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Autore: millyray    01/02/2015    0 recensioni
Ariel Martinez arriva ad Hogwarts per frequentare il quarto anno. Ma sembra nascondere un segreto, oltre al fatto che deve aiutare Harry Potter a sconfiggere il Signore Oscuro. Chi è in realtà? Da dove viene? Chi è la sua famiglia? (Storia ispirata a Came back to the hell di Ino Chan).
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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CAPITOLO QUARANTOTTO

Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter lanciare un semplice incantesimo e farsi portare in cima in un battibaleno, pensò James mentre con un sospiro di fatica metteva il piede nel prossimo appiglio. Quello era il pensiero che accomunava più o meno le menti di tutti dal momento in cui si erano avventurati in quella dannata spedizione. Potevano usare la magia, certo, ma solo incantesimi basilari e solo per poco tempo, non sufficientemente utile per superare quell’ultimo ostacolo. Era la solita fregatura. Così si erano dovuti arrangiare come i babbani quando scalano una montagna, legandosi la corda attorno alla vita e procedendo in salita, lentamente e a fatica.

Mancavano pochi metri, solo pochi metri li separava dal fiore magico che avrebbe salvato la vita a JamesRemus.
Ce l’avrebbero fatta, sarebbero tornati a casa tutti sani e salvi.

Ma, non appena salirono di un altro po’,  John perse la presa sullo spigolo e si trovò a volteggiare nel vuoto, con solo la corda che lo sosteneva. Il ragazzo lasciò andare un grido e allungò un braccio per recuperare il costone di roccia. Fu inutile.

Si dondolò un altro po’ ma anche quel tentativo non ebbe successo.

“John, riesci a darmi la mano?” gli chiese Frank porgendogli la mano affinché il figlio riuscisse a raggiungerla. Ma anche quella era troppo lontana. Il ragazzo imprecò sottovoce. Come aveva fatto a essere così maldestro?

Guardò in alto, poi in basso e fu colpito dalle vertigini. Il pensiero che ci fosse soltanto quel pezzo di corda legato attorno alla sua vita a separarlo dalla voragine che si apriva sotto di lui gli metteva i brividi.

“Ragazzi, la corda non reggerà ancora a lungo”, fece notare Sirius guardando il pezzo di fune sotto di lui che iniziava a strapparsi. “Così rischiamo di precipitare tutti quanti”.

“Lo avevo detto io che non era una buona idea legarci tutti insieme”, commentò James.

John si dondolò ancora, questa volta più forte, ma tutto ciò che ottenne fu di far rischiare anche agli altri di perdere la presa.

“Dobbiamo trovare una soluzione”, disse Frank, il volto pallido e sfigurato per la fatica. “E al più presto”.

Il giovane Paciock afferrò la corda con entrambe le mani e chiuse gli occhi in un’espressione rassegnata. Una soluzione c’era e lui sapeva qual era. Non gli piaceva, non avrebbe mai voluto ricorrerci ma non c’erano alternative. Non poteva rischiare di far morire tutti quanti e non poteva nemmeno rallentare il passo.
Meglio uno che tutti, no?

Joel, sull’altro lato del costone, lo guardava con occhi enormi e spaventati. Aveva capito cosa l’amico voleva fare, capiva sempre.

“John, no. Non pensarci neanche”.

“Devo farlo”.

“Fare che cosa?” si intromise Frank, gli occhi fissi sul figlio.

Il ragazzo alzò lo sguardo sul padre e gli sorrise. “Ti voglio bene, papà”.

Poi estrasse un coltello dalla tasca e, ignorando un’altra protesta da parte di Joel, fece quel gesto che aveva visto fare in uno dei film babbani che gli aveva fatto vedere Emmie: tagliò la corda poco sopra la sua testa.  

Gli altri non ebbero il tempo di sbattere le palpebre, di reagire in alcun modo. Restarono a fissare il corpo di John che precipitava quasi al rallentatore, le braccia che si protendevano verso l’alto, in silenzio. Non un suono era uscito dalla sua bocca e quel sorriso sulle labbra non lo aveva ancora abbandonato.
Sembrava che tutto si fosse bloccato, persino il vento.
Il mondo aveva smesso di girare.

 

 

James doveva vivere a tutti i costi, si ripeteva Jolie. Ma a che serviva continuare a ripeterselo? Non lo avrebbe certo trattenuto lì col potere delle parole, non funzionava così, nemmeno nel loro mondo. Le cose non erano mai così semplici, con tutta la magia e tutte le pozioni che possedevano le cose non erano mai semplici.

L’amico era ancora vivo grazie soltanto alla sua forza di volontà, ma si teneva legato al filo della vita con i denti.
E oltre alla preoccupazione per lui c’era anche quella per suo padre e suo fratello, per Sirius, Frank, Joel e John che ancora non erano tornati. Poteva essere successo qualcosa anche a loro. Magari erano tutti morti o rapiti o torturati.
Cercava di evitare quei pensieri ma venivano a tartassarla sempre più spesso man mano che passavano le ore e il tempo di James si accorciava.

Che cosa avrebbe fatto lei se tutto fosse andato storto? Se gli altri non fossero tornati col fiore e JamesRemus fosse morto? Erano tornati indietro nel tempo allo scopo di salvare Harry e avere una speranza di sconfiggere Voldemort invece avevano incasinato tutto ancora di più, mandando Il Ragazzo Che è Sopravvissuto in un’impresa suicida.

Si asciugò una lacrima che le era spuntata sul bordo degli occhi e tirò su col naso. Poi abbassò lo sguardo su James che dormiva profondamente. Gli appoggiò una mano sulla fronte solo per constatare che scottava ancora come una fornace. La febbre lo stava divorando.
Gli strinse una mano tra le sue e cercò di infondersi speranza. Ma non era lei quella speranzosa del gruppo, non era lei quella ottimista. John e JamesRemus lo erano.

“Lie”, sentì mugugnare sotto di lei. Il giovane Black si era svegliato e stava sbattendo le palpebre per riuscire a inquadrarla. “Lie”.

“Dimmi, Jamie. Sono qui”.

“Lie”. Il ragazzo non sembrava essere molto in sé. Jolie gli strinse più forte la mano per fargli sentire la sua presenza e cercare di rassicurarlo almeno un po’. Aveva di nuovo chiuso gli occhi probabilmente riaddormentandosi.
Ma un altro mugugno le fece capire che non era così. “Eres hermosissima, Lie. Eres hermosissima”, mugugnò sottovoce.

“Come? Non ho capito”.  

“Te quiero. Te quiero mucho”.

La ragazza sospirò e gli posò la mano sul letto. Le sembrava che dicesse cose senza senso, probabilmente delirava a causa della febbre.

“Andrà tutto bene, Jamie. Andrà tutto bene”.

Ma non ci credeva nemmeno lei. Niente sarebbe andato bene.

 

 

Ariel si staccò dallo stipite della porta e si allontanò dalla stanza di JamesRemus con le mani in tasca.
Aveva voglia di spaccare qualcosa. E aveva voglia di piangere, soprattutto di piangere benché lo detestasse. Avrebbe voluto prendere a pugni Jolie perché lei non capiva, lei non capiva le parole che lui le diceva e non le avrebbe mai capite. Non capiva che il sentimento che James provava per lei  era sincero e che lui sarebbe andato anche in capo al mondo se lei glielo avesse chiesto. Odiava Jolie, la odiava perché non era mai stata in grado di dimostrare nemmeno un briciolo di affetto per James, aveva saputo prenderlo solo a pugni. Lei non meritava il suo amore. Eppure lo riceveva lo stesso. E lui non pretendeva nulla in cambio.
Ma soprattutto la odiava perché era l’unica che aveva il coraggio di stare al suo capezzale.

Entrò nel salotto vuoto e si sedette per terra vicino alla finestra con la chitarra in mano. Non aveva voglia di suonarla, voleva soltanto tenerla perché la faceva sentire al sicuro. Ma non c’era più alcun angolo che fosse sicuro, non dalla morte almeno.

“Ariel!” si sentì chiamare. Dalla porta Ninfadora Tonks la guardava con la testa reclinata da un lato, negli occhi una strana luce. “Che ci fai qui?” le chiese. La ragazza fece spallucce.

“Perché non sei da tuo fratello?”

“C’è Jolie”.

Tonks entrò nella stanza e si sedette sul divano continuando a guardare la bionda che, dal canto suo, continuava a tenere gli occhi fissi su una macchia del pavimento.

“Gli altri torneranno presto”.

“Ancora ci credi?”

Non avevano fatto altro che ripeterlo in quegli ultimi giorni e si era stancata di sentire sempre quelle parole. Ormai avevano perso qualsiasi significato.

“Perché non dovrebbe essere così?”

Forse perché se fosse così sarebbero già tornati da un pezzo, pensò la ragazza ma non lo disse. Non disse niente. 
Non voleva più parlare, non voleva più nemmeno spostarsi da lì e voleva che Tonks la lasciasse in pace. Odiava anche lei in quel momento.

“Non posso perdere mio fratello”, disse a bassa voce tanto che si sentì soltanto lei.

 

 

L’aria era incredibilmente silenziosa. C’era solo silenzio. E immobilità. Nulla si muoveva, nulla faceva rumore. Persino loro sembrava che avessero smesso di respirare.
Ma la montagna era ancora lì, dura e ripida, non si era spostata, non si era accorciata e il fiore faceva bella mostra di sé con i suoi petali colorati e sembrava quasi che li stesse deridendo. Eppure Frank non sentiva niente di tutto questo, non percepiva nulla. Gli sembrava di star vivendo una vita che non era sua, di essere in un corpo che non era il suo, come in un sogno. In un incubo.
Era diventato insensibile.

“Dobbiamo proseguire”, ordinò Sirius riprendendo la scalata. Gli altri lo seguirono senza protestare, senza dire nulla.
In fondo, non c’era nulla da dire. Nulla.
L’immagine di John che precipitava nel vuoto era scolpita nelle loro retine con colori indelebili e non se ne sarebbe andata via mai più.

Sirius fu il primo a raggiungere la cima, con un sospiro e un gemito di fatica. Tastò con le mani la terra e quasi la baciò contento di essere finalmente al sicuro, più o meno, e aiutò gli altri a raggiungerlo.
Quando furono tutti al traguardo, rimasero a guardare il fiore a pochi passi da loro, ma senza avere il coraggio di toccarlo. Sembrava che avessero davanti un Dio o qualcosa di simile.
Finalmente Joel si decise ad allungare la mano e a raccogliere la pianta, con molta cautela, come se temesse che lo potesse mordere. Nulla di tutto questo. Si trattava di un semplice e banalissimo fiore.

“Tutto qui? Tutto questo per un dannato fiore?” sbottò Frank, troppo ansimante e stanco per urlare. James gli poggiò una mano sulla spalla cercando di dargli conforto, per quanto potesse aiutarlo. Avevano superato tutti gli ostacoli, avevano vinto ma non c’era ancora tempo per la rabbia e il dolore. E lui non voleva pensarci.

 

 

John aprì gli occhi lentamente e si portò una mano alla testa doveva aveva sbattuto. Il raggi del sole però lo accecarono facendogli quasi venire la nausea e fu costretto a richiuderli di nuovo. Allora cercò di controllare le altre parti del corpo, mosse le gambe e le braccia e tutto il resto e si sentì sollevato nel constatare che non aveva nulla di rotto e che poteva ancora muoversi.
Soltanto dopo lasciò che la mente analizzasse che cos’era successo.
Aveva tagliato lo corda, lo aveva fatto per davvero. Ed era stato semplice, banale, scontato. Ma lui era fatto così, gli piacevano le cose semplici ma in grado di sorprendere. O, come in quel caso, di salvare la vita a qualcun altro. E non ci aveva pensato due volte. C’era di mezzo anche la sua vanità, certo, il pensiero che sarebbe morto da eroe, ma tutto sommato era contento di essere vivo.  

Era vivo. Non morto. Vivo.

E allora scoppiò a ridere. Rise finché non gli fece male la mascella, rise finché non gli venne da soffocare.

 

MILLY’S SPACE

Hola! Vi ricordate ancora di questa fanfic (probabilmente no visto la mancanza di recensioni, ma è comprensibile ^^)?

Lo so, non mi faccio viva da un sacco e probabilmente vi starete chiedendo con quale coraggio io ricompaio qui dopo tutto questo tempo e con questo capitolo che è veramente una merdina. Ma che posso dire? Non mi piace lasciare le cose in sospeso e a questa storia ci tengo, perciò io non mollo, che voi lo vogliate o no.

Mi sto rendendo conto che sto veramente tirando per le lunghe questa parte della missione per salvare la vita a James ma a volte non ho il controllo dei miei personaggi ^^ No, comunque col prossimo capitolo si concluderà. E potrebbe anche arrivare presto, il prossimo capitolo intendo.

Va be’, basta con le chiacchiere. Spero di poter leggere qualche recensione questa volta, lo spero davvero, potete anche insultarmi, eh. Nel frattempo io sarò emigrata in Messico a prendere il sole e fumare marijuana.

Besos.

Milly.

  
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