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Autore: lia0707    01/02/2015    2 recensioni
Remus Lupin ripensa al suo passato attraverso le sue cicatrici, da quando è diventato un lupo mannaro.
Ho provato a scrivere questa Flashfic su uno dei miei personaggi preferiti e sul suo passato tormentato.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Remus Lupin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Camminavo lentamente accanto al lago e mi fermavo spesso per guardare il castello, con le sue finestre illuminate che risplendevano davanti al cielo scuro, vedevo dove mettevo i piedi solo grazie alla luce della luna, uno spicchio di luna che spiava tra le nuvole, come per ricordarmi che è sempre lì, che non devo dimenticarmi di lei.

Quasi senza accorgermene arrivai davanti al platano picchiatore, senza smettere di sentirmi osservato da quella luminosa falce chiara, mi sedetti sull’erba abbastanza lontano da non dare fastidio all’albero e ripensai all’ultima volta in cui ero stato lì, ne avevo già passate tante per avere solo 17 anni, ma non era niente rispetto ad alcune delle cose che mi successero dopo, avevo ancora degli amici in quegli anni.

Guardai le mie mani coperte di cicatrici, mi rico

 

rdano tutte una storia diversa, ricordi orribili impressi per sempre sulla mia pelle.

Mi passai una mano sul collo dove ho il segno

 

di un morso, il morso di Greyback, dove tutto è cominciato, in quel momento non mi sembrava ancora una cosa così tremenda, ero troppo piccolo per rendermene conto e troppo grato di essere ancora vivo; è passato così tanto tempo, ma io mi ricordo quel mostro come se fosse adesso, ogni pelo scuro del muso e ogni dente affilato sporco di sangue, bianchi come la la luce della luna piena che entrava dalla finestra.

Mi abbassai la manica sinistra della giacc

 

a mostrando diversi graffi: era lì che piantavo le unghie poco prima di trasformarmi per cercare di restare in me il più a lungo possibile, avevo il tempo di vedere le mie unghie allungarsi fino a diventare artigli, poi più nulla.

Sono le uniche cicatrici che ricordo davvero come mi sono procurato, delle altre ricordo quando me le ritrovavo sulla pelle la mattina, sul pavimento freddo e umido della Stamberga Strillante o in prati, boschi, colline senza sapere come c’ero arrivato, ricordo che in quei momenti il corpo era ridotto molto peggio rispetto a quando mi svegliavo accanto a quei muri sporchi e mi mancavano i mobili scheggiati di que

 

lla casa, perché quando ero lì sapevo di non aver fatto del male a nessuno, tranne che a me stesso...

Ho letto da qualche parte che la paura è l’emozione che si ricorda meglio, dev’essere per questo che ricordo ogni volta che mi sono svegliato e ho trovato una nuova cicatrice su di me, perché è di questo che ho paura: di me, di ciò che posso fare agli altri, e quello spicchio di luna che si intravede tra le nuvole non fa che ricordarmelo.

   
 
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