Serie TV > Teen Wolf
Segui la storia  |       
Autore: Nykyo    01/02/2015    6 recensioni
Stiles decide che il loft non ha un aspetto abbastanza natalizio e ordisce un piano per decorarlo in assenza di Derek. Le cose non andranno esattamente come le aveva programmate. Ma non sempre fare i conti con il passato serve solo a riaprire vecchie ferite.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Sorpresa, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Derek finì di fissare l’ultimo tratto della lunga fila di lucette che risalivano lungo il corrimano della scala a chiocciola. Non appena ci fu riuscito premette l’interruttore della prolunga nascosta sotto l’ultimo gradino e sorrise scuotendo il capo.

Era proprio da Laura suggerire di piazzare le luci nel punto più complicato possibile. L’anno precedente ce n’era voluto d’impegno prima che Derek riuscisse non tanto a fissarle alla ringhiera quanto a farle accendere senza che le scale o il pavimento risultassero ingombre di cavi antiestetici e ben poco pratici. Stiles più che essere d’aiuto aveva continuato a incespicare e smoccolare imprecazioni, finché Derek non era riuscito a venirne a capo. Ormai Derek sapeva come fare e anzi aveva perfino trovato il modo di apportare un paio di miglioramenti rispetto al Natale passato, ma non poteva non pensare che Laura l’avesse fatto apposta. Stiles doveva aver creduto che fosse stato solo un suggerimento estetico infilato nel bel mezzo di una ramanzina da sorella maggiore preoccupata. Derek sapeva per certo che era molto di più. Non che Laura fosse stata un tipo meno pratico di lui, però quello era esattamente il genere di cose che aveva fatto per mesi quando lei e Derek erano rimasti soli: affidargli compiti facili e decisamente materiali dopo averli complicati il tanto necessario da richiedere una enorme dose di concentrazione.

Le prime volte Derek si era disinteressato o, quando non gli era stato possibile, si era stizzito al punto di diventare più che mai scorbutico e verbalmente aggressivo. Poi, lentamente, si era arreso e aveva scoperto che un certo tipo di difficoltà tenevano il suo cervello così impegnato da allontanarlo dai pensieri più neri. Perciò ora sorrideva con gratitudine all’idea che sua sorella avesse voluto lasciargli un ultimo piccolo problema pratico da risolvere. Il solo pensiero era sufficiente a riempirlo di una sensazione fortissima di calore e di nostalgia. Gli restituiva la certezza di essere stato amato davvero, anche nei suoi momenti peggiori.

Stiles ci aveva messo un pezzo prima di capacitarsi di cosa era successo giusto un anno prima; Derek l’aveva accettato subito. Sapeva per certo e fin da bambino dell’esistenza di cose ben più strane e incredibili di un terzetto di fantasmi capaci di materializzare oggetti dal passato. Il suo bisogno di credere che la madre e la sorella fossero tornate per lui l’aveva di sicuro aiutato a non diventare matto dietro a troppe domande. La consapevolezza che entrambe, anche dopo la morte, e quindi forse anche dopo aver scoperto tutta la verità sull’incendio, avevano voluto comunicare con lui e mostrargli il loro affetto era stata per Derek la sola cosa importante.

Sia lui che Stiles avevano fatto ricerche, certo, si erano rivolti a Deaton e alla fine avevano formulato almeno un paio di ipotesi plausibili, ma la verità era che a Derek non interessava granché del come e del perché. Per come la vedeva lui contavano solo tre cose. La prima erano sua madre e sua sorella, che non avevano mai smesso di tenere a lui e che esistevano ancora, da qualche parte, in un luogo in cui prima o poi le avrebbe ritrovate. La seconda era l’aver ricevuto in dono due piccoli ma importanti ricordi tangibili della sua famiglia; Derek aveva tenuto per sé la pallina danneggiata e spedito quella intatta a Cora, accompagnandola con una lunga lettera di spiegazioni. La terza era Stiles, o meglio il tempo che negli ultimi dodici mesi avevano finito con il trascorrere insieme e il legame un po’ assurdo eppure speciale che avevano costruito.

Innegabilmente ciò che era successo li aveva resi più vicini e più uniti. Discutendone insieme, anche solo alla ricerca di una spiegazione – visto che per Stiles trovarne una era parso così importante – avevano finito con il parlare sempre più spesso. Dapprima soprattutto di argomenti dolorosi, delicati, spesso traumatici, legati alla questione dei fantasmi o comunque al passato di entrambi, e poi anche di sciocchezze, perché ormai il giaccio si era rotto una volta per tutte.

Al momento, però, la sola cosa che rischiava di rompersi era l’osso del collo di Stiles, almeno a giudicare dal numero di imprecazioni che stava smoccolando e dallo scricchiolio sinistro della scala su cui si era issato per dare l’ultimo tocco all’albero.

Derek, che fino ad allora gli aveva dato le spalle, si voltò pronto a scattare al salvataggio, se fosse stato necessario. Con sua sorpresa, sebbene fosse davvero in un equilibrio pericolosamente instabile, Stiles era appena riuscito a infilare il puntale sulla cima del nuovo albero extralarge.

Era un abete finto di un’imponenza inquietante, alto il doppio di quello che Stiles si era tirato dietro la volta precedente e frondoso più di un qualunque albero vero. Derek lo trovava incongruo come poche cose al mondo, lì nella cornice del loft, ma era stato costretto a comprarlo, altrimenti Stiles gli avrebbe divorato il cervello a furia di perorazioni.

«Non avrei mai detto che quel mostro potesse avere un’aria così natalizia, una volta addobbato» ammise, fissando con occhio critico il risultato dell’ultima ora di duro lavoro da parte di Stiles. In effetti non era male per niente.

Stiles sorrise, completando la sua discesa dalla scala traballante con un piccolo salto a piè pari che non si concluse in un capitombolo solo per un mero miracolo.

«Sono un esperto nel far sembrare i grossi mostri molto meno mostruosi e molto più natalizi» si vantò, agitando una mano mentre con l’altra batteva una sonora pacca sulla tasca posteriore dei jeans. Ne sporgeva un ridicolo cappello rosso e bianco da Babbo Natale. Derek cercò di ignorare il fatto che i jeans di Stiles erano così stretti che quello stupidissimo berretto sarebbe caduto fuori dal taschino da un momento all’altro.

«Non ci pensare nemmeno per un secondo» replicò con un grugnito, anche se faticava a mostrarsi imbronciato.

Era felice. Come non gli succedeva da un sacco di tempo. E il motivo principale in effetti era proprio Stiles, qualunque cosa fossero diventati. Derek non era ancora sicurissimo di averlo capito. Stiles stesso a volte sembrava  più che altro insicuro. Non come se non fosse certo di quel che voleva, però. Semmai come se stesse per così dire “navigando a vista”.

A Derek andava bene così. Non aveva fretta. Non più. Un tempo avrebbe precipitato le cose, a costo di convincere se stesso di provare sentimenti che non nutriva affatto. Con Stiles era diverso. Forse per via del fatto che c’erano voluti anni anche solo perché loro due diventassero amici.

«Ma è Natale e tu sei il padrone di casa» stava blaterando Stiles, con più allegria che convinzione. «La barba ce l’hai già.»

Derek sollevò un sopracciglio e incrociò le braccia sul petto. Davvero non era per nulla irritato. Stiles era un cretino, come al solito, però ne aveva fatta di strada al suo fianco.

Se solo un anno prima qualcuno gli avesse detto che lui e Stiles avrebbero iniziato una tradizione consistente nel decorare insieme il loft, Derek non si sarebbe preso neppure il disturbo di rispondere con un’occhiataccia. Invece eccoli lì, tra luci, palline colorate e ghirlande d’agrifoglio. Mancava solo il vischio, per un tacito accordo con Stiles. Beh, non poi così tacito. Stiles l’aveva espressamente definito «quella robaccia schifosa per Darach». Derek aveva concordato sul fatto che potevano farne a meno. Non ne sentiva la necessità. Neppure come pretesto per fare qualcosa che desiderava ormai da mesi e che richiedeva solo il momento giusto e un briciolo di coraggio in più.

Stiles lo stava ancora osservando a metà tra il divertito e lo speranzoso e Derek  si sforzò di non ridere. «Scordatelo» ribadì. Poi sollevò dal piano del tavolo l’ultima ghirlanda rimasta, la più pesante e la più verde di tutte, tonda e carica di bacche finte e rossissime. «Appendo questa sulla porta. Tu comincia a riordinare prima che arrivino gli altri.»

Stiles annuì sbuffando e fingendosi offeso a morte per la maniera categorica in cui i suoi tentativi di addobbare perfino Derek venivano snobbati. Derek gli voltò di nuovo le spalle, raggiunse la porta e si concesse un sorriso ancora più largo.

Fissare la ghirlanda al suo posto fu questione di un minuto e nel mentre Derek si ritrovò a pensare che era impressionante quanto riempire il loft di addobbi gli stava venendo naturale.

Senza più i silenzi impacciati e densi di riflessioni che avevano punteggiato quelle stesse operazioni un anno addietro, Derek aveva realizzato quanto gli era mancato quell’insieme di gesti comuni e di tradizione. Certe decorazioni potevano anche essere eccessive e un po’ pacchiane – c’era da scommettere che Stiles le avesse scelte apposta, per sondare i nuovi confini e per mero divertimento – ma nel complesso le ultime ore trascorse a spargerle in giro erano state piacevolissime.

Stiles l’aveva convinto a ospitare il branco per cena, ma per sistemare gli addobbi Derek non aveva voluto altro aiuto che il suo. Scott e gli altri sarebbero arrivati a momenti e Derek era sempre più contento di averli intorno di quanto non desse a vedere. Lo era sul serio, eppure era anche un pochino dispiaciuto che mancasse così poco all’ora di cena.

Diede un ultimo sguardo alla ghirlanda, giusto per essere certo che non fosse storta, e poi cercò l’approvazione di Stiles. «È abbastanza in alt…» chiese, girando dapprima soltanto il capo e poi zittendosi e voltandosi del tutto con lentezza.

Dire che non riusciva a credere ai suoi occhi non sarebbe stato corretto. Ci credeva eccome ed era proprio quello il motivo per cui non era riuscito a finire la frase e che se ne stava lì a fissare il centro del loft come ipnotizzato.

Stiles era in piedi vicino al tavolo, a braccia incrociate, e stava annuendo in maniera distratta, perché anziché verso di lui guardava verso quel colosso di un albero. Era evidente che tutta la sua attenzione era concentrata solo su quello. Non c’era nulla di strano nel suo atteggiamento. Stiles era tranquillo. Sereno e inconsapevole del fatto di essere attorniato da tre figure femminili. Derek riusciva a vederle perfettamente, anche attraverso il velo umido che per un attimo gli aveva reso lo sguardo sfuocato e tremolante.

Laura, seduta sul tavolo con le gambe accavallate. Ostentava un’aria di disapprovazione palesemente finta e contraddetta dalla smorfia di divertimento che le illuminava il viso. La mamma, giusto accanto a lei, con il suo solito sorriso saldo e caloroso come un abbraccio. Gli occhi le brillavano proprio come le era capitato da viva, quando più di una volta era scesa dagli spalti per congratularsi con Derek dopo che un suo canestro aveva risolto una partita. E Claudia Stilinski. Derek non l’aveva mai conosciuta, però era certo che si trattasse di lei. Ricordava Stiles in così tanti piccoli dettagli che, anche solo per quello, non potevano esserci dubbi. Ma se pure non ci fosse stata quella rassomiglianza, sarebbe bastato notare come stava osservando il figlio.

Laura, Talia e Claudia. Due madri e una sorella che un po’ mamma lo era stata anche lei. Erano lì, tutte e tre, e non sembravano affatto fantasmi. Se non fosse stato per i suoi sensi da licantropo Derek avrebbe potuto illudersi che fossero vive. Ma nessuna delle tre stava respirando. Gli unici battiti cardiaci che Derek riusciva a sentire, i soli odori che il suo olfatto percepiva appartenevano a lui e a Stiles.

Quella constatazione era dolorosa, ma Derek era convinto che fosse meglio così. Illudersi di poter riavere indietro la mamma e Laura avrebbe fatto molto più male.

In realtà Derek aveva voglia di piangere, però non sapeva se era più per il rimpianto oppure per la gioia. Aprì la bocca per dire qualcosa, per chiamare Stiles e per avvisarlo, ma prima ancora che riuscisse a pronunciare il suo nome sua madre, sua sorella e Claudia erano già sparite.

Derek le aveva avute sotto gli occhi solo per un istante e non era neppure sicuro di non averle sognate. Era possibilissimo che le avesse immaginate, Claudia compresa, solo perché aveva bisogno che apparissero anche a lui e che gli confermassero, una volta di più, che lui e Stiles non erano i soli che vegliavano l’uno sull’altro.

«Ho messo troppe palline blu?» Stiles aveva il capo inclinato di lato e Derek non aveva modo di guardarlo in faccia, però era pronto a scommettere che fosse serissimo. «Sono troppe? Lo sapevo. È che sono più piccole e sembra sempre di averne usate di meno. Invece ne ho messe troppe, giusto? E avrei dovuto mettere i festoni argentati. L’avevo detto che secondo me ci volevano.»

Nonostante avesse ancora gli occhi lucidi e il cuore un po’ troppo stretto a Derek venne voglia di ridere di gusto. Lo fece, scuotendo il capo e scacciando le lacrime una volta per tutte. Senza grandi sforzi, tanto per cambiare.

«Stiles, quel mastodonte…» Per un attimo Derek fu sul punto di dire qualcosa di sarcastico, per consuetudine e per stemperare l’emozione, ma si scoprì più sereno che turbato e ben poco incline all’ironia gratuita e al battibecco. «È troppo grande ed esagerato» concluse, con la massima sincerità, «ma è assolutamente perfetto. Hai fatto un ottimo lavoro, è un albero di Natale bellissimo.»

La visione di Stiles che boccheggiava tutto rosso in viso lo ripagò ampiamente per la sua schiettezza. Derek si disse che più tardi, a fine serata, gli avrebbe chiesto di restare, dopo che tutti gli altri se ne fossero andati. Gli avrebbe raccontato di aver visto anche lui Talia, Laura e Claudia. Gli avrebbe spiegato che non era certo che fosse stata una vera visione e non solamente il frutto di una sorta di auto-suggestionamento. E poi, forse, avrebbe confessato a Stiles anche qualcos’altro che con gli spettri non aveva nulla a che fare.

C’era tempo, però. Il branco stava per arrivare e per il momento Derek non voleva altro che terminare i preparativi insieme a Stiles e godersi ogni istante della familiarità e della complicità che ormai li legava l’uno all’altro. In fondo, il messaggio degli spiriti che li avevano fatti avvicinare era anche quello: il passato poteva essere ricordato con più dolcezza che dolore, il presente era un dono prezioso e il futuro era ancora tutto da costruire.

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: Nykyo