, la ragazza prese un bel respiro, rilassandosi
contro di lui. «Niente, ora più niente».
*
«Siete
sicuri?», chiese la gelataia, guardando la coppietta parecchio stralunata. I
due annuirono con foga, quasi fosse ovvia la loro richiesta. «Va bene… tra poco
arriva».
Kiyota
e Hime si guardarono complici, scoppiando a ridere. Ora sì che avrebbero voluto
vedere come avrebbero finito in due un chilo di gelato alla vaniglia con le smarties!
«Ah,
devo riprendermi dalla partita di prima!», esclamò lei, poggiandosi tavolo. «Ho
perso calorie e devo recuperarle, no?».
Nobunaga
prese a ridere. «E io non mi sarò fatto cento giri di campo, ma il Capitano mi
ha sfiancato ugualmente! Siamo sulla stessa barca!».
«Maki
è instancabile, immagino. Devi averne di forze per stare dietro ai suoi
allenamenti».
Il
dieci del Kainan gonfiò il petto, orgoglioso. «Scherzi? Io sono Nobunaga
Kiyota, niente e nessuno potrà fermarmi!», esclamò, ridendo. «Se il Kainan è la
squadra più forte del Campionato è proprio grazie ai nostri duri allenamenti. E
se sono un titolare un motivo ci sarà! Ahaha!».
«Anche
lo Shohoku non è da meno!», esclamò l’altra, puntandogli un dito contro. «Akagi
sta tirando fuori tutta la sua grinta, quest’anno. Ti assicuro che saremo la
squadra da battere, ai Nazionali!».
«Me
lo auguro. Anche perché non voglio che il Kanagawa faccia una brutta figura».
«Ehi!».
Kiyota
rise, provocatorio, scansando un tovagliolo appallottolato. Entrambi erano
consapevoli che la rivalità tra le due squadre, quell’anno, era salita alle
stelle. Ma si rispettavano anche, e parecchio. Del resto facevano parte della
stessa prefettura e, a meno che non si fossero trovati alle finali dei
Nazionali, era anche lecito che si supportassero a vicenda.
«A
proposito, sbaglio o sei l’unica matricola, quest’anno?», chiese Hime, giocando
con una ciocca ribelle di capelli rossi.
Lui
annuì. «Sono l’unico sopravvissuto all’allenatore Takato e a Maki-senpai! Le
altre matricole hanno abbandonato tutto una settimana dopo».
«Praticamente
venerdì sarai l’unico giocatore del Kainan tra le matricole», fece Hime,
aggrottando la fronte.
Nobunaga
si grattò il mento, pensieroso. «Beh, credo proprio di sì».
La
conversazione venne interrotta dalla donna di poco prima, che servì davanti ai
loro occhi un recipiente in vetro colmo fino all’orlo di gelato.
«Ora
muoio!», fece Hime, dopo aver ringraziato.
«Meglio!
Almeno posso mangiarmelo tutto io!», esclamò Nobunaga, già sfregandosi le mani
al solo pensiero.
La
ragazza gonfiò le guance, offesa. «Ah, la metti così?». Ma non poté far nulla
per frenare il rossore sulle gote quando lo vide porgerle una cucchiaiata di
gelato candido, in contrasto con un acceso smarties
rosso.
«A
te l’onore!», le disse Kiyota, sorridendole.
“Sì, muoio per davvero, ora…”, fu il
pensiero della giovane, assaggiando il gelato. Tentò di dire qualcosa, ma il
sapore dolce che le permeava in bocca glielo impedì. E poi, perché un certo
Nobunaga Kiyota si era sporto verso di lei per depositarle un bacio sulle
labbra. Da dove spuntasse fuori quella sfacciataggine non l’aveva capito. Non
era lui quello che arrossiva al minimo accenno di intimità? Di una cosa Hime
Sakuragi era più che certa: quel ragazzo la voleva morta, era palese. Oppure,
dopo averla uccisa con un colpo d’infarto, si sarebbe mangiato anche la sua
porzione di gelato. In effetti, pensandoci bene, quella poteva essere una mossa
parecchio astuta da parte della scimmietta!
Lui,
d’altro canto, aveva trattenuto il fiato per tutto il tempo, per l’imbarazzo di
non saper come affrontare la situazione. Ma quella ragazza gli piaceva ogni
minuto che passava e il discorso con Hanamichi gli aveva fatto aprire gli
occhi: voleva Hime, la voleva tanto. E gliel’avrebbe fatto capire in tutti i
modi!
Quando
allontanò le labbra da quelle della ragazza arrossì lievemente. «Eri… sporca di
gelato», bofonchiò annuendo, facendola ridere.
Hime
affondò un dito tra la crema e glielo passò sulla punta del naso. «Oh, guarda…
sei sporco anche tu!», esclamò, porgendogli un tovagliolino di carta in
allegato a una linguaccia.
Nobunaga
scoppiò in una fragorosa risata, che fece voltare mezza gelateria. Ci mancò
poco che cadesse dalla sedia, da quanto si era sbilanciato all’indietro.
Inutile
dire che quel gelato lo finirono tutto, dalla prima cucchiaiata all’ultima. Non
si chiamavano Kiyota e Sakuragi per niente quei due.
«Stanotte
ci sono i Lakers, vero?», chiese Nobunaga, avvicinandosi al bancone per pagare.
Hime
annuì, entusiasta. «Oh, il mio Kobe Bryant!», esclamò, con dei cuoricini al
posto degli occhi.
Lui
aggrottò la fronte. «Ti piace Bryant?!».
«È
immaaanso!».
«Ah!
Solo perché infila triple una dopo l’altra… sai che bravo! Ci riesce anche
Jin!».
«E
tu no!», gli disse sorridendo, mostrandogli la lingua.
Nobunaga
le lanciò un’occhiataccia. «E cosa ci vuole? Ricordati che sono la matricola
numero uno, quest’anno! Kobe Bryant mi bacerebbe i piedi se mi vedesse
giocare!».
Lei
scoppiò a ridere, appendendosi al suo braccio mentre uscivano dalla gelateria,
pieni come uova. «Geloso?».
«E…
e di cosa, scusa?!», sbottò lui, arrossendo.
«Baka!»,
gli sorrise ancora, poggiando la testa sulla spalla muscolosa del ragazzo.
«Prima di cena ci facciamo due tiri e mi fai vedere un po’ che sa fare la super
matricola da fuori area».
«Preparati,
ti lascerò a bocca aperta! Ahaha!».
Il
resto della serata lo passarono a passeggiare tranquillamente per le strade
poco affollate della piccola cittadina, tra tante risate, frecciatine e tanti,
bellissimi sguardi. Era incredibile come entrambi stessero iniziando ad adorare
la compagnia reciproca. Certo, ogni tanto qualche insulto gratuito partiva, ma
fortunatamente si concludeva tra le risate.
Avevano
anche adocchiato un locale alla mano, nella piazzetta principale. Magari
avrebbero potuto trascinare mezza squadra a testa e divertirsi in modo diverso,
qualche sera. Ovviamente, dopo aver sedato per bene quello scimpanzé di Akagi
con sonniferi e tranquillanti.
Tornati
in albergo, Kiyota la portò nel campetto esterno, deciso a mostrarle le sue
doti innate del basket e dei tiri da tre. Non giocava nel Kainan per niente,
lui!
«Allora,
miscredente! Pronta per ricrederti?», le chiese sfacciato, facendo girare il
pallone su un dito.
Hime
annuì, sorridente e preparandosi psicologicamente all’ennesima figura di melma
della scimmietta. Perché era sicura, non ce l’avrebbe fatta neanche con una
pistola puntata sulla tempia. Cannava i tiri liberi, figurarsi quelli da tre!
«Prima,
però, la posta in palio», disse lui, sorridendo insolente. «Se ci riesco cosa
vinco?».
La
ragazza ci pensò un po’ su. «Direi che un bagno in piscina non te lo leva
nessuno. Vestito, s’intende» Nah,
meglio nudo!, finì nella sua testa la pervertita.
«Non
mi sembra tanto un premio, sai?», disse, facendola ridere. «Esci con me anche
domani».
Hime
si bloccò sul posto, arrossendo furiosamente. «U-uscire?», si sistemò una
ciocca rossa dietro i capelli, imbarazzata. «Beh, allora non ne hai tanta
voglia». Lui la guardò perplesso, non capendo. «Tanto non ce la fai!».
«Brutta
strega!», esclamò Nobu, rincorrendola per tutto il campetto. Tra grida, risate
e prese in giro, la scimmietta riuscì a bloccarla per la vita, grazie alla sua
agilità. [Proprio come una scimmia!, avrebbe detto qualcuno di nostra
conoscenza]. La strinse contro di sé da dietro e sorrise vedendola chiudere gli
occhi. Aveva una voglia matta di baciarla, ovunque: le spalle un po’
abbronzate, l’incavo del collo, le guance arrossate e le labbra… quelle labbra
l’avrebbero portato alla follia.
Hime
abbandonò il capo all’indietro, su una spalla del ragazzo, riprendendo fiato.
Sentire le braccia muscolose dell’altro che le abbracciavano la vita era
veramente troppo. Si sentiva protetta, al sicuro contro il suo petto. Avvertiva
un senso di calore indescrivibile, così come il desiderio di abbracciarlo a sua
volta, di sentirlo contro di sé, vicino. Gli passò distrattamente le dita sugli
avambracci e lo sentì rabbrividire.
«Allora?
Accetti?», le mormorò in un orecchio.
«E
se perdi?».
Nobunaga
sorrise, strofinando la punta del naso sul suo collo. «Esci ugualmente con me».
E
come faceva a rifilargli un no se continuava così? «Non vale… le condizioni
dovrei dettarle io».
Si
sentì andare a fuoco quando le labbra del ragazzo le baciarono una guancia.
Lento, inesorabile, continuò a depositarle un bacio dopo l’altro, portandola a
voltarsi, senza distogliere lo sguardo da quello di lei. «Domani, dopo
l’allenamento come oggi, va bene?».
«Non
accetti un rifiuto, eh?», ridacchiò lei.
Nobunaga
scosse la testa, sorridendole. «Mai».
Il
bacio che seguì fu completamente diverso dagli altri che si erano scambiati. Se
i primi erano solo lievi carezze, quello rasentava il desiderio più puro, tenuto
a freno troppo a lungo e che finalmente aveva libero sfogo.
Stretti
l’una tra le braccia dell’altro, consumarono il loro primo vero bacio,
dimentichi della scommessa, dimentichi che la cena sarebbe iniziata tra pochi
minuti… dimentichi di un Gorilla a caso e del suo collega Maki che avrebbero
iniziato a inveire a destra e a manca, fumanti come pentole a pressione.
Ora
niente aveva più importanza.
Piccolo siparietto per l’autrice:
Scusate i due giorni di
ritardo, ma come previsto questa settimana si è rivelata stra-piena
di lezioni… *help*! Spero possiate perdonarmi! (_._)
Capitolo zuccheroso
questo <3! Ma mi serviva per il prossimo… *me ride* XD!
Veniamo ai
ringraziamenti! *_*
lilli84: dai, non ti ho fatto penare poi troppo, no? (:
MihaChan: carissima mia! [non
diciamo in giro che hai letto il capitolo in anteprima, ssshhh!
Ho aggiunto solo qualche modifica!] Visto il Nobu vs Hana? Si è svolto anche
tutto troppo nella norma… ma prevedo nebbia all’orizzonte! XD Grazie mille come
sempre, tesora! E’ un piacere per me! :*
kuro: ahaha!
Li hai citati tutti! Ma come non si può adorare svisceratamente quei pazzi
psicopatici?! Eh?! EH!? Impossibile! Grazie, grazie, grazie mille dei
complimenti! *_* *me arrossisce*
Black_Moody: ehm… le ultime parole
famose! [“Brava che sei puntualissima con gli aggiornamenti…” lol] Che poi, chi legge le altre mie fan fiction non credo
la pensi esattamente così! XD E comunque, i-io non ho colpe! .___. Ma se scrivi
bene come ho capito dal prologo allora mi assumo tutte le responsabilità di
questa terra! *_* E ovviamente, sapere che l’hai pubblicata perché Wild Boys ti
ha dato la “carica” non posso che esserne stra-felice.
:) Oddio, Hanamichi in versione padreinesaurimentonervoso
è bellissimo! XDDD Hime, essendo una ragazza, non potrebbe giocare in un torneo
maschile, quindi non credo che la vedremo ai Campionati… [sempre che la mia
mente diabolica non escogiti qualcosa nel frattempo xD]
E… oddèi, anche io voglio conoscere il sosia di
Rukawa! E-esiste davvero, allora! *_* …O-ok, tornando a noi… grazie veramente
miliardesime! :*
Un ringraziamento anche
a tutti i lettori anonimi! <3
Un abbraccio strittoloso,
Kenjina.